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03.03.2024
La sentenza n. 8653 del 28.02.2024 della Corte di Cassazione ha affermato la seguente massima:
La sentenza n. 8653 del 28.02.2024 della Corte di Cassazione ha affermato la seguente massima:
- il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, D.Lgs. n. 74/2000) si configura anche quando si acquistano dei crediti di imposta con la consapevolezza della loro inesistenza. Nel caso specifico si era verificato che il rappresentante legale di una società a responsabilità limitata era stato condannato per il predetto reato poiché risultava aver indicato in dichiarazione crediti di imposta insistenti ceduti da altra società (crediti di imposta per investimenti in aree svantaggiate). In particolare, la società cedente non aveva ottenuto il nulla osta per la cessione, era sconosciuta al fisco, non avendo mai presentato alcuna dichiarazione fiscale, né depositato alcun bilancio ed era inoltre evidente la sproporzione del corrispettivo di tali cessioni. Pertanto, la sussistenza dell'elemento soggettivo, nella fattispecie, evidenziata attraverso una pluralità di elementi, veniva considerata dimostrativa sia della piena consapevolezza da parte del ricorrente della inesistenza dei crediti ceduti, sia della finalità di evasione sottesa al loro acquisto. Inoltre, l'utilizzo di crediti inesistenti configura un reato, normalmente ai sensi dell' articolo 10 quater del Decreto Legislativo 74/2000 sopra il valore che viene considerato come soglia, ovvero 50 mila euro, ma quando però si acquista consapevolmente un credito inesistente, il reato cambia e si passa al più grave delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, che ha una soglia inferiore e che è sanzionato in maniera più pesante.
23.07.2023
Con la sentenza n. 31017 del 18.07.2023, la Corte di Cassazione, Sez. III pen., ha affermato il principio per cui i membri del Consiglio di amministrazione che non hanno sottoscritto la dichiarazione (nella specie, fraudolenta con false fatture) rispondono in concorso del reato fiscale dichiarativo di cui al D.Lgs. n. 74/2000 solo ove avessero avuto conoscenza dell'illecito e non si fossero adoperati per impedire l'illecito o la presentazione della dichiarazione fraudolenta. Tale posizione è analoga a quella assunta dai giudici di legittimità con riferimento al reato di bancarotta. Per i reati tributari presupposto della responsabilità amministrativa dell'ente derivante da reato si rinvia all'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001.
Con la sentenza n. 31017 del 18.07.2023, la Corte di Cassazione, Sez. III pen., ha affermato il principio per cui i membri del Consiglio di amministrazione che non hanno sottoscritto la dichiarazione (nella specie, fraudolenta con false fatture) rispondono in concorso del reato fiscale dichiarativo di cui al D.Lgs. n. 74/2000 solo ove avessero avuto conoscenza dell'illecito e non si fossero adoperati per impedire l'illecito o la presentazione della dichiarazione fraudolenta. Tale posizione è analoga a quella assunta dai giudici di legittimità con riferimento al reato di bancarotta. Per i reati tributari presupposto della responsabilità amministrativa dell'ente derivante da reato si rinvia all'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001.
17.05.2023
L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato sul proprio sito web il Provvedimento prot. n. 156803/2023 del 16.05.2023, Agenzia delle Entrate, <<Criteri, modalità e termini per l'analisi del rischio ed il controllo delle nuove Partite IVA, in attuazione delle disposizioni di cui all'art. 35, commi 15-bis.1 e 15-bis.2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotti dalla Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023)>>.
Il servizio telematico "Verifica partita IVA" dell'AdE può essere utile anche ai fini del controllo preventivo sulle terze parti fornitrici.
L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato sul proprio sito web il Provvedimento prot. n. 156803/2023 del 16.05.2023, Agenzia delle Entrate, <<Criteri, modalità e termini per l'analisi del rischio ed il controllo delle nuove Partite IVA, in attuazione delle disposizioni di cui all'art. 35, commi 15-bis.1 e 15-bis.2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotti dalla Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023)>>.
Il servizio telematico "Verifica partita IVA" dell'AdE può essere utile anche ai fini del controllo preventivo sulle terze parti fornitrici.
18.07.2022
Con la sentenza n. 175, depositata il 14 luglio 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima la modifica al reato di omesso versamento di ritenute, introdotta con il D.Lgs. n. 158/2015, nella parte in cui prevede la rilevanza penale della violazione sulla base dei dati emergenti dalla dichiarazione del sostituto (modello 770) e non solo dalle certificazioni rilasciate ai percettori.
Per effetto di questa sentenza, dunque, il reato di omesso versamento di ritenute previsto dall'art. 10-bis, D.Lgs. n. 74/2000, anche per condotte commesse dopo l'entrata in vigore delle menzionate modifiche (22 ottobre 2015), scatta unicamente a seguito dell’acquisizione delle certificazioni rilasciate ai sostituiti.
Con la sentenza n. 175, depositata il 14 luglio 2022, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima la modifica al reato di omesso versamento di ritenute, introdotta con il D.Lgs. n. 158/2015, nella parte in cui prevede la rilevanza penale della violazione sulla base dei dati emergenti dalla dichiarazione del sostituto (modello 770) e non solo dalle certificazioni rilasciate ai percettori.
Per effetto di questa sentenza, dunque, il reato di omesso versamento di ritenute previsto dall'art. 10-bis, D.Lgs. n. 74/2000, anche per condotte commesse dopo l'entrata in vigore delle menzionate modifiche (22 ottobre 2015), scatta unicamente a seguito dell’acquisizione delle certificazioni rilasciate ai sostituiti.
02.07.2022
Sulla G.U. n. 152 del 01.07.2022, è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanza 28.06.2022, che prevede il c.d. "algoritmo antievasione".
ll provvedimento - emanato in "Attuazione dell'articolo 1, comma 683, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, relativo al trattamento dei dati contenuti nell'archivio dei rapporti finanziari di cui al comma 682 del medesimo articolo 1" - prevede che l'Agenzia delle Entrate, anche per rafforzare le garanzie connesse al trattamento dei dati personali, effettua le elaborazioni finalizzate a far emergere le posizioni da sottoporre a controllo su dati preventivamente pseudonimizzati, attraverso metodi di sostituzione o modifica delle informazioni anagrafiche ovvero tramite perturbazioni delle variabili, al fine di impedire, in presenza di dati finanziari, l'identificazione diretta degli interessati.
L'obiettivo perseguito è la prevenzione e il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, tramite l'individuazione di criteri di rischio utili a far emergere posizioni da sottoporre a controllo da parte dell'Agenzia e della Guardia di finanza, e per incentivare l'adempimento spontaneo.
Sulla G.U. n. 152 del 01.07.2022, è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanza 28.06.2022, che prevede il c.d. "algoritmo antievasione".
ll provvedimento - emanato in "Attuazione dell'articolo 1, comma 683, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, relativo al trattamento dei dati contenuti nell'archivio dei rapporti finanziari di cui al comma 682 del medesimo articolo 1" - prevede che l'Agenzia delle Entrate, anche per rafforzare le garanzie connesse al trattamento dei dati personali, effettua le elaborazioni finalizzate a far emergere le posizioni da sottoporre a controllo su dati preventivamente pseudonimizzati, attraverso metodi di sostituzione o modifica delle informazioni anagrafiche ovvero tramite perturbazioni delle variabili, al fine di impedire, in presenza di dati finanziari, l'identificazione diretta degli interessati.
L'obiettivo perseguito è la prevenzione e il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, tramite l'individuazione di criteri di rischio utili a far emergere posizioni da sottoporre a controllo da parte dell'Agenzia e della Guardia di finanza, e per incentivare l'adempimento spontaneo.
10.06.2022
Con il c.d. "Decreto Energia" - D.L. 21.03.2022, n. 22, convertito con modificazioni dalla L. 20 maggio 2022, n. 51 - è stato modificato il regime fiscale agevolato riservato agli sportivi professionisti impatriati.
In particolare, ferma l'applicabilità del regime ai contratti già in essere, l'agevolazione si applica ora: (i) solo nel caso di redditi prodotti da sportivi che operano nell'ambito delle discipline riconosciute da C.O.N.I. e Federazioni sportive nazionali e singole Leghe che abbiano conseguito una qualificazione professionistica; (ii) per i contribuenti che hanno compiuto 20 anni e con un reddito superiore a 1.000.000 euro, se la qualificazione professionistica è stata conseguita entro il 1990; se dopo il 1990, il reddito complessivo deve essere superiore a 500.000 euro.
Con il c.d. "Decreto Energia" - D.L. 21.03.2022, n. 22, convertito con modificazioni dalla L. 20 maggio 2022, n. 51 - è stato modificato il regime fiscale agevolato riservato agli sportivi professionisti impatriati.
In particolare, ferma l'applicabilità del regime ai contratti già in essere, l'agevolazione si applica ora: (i) solo nel caso di redditi prodotti da sportivi che operano nell'ambito delle discipline riconosciute da C.O.N.I. e Federazioni sportive nazionali e singole Leghe che abbiano conseguito una qualificazione professionistica; (ii) per i contribuenti che hanno compiuto 20 anni e con un reddito superiore a 1.000.000 euro, se la qualificazione professionistica è stata conseguita entro il 1990; se dopo il 1990, il reddito complessivo deve essere superiore a 500.000 euro.
10.06.2022
Con l'ordinanza n. 20050, depositata il 28.02.2022, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sulla valenza delle dichiarazioni rese dalle parti nell'ambito della procedura di "accertamento con adesione>". In particolare, la Suprema Corte ha ribadito il principio per cui il verbale redatto nell'ambito del procedimento in questione, sottoscritto sia dall'Ufficio che dal contribuente, costituisce un documento probatorio utilizzabile nel giudizio tributario anche in caso di mancato perfezionamento dell’accordo, “atteso che tale circostanza non fa venir meno la valenza dell'atto quale documento e la sua riconducibilità, in assenza di contestazioni sul punto, alla volontà delle parti che lo hanno sottoscritto, ferma restando la libertà del giudice di valutarne la rilevanza e attendibilità delle circostanze ivi rappresentate” (sul punto si veda anche Cass., ord. n. 13907/2018).
Con l'ordinanza n. 20050, depositata il 28.02.2022, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sulla valenza delle dichiarazioni rese dalle parti nell'ambito della procedura di "accertamento con adesione>". In particolare, la Suprema Corte ha ribadito il principio per cui il verbale redatto nell'ambito del procedimento in questione, sottoscritto sia dall'Ufficio che dal contribuente, costituisce un documento probatorio utilizzabile nel giudizio tributario anche in caso di mancato perfezionamento dell’accordo, “atteso che tale circostanza non fa venir meno la valenza dell'atto quale documento e la sua riconducibilità, in assenza di contestazioni sul punto, alla volontà delle parti che lo hanno sottoscritto, ferma restando la libertà del giudice di valutarne la rilevanza e attendibilità delle circostanze ivi rappresentate” (sul punto si veda anche Cass., ord. n. 13907/2018).
25.05.2022
Con la sentenza n. 20050, depositata il 23.05.2022, relativamente al reato di omessa dichiarazione fiscale ex art. 5, D.Lgs. n. 74/2000, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta: (i) sul tema della responsabilità penale dell'amministratore di diritto; (ii) sul "criterio di effettività".
In primo luogo, la Corte Suprema ha affermato che l'amministratore risponde sempre del reato di omessa dichiarazione (anche qualora sia presente un "amministratore di fatto").
Inoltre, è stato ribadito che ai fini dell’integrazione del reato di omessa dichiarazione, rileva il criterio di effettività; vale a dire: (i) è l’esercizio effettivo dell’attività di impresa che genera redditi imponibili; (ii) l fine di evasione si può evincere proprio dalla mancata iscrizione nel Registro delle imprese ovvero dalla prosecuzione dell’attività nonostante la cancellazione.
