> Focus > Sicurezza sul lavoro
LE DELEGHE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
NORMATIVA: Art. 16, D.Lgs. n. 81/2008
A) Adeguata e tempestiva pubblicità della delega sicurezza
L’obbligo di pubblicità della “delega sicurezza” è ora normativamente previsto dall’art. 16, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008.
Le disposizioni in materia di deleghe sicurezza previste da tale articolo di legge sono il risultato delle posizioni assunte dalla giurisprudenza nel vigore del previgente D.Lgs. n. 626/1994.
Per questo motivo, per l’interpretazione (e l’applicazione) di tali disposizioni si assumono come riferimenti le posizioni prese dalla giurisprudenza con riferimento alla previgente normativa in materia di sicurezza.
In particolare, riguardo all’adeguata e tempestiva pubblicità della delega, la Corte di Cassazione, Sez. III pen., sentenza 27 maggio 1996, n. 5242 (Zanoni e altri), richiedeva l'esistenza di precise ed ineludibili norme interne o disposizioni statutarie, atte a disciplinare il conferimento della delega ed adeguata pubblicità della medesima, come ad esempio l'iscrizione di compiti del delegato alla camera di commercio, l'allegazione della delega al documento di valutazione dei rischi, la comunicazione del nominativo del delegato al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Occorre poi tener conto che la pubblicità della delega ha lo scopo di “...rendere certo l’affidamento dell’incarico a persona bene individuata, che lo abbia volontariamente accettato nella consapevolezza dell’obbligo di cui viene a gravarsi, vale a dire quello di osservare e far osservare la normativa di sicurezza, e per altro verso, allo scopo di evitare indebite esenzioni e compiacenti sostituzioni di responsabilità” (Cass., Sez. IV pen., sentenza n. 39266 del 4.10.2011).
Il requisito di adeguata e tempestiva pubblicità si ritiene soddisfatto quando effettuato con mezzi che assicurano alla notizia notorietà all’interno del luogo di lavoro, in modo immediato e facile, come l'affissione dell’atto nei locali dell’azienda. In via analogica, può ritenersi poi applicabile la giurisprudenza relativa all’art. 7 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) sull’affissione del codice disciplinare in luogo accessibile a tutti i lavoratori (bacheche aziendali, luogo di timbratura dei cartellini, ecc.).
Sul piano pratico, pertanto, la pubblicità può essere realizzata attraverso più modalità come, a titolo esemplificativo: avvisi aziendali (news, circolari, avvisi in bacheca), comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, comunicazione al medico competente, l’informazione ai lavoratori (mediante Internet/Intranet, e-mail, ecc.), l’iscrizione nel registro delle imprese.
Premesso quanto sopra, la pubblicità può ritenersi “adeguata” anche se la stessa è assicurata con i mezzi di cui artt. 2206 e 2209 cod. civ. (iscrizione nel registro delle imprese), ferma l’esigenza che se ne dia “pubblicità” anche all’interno dell’azienda (con le diverse forme sopra evidenziate).
Deve, però, segnalarsi sul punto il parere n. 31280 del 7 ottobre 2008 del Ministero dello sviluppo economico ("Cariche tecniche annotabili nel Repertorio economico amministrativo"), che legittima un’interpretazione meno rigorosa del requisito dell’adeguatezza, affermando che la pubblicità a terzi della delega di funzioni da parte del datore di lavoro, con riferimento agli adempimenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, non deve essere data mediante iscrizione della figura del delegato nel registro delle imprese, essendo invece sufficiente che se ne dia notizia all’interno del luogo di lavoro.