Con la sentenza n. 20050, depositata il 23.05.2022, relativamente al reato di omessa dichiarazione fiscale ex art. 5, D.Lgs. n. 74/2000, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta: (i) sul tema della responsabilità penale dell'amministratore di diritto; (ii) sul "criterio di effettività".
In primo luogo, la Corte Suprema ha affermato che l'amministratore risponde sempre del reato di omessa dichiarazione (anche qualora sia presente un "amministratore di fatto").
Inoltre, è stato ribadito che ai fini dell’integrazione del reato di omessa dichiarazione, rileva il criterio di effettività; vale a dire: (i) è l’esercizio effettivo dell’attività di impresa che genera redditi imponibili; (ii) l fine di evasione si può evincere proprio dalla mancata iscrizione nel Registro delle imprese ovvero dalla prosecuzione dell’attività nonostante la cancellazione.
15.05.2022
Con la Circolare n. 11/E del 12.05.2022, l'Agenzia delle Entrate ha fornito <<chiarimenti in tema di ravvedimento c.d. “operoso” ex articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 in presenza di violazioni derivanti da condotte “fraudolente”>>.
Di seguito uno stralcio del provvedimento:
Con la Circolare n. 11/E del 12.05.2022, l'Agenzia delle Entrate ha fornito <<chiarimenti in tema di ravvedimento c.d. “operoso” ex articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 in presenza di violazioni derivanti da condotte “fraudolente”>>.
Di seguito uno stralcio del provvedimento:
- <<Il predetto comma 2 dell’articolo 13 del d.lgs. n. 74 del 2000, nonché il comma 2 del successivo articolo 13-bis, nella versione attualmente vigente, legittimano, quindi, l’accesso all’istituto del ravvedimento operoso anche per le condotte dichiarative fraudolente, regolandone le conseguenze penali e precisando le condizioni alle quali tali effetti si realizzano.Disciplinando gli effetti penali prodotti dal ravvedimento – mediante integrale pagamento degli importi dovuti – prima e dopo l’avvio di qualunque attività istruttoria, la norma ammette di fatto la legittimità del ravvedimento stesso anche sotto il profilo sanzionatorio amministrativo. Ciò fermo restando che la legittimità del ravvedimento in ambito amministrativo non soggiace ai limiti posti dalla normativa sanzionatoria penale. Si pensi, a titolo di esempio, a quanto previsto dall’articolo 13, comma 2, del d.lgs. n. 74 del 2000 (i.e. la «formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali»), che spiega i suoi effetti solo ai fini penali e non anche ai fini del perfezionamento del ravvedimento ai sensi dell’articolo 13 del d.lgs. n. 472 del 1997. Alla luce delle intervenute modifiche legislative, deve dunque ritenersi superata la preclusione al ravvedimento in presenza di condotte fraudolente come espressa con la circolare n. 180/E del 1998, riconoscendo al contribuente la possibilità di accedere allo strumento del ravvedimento operoso per regolarizzare anche le violazioni fiscali connesse a condotte fraudolente. In linea con le indicazioni in precedenza rese risultano anche i chiarimenti recentemente forniti nella circolare n. 31/E del 23 dicembre 2020 in tema di crediti di imposta ricerca e sviluppo e di ravvedimento nel caso di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, violazione cui si applica la sanzione di cui all’articolo 13, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. Nel documento di prassi, in particolare, si è precisato che «Fermo restando che per tale sanzione non è applicabile la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo n. 472 del 1997, si rammenta che: - il contribuente può beneficiare della riduzione delle sanzioni prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997 (cd. ravvedimento), anche successivamente alla constatazione della violazione, ma comunque prima che sia stato notificato l’atto di recupero».>>
08.02.2022
Con il D.M. 31 gennaio 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 32 dell’8 febbraio 2022, ha esteso l'ambito di applicazione del regime dell'adempimento collaborativo (cooperative compliance) istituito con il decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, rubricato “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2, della legge 11 marzo 2014, n. 23” (D.Lgs n. 128/2015 - pdf). Con tale provvedimento, per gli anni 2022, 2023 e 2024, i contribuenti che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro possono essere ammessi a tale particolare regime, potendone così conseguire i relativi benefici; in questo modo il Ministero dell'Economia e delle finanze ha inteso promuovere ulteriormente l'adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti.
Con il D.M. 31 gennaio 2022, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 32 dell’8 febbraio 2022, ha esteso l'ambito di applicazione del regime dell'adempimento collaborativo (cooperative compliance) istituito con il decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, rubricato “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2, della legge 11 marzo 2014, n. 23” (D.Lgs n. 128/2015 - pdf). Con tale provvedimento, per gli anni 2022, 2023 e 2024, i contribuenti che conseguono un volume di affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro possono essere ammessi a tale particolare regime, potendone così conseguire i relativi benefici; in questo modo il Ministero dell'Economia e delle finanze ha inteso promuovere ulteriormente l'adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti.
01.12.2021
Con la Circolare n. 15/E del 26.11.2021, l'Agenzia delle Entrate ha fornito "Chiarimenti in tema di documentazione idonea a consentire il riscontro della conformità al principio di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento praticati – (articolo 1, comma 6, e articolo 2, comma 4-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471)".
In particolare, con riferimento alla "Valutazione della documentazione idonea", l'AdE ha precisato quanto segue: <<Come anticipato nel paragrafo 8.3 della presente circolare, il Provvedimento dispone che l’Agenzia delle entrate non è vincolata all’applicazione dell’articolo 1, comma 6, e dell’articolo 2, comma 4-ter, d.lgs. n. 471 del 1997, qualora la documentazione esibita nel corso dell’attività di controllo, pur rispettando la prevista struttura formale, non presenta contenuti informativi completi o conformi alle disposizioni ivi contenute, compresa la firma elettronica con marca temporale. Tale considerazione è legata al fatto che il concetto di “idoneità” introdotto dalla norma non va assunto su un piano meramente formale, bensì sostanziale, nel senso di un apprezzamento dell’idoneità della documentazione predisposta dal contribuente a fornire all’Amministrazione finanziaria dati ed elementi conoscitivi necessari per una completa e approfondita analisi dei prezzi di trasferimento praticati. La valutazione di idoneità da parte degli addetti alle attività di controllo dovrà valorizzare i dati e gli elementi conoscitivi attinenti, in particolare, all’accurata delineazione delle transazioni e all’analisi di comparabilità – compresa l’analisi funzionale – indipendentemente dalla circostanza che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento o la selezione delle operazioni o soggetti comparabili adottati dal contribuente risultino diversi da quelli individuati dall’Amministrazione finanziaria.>>
Con la Circolare n. 15/E del 26.11.2021, l'Agenzia delle Entrate ha fornito "Chiarimenti in tema di documentazione idonea a consentire il riscontro della conformità al principio di libera concorrenza dei prezzi di trasferimento praticati – (articolo 1, comma 6, e articolo 2, comma 4-ter, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471)".
In particolare, con riferimento alla "Valutazione della documentazione idonea", l'AdE ha precisato quanto segue: <<Come anticipato nel paragrafo 8.3 della presente circolare, il Provvedimento dispone che l’Agenzia delle entrate non è vincolata all’applicazione dell’articolo 1, comma 6, e dell’articolo 2, comma 4-ter, d.lgs. n. 471 del 1997, qualora la documentazione esibita nel corso dell’attività di controllo, pur rispettando la prevista struttura formale, non presenta contenuti informativi completi o conformi alle disposizioni ivi contenute, compresa la firma elettronica con marca temporale. Tale considerazione è legata al fatto che il concetto di “idoneità” introdotto dalla norma non va assunto su un piano meramente formale, bensì sostanziale, nel senso di un apprezzamento dell’idoneità della documentazione predisposta dal contribuente a fornire all’Amministrazione finanziaria dati ed elementi conoscitivi necessari per una completa e approfondita analisi dei prezzi di trasferimento praticati. La valutazione di idoneità da parte degli addetti alle attività di controllo dovrà valorizzare i dati e gli elementi conoscitivi attinenti, in particolare, all’accurata delineazione delle transazioni e all’analisi di comparabilità – compresa l’analisi funzionale – indipendentemente dalla circostanza che il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento o la selezione delle operazioni o soggetti comparabili adottati dal contribuente risultino diversi da quelli individuati dall’Amministrazione finanziaria.>>
13.11.2021
Con la sentenza n. 40324 del 05.10.2021, la 3^ Sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che un componente del Collegio sindacale può essere condannato per il reato tributario di "indebita compensazione" - previsto dall'art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000 - se ha espresso parere favorevole all'acquisto di un credito inesistente.
La fattispecie in questione si riferisce, in particolare, a una delibera di acquisto di ramo di azienda di una società del quale faceva parte un credito IVA inesistente; il presidente del Collegio sindacale aveva espresso un parere favorevole all'adozione di questa delibera consiliare. La Corte Suprema ha confermato che non vi sono ostacoli, normativi o fattuali, alla configurabilità del concorso nel reato tributario, atteso che: (i)n la casistica giurisprudenziale ha ammesso la configurabilità dei reati tributari in capo al consulente fiscale; (ii) in via generale, ai fini della configurabilità della partecipazione nel reato ai sensi dell'art. 110, c.p., rilevano anche le condotte di agevolazione o di mero rafforzamento della volontà dell'autore "principale" del reato; (iii) dalle disposizioni contenute nel codice civile emerge che i componenti del Collegio sindacale sono in condizione di "confortare" le scelte degli organi sociali e che, per contro, devono attivarsi efficacemente per impedire le operazioni della persona giuridica, ove le ritengano illegittime.
Resta fermo, però, che la responsabilità del sindaco a titolo di concorso nel reato di indebita compensazione deve basarsi sulla sua "colpevolezza"; pertanto, la responsabilità penale deve essere riconosciuta solo ove si accerti che il sindaco abbia espresso il parere favorevole nella consapevolezza sia dell'inesistenza del credito fiscale sia della strumentalità dell'acquisto di tale credito al suo successivo utilizzo in compensazione (ex art. 17, D.Lgs. n. 241/1997).
Con la sentenza n. 40324 del 05.10.2021, la 3^ Sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che un componente del Collegio sindacale può essere condannato per il reato tributario di "indebita compensazione" - previsto dall'art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000 - se ha espresso parere favorevole all'acquisto di un credito inesistente.
La fattispecie in questione si riferisce, in particolare, a una delibera di acquisto di ramo di azienda di una società del quale faceva parte un credito IVA inesistente; il presidente del Collegio sindacale aveva espresso un parere favorevole all'adozione di questa delibera consiliare. La Corte Suprema ha confermato che non vi sono ostacoli, normativi o fattuali, alla configurabilità del concorso nel reato tributario, atteso che: (i)n la casistica giurisprudenziale ha ammesso la configurabilità dei reati tributari in capo al consulente fiscale; (ii) in via generale, ai fini della configurabilità della partecipazione nel reato ai sensi dell'art. 110, c.p., rilevano anche le condotte di agevolazione o di mero rafforzamento della volontà dell'autore "principale" del reato; (iii) dalle disposizioni contenute nel codice civile emerge che i componenti del Collegio sindacale sono in condizione di "confortare" le scelte degli organi sociali e che, per contro, devono attivarsi efficacemente per impedire le operazioni della persona giuridica, ove le ritengano illegittime.
Resta fermo, però, che la responsabilità del sindaco a titolo di concorso nel reato di indebita compensazione deve basarsi sulla sua "colpevolezza"; pertanto, la responsabilità penale deve essere riconosciuta solo ove si accerti che il sindaco abbia espresso il parere favorevole nella consapevolezza sia dell'inesistenza del credito fiscale sia della strumentalità dell'acquisto di tale credito al suo successivo utilizzo in compensazione (ex art. 17, D.Lgs. n. 241/1997).
19.03.2021
Con la sentenza n. 10106, depositata il 16 marzo 2021, la Corte di Cassazione, Sez. III, è intervenuta sulle modalità di attuazione del reato di distruzione o occultamento di documenti contabili, ex art. 10. D.Lgs. n. 74/2000. In particolare, la Corte Suprema ha precisato che: (i) il reato sussiste anche in caso di impossibilità temporanea, per il contribuente, di consegna dei documenti contabili all'atto della richiesta del Fisco, ritrovati e consegnati in epoca successiva; (ii) la fattispecie criminosa è un "reato di pericolo", che si configura al momento del rifiuto di consegna; (iii) l'occultamento è un reato permanente.
Con la sentenza n. 10106, depositata il 16 marzo 2021, la Corte di Cassazione, Sez. III, è intervenuta sulle modalità di attuazione del reato di distruzione o occultamento di documenti contabili, ex art. 10. D.Lgs. n. 74/2000. In particolare, la Corte Suprema ha precisato che: (i) il reato sussiste anche in caso di impossibilità temporanea, per il contribuente, di consegna dei documenti contabili all'atto della richiesta del Fisco, ritrovati e consegnati in epoca successiva; (ii) la fattispecie criminosa è un "reato di pericolo", che si configura al momento del rifiuto di consegna; (iii) l'occultamento è un reato permanente.
22.02.2021
L'Agenzia delle Entrate ha emanato la Circolare n. 2/E del 10 febbraio 2021 - Primi chiarimenti in tema di meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di comunicazione - decreto legislativo del 30 luglio 2020, n. 100 (recepimento Direttiva “DAC 6”).
Al riguardo si richiamano i seguenti provvedimenti:
L'Agenzia delle Entrate ha emanato la Circolare n. 2/E del 10 febbraio 2021 - Primi chiarimenti in tema di meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di comunicazione - decreto legislativo del 30 luglio 2020, n. 100 (recepimento Direttiva “DAC 6”).
Al riguardo si richiamano i seguenti provvedimenti:
- D.Lgs. 30.07.2020, n. 100, di recepimento della DAC 6 (Direttiva UE n. 2018/822);
- D.M. 17.11.2020;
- Provvedimento dell'Agenzia delle Entrate del 26.11.2020.
21.02.2021
Nella Gazzetta Ufficiale n. 42 del 19 febbraio 2021 è stato pubblicato il D.M. 2 febbraio 2021 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha approvato 87 indici sintetici di affidabilità fiscale (approfondisci).
Nella Gazzetta Ufficiale n. 42 del 19 febbraio 2021 è stato pubblicato il D.M. 2 febbraio 2021 del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha approvato 87 indici sintetici di affidabilità fiscale (approfondisci).
28.01.2021
Con la sentenza n. 2270, depositata il 20 gennaio 2021, la Corte di Cassazione si è espressa in ordine alla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000) da parte di un responsabile amministrativo di una società privo di poteri di rappresentanza. Confermando il provvedimento di sequestro preventivo emesso a suo carico dal giudice, la Corte Suprema ha evidenziato la "piena e diretta partecipazione dell’indagato all’illecito" e l’irrilevanza del fatto che non vi fosse "prova dell’apposizione della firma dell’indagato sulle dichiarazioni fiscali"; per ulteriori approfondimenti vai al Portale www.italianlaw231.com.
Con la sentenza n. 2270, depositata il 20 gennaio 2021, la Corte di Cassazione si è espressa in ordine alla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000) da parte di un responsabile amministrativo di una società privo di poteri di rappresentanza. Confermando il provvedimento di sequestro preventivo emesso a suo carico dal giudice, la Corte Suprema ha evidenziato la "piena e diretta partecipazione dell’indagato all’illecito" e l’irrilevanza del fatto che non vi fosse "prova dell’apposizione della firma dell’indagato sulle dichiarazioni fiscali"; per ulteriori approfondimenti vai al Portale www.italianlaw231.com.
07.12.2020
Intervenendo sul tema dell'abuso del diritto (di cui ai commi 12 e 13 dell'art. 10-bis della Legge 27 luglio 2000, n. 212), con l'ordinanza n. 24839, depositata il 6 novembre 2020, la Corte di Cassazione ha precisato quanto segue: va sempre garantita la libertà del contribuente di scegliere tra operazioni che determinano un differente carico fiscale e il divieto di comportamenti abusivi non vale quando le operazioni abbiano giustificazioni economiche diverse dal conseguimento del mero risparmio d'imposta.
Intervenendo sul tema dell'abuso del diritto (di cui ai commi 12 e 13 dell'art. 10-bis della Legge 27 luglio 2000, n. 212), con l'ordinanza n. 24839, depositata il 6 novembre 2020, la Corte di Cassazione ha precisato quanto segue: va sempre garantita la libertà del contribuente di scegliere tra operazioni che determinano un differente carico fiscale e il divieto di comportamenti abusivi non vale quando le operazioni abbiano giustificazioni economiche diverse dal conseguimento del mero risparmio d'imposta.
12.11.2020
L'Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia (UIF) ha aggiornato gli "Schemi rappresentativi di comportamenti anomali ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lettera b), del d.lgs. 231/2007" relativi alla "Operatività connessa con illeciti fiscali"; il documento assume rilevanza - oltre che ai fini della normativa in materia di prevenzione del riciclaggio - anche in relazione alla prevenzione dei reati tributari mediante l'implementazione del "Modello di organizzazione, gestione e controllo" ex D.Lgs. n. 231/2001 e del "Tax Control Framework" aziendale.
Tali schemi sostituiscono quelli diffusi con le comunicazioni della UIF del 15 febbraio 2010 e del 23 aprile 2012, rispettivamente, in tema di frodi sull’IVA intracomunitaria e in materia di frodi fiscali internazionali e frodi nelle fatturazioni.
I tre nuovi schemi si riferiscono a:
L'Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia (UIF) ha aggiornato gli "Schemi rappresentativi di comportamenti anomali ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lettera b), del d.lgs. 231/2007" relativi alla "Operatività connessa con illeciti fiscali"; il documento assume rilevanza - oltre che ai fini della normativa in materia di prevenzione del riciclaggio - anche in relazione alla prevenzione dei reati tributari mediante l'implementazione del "Modello di organizzazione, gestione e controllo" ex D.Lgs. n. 231/2001 e del "Tax Control Framework" aziendale.
Tali schemi sostituiscono quelli diffusi con le comunicazioni della UIF del 15 febbraio 2010 e del 23 aprile 2012, rispettivamente, in tema di frodi sull’IVA intracomunitaria e in materia di frodi fiscali internazionali e frodi nelle fatturazioni.
I tre nuovi schemi si riferiscono a:
- utilizzo o emissioni di fatture per operazioni inesistenti;
- frodi sull'IVA intracomunitaria;
- frodi fiscali internazionali e altre forme di evasione fiscale internazionale.
20.09.2020
Con la sentenza n. 19377, depositata il 17 settembre 2020, la Corte di Cassazione si è espressa in ordine all'onere della prova da parte dell'Amministrazione finanziaria nel caso di utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Con tale pronuncia i giudici di legittimità hanno ribadito il seguente principio: in caso di contestazione di fatture oggettivamente inesistenti, l’Ufficio deve solo dimostrare, anche in maniera indiziaria, che la prestazione riportata nei documenti contabili non sia stata posta in essere e non anche provare la malafede del contribuente.
Con la sentenza n. 19377, depositata il 17 settembre 2020, la Corte di Cassazione si è espressa in ordine all'onere della prova da parte dell'Amministrazione finanziaria nel caso di utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Con tale pronuncia i giudici di legittimità hanno ribadito il seguente principio: in caso di contestazione di fatture oggettivamente inesistenti, l’Ufficio deve solo dimostrare, anche in maniera indiziaria, che la prestazione riportata nei documenti contabili non sia stata posta in essere e non anche provare la malafede del contribuente.
20.09.2020
Con la sentenza n. 19446, depositata il 18 settembre 2020, la Corte di Cassazione si è espressa in ordine alla utilizzabilità delle informazioni bancarie acquisite con la nota "Lista Falciani".
Con tale pronuncia i giudici di legittimità hanno affermato il seguente principio: in linea di principio, nell’attività di contrasto dell’evasione fiscale, l’Amministrazione finanziaria può avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche unico. A tal fine, sono legittimamente utilizzabili - sia in sede di accertamento sia di contenzioso - i dati del contribuente contenuti nella cd. "Lista Falciani", essendo del tutto irrilevante l’eventuale illecito commesso dal dipendente stesso e la successiva violazione dei doveri di fedeltà verso l’istituto bancario datore di lavoro, che di fatto non godono di una copertura costituzionale. Gli elementi informativi acquisiti devono, però, essere attentamente vagliati dal giudice di merito sulla base degli ulteriori riscontri allegati dall’Amministrazione finanziaria e delle eventuali contestazioni mosse dal contribuente.
Con la sentenza n. 19446, depositata il 18 settembre 2020, la Corte di Cassazione si è espressa in ordine alla utilizzabilità delle informazioni bancarie acquisite con la nota "Lista Falciani".
Con tale pronuncia i giudici di legittimità hanno affermato il seguente principio: in linea di principio, nell’attività di contrasto dell’evasione fiscale, l’Amministrazione finanziaria può avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche unico. A tal fine, sono legittimamente utilizzabili - sia in sede di accertamento sia di contenzioso - i dati del contribuente contenuti nella cd. "Lista Falciani", essendo del tutto irrilevante l’eventuale illecito commesso dal dipendente stesso e la successiva violazione dei doveri di fedeltà verso l’istituto bancario datore di lavoro, che di fatto non godono di una copertura costituzionale. Gli elementi informativi acquisiti devono, però, essere attentamente vagliati dal giudice di merito sulla base degli ulteriori riscontri allegati dall’Amministrazione finanziaria e delle eventuali contestazioni mosse dal contribuente.
10.09.2020
Con la circolare n. 216816/2020 del 1° settembre 2020, la Guardia di finanza ha fornito ai propri Reparti indicazioni operative relativa alla disciplina in materia di reati tributari (di cui al D.Lgs. n. 74/2000) e di connessa responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi dell'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001; l'analisi ha tenuto conto delle più recenti novità normative in materia, vale a dire: (i) D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75 (in G.U. n. 177 del 15.07.2020), di attuazione della cd. "Direttiva PIF" (direttiva UE 2017/137); (ii) L. 19 dicembre 2019, n. 157 (pubblicata sulla G.U. n. 301 del 24.12.2019), che ha convertito, con modifiche, il Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (cd. "Decreto fiscale").
Il documento illustra le modifiche alla disciplina dei reati tributari e della responsabilità amministrativa degli enti, intervenendo su più punti della menzionata normativa e fornendo "direttive volte a focalizzare l'attenzione dei Reparti sugli illeciti tributari maggiormente lesivi degli interessi erariali, privilegiando l'esecuzione di indagini di polizia giudiziaria"; tra tali punti:
Il documento rinvia, poi, alla circolare - della stessa Guardia di finanza - n. 83607 del 19 marzo 2012.
Le analisi di rischio operate dagli enti - sia nell'ambito del proprio Tax Control Framework che del Modello di organizzazione, gestione e controllo (eventualmente) adottato ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 (con specifico riferimento ai reati elencati all'art. 25-quinquiesdecies di tale Decreto) -. e, ancor più, le misure di prevenzione poste in atto dagli enti, costituiranno, quindi, anch'essi oggetto di attenta valutazione da parte dei militari della Guardia di finanza in occasione di verifiche fiscali e indagini penali di natura tributaria.