Con tale nota il Ministero precisa, infatti, quanto segue:
<< Il fatto che tale disposizione imponga l’obbligo della pubblicità del nominativo del soggetto deputato alla sicurezza non comporta di per sé che lo strumento più adeguato sia il registro delle imprese. Secondo il parere della scrivente, infatti, in questo caso è sufficiente che venga data notizia con mezzi che soddisfino una forma di pubblicità interna al luogo di lavoro. In tal modo l’informazione risulta più efficace in quanto di apprendimento più facile e immediato. Peraltro, a tale proposito, appare opportuno richiamare quanto già espresso nella più volte citata circolare 3611 la quale enuncia il criterio della tipicità collegato al requisito della sussistenza del valore economico-amministrativo della notizia e di una sua rilevanza esterna tale da divenire un dato senz’altro interessante per i terzi.>> Per scaricare tale parere clicca qui.
In definitiva, tenuto conto di quanto sopra, l’iscrizione nel registro imprese delle deleghe sicurezza – ove accettata dalla C.C.I.A.A., qualora si tratti di documento separato, non inserito in una “procura” con rilevanza esterna (altrimenti, evidentemente, la pubblicità sarebbe data all’atto/procura nel suo contenuto integrale) – può essere utile ma non è certo sufficiente, dovendo le deleghe sicurezza essere conosciute all’interno dell’organizzazione aziendale.
B) Responsabilità del delegato
B.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 2273 del 19 gennaio 2010
Stralcio: <<il datore di lavoro può essere esonerato da responsabilità in merito all'osservanza delle norme antinfortunistiche solo se dia la prova rigorosa, il che nel caso di specie non è affatto avvenuto, di avere delegato ad altre persone tecnicamente qualificate l'incarico di seguire lo svolgimento delle varie attività, riservando per sé solo funzioni amministrative>>.
B.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 44890 del 20 novembre 2009
Stralcio: <<... Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il G. e, sotto i profili della violazione di legge e della mancanza e manifesta illogicità di motivazione, ha eccepito che: - la delega conferitagli dal sindaco pro tempore, in materia antinfortunistica e di sicurezza sul lavoro, non poteva ritenersi "pienamente valida e produttiva di effetti giuridici", perché non accompagnata dall'effettiva assegnazione, da parte del delegante, dei fondi necessari per l'espletamento delle funzioni delegate; ... 1. Priva di decisività è la prima censura proposta dal ricorrente e riguardante la validità della delega conferitagli in materia di sicurezza sul lavoro. Se anche fossero vere le circostanze dedotte nell'atto di gravame, infatti, non per questo verrebbe meno la responsabilità del delegato, poiché l'invalidità della delega - in base al principio di effettività - impedisce che il delegante possa essere esonerato da responsabilità ma non esclude la responsabilità del delegato che, di fatto, abbia svolto le funzioni delegate (vedi Cass., Sez. 4, 27.11.2008, n. 48295, Libori). In realtà il delegato che ritenga di non essere stato posto in grado di svolgere te funzioni delegate (ovvero non si ritenga in grado di svolgere adeguatamente quelle funzioni) deve chiedere al delegante di porlo in grado di svolgerle e, in caso di rifiuto o mancato adempimento, rifiutare il conferimento della delega. 2. I giudici del merito, nella vicenda in esame, hanno adeguatamente argomentato in ordine alla inidoneità degli occhiali di cui il D. era stato dotato a proteggerne gli occhi da schegge e materiali dannosi prodotti nell'esecuzione all'aperto di lavori di smerigliatura, in condizioni meteorologiche ove l'azione del vento era un fattore ben conosciuto e prevedibile. Detti occhiali, infatti - pure essendone certificata (attraverso il contrassegno "FT") la resistenza alle particelle ad alta velocità ed alle temperature elevate - non possedevano l'indefettibile requisito di completa aderenza al volto, dal quale restavano distanziati per oltre un centimetro, consentendo il passaggio di materiale che poteva raggiungere (e, nella specie, aveva appunto raggiunto) gli occhi di chi li indossava. In un tale contesto di evidenza probatoria e non essendovi alcuna dimostrazione di imprevedibile caso fortuito, va poi evidenziato che - secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema (vedi Cass.: Sez. 3, 2.2.2006, Biondillo ed altri; Sez. 4, 6.2.2004, n. 4981; Sez. 4, 28.2.2003, n. 9279; Sez. 5, 21.10.1999, n. 12027; Sez. 3, 14.2.1998, n. 13086) - imperizia non può farsi rientrare nel concetto di "prova decisiva", essendo un mezzo di accertamento neutro, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice. ...>>.