Con la circolare n. 216816/2020 del 1° settembre 2020, la Guardia di finanza ha fornito ai propri Reparti indicazioni operative relativa alla disciplina in materia di reati tributari (di cui al D.Lgs. n. 74/2000) e di connessa responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi dell'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001; l'analisi ha tenuto conto delle più recenti novità normative in materia, vale a dire: (i) D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75 (in G.U. n. 177 del 15.07.2020), di attuazione della cd. "Direttiva PIF" (direttiva UE 2017/137); (ii) L. 19 dicembre 2019, n. 157 (pubblicata sulla G.U. n. 301 del 24.12.2019), che ha convertito, con modifiche, il Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (cd. "Decreto fiscale").
Il documento illustra le modifiche alla disciplina dei reati tributari e della responsabilità amministrativa degli enti, intervenendo su più punti della menzionata normativa e fornendo "direttive volte a focalizzare l'attenzione dei Reparti sugli illeciti tributari maggiormente lesivi degli interessi erariali, privilegiando l'esecuzione di indagini di polizia giudiziaria"; tra tali punti:
- la cd. "confisca allargata";
- i reati tributari maggiormente rilevanti, come recentemente modificati dal legislatore;
- la compliance fiscale ex D.Lgs. n. 128/2015 e la disciplina ex D.Lgs. n. 231/2001.
Il documento rinvia, poi, alla circolare - della stessa Guardia di finanza - n. 83607 del 19 marzo 2012.
Le analisi di rischio operate dagli enti - sia nell'ambito del proprio Tax Control Framework che del Modello di organizzazione, gestione e controllo (eventualmente) adottato ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 (con specifico riferimento ai reati elencati all'art. 25-quinquiesdecies di tale Decreto) -. e, ancor più, le misure di prevenzione poste in atto dagli enti, costituiranno, quindi, anch'essi oggetto di attenta valutazione da parte dei militari della Guardia di finanza in occasione di verifiche fiscali e indagini penali di natura tributaria.
07.09.2020
Con un comunicato stampa del 5 agosto 2020, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha comunicato che, con determina del 3 agosto 2020, la Ragioneria Generale dello Stato ha adottato ventidue nuovi principi di revisione ISA Italia, elaborati in collaborazione con Assirevi e INRL, Consob e MEF. In particolare il principio n. 240 si occupa della <<responsabilità del revisore relativamente alle frodi nella revisione>>.
Di seguito un estratto del principio, in vigore per le revisioni contabili dei bilanci relativi ai periodi amministrativi che iniziano dal 1° gennaio 2020 e successivamente:
<<Caratteristiche delle frodi
2. Gli errori in bilancio possono derivare sia da frodi sia da comportamenti o eventi non intenzionali. Il fattore di distinzione tra le due categorie di errori è l’intenzionalità o meno dell’atto che determina gli errori in bilancio. 3. Sebbene il termine frode rappresenti, da un punto di vista giuridico, un concetto più ampio, ai fini dei principi di revisione internazionali il revisore si occupa di quelle frodi che determinano la presenza di errori significativi in bilancio. Per il revisore sono rilevanti due tipologie di errori intenzionali: errori derivanti da una falsa informativa finanziaria ed errori derivanti da appropriazioni illecite di beni ed attività dell’impresa. Sebbene il revisore possa sospettare, ovvero più raramente identificare, l’esistenza di frodi, non stabilisce se la frode sia effettivamente avvenuta sotto il profilo giuridico. (Rif.: Parr. A1-A7)
Responsabilità relative alla prevenzione e individuazione delle frodi
4. La responsabilità principale per la prevenzione e l’individuazione delle frodi compete sia ai responsabili delle attività di governance dell’impresa, sia alla direzione. E’ importante che la direzione, con la supervisione dei responsabili delle attività di governance, ponga forte enfasi sulla prevenzione delle frodi volta a ridurre le occasioni che esse si verifichino, nonché introduca azioni deterrenti finalizzate a dissuadere dal commettere le frodi a causa della più elevata probabilità che queste siano individuate e punite. Ciò comporta un impegno per la creazione di una cultura aziendale ispirata al valore dell’onestà ed a comportamenti eticamente corretti che può essere rafforzata mediante un’attiva supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance. La supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance include la considerazione della possibilità di forzatura dei controlli o che altri fattori impropri influenzino il processo di predisposizione dell’informativa finanziaria, quali i tentativi della direzione di manipolare i risultati d’esercizio al fine di influenzare la percezione da parte degli analisti finanziari riguardo la performance e la capacità di produrre profitti dell’impresa.
... (omissis) ...
Obiettivi
11. Gli obiettivi del revisore sono i seguenti:
a) identificare e valutare i rischi di errori significativi nel bilancio dovuti a frodi;
b) acquisire elementi probativi sufficienti ed appropriati riguardanti i rischi identificati e valutati di errori significativi dovuti a frodi, mediante la definizione e la messa in atto di risposte di revisione appropriate;
c) fronteggiare adeguatamente frodi o sospette frodi individuate durante la revisione.>>
Con un comunicato stampa del 5 agosto 2020, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha comunicato che, con determina del 3 agosto 2020, la Ragioneria Generale dello Stato ha adottato ventidue nuovi principi di revisione ISA Italia, elaborati in collaborazione con Assirevi e INRL, Consob e MEF. In particolare il principio n. 240 si occupa della <<responsabilità del revisore relativamente alle frodi nella revisione>>.
Di seguito un estratto del principio, in vigore per le revisioni contabili dei bilanci relativi ai periodi amministrativi che iniziano dal 1° gennaio 2020 e successivamente:
<<Caratteristiche delle frodi
2. Gli errori in bilancio possono derivare sia da frodi sia da comportamenti o eventi non intenzionali. Il fattore di distinzione tra le due categorie di errori è l’intenzionalità o meno dell’atto che determina gli errori in bilancio. 3. Sebbene il termine frode rappresenti, da un punto di vista giuridico, un concetto più ampio, ai fini dei principi di revisione internazionali il revisore si occupa di quelle frodi che determinano la presenza di errori significativi in bilancio. Per il revisore sono rilevanti due tipologie di errori intenzionali: errori derivanti da una falsa informativa finanziaria ed errori derivanti da appropriazioni illecite di beni ed attività dell’impresa. Sebbene il revisore possa sospettare, ovvero più raramente identificare, l’esistenza di frodi, non stabilisce se la frode sia effettivamente avvenuta sotto il profilo giuridico. (Rif.: Parr. A1-A7)
Responsabilità relative alla prevenzione e individuazione delle frodi
4. La responsabilità principale per la prevenzione e l’individuazione delle frodi compete sia ai responsabili delle attività di governance dell’impresa, sia alla direzione. E’ importante che la direzione, con la supervisione dei responsabili delle attività di governance, ponga forte enfasi sulla prevenzione delle frodi volta a ridurre le occasioni che esse si verifichino, nonché introduca azioni deterrenti finalizzate a dissuadere dal commettere le frodi a causa della più elevata probabilità che queste siano individuate e punite. Ciò comporta un impegno per la creazione di una cultura aziendale ispirata al valore dell’onestà ed a comportamenti eticamente corretti che può essere rafforzata mediante un’attiva supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance. La supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance include la considerazione della possibilità di forzatura dei controlli o che altri fattori impropri influenzino il processo di predisposizione dell’informativa finanziaria, quali i tentativi della direzione di manipolare i risultati d’esercizio al fine di influenzare la percezione da parte degli analisti finanziari riguardo la performance e la capacità di produrre profitti dell’impresa.
... (omissis) ...
Obiettivi
11. Gli obiettivi del revisore sono i seguenti:
a) identificare e valutare i rischi di errori significativi nel bilancio dovuti a frodi;
b) acquisire elementi probativi sufficienti ed appropriati riguardanti i rischi identificati e valutati di errori significativi dovuti a frodi, mediante la definizione e la messa in atto di risposte di revisione appropriate;
c) fronteggiare adeguatamente frodi o sospette frodi individuate durante la revisione.>>
07.09.2020
Il 2 settembre 2020 la Commissione permanente sulle Politiche dell’UE del Senato ha iniziato l'esame del Disegno di Legge n. 1721, recante la "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019”. Tra i provvedimenti comunitari che dovranno essere attuati si menziona, per il suo particolare interesse, la Direttiva UE 2018/1673 del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale, avente lo scopo di favorire la cooperazione transfrontaliera e di fissare norme minime per la definizione del reato di riciclaggio e le relative sanzioni, fornendo anche indicazioni per identificare la nozione di autoriclaggio (il termine di attuazione scade il 3 dicembre 2020).
Questa direttiva tocca indirettamente l'area fiscale (relativamente ai reati tributari presupposto dei reati di riciclaggio e autoriciclaggio) e la disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
Il 2 settembre 2020 la Commissione permanente sulle Politiche dell’UE del Senato ha iniziato l'esame del Disegno di Legge n. 1721, recante la "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019”. Tra i provvedimenti comunitari che dovranno essere attuati si menziona, per il suo particolare interesse, la Direttiva UE 2018/1673 del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale, avente lo scopo di favorire la cooperazione transfrontaliera e di fissare norme minime per la definizione del reato di riciclaggio e le relative sanzioni, fornendo anche indicazioni per identificare la nozione di autoriclaggio (il termine di attuazione scade il 3 dicembre 2020).
Questa direttiva tocca indirettamente l'area fiscale (relativamente ai reati tributari presupposto dei reati di riciclaggio e autoriciclaggio) e la disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
18.08.2020
Sulla Gazzetta ufficiale n. 200 dell'11 agosto 2020, è stato pubblicato il D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 100, di recepimento della Direttiva (UE) 2018/822 del 25 maggio 2018 (c.d. “DAC6” - la sigla "DAC" è l'acronimo di: "Directive on Administrative Cooperation"), che pone in capo ad intermediari e contribuenti l’obbligo di comunicare, alle Amministrazioni finanziarie degli Stati UE, i meccanismi transfrontalieri potenzialmente utilizzabili ai fini della pianificazione fiscale aggressiva, con l'intento di incentivare la trasparenza tra le Amministrazioni finanziarie della UE. Questo intervento normativo si colloca nell'ambito delle iniziative OCSE mirate allo stesso scopo, in particolare con il progetto “BEPS” (Base Erosion and Profit Shifting).
In origine, l'efficacia della DAC6 era stata fissata al 1° luglio 2020, con riferimento ai meccanismi transfrontalieri la cui prima fase sia stata attuata tra il 25 giugno 2018 (coincidente con la data di entrata in vigore della Direttiva) e la data di efficacia del provvedimento; questo termine è stato posticipato di sei mesi con Con la Direttiva (UE) 2020/876 del 24 giugno 2020, adottata per tener conto dell’attuale fase emergenziale sanitaria legata alla diffusione del virus Covid-19.
Sul piano oggettivo, i “meccanismi transfrontalieri” individuati dall'art. 2, comma. 1, lett. a) del D.Lgs. n. 100/2020, oggetto delle comunicazioni - si riferiscono agli schemi, accordi o progetti - riguardanti l’Italia e uno o più Paesi esteri - per i quali sia verificata almeno una delle seguenti condizioni:
Da un punto di vista soggettivo, poi, l'obbligo di comunicazione è posto in capo a due categorie:
Le informazioni oggetto di comunicazione all'Agenzia delle entrate riguardano (art. 6, D.Lgs. n. 100/2020):
"a) l'identificazione degli intermediari e dei contribuenti interessati, compresi il nome, la data e il luogo di nascita ovvero la denominazione sociale o ragione sociale, l'indirizzo, la residenza ai fini fiscali, il NIF (numero di identificazione fiscale), nonché i soggetti che costituiscono imprese associate di tali contribuenti;
b) gli elementi distintivi presenti nel meccanismo transfrontaliero che lo rendono oggetto di comunicazione;
c) una sintesi del contenuto del meccanismo transfrontaliero oggetto di comunicazione;
d) la data di avvio dell'attuazione del meccanismo transfrontaliero;
e) le disposizioni nazionali che stabiliscono l'obbligo di comunicazione del meccanismo transfrontaliero;
f) il valore del meccanismo transfrontaliero oggetto dell'obbligo di comunicazione;
g) l'identificazione delle giurisdizioni di residenza fiscale dei contribuenti interessati, nonché delle eventuali altre giurisdizioni potenzialmente interessate dal meccanismo transfrontaliero oggetto dell'obbligo di comunicazione;
h) l'identificazione di qualunque altro soggetto potenzialmente interessato dal meccanismo transfrontaliero nonché delle giurisdizioni a cui tale soggetto e' riconducibile."