C) Responsabilità di dirigenti e preposti
C.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 31679 dell’11 agosto 2010
Il nesso di causalità tra la condotta colposa del datore di lavoro e l’evento non è interrotto da eventuali disposizioni erroneamente impartite dal preposto al lavoratore infortunatosi ed agli altri operai addetti, rappresentando l’ordine del preposto lo sviluppo consequenziale dell’originaria condotta colposa del datore di lavoro. Ciò in applicazione del principio giurisprudenziale, applicato alla materia della salute e sicurezza sul lavoro, per cui il nesso di causalità, in presenza di concorso di cause (art. 41 c.p.), non resta escluso dal fatto volontario altrui; in altri termini, quando l'evento è dovuto anche all'imprudenza di un terzo o dello stesso offeso, poiché il fatto umano, involontario o volontario, realizza anch'esso un fattore causale, al pari degli altri fattori accidentali o naturali (v. Cass. pen., sez. IV, 26 maggio 1986, n. 4287, O., in Ced Cass. 172820; Cass. pen., sez. IV, 9 marzo 1989, n. 3603, S.). Conseguentemente, anche nel caso in cui il preposto ponga in essere una condotta colposa che si pone, rispetto all’infortunio, in rapporto concausale, tale condotta non può escludere la responsabilità penale del datore di lavoro ove sia addebitabile a quest’ultimo una condotta colposa originaria, in quanto la condotta del preposto ne rappresenta uno sviluppo consequenziale.
Estratto: << [...] Se è vero, infine, che destinatari delle norme di prevenzione, contro gli infortuni sul lavoro, sono non solo i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, ma anche gli stessi operai, giova ricordare, tuttavia, che l'inosservanza di dette norme da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al comportamento dell'operaio, la cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che da parte dei soggetti obbligati siano adempiute le prescrizioni di loro competenza (cfr. Sez. 4, n. 10121 del 23/01/2007 Ud. - dep. 09/03/2007 - Rv. 236109 imp.: Masi e altro).>>
C.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 42136 del 1° ottobre 2008
Stralcio: “la contestazione mossa all’imputato si fonda testualmente sulla sua veste di direttore di stabilimento e quindi di dirigente. Mai gli è stata attribuita la veste di preposto che, con tutta evidenza, non gli si confaceva. L’uso del termine preposto che compare in un brano della sentenza di merito è del tutto atecnico e non implica un mutamento della qualificazione soggettiva. ... D’altra parte, la veste di dirigente non comporta necessariamente poteri di spesa; e fonda autonomamente la veste di garante per la sicurezza nell’ambito della sfera di responsabilità gestionale attribuita allo stesso dirigente. Tale ruolo è indipendente dalla delega, istituto che trova applicazione quando il datore di lavoro trasferisce su altro soggetto, in tutto o in parte, doveri e poteri (anche di spesa) che gli sono propri.”
D) Responsabilità del RSPP (e del datore di lavoro)
D.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 2814 del 27 gennaio 2011
Stralcio: <<...Secondo le regole generali, il RSPP può essere tenuto a rispondere - proprio perché la sua inosservanza si pone come concausa dell'evento - dell'infortunio in ipotesi verificatosi proprio in ragione dell'inosservanza colposa dei compiti di prevenzione attribuitigli dalla legge.>>
D.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 1834 del 15 gennaio 2010
Stralcio: <<Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è, in altri termini, una sorta di consulente del datore di lavoro ed i risultati dei suoi studi e delle sue elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell'amministrazione dell'azienda, vengono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha scelto, con la conseguenza che quest'ultimo delle eventuali negligenze del consulente è chiamato comunque a rispondere>>, e che <<il soggetto designato responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur rimanendo ferma la posizione di garanzia del datore di lavoro, possa, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare,>>
A) Adeguata e tempestiva pubblicità della delega sicurezza
L’obbligo di pubblicità della “delega sicurezza” è ora normativamente previsto dall’art. 16, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008.
Le disposizioni in materia di deleghe sicurezza previste da tale articolo di legge sono il risultato delle posizioni assunte dalla giurisprudenza nel vigore del previgente D.Lgs. n. 626/1994.
Per questo motivo, per l’interpretazione (e l’applicazione) di tali disposizioni si assumono come riferimenti le posizioni prese dalla giurisprudenza con riferimento alla previgente normativa in materia di sicurezza.
In particolare, riguardo all’adeguata e tempestiva pubblicità della delega, la Corte di Cassazione, Sez. III pen., sentenza 27 maggio 1996, n. 5242 (Zanoni e altri), richiedeva l'esistenza di precise ed ineludibili norme interne o disposizioni statutarie, atte a disciplinare il conferimento della delega ed adeguata pubblicità della medesima, come ad esempio l'iscrizione di compiti del delegato alla camera di commercio, l'allegazione della delega al documento di valutazione dei rischi, la comunicazione del nominativo del delegato al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Occorre poi tener conto che la pubblicità della delega ha lo scopo di “...rendere certo l’affidamento dell’incarico a persona bene individuata, che lo abbia volontariamente accettato nella consapevolezza dell’obbligo di cui viene a gravarsi, vale a dire quello di osservare e far osservare la normativa di sicurezza, e per altro verso, allo scopo di evitare indebite esenzioni e compiacenti sostituzioni di responsabilità” (Cass., Sez. IV pen., sentenza n. 39266 del 4.10.2011).
Il requisito di adeguata e tempestiva pubblicità si ritiene soddisfatto quando effettuato con mezzi che assicurano alla notizia notorietà all’interno del luogo di lavoro, in modo immediato e facile, come l'affissione dell’atto nei locali dell’azienda. In via analogica, può ritenersi poi applicabile la giurisprudenza relativa all’art. 7 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) sull’affissione del codice disciplinare in luogo accessibile a tutti i lavoratori (bacheche aziendali, luogo di timbratura dei cartellini, ecc.).
Sul piano pratico, pertanto, la pubblicità può essere realizzata attraverso più modalità come, a titolo esemplificativo: avvisi aziendali (news, circolari, avvisi in bacheca), comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, comunicazione al medico competente, l’informazione ai lavoratori (mediante Internet/Intranet, e-mail, ecc.), l’iscrizione nel registro delle imprese.
Premesso quanto sopra, la pubblicità può ritenersi “adeguata” anche se la stessa è assicurata con i mezzi di cui artt. 2206 e 2209 cod. civ. (iscrizione nel registro delle imprese), ferma l’esigenza che se ne dia “pubblicità” anche all’interno dell’azienda (con le diverse forme sopra evidenziate).
Deve, però, segnalarsi sul punto il parere n. 31280 del 7 ottobre 2008 del Ministero dello sviluppo economico ("Cariche tecniche annotabili nel Repertorio economico amministrativo"), che legittima un’interpretazione meno rigorosa del requisito dell’adeguatezza, affermando che la pubblicità a terzi della delega di funzioni da parte del datore di lavoro, con riferimento agli adempimenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, non deve essere data mediante iscrizione della figura del delegato nel registro delle imprese, essendo invece sufficiente che se ne dia notizia all’interno del luogo di lavoro.
Con tale nota il Ministero precisa, infatti, quanto segue:
<< Il fatto che tale disposizione imponga l’obbligo della pubblicità del nominativo del soggetto deputato alla sicurezza non comporta di per sé che lo strumento più adeguato sia il registro delle imprese. Secondo il parere della scrivente, infatti, in questo caso è sufficiente che venga data notizia con mezzi che soddisfino una forma di pubblicità interna al luogo di lavoro. In tal modo l’informazione risulta più efficace in quanto di apprendimento più facile e immediato. Peraltro, a tale proposito, appare opportuno richiamare quanto già espresso nella più volte citata circolare 3611 la quale enuncia il criterio della tipicità collegato al requisito della sussistenza del valore economico-amministrativo della notizia e di una sua rilevanza esterna tale da divenire un dato senz’altro interessante per i terzi.>> Per scaricare tale parere clicca qui.