Il Decreto in esame prevede alcune fattispecie di esonero dagli obblighi di disclosure:
Nonostante la facoltà prevista dall’art. 8 bis ter, comma 5, della DAC6, il D.Lgs. n. 100/2020 non prevede alcuna esenzione dagli obblighi di comunicazione in capo agli intermediari nei casi in cui il relativo assolvimento possa comportare la violazione del segreto professionale; al riguardo, il Decreto si limita a stabilire che - se poste in essere per le finalità previste e in buona fede - le comunicazioni effettuate “non costituiscono violazione di eventuali restrizioni alla comunicazione di informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e non comportano responsabilità di alcun tipo” (art. 3, comma 4, cit.).
L'art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 100/2020, prevede che "i contribuenti comunicano all'Agenzia delle entrate le informazioni di cui all'articolo 6 del presente decreto, relative al periodo compreso tra il 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2020, entro trenta giorni a decorrere dal 1° gennaio 2021".
Per il regime sanzionatorio si rinvia all'art. 12 del D.Lgs. n. 100/2020.
Infine, quest'ultimo Decreto rinvia a un successivo decreto ministeriale la regolamentazione della disciplina di dettaglio (e a tal fine rilevano, in particolare, i profili relativi all'esatta individuazione del perimetro soggettivo e oggettivo di applicazione degli obblighi di comunicazione previsti dalla DAC6: v. sopra).
Sulla Gazzetta ufficiale n. 200 dell'11 agosto 2020, è stato pubblicato il D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 100, di recepimento della Direttiva (UE) 2018/822 del 25 maggio 2018 (c.d. “DAC6” - la sigla "DAC" è l'acronimo di: "Directive on Administrative Cooperation"), che pone in capo ad intermediari e contribuenti l’obbligo di comunicare, alle Amministrazioni finanziarie degli Stati UE, i meccanismi transfrontalieri potenzialmente utilizzabili ai fini della pianificazione fiscale aggressiva, con l'intento di incentivare la trasparenza tra le Amministrazioni finanziarie della UE. Questo intervento normativo si colloca nell'ambito delle iniziative OCSE mirate allo stesso scopo, in particolare con il progetto “BEPS” (Base Erosion and Profit Shifting).
In origine, l'efficacia della DAC6 era stata fissata al 1° luglio 2020, con riferimento ai meccanismi transfrontalieri la cui prima fase sia stata attuata tra il 25 giugno 2018 (coincidente con la data di entrata in vigore della Direttiva) e la data di efficacia del provvedimento; questo termine è stato posticipato di sei mesi con Con la Direttiva (UE) 2020/876 del 24 giugno 2020, adottata per tener conto dell’attuale fase emergenziale sanitaria legata alla diffusione del virus Covid-19.
Sul piano oggettivo, i “meccanismi transfrontalieri” individuati dall'art. 2, comma. 1, lett. a) del D.Lgs. n. 100/2020, oggetto delle comunicazioni - si riferiscono agli schemi, accordi o progetti - riguardanti l’Italia e uno o più Paesi esteri - per i quali sia verificata almeno una delle seguenti condizioni:
- almeno uno degli intermediari e/o contribuenti partecipanti al meccanismo sia fiscalmente residente al di fuori del territorio dello Stato;
- uno o più dei partecipanti al meccanismo sia contemporaneamente residente ai fini fiscali in Italia e in una o più giurisdizioni estere;
- uno o più partecipanti al meccanismo svolga un’attività all’estero tramite una stabile organizzazione ivi situata e il meccanismo interessi (anche parzialmente) l’attività di tale stabile organizzazione;
- quand’anche così non fosse, almeno uno dei partecipanti svolga un’attività all’estero; e
- in via sussidiaria e residuale, il meccanismo sia idoneo a comportare l’alterazione della corretta applicazione delle procedure sullo scambio automatico di informazioni o la compromissione della possibilità di identificare il beneficiario effettivo.
Da un punto di vista soggettivo, poi, l'obbligo di comunicazione è posto in capo a due categorie:
- intermediari (v. art. 2, comma 1, lett. c., D.Lgs. n. 100/2020), categoria nellìa quale rientrano: (i) il promoter, ossia il soggetto responsabile della progettazione, commercializzazione, organizzazione e complessiva gestione di un meccanismo transfrontaliero o che lo mette a disposizione per l’attuazione da parte di un terzo; (ii) il service provider, ossia colui che fornisce qualsiasi aiuto materiale, assistenza o consulenza in materia di sviluppo, organizzazione, gestione e attuazione del meccanismo stesso;
- contribuenti (v. art. 2, comma 1, lett. d., D.Lgs. n. 100/2020).
Le informazioni oggetto di comunicazione all'Agenzia delle entrate riguardano (art. 6, D.Lgs. n. 100/2020):
"a) l'identificazione degli intermediari e dei contribuenti interessati, compresi il nome, la data e il luogo di nascita ovvero la denominazione sociale o ragione sociale, l'indirizzo, la residenza ai fini fiscali, il NIF (numero di identificazione fiscale), nonché i soggetti che costituiscono imprese associate di tali contribuenti;
b) gli elementi distintivi presenti nel meccanismo transfrontaliero che lo rendono oggetto di comunicazione;
c) una sintesi del contenuto del meccanismo transfrontaliero oggetto di comunicazione;
d) la data di avvio dell'attuazione del meccanismo transfrontaliero;
e) le disposizioni nazionali che stabiliscono l'obbligo di comunicazione del meccanismo transfrontaliero;
f) il valore del meccanismo transfrontaliero oggetto dell'obbligo di comunicazione;
g) l'identificazione delle giurisdizioni di residenza fiscale dei contribuenti interessati, nonché delle eventuali altre giurisdizioni potenzialmente interessate dal meccanismo transfrontaliero oggetto dell'obbligo di comunicazione;
h) l'identificazione di qualunque altro soggetto potenzialmente interessato dal meccanismo transfrontaliero nonché delle giurisdizioni a cui tale soggetto e' riconducibile."
Il Decreto in esame prevede alcune fattispecie di esonero dagli obblighi di disclosure:
- con riferimento alle informazioni che l'intermediario "riceve dal proprio cliente, o ottiene riguardo allo stesso nel corso dell'esame della posizione giuridica del medesimo o dell'espletamento dei compiti di difesa o di rappresentanza del cliente stesso in un procedimento innanzi ad una autorità giudiziaria o in relazione a tale procedimento, compresa la consulenza sull'eventualità di intentarlo o evitarlo, ove tali informazioni siano ricevute o ottenute prima, durante o dopo il procedimento stesso" (art. 3, comma 4);
- nel caso di più intermediari, ove si provi che le medesime informazioni sono già state comunicate da un altro intermediario all’Amministrazione finanziaria di uno Stato UE o extra-UE con cui vige un accordo per lo scambio automatico di informazioni;
- a favore di intermediari e contribuenti, nel caso in cui l’assolvimento dell’obbligo di comunicazione possa far emergere una loro responsabilità penale, in ossequio al principio del divieto di auto-incriminazione (art. 3, commi 5 e 9);
- a favore dei soli intermediari, con riguardo alle informazioni ricevute dal cliente in occasione dell’esame della sua posizione giuridica o nell’espletamento di compiti di difesa e/o rappresentanza in un procedimento giudiziario o in relazione ad esso (compresa la consulenza sull’eventualità di intentarlo o evitarlo).
Nonostante la facoltà prevista dall’art. 8 bis ter, comma 5, della DAC6, il D.Lgs. n. 100/2020 non prevede alcuna esenzione dagli obblighi di comunicazione in capo agli intermediari nei casi in cui il relativo assolvimento possa comportare la violazione del segreto professionale; al riguardo, il Decreto si limita a stabilire che - se poste in essere per le finalità previste e in buona fede - le comunicazioni effettuate “non costituiscono violazione di eventuali restrizioni alla comunicazione di informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e non comportano responsabilità di alcun tipo” (art. 3, comma 4, cit.).
L'art. 7, comma 4, D.Lgs. n. 100/2020, prevede che "i contribuenti comunicano all'Agenzia delle entrate le informazioni di cui all'articolo 6 del presente decreto, relative al periodo compreso tra il 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2020, entro trenta giorni a decorrere dal 1° gennaio 2021".
Per il regime sanzionatorio si rinvia all'art. 12 del D.Lgs. n. 100/2020.
Infine, quest'ultimo Decreto rinvia a un successivo decreto ministeriale la regolamentazione della disciplina di dettaglio (e a tal fine rilevano, in particolare, i profili relativi all'esatta individuazione del perimetro soggettivo e oggettivo di applicazione degli obblighi di comunicazione previsti dalla DAC6: v. sopra).
07.07.2020
Con l'ordinanza n. 13844, depositata il 06.07.2020, la Corte di Cassazione interviene nuovamente sul tema dell'onere della prova nel caso di emissione/utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti (relative alle cd. "frodi carosello" - v. artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 74/2000), ribadendo che: (i) tale onere grava sull'accusa (e, quindi, sull'Agenzia delle entrate o sulla Guardia di finanza che hanno rilevato i fatti e comunicato la notizia di reato), (ii) l'inesistenza (sul piano soggettivo) delle operazioni non comporta l’automatica indeducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette, pur se è, comunque, necessario che gli stessi siano inerenti all’attività di impresa, essendo questo un requisito generale per la loro deducibilità.
Con l'ordinanza n. 13844, depositata il 06.07.2020, la Corte di Cassazione interviene nuovamente sul tema dell'onere della prova nel caso di emissione/utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti (relative alle cd. "frodi carosello" - v. artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 74/2000), ribadendo che: (i) tale onere grava sull'accusa (e, quindi, sull'Agenzia delle entrate o sulla Guardia di finanza che hanno rilevato i fatti e comunicato la notizia di reato), (ii) l'inesistenza (sul piano soggettivo) delle operazioni non comporta l’automatica indeducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette, pur se è, comunque, necessario che gli stessi siano inerenti all’attività di impresa, essendo questo un requisito generale per la loro deducibilità.
01.07.2020
Con la circolare n. 17/E del 22.06.2020, l'Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni in merito al nuovo contraddittorio preventivo di cui al D.L. n. 34/2019 (cd. "Decreto crescita"), che fa riferimento agli atti datati e sottoscritti dagli Uffici a partire dal 1° luglio 2020.
In particolare, dal 1° luglio 2020 gli uffici dell’Agenzia delle Entrate saranno tenuti a invitare al contraddittorio il contribuente prima di emettere avvisi di accertamento riguardanti imposte sui redditi e addizionali, contributi previdenziali, ritenute, imposte sostitutive, Irap, imposta sul valore degli immobili all’estero (Ivie), imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero (Ivafe) e IVA.
Come espressamente indicato dalla stessa Agenzia, in "linea con le indicazioni fornite agli uffici nel corso degli anni, l’Agenzia incoraggia il ricorso al contraddittorio preventivo, quando possibile, anche nei casi non obbligatori, al fine di valorizzare il più possibile il confronto anticipato con il contribuente e di accrescere l’adempimento spontaneo"
In caso di mancata adesione l’avviso di accertamento deve essere motivato con riferimento ai chiarimenti e ai documenti forniti dal contribuente. L’esito del contraddittorio diventa, quindi, "protagonista e costituisce parte della motivazione dell’accertamento".