In definitiva, tenuto conto di quanto sopra, l’iscrizione nel registro imprese delle deleghe sicurezza – ove accettata dalla C.C.I.A.A., qualora si tratti di documento separato, non inserito in una “procura” con rilevanza esterna (altrimenti, evidentemente, la pubblicità sarebbe data all’atto/procura nel suo contenuto integrale) – può essere utile ma non è certo sufficiente, dovendo le deleghe sicurezza essere conosciute all’interno dell’organizzazione aziendale.
B) Responsabilità del delegato
B.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 2273 del 19 gennaio 2010
Stralcio: <<il datore di lavoro può essere esonerato da responsabilità in merito all'osservanza delle norme antinfortunistiche solo se dia la prova rigorosa, il che nel caso di specie non è affatto avvenuto, di avere delegato ad altre persone tecnicamente qualificate l'incarico di seguire lo svolgimento delle varie attività, riservando per sé solo funzioni amministrative>>.
B.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 44890 del 20 novembre 2009
Stralcio: <<... Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il G. e, sotto i profili della violazione di legge e della mancanza e manifesta illogicità di motivazione, ha eccepito che: - la delega conferitagli dal sindaco pro tempore, in materia antinfortunistica e di sicurezza sul lavoro, non poteva ritenersi "pienamente valida e produttiva di effetti giuridici", perché non accompagnata dall'effettiva assegnazione, da parte del delegante, dei fondi necessari per l'espletamento delle funzioni delegate; ... 1. Priva di decisività è la prima censura proposta dal ricorrente e riguardante la validità della delega conferitagli in materia di sicurezza sul lavoro. Se anche fossero vere le circostanze dedotte nell'atto di gravame, infatti, non per questo verrebbe meno la responsabilità del delegato, poiché l'invalidità della delega - in base al principio di effettività - impedisce che il delegante possa essere esonerato da responsabilità ma non esclude la responsabilità del delegato che, di fatto, abbia svolto le funzioni delegate (vedi Cass., Sez. 4, 27.11.2008, n. 48295, Libori). In realtà il delegato che ritenga di non essere stato posto in grado di svolgere te funzioni delegate (ovvero non si ritenga in grado di svolgere adeguatamente quelle funzioni) deve chiedere al delegante di porlo in grado di svolgerle e, in caso di rifiuto o mancato adempimento, rifiutare il conferimento della delega. 2. I giudici del merito, nella vicenda in esame, hanno adeguatamente argomentato in ordine alla inidoneità degli occhiali di cui il D. era stato dotato a proteggerne gli occhi da schegge e materiali dannosi prodotti nell'esecuzione all'aperto di lavori di smerigliatura, in condizioni meteorologiche ove l'azione del vento era un fattore ben conosciuto e prevedibile. Detti occhiali, infatti - pure essendone certificata (attraverso il contrassegno "FT") la resistenza alle particelle ad alta velocità ed alle temperature elevate - non possedevano l'indefettibile requisito di completa aderenza al volto, dal quale restavano distanziati per oltre un centimetro, consentendo il passaggio di materiale che poteva raggiungere (e, nella specie, aveva appunto raggiunto) gli occhi di chi li indossava. In un tale contesto di evidenza probatoria e non essendovi alcuna dimostrazione di imprevedibile caso fortuito, va poi evidenziato che - secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema (vedi Cass.: Sez. 3, 2.2.2006, Biondillo ed altri; Sez. 4, 6.2.2004, n. 4981; Sez. 4, 28.2.2003, n. 9279; Sez. 5, 21.10.1999, n. 12027; Sez. 3, 14.2.1998, n. 13086) - imperizia non può farsi rientrare nel concetto di "prova decisiva", essendo un mezzo di accertamento neutro, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice. ...>>.