Per le modalità seguite dagli Uffici nel periodo dell'emergenza sanitaria da Covid-19 si rinvia alla circolare n. 6/E del 23.03.2020.
Con la circolare n. 17/E del 22.06.2020, l'Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni in merito al nuovo contraddittorio preventivo di cui al D.L. n. 34/2019 (cd. "Decreto crescita"), che fa riferimento agli atti datati e sottoscritti dagli Uffici a partire dal 1° luglio 2020.
In particolare, dal 1° luglio 2020 gli uffici dell’Agenzia delle Entrate saranno tenuti a invitare al contraddittorio il contribuente prima di emettere avvisi di accertamento riguardanti imposte sui redditi e addizionali, contributi previdenziali, ritenute, imposte sostitutive, Irap, imposta sul valore degli immobili all’estero (Ivie), imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero (Ivafe) e IVA.
Come espressamente indicato dalla stessa Agenzia, in "linea con le indicazioni fornite agli uffici nel corso degli anni, l’Agenzia incoraggia il ricorso al contraddittorio preventivo, quando possibile, anche nei casi non obbligatori, al fine di valorizzare il più possibile il confronto anticipato con il contribuente e di accrescere l’adempimento spontaneo"
In caso di mancata adesione l’avviso di accertamento deve essere motivato con riferimento ai chiarimenti e ai documenti forniti dal contribuente. L’esito del contraddittorio diventa, quindi, "protagonista e costituisce parte della motivazione dell’accertamento".
Per le modalità seguite dagli Uffici nel periodo dell'emergenza sanitaria da Covid-19 si rinvia alla circolare n. 6/E del 23.03.2020.
30.06.2020
Dal 1° luglio 2020, il limite per l'effettuazione di pagamenti in contanti scende a euro 2.000,00.
L'abbassamento della soglia consentita era già stato previsto dal D.L. 26.10.2019, n. 124, "Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili" (cd. Collegato fiscale alla legge di bilancio 2020), convertito con modificazioni dalla L. 19.12.2019, n. 157.
In particolare, le modifiche al regime dell'utilizzo del contante - intese quali "Misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva ed alle frodi fiscali" - sono previste dall'art. 18 del menzionato Decreto, mediante inserimento del comma 3-bis nell'art. 49 del D.Lgs. 21.11.2007, n. 231.
La disposizione in commento dispone un ulteriore abbassamento della soglia in discorso, che passerà a euro 1.000 dal 1° gennaio 2022.
Dal 1° luglio 2020, il limite per l'effettuazione di pagamenti in contanti scende a euro 2.000,00.
L'abbassamento della soglia consentita era già stato previsto dal D.L. 26.10.2019, n. 124, "Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili" (cd. Collegato fiscale alla legge di bilancio 2020), convertito con modificazioni dalla L. 19.12.2019, n. 157.
In particolare, le modifiche al regime dell'utilizzo del contante - intese quali "Misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva ed alle frodi fiscali" - sono previste dall'art. 18 del menzionato Decreto, mediante inserimento del comma 3-bis nell'art. 49 del D.Lgs. 21.11.2007, n. 231.
La disposizione in commento dispone un ulteriore abbassamento della soglia in discorso, che passerà a euro 1.000 dal 1° gennaio 2022.
29.06.2020
Con la norma di comportamento n. 209 del 24.06.2020, l'Associazione Italiana Dottori Commercialisti (AIDC) indica le modalità da seguire nel caso di fatture elettroniche errate.
Particolarmente interessanti, in relazione alle modalità attuative del reato di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000 (inserito nell'elenco dei delitti presupposto della responsabilità amministrativa degli enti di cui all'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001), sono le indicazioni relative al ricevimento di fatture relative a operazioni inesistenti; in questo caso, la citata norma prevede che il cessionario/committente (destinatario della fattura) non deve procedere alla registrazione del documento nella propria contabilità.
Il richiamato documento prevede, poi, i seguenti altri tre casi:
Con la norma di comportamento n. 209 del 24.06.2020, l'Associazione Italiana Dottori Commercialisti (AIDC) indica le modalità da seguire nel caso di fatture elettroniche errate.
Particolarmente interessanti, in relazione alle modalità attuative del reato di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000 (inserito nell'elenco dei delitti presupposto della responsabilità amministrativa degli enti di cui all'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001), sono le indicazioni relative al ricevimento di fatture relative a operazioni inesistenti; in questo caso, la citata norma prevede che il cessionario/committente (destinatario della fattura) non deve procedere alla registrazione del documento nella propria contabilità.
Il richiamato documento prevede, poi, i seguenti altri tre casi:
- raggiungimento di una soluzione condivisa tra emittente della fattura e cessionario/committente: l'emittente corregge l'errore emettendo una nota di credito;
- fattura elettronica che espone un addebito di imposta inferiore a quella dovuta (in mancanza di un accordo tra le parti): il cessionario /committente è tenuto a regolarizzare la fattura entro 30 giorni dalla sua registrazione, versando la maggiore imposta eventualmente dovuta;
- fattura elettronica irregolare che non comporta l’insufficiente determinazione dell’imposta: il cessionario /committente deve contabilizzare la fattura ed è legittimato alla detrazione dell’imposta, nei limiti dell’imposta effettivamente dovuta.
15.06.2020
La cd. "Proposta Colao", denominata <<Iniziative per il rilancio "Italia 2020-2022">> - che indica una serie di misure, in vari settori, per superare l'emergenza sanitaria da COVID-19 - reca, tra le altre una misura che si riferisce al "Tax Control Framework" e alle sue connessioni con la disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, ci si riferisce alla misura 5 - "Incentivo all'adozione di sistemi di tax control framework del richiamato documento:
Partendo dalle premesse appena esposte, il citato Comitato propone l'adozione delle seguenti <<Azioni specifiche>> (l'enfasi è aggiunta):
<<a. Prevedere la non applicazione delle sanzioni amministrative e penali in ipotesi di contestazioni nei confronti di soggetti aderenti al regime di cooperative compliance.
b. Prevedere la medesima non applicazione delle sanzioni amministrative e penali qualora il contribuente: − Abbia predisposto un modello di presidio del rischio fiscale (Tax Control Framework) che permetta di rilevare, misurare, gestire e controllare il rischio fiscale; − L’esistenza del modello sia stata comunicata all’Amministrazione Finanziaria in dichiarazione (come già avviene per la documentazione sui prezzi di trasferimento) − In sede di verifica, il modello venga considerato idoneo in quanto rispondente ai criteri individuati dall’amministrazione in apposito provvedimento, sulla base dell’esperienza derivante dalla cooperative compliance.
c. Per i contribuenti che non si dotino di TCF, prevedere la non applicazione delle sanzioni amministrative e penali in ipotesi di contestazioni afferenti specifiche operazioni con riferimento alle quali il contribuente abbia predisposto idonea documentazione preventivamente comunicata, all’Amministrazione Finanziaria con specifiche modalità, individuate in apposito provvedimento.
d. Nei casi in cui le misure suindicate fondino le proprie risultanze su documenti falsi o altri mezzi fraudolenti dei quali sia dimostrata la specifica idoneità ad indurre in errore l’Amministrazione le sanzioni amministrative e penali edittali sono raddoppiate.
e. Abbassamento delle soglie per accedere alla cooperative compliance.>>
La cd. "Proposta Colao", denominata <<Iniziative per il rilancio "Italia 2020-2022">> - che indica una serie di misure, in vari settori, per superare l'emergenza sanitaria da COVID-19 - reca, tra le altre una misura che si riferisce al "Tax Control Framework" e alle sue connessioni con la disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, ci si riferisce alla misura 5 - "Incentivo all'adozione di sistemi di tax control framework del richiamato documento:
- <<Incentivo all’adozione di sistemi di tax control framework anche attraverso l’estensione del dialogo preventivo con l’amministrazione finanziaria. Introdurre la non applicabilità delle sanzioni amministrative e penali per le società (italiane ed estere identificate in Italia) che (i) siano in regime di cooperative compliance o (ii) implementino un modello di presidio del rischio fiscale (Tax Control Framework) o (iii) segnalino e documentino adeguatamente operazioni caratterizzate da un rischio di natura fiscale.>>
- <<Il rischio di incorrere in contestazioni di rilevanza penale-tributaria è significativo in conseguenza della presenza di soglie di punibilità generalmente basse se rapportate all’operatività della media e grande impresa. La rilevanza quasi automatica delle violazioni fiscali anche in ambito penale costituisce uno degli elementi rilevanti che possono pregiudicare la scelta di investire in Italia.
- La gestione del rischio fiscale rappresenta una priorità soprattutto alla luce dell’estensione della responsabilità degli enti di cui al D.Lgs. n. 231/2001 a taluni reati fiscali per effetto della legge 19 dicembre 2019 n. 157.
- Si rende, dunque, necessario aggiornare il Modello 231 per prevenire il manifestarsi di rischi di natura fiscale. Necessaria convergenza tra Modello 231 e modello di presidio del rischio fiscale (c.d. Tax Control Framework) che dovrebbe essere valorizzata mediante la previsione di una misura premiale rispetto alle fattispecie di natura penale-tributaria.
- L’istituto della cooperative compliance (introdotto nel 2015) consente di istituire un dialogo preventivo con l’amministrazione finanziaria ma è ancora insufficiente a causa (i) della mancata previsione della disapplicazione delle sanzioni penali per effetto dell’accesso al regime e (ii) dell’esistenza di soglie di fatturato tuttora elevate (5 mld €).>>
Partendo dalle premesse appena esposte, il citato Comitato propone l'adozione delle seguenti <<Azioni specifiche>> (l'enfasi è aggiunta):
<<a. Prevedere la non applicazione delle sanzioni amministrative e penali in ipotesi di contestazioni nei confronti di soggetti aderenti al regime di cooperative compliance.
b. Prevedere la medesima non applicazione delle sanzioni amministrative e penali qualora il contribuente: − Abbia predisposto un modello di presidio del rischio fiscale (Tax Control Framework) che permetta di rilevare, misurare, gestire e controllare il rischio fiscale; − L’esistenza del modello sia stata comunicata all’Amministrazione Finanziaria in dichiarazione (come già avviene per la documentazione sui prezzi di trasferimento) − In sede di verifica, il modello venga considerato idoneo in quanto rispondente ai criteri individuati dall’amministrazione in apposito provvedimento, sulla base dell’esperienza derivante dalla cooperative compliance.
c. Per i contribuenti che non si dotino di TCF, prevedere la non applicazione delle sanzioni amministrative e penali in ipotesi di contestazioni afferenti specifiche operazioni con riferimento alle quali il contribuente abbia predisposto idonea documentazione preventivamente comunicata, all’Amministrazione Finanziaria con specifiche modalità, individuate in apposito provvedimento.
d. Nei casi in cui le misure suindicate fondino le proprie risultanze su documenti falsi o altri mezzi fraudolenti dei quali sia dimostrata la specifica idoneità ad indurre in errore l’Amministrazione le sanzioni amministrative e penali edittali sono raddoppiate.
e. Abbassamento delle soglie per accedere alla cooperative compliance.>>
15.04.2020
Con la sentenza n. 12050, depositata il 14.04.2020, la Corte di Cassazione interviene sul tema dei rapporti esistenti tra valutazioni in sede penale e amministrativa con riferimento alla determinazione dell'imposta evasa (con riferimento a un procedimento penale relativo alla contestazione del reato di cui all'art. 3, D.Lgs. n. 74/2000. In particolare, la Corte Suprema ha ribadito che in materia tributaria il compito di determinare l’ammontare dell’imposta evasa - suscettibile dapprima di sequestro e, poi, di confisca - può sovrapporsi o contraddire gli esiti della valutazione operata dal giudice tributario, poiché non è configurabile alcuna pregiudiziale tributaria. In altri termini, il giudice penale non è vincolato nell’accertamento dell’imposta che si assume evasa, alle determinazioni assunte dal Fisco e dal giudice tributario. Nel caso esaminato, le prove acquisite nel procedimento penale sono risultate diverse dagli elementi emersi e valutati, ai fini tributari, in sede amministrativa.