C) Responsabilità di dirigenti e preposti
C.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 31679 dell’11 agosto 2010
Il nesso di causalità tra la condotta colposa del datore di lavoro e l’evento non è interrotto da eventuali disposizioni erroneamente impartite dal preposto al lavoratore infortunatosi ed agli altri operai addetti, rappresentando l’ordine del preposto lo sviluppo consequenziale dell’originaria condotta colposa del datore di lavoro. Ciò in applicazione del principio giurisprudenziale, applicato alla materia della salute e sicurezza sul lavoro, per cui il nesso di causalità, in presenza di concorso di cause (art. 41 c.p.), non resta escluso dal fatto volontario altrui; in altri termini, quando l'evento è dovuto anche all'imprudenza di un terzo o dello stesso offeso, poiché il fatto umano, involontario o volontario, realizza anch'esso un fattore causale, al pari degli altri fattori accidentali o naturali (v. Cass. pen., sez. IV, 26 maggio 1986, n. 4287, O., in Ced Cass. 172820; Cass. pen., sez. IV, 9 marzo 1989, n. 3603, S.). Conseguentemente, anche nel caso in cui il preposto ponga in essere una condotta colposa che si pone, rispetto all’infortunio, in rapporto concausale, tale condotta non può escludere la responsabilità penale del datore di lavoro ove sia addebitabile a quest’ultimo una condotta colposa originaria, in quanto la condotta del preposto ne rappresenta uno sviluppo consequenziale.
Estratto: << [...] Se è vero, infine, che destinatari delle norme di prevenzione, contro gli infortuni sul lavoro, sono non solo i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, ma anche gli stessi operai, giova ricordare, tuttavia, che l'inosservanza di dette norme da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al comportamento dell'operaio, la cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che da parte dei soggetti obbligati siano adempiute le prescrizioni di loro competenza (cfr. Sez. 4, n. 10121 del 23/01/2007 Ud. - dep. 09/03/2007 - Rv. 236109 imp.: Masi e altro).>>
C.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 42136 del 1° ottobre 2008
Stralcio: “la contestazione mossa all’imputato si fonda testualmente sulla sua veste di direttore di stabilimento e quindi di dirigente. Mai gli è stata attribuita la veste di preposto che, con tutta evidenza, non gli si confaceva. L’uso del termine preposto che compare in un brano della sentenza di merito è del tutto atecnico e non implica un mutamento della qualificazione soggettiva. ... D’altra parte, la veste di dirigente non comporta necessariamente poteri di spesa; e fonda autonomamente la veste di garante per la sicurezza nell’ambito della sfera di responsabilità gestionale attribuita allo stesso dirigente. Tale ruolo è indipendente dalla delega, istituto che trova applicazione quando il datore di lavoro trasferisce su altro soggetto, in tutto o in parte, doveri e poteri (anche di spesa) che gli sono propri.”
D) Responsabilità del RSPP (e del datore di lavoro)
D.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 2814 del 27 gennaio 2011
Stralcio: <<...Secondo le regole generali, il RSPP può essere tenuto a rispondere - proprio perché la sua inosservanza si pone come concausa dell'evento - dell'infortunio in ipotesi verificatosi proprio in ragione dell'inosservanza colposa dei compiti di prevenzione attribuitigli dalla legge.>>
D.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 1834 del 15 gennaio 2010
Stralcio: <<Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è, in altri termini, una sorta di consulente del datore di lavoro ed i risultati dei suoi studi e delle sue elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell'amministrazione dell'azienda, vengono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha scelto, con la conseguenza che quest'ultimo delle eventuali negligenze del consulente è chiamato comunque a rispondere>>, e che <<il soggetto designato responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur rimanendo ferma la posizione di garanzia del datore di lavoro, possa, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare,>>