Con la sentenza n. 12050, depositata il 14.04.2020, la Corte di Cassazione interviene sul tema dei rapporti esistenti tra valutazioni in sede penale e amministrativa con riferimento alla determinazione dell'imposta evasa (con riferimento a un procedimento penale relativo alla contestazione del reato di cui all'art. 3, D.Lgs. n. 74/2000. In particolare, la Corte Suprema ha ribadito che in materia tributaria il compito di determinare l’ammontare dell’imposta evasa - suscettibile dapprima di sequestro e, poi, di confisca - può sovrapporsi o contraddire gli esiti della valutazione operata dal giudice tributario, poiché non è configurabile alcuna pregiudiziale tributaria. In altri termini, il giudice penale non è vincolato nell’accertamento dell’imposta che si assume evasa, alle determinazioni assunte dal Fisco e dal giudice tributario. Nel caso esaminato, le prove acquisite nel procedimento penale sono risultate diverse dagli elementi emersi e valutati, ai fini tributari, in sede amministrativa.
29.01.2020
Con la relazione n. 3/2020, la Corte di Cassazione - Ufficio del massimario e del ruolo - Servizio penale, ha fornito chiarimenti in ordine ai profili penalistici delle disposizioni di modifica del sistema penale tributario (D.Lgs. n. 74/2000) e della disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reati (D.Lgs. n. 231/2001) introdotte con il D.L. n. 124/2019, convertito dalla Legge 19.12.2019, n. 157.
In particolare, in merito all'ampliamento del catalogo dei reati "presupposto" della responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato ex D.Lgs. n. 231/2001, l'Alto Ufficio ha precisato quanto segue:
Con la relazione n. 3/2020, la Corte di Cassazione - Ufficio del massimario e del ruolo - Servizio penale, ha fornito chiarimenti in ordine ai profili penalistici delle disposizioni di modifica del sistema penale tributario (D.Lgs. n. 74/2000) e della disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reati (D.Lgs. n. 231/2001) introdotte con il D.L. n. 124/2019, convertito dalla Legge 19.12.2019, n. 157.
In particolare, in merito all'ampliamento del catalogo dei reati "presupposto" della responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato ex D.Lgs. n. 231/2001, l'Alto Ufficio ha precisato quanto segue:
- <<L'introduzione dell'art. 25-quinquiesdecies del d.lgs. n. 231 del 2001 ... pare rispondere anche alle richieste provenienti dall'Unione Europea, concernenti la tutela degli interessi finanziari dell'Unione mediante, tra l'altro, l'inclusione dei reati tributari nella disciplina della responsabilità degli enti>>;
- <<Il catalogo dei reati tributari presupposto della responsabilità delle persone giuridiche è tassativo>>;
- <<E' appena il caso di aggiungere che, a seguito della riforma in esame, le persone giuridiche che adottano un modello organizzativo ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 devono aggiornarne i contenuti, al fine di implementare efficaci sistemi di gestione del rischio fiscale ed evitare la relativa sanzione. Al riguardo, secondo la giurisprudenza di legittimità, compete al giudice di merito, investito da specifica deduzione, accertare preliminarmente l'esistenza di un modello organizzativo e di gestione conforme alle norme nonché la sua efficace attuazione o meno nell'ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto (Sez. 4, n. 43656 del 24/09/2019, Compagnia progetti e costruzioni S.r.l., in via di mass.). Non è idoneo ad esimere l'ente dalla responsabilità da reato, inoltre, il modello organizzativo che preveda un organismo di vigilanza non provvisto di autonomi ed effettivi poteri di controllo e che risulti sottoposto alle dirette dipendenze del soggetto controllato (Sez. 2, n. 52316 del 27/09/2016, Riva ed altri, Rv. 268964)>>.
25.12.2019
Il 25 dicembre 2019 è entrata in vigore la L. 19 dicembre 2019, n. 157 (pubblicata sulla G.U. n. 301 del 24.12.2019), che ha convertito, con modifiche, il Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (cd. "Decreto fiscale"). Tra le importanti novità si richiamano quelle relative al sistema penale in materia tributaria e alla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 23172001 (con l'inserimento, nel catalogo dei reati presupposto, dei delitti tributari: art. 25-quinquiesdecies del Decreto n. 231 del 2001).
Le modifiche alla disciplina penale in materia tributaria e di responsabilità amministrativa degli enti sono recate dall'art. 39 del D.L. n. 124/2019, come modificato dalla Legge di conversione.
In particolare, il secondo comma di tale disposizione ha inserito nel D.Lgs. n. 231/2001 il nuovo articolo 25-quinquiesdecies - "Reati tributari"; i delitti tributari di cui al D.Lgs. n. 74/2000, ora rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, sono i seguenti:
a) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 2, comma 1 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
b) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 2, comma 2-bis (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
c) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall'articolo 3 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
d) delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 1 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
e) delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 2-bis (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
f) delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall'articolo 10 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
g) delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall'articolo 11 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità).
Le principali modifiche al sistema penale tributario - recate dal primo comma del citato art. 39, D.L. n. 124/2019, convertito con modificazioni dalla L. n. 157/2019 - sono le seguenti:
a) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000: ora da quattro a otto anni se l'ammontare degli elementi passivi fittizi non è inferiore a euro 100.000 (nel caso in cui sia inferiore resta applicabile la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni: nuovo comma 2-bis della citata disposizione);
b) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da tre a otto anni;
c) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due anni a quattro anni e sei mesi;
d) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due a cinque anni;
e) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due a cinque anni;
f) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000, se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d/imposta, non š inferiore a euro centomila (nel caso in cui sia inferiore resta applicabile la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni: nuovo comma 2-bis della citata disposizione);
g) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 10, D.Lgs. n. 74/2000: ora da tre a sette anni;
h) modifiche ai "Casi particolari di confisca" di cui all/art. 12-ter, D.Lgs. n. 74/2000.
Di seguito si riporta il testo di quest'ultima disposizione:
<<Art. 12-ter (Casi particolari di confisca).
1. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti di seguito indicati, si applica l'articolo 240-bis del codice penale quando:
a) l'ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 2;
b) l'imposta evasa è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 3;
c) l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 8;
d) l'ammontare delle imposte, delle sanzioni e degli interessi è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 11, comma 1;
e) l'ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 11, comma 2.
...(omissis)...>>
Per ulteriori dettagli in merito alla normativa sopra richiamata si rinvia al Portale sul D.Lgs. n. 231/2001 www.italianlaw231.com.
Il 25 dicembre 2019 è entrata in vigore la L. 19 dicembre 2019, n. 157 (pubblicata sulla G.U. n. 301 del 24.12.2019), che ha convertito, con modifiche, il Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (cd. "Decreto fiscale"). Tra le importanti novità si richiamano quelle relative al sistema penale in materia tributaria e alla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 23172001 (con l'inserimento, nel catalogo dei reati presupposto, dei delitti tributari: art. 25-quinquiesdecies del Decreto n. 231 del 2001).
Le modifiche alla disciplina penale in materia tributaria e di responsabilità amministrativa degli enti sono recate dall'art. 39 del D.L. n. 124/2019, come modificato dalla Legge di conversione.
In particolare, il secondo comma di tale disposizione ha inserito nel D.Lgs. n. 231/2001 il nuovo articolo 25-quinquiesdecies - "Reati tributari"; i delitti tributari di cui al D.Lgs. n. 74/2000, ora rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, sono i seguenti:
a) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 2, comma 1 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
b) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 2, comma 2-bis (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
c) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall'articolo 3 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
d) delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 1 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
e) delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 2-bis (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
f) delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall'articolo 10 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
g) delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall'articolo 11 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità).
Le principali modifiche al sistema penale tributario - recate dal primo comma del citato art. 39, D.L. n. 124/2019, convertito con modificazioni dalla L. n. 157/2019 - sono le seguenti:
a) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000: ora da quattro a otto anni se l'ammontare degli elementi passivi fittizi non è inferiore a euro 100.000 (nel caso in cui sia inferiore resta applicabile la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni: nuovo comma 2-bis della citata disposizione);
b) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da tre a otto anni;
c) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due anni a quattro anni e sei mesi;
d) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due a cinque anni;
e) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due a cinque anni;
f) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000, se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d/imposta, non š inferiore a euro centomila (nel caso in cui sia inferiore resta applicabile la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni: nuovo comma 2-bis della citata disposizione);
g) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 10, D.Lgs. n. 74/2000: ora da tre a sette anni;
h) modifiche ai "Casi particolari di confisca" di cui all/art. 12-ter, D.Lgs. n. 74/2000.
Di seguito si riporta il testo di quest'ultima disposizione:
<<Art. 12-ter (Casi particolari di confisca).
1. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti di seguito indicati, si applica l'articolo 240-bis del codice penale quando:
a) l'ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 2;
b) l'imposta evasa è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 3;
c) l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 8;
d) l'ammontare delle imposte, delle sanzioni e degli interessi è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 11, comma 1;
e) l'ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 11, comma 2.
...(omissis)...>>
Per ulteriori dettagli in merito alla normativa sopra richiamata si rinvia al Portale sul D.Lgs. n. 231/2001 www.italianlaw231.com.
17.12.2019
Con il rinnovo della fiducia al Governo, il 17 dicembre 2019 il Senato ha approvato in via definitiva il d.d.l. n. S.1638 e, quindi, la conversione in legge del "Decreto fiscale", collegato alla legge di Bilancio 2020 (Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124; la legge di conversione deve ora essere pubblicata in Gazzetta ufficiale. Tra le importanti novità si richiamano quelle relative al sistema penale in materia tributaria e alla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 23172001 (con l'inserimento, nel catalogo dei reati presupposto, dei delitti tributari).
Con il rinnovo della fiducia al Governo, il 17 dicembre 2019 il Senato ha approvato in via definitiva il d.d.l. n. S.1638 e, quindi, la conversione in legge del "Decreto fiscale", collegato alla legge di Bilancio 2020 (Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124; la legge di conversione deve ora essere pubblicata in Gazzetta ufficiale. Tra le importanti novità si richiamano quelle relative al sistema penale in materia tributaria e alla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 23172001 (con l'inserimento, nel catalogo dei reati presupposto, dei delitti tributari).
02.12.2019
Con il passaggio all'esame della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, sono stati approvati vari emendamenti al cd. "Decreto fiscale 2020" (D.L. 26.10.2019, n. 124) in materia di reati tributari; tra le modifiche, importanti novità in materia di responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, in caso di commissione di reati tributari, tale responsabilità - prevista dal testo originario del D.L. n. 124/2019 solo per l’ipotesi di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000) - viene estesa anche ai delitti di:
Confermati, inoltre, gli aumenti di pena per i delitti di emissione di fatture fittizie (art. 8, D.Lgs. n. 74/2000) e di distruzione o occultamento di scritture contabili (art. 10).
Ripristinato, poi, il comma 1-ter dell'art. 4, D.Lgs. n. 74/2000, confermando così la non punibilità per valutazioni che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette.
Con il passaggio all'esame della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, sono stati approvati vari emendamenti al cd. "Decreto fiscale 2020" (D.L. 26.10.2019, n. 124) in materia di reati tributari; tra le modifiche, importanti novità in materia di responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, in caso di commissione di reati tributari, tale responsabilità - prevista dal testo originario del D.L. n. 124/2019 solo per l’ipotesi di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000) - viene estesa anche ai delitti di:
- dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, D.Lgs. n. 74/2000);
- emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8, D.Lgs. n. 74/2000);
- occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, D.Lgs. n. 74/2000);
- sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, D.Lgs. n. 74/2000).
- riduzione degli aumenti di pena previsti per i reati non fraudolenti (dichiarazione infedele e dichiarazione omessa, di cui, rispettivamente, agli artt. 4 e 5, D.Lgs. n. 74/2000);
- modifica delle soglie di punibilità per i delitti di omesso versamento di ritenute e di omesso versamento dell’IVA (di cui, rispettivamente, agli artt. 10-bis e 10-ter, D.Lgs. n. 74/2000), diminuite dal decreto-legge e ora riportate alla misura previgente al D.L. n. 124/2019;
- riduzione dei casi di applicabilità della cd. confisca “per sproporzione”.
Confermati, inoltre, gli aumenti di pena per i delitti di emissione di fatture fittizie (art. 8, D.Lgs. n. 74/2000) e di distruzione o occultamento di scritture contabili (art. 10).
Ripristinato, poi, il comma 1-ter dell'art. 4, D.Lgs. n. 74/2000, confermando così la non punibilità per valutazioni che, singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette.
26.10.2019
Il D.L. 26.10.2019, n. 124 - Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili (pubblicato sulla G.U. n. 252 del 26.10.2019) ha introdotto rilevanti modifiche al diritto penale tributario, inserendo i reati tributari nel catalogo dei reati-presupposto ai fini della responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001.
Queste modifiche sono inserite nell'art. 39 del Decreto, che - come stabilito dal terzo comma della stessa disposizione - avranno efficacia dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della legge di conversione del provvedimento.
L'inasprimento della disciplina (cosiddetta) "manette agli evasori" (di cui al D.Lgs. n. 74/2000) prevede:
Il D.L. 26.10.2019, n. 124 - Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili (pubblicato sulla G.U. n. 252 del 26.10.2019) ha introdotto rilevanti modifiche al diritto penale tributario, inserendo i reati tributari nel catalogo dei reati-presupposto ai fini della responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001.
Queste modifiche sono inserite nell'art. 39 del Decreto, che - come stabilito dal terzo comma della stessa disposizione - avranno efficacia dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della legge di conversione del provvedimento.
L'inasprimento della disciplina (cosiddetta) "manette agli evasori" (di cui al D.Lgs. n. 74/2000) prevede:
- un generale inasprimento delle sanzioni;
- una "confisca di sproporzione" (con inserimento dell'art. 12-ter nel menzionato D.Lgs. n. 74/2000);
- l'inserimento del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000) nel catalogo dei "reati 231" (introducendo nel D.Lgs. n. 231/2001 l'art. 25-quindiesdecies).
08.06.2018
Sulla Gazzetta ufficiale n. 128 del 05.06.2018 è stato pubblicato il D.Lgs. 18.05.2018, n. 60 - Attuazione della direttiva 2016/2258/UE del Consiglio, del 6 dicembre 2016, recante modifica della direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, per quanto riguarda l'accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio. Le disposizioni recate dal decreto sono entrate in vigore il 6 giugno 2018, e si applicano alle richieste di accesso alle informazioni formulate dall'Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza a decorrere dal 1° gennaio 2018.
Sulla Gazzetta ufficiale n. 128 del 05.06.2018 è stato pubblicato il D.Lgs. 18.05.2018, n. 60 - Attuazione della direttiva 2016/2258/UE del Consiglio, del 6 dicembre 2016, recante modifica della direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, per quanto riguarda l'accesso da parte delle autorità fiscali alle informazioni in materia di antiriciclaggio. Le disposizioni recate dal decreto sono entrate in vigore il 6 giugno 2018, e si applicano alle richieste di accesso alle informazioni formulate dall'Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza a decorrere dal 1° gennaio 2018.
08.06.2018
Con la sentenza n. 13624 del 30 maggio 2018 la Corte di Cassazione ha chiarito che, con riferimento a un accertamento fiscale relativo a fatture per operazioni (soggettivamente) inesistenti), il giudice tributario può legittimamente prendere in considerazione l'esito del parallelo procedimento penale per far emergere le ragioni del contribuente (nel caso di specie, il P.M. aveva richiesto l'archiviazione del procedimento).
Con la sentenza n. 13624 del 30 maggio 2018 la Corte di Cassazione ha chiarito che, con riferimento a un accertamento fiscale relativo a fatture per operazioni (soggettivamente) inesistenti), il giudice tributario può legittimamente prendere in considerazione l'esito del parallelo procedimento penale per far emergere le ragioni del contribuente (nel caso di specie, il P.M. aveva richiesto l'archiviazione del procedimento).
08.06.2018
Con l'ordinanza n. 13771 del 30 maggio 2018 la Corte di Cassazione ha chiarito che l'assenza dell'autorizzazione a procedere all'accesso presso un'abitazione privata adibita promiscuamente allo svolgimento di un'attività commerciale non è sanata dalla consegna spontanea dei documenti da parte del contribuente. L'accesso e la conseguenza acquisizione documentale sono, quindi, da considerare illegittimi.
Con l'ordinanza n. 13771 del 30 maggio 2018 la Corte di Cassazione ha chiarito che l'assenza dell'autorizzazione a procedere all'accesso presso un'abitazione privata adibita promiscuamente allo svolgimento di un'attività commerciale non è sanata dalla consegna spontanea dei documenti da parte del contribuente. L'accesso e la conseguenza acquisizione documentale sono, quindi, da considerare illegittimi.
23.11.2016
Il gruppo di lavoro Imprese Multinazionali, istituito nell’ambito della Giunta di Assonime, ha reso pubblico lo studio n. 17/2016 - <<Imprese multinazionali: aspetti societari e fiscali>>. Tra i diversi temi affrontati nel documento, si segnalano i seguenti: (i) cooperative compliance, (ii) corruzione internazionale, (iii) autoriciclaggio e false comunicazioni sociali, (iv) i reati fiscali "presupposto" del nuovo reato di autoriciclaggio.
Con riferimento al primo argomento, Assonime ha <<approfondito gli effetti dell’adesione al nuovo regime opzionale di adempimento collaborativo (c.d. cooperative compliance programme) introdotto dagli artt. 3 e ss. del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128. Si tratta di un nuovo istituto volto a realizzare forme di cooperazione rafforzata tra Agenzia delle Entrate e contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del c.d. rischio fiscale.>>
Lo studio n. 17/2016 ha evidenziato i punti ancora non chiari della disciplina, auspicando ulteriori chiarimenti da parte dell'Agenzia delle Entrate e l’abrogazione e/o la riformulazione in termini più chiari dell’art. 6, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 128 del 2015.
Il gruppo di lavoro Imprese Multinazionali, istituito nell’ambito della Giunta di Assonime, ha reso pubblico lo studio n. 17/2016 - <<Imprese multinazionali: aspetti societari e fiscali>>. Tra i diversi temi affrontati nel documento, si segnalano i seguenti: (i) cooperative compliance, (ii) corruzione internazionale, (iii) autoriciclaggio e false comunicazioni sociali, (iv) i reati fiscali "presupposto" del nuovo reato di autoriciclaggio.
Con riferimento al primo argomento, Assonime ha <<approfondito gli effetti dell’adesione al nuovo regime opzionale di adempimento collaborativo (c.d. cooperative compliance programme) introdotto dagli artt. 3 e ss. del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128. Si tratta di un nuovo istituto volto a realizzare forme di cooperazione rafforzata tra Agenzia delle Entrate e contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del c.d. rischio fiscale.>>
Lo studio n. 17/2016 ha evidenziato i punti ancora non chiari della disciplina, auspicando ulteriori chiarimenti da parte dell'Agenzia delle Entrate e l’abrogazione e/o la riformulazione in termini più chiari dell’art. 6, commi 3 e 4, del D.Lgs. n. 128 del 2015.
19.09.2016
L'Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti in ordine al regime di adempimento collaborativo introdotto dal D.Lgs. n. 128/2015 e disciplinato da un apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia del 14.04.2016 con la circolare n. 38/E del 16.09.2016.
Tali chiarimenti fanno riferimento ai quesiti emersi nel corso del convegno “Adempimento collaborativo: nuova frontiera della compliance” tenutosi il 16 e 17 giugno 2016 a Roma, presso la Direzione Centrale Accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
Tra l'altro, si sottolinea l'importanza che assume la definizione di una tax strategy ben definita ai fini della costruzione di un efficace sistema di controllo del rischio fiscale nonché il particolare rilievo assunto, a tal fine, dalle linee guida OCSE 2016 contenute nel documento “Co-operative Tax Compliance - Building Better Tax Control Framework”, pubblicato il 13 maggio 2016. Il contenuto di quest'ultimo documento è così descritto: "This report outlines the essential features of a Tax Control Framework (TCF) and addresses revenue bodies’ expectations of TCFs. It includes a discussion of the issue of materiality, as it is important to understand the relationship between what is material for the purposes of systems of control, such as the external audit of a multinational enterprise’s accounts, and what is material in terms of the tax liabilities arising from that enterprise’s activities in a particular country. It also discusses how revenue bodies could approach the task of testing the soundness of a TCF in any particular case and finally, sets out conclusions, recommendations and next steps."
L'Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti in ordine al regime di adempimento collaborativo introdotto dal D.Lgs. n. 128/2015 e disciplinato da un apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia del 14.04.2016 con la circolare n. 38/E del 16.09.2016.
Tali chiarimenti fanno riferimento ai quesiti emersi nel corso del convegno “Adempimento collaborativo: nuova frontiera della compliance” tenutosi il 16 e 17 giugno 2016 a Roma, presso la Direzione Centrale Accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
Tra l'altro, si sottolinea l'importanza che assume la definizione di una tax strategy ben definita ai fini della costruzione di un efficace sistema di controllo del rischio fiscale nonché il particolare rilievo assunto, a tal fine, dalle linee guida OCSE 2016 contenute nel documento “Co-operative Tax Compliance - Building Better Tax Control Framework”, pubblicato il 13 maggio 2016. Il contenuto di quest'ultimo documento è così descritto: "This report outlines the essential features of a Tax Control Framework (TCF) and addresses revenue bodies’ expectations of TCFs. It includes a discussion of the issue of materiality, as it is important to understand the relationship between what is material for the purposes of systems of control, such as the external audit of a multinational enterprise’s accounts, and what is material in terms of the tax liabilities arising from that enterprise’s activities in a particular country. It also discusses how revenue bodies could approach the task of testing the soundness of a TCF in any particular case and finally, sets out conclusions, recommendations and next steps."
22.04.2016
Il 14 aprile 2016 il Direttore dell'Agenzia delle Entrate ha approvato il Provvedimento prot. n. 54237/2016, recante <<Disposizioni concernenti i requisiti di accesso al regime di adempimento collaborativo disciplinato dagli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo del 5 agosto 2015, n. 128>>.
Il Provvedimento dell'Agenzia delle Entrate è stato commentato da Assonime con la circolare n. 14 del 22.04.2016.
Il 14 aprile 2016 il Direttore dell'Agenzia delle Entrate ha approvato il Provvedimento prot. n. 54237/2016, recante <<Disposizioni concernenti i requisiti di accesso al regime di adempimento collaborativo disciplinato dagli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo del 5 agosto 2015, n. 128>>.
Il Provvedimento dell'Agenzia delle Entrate è stato commentato da Assonime con la circolare n. 14 del 22.04.2016.
07.01.2016
La Legge di stabilità 2016 (Legge 28.12.2015, n. 208) ha modificato il regime del raddoppio dei termini di decadenza dell'accertamento tributario nel caso di reati tributari.
I commi da 130 a 132 dell’articolo unico della Legge di stabilità hanno, infatti, modificato la disciplina dei termini entro cui l’Amministrazione finanziaria è tenuta ad esercitare, a pena di decadenza, il potere impositivo. In particolare: (i) a partire dal 2016, è stata così eliminata la possibilità di raddoppio dei termini in presenza di violazioni configuranti reato, o meglio, comportanti obbligo di denuncia, ai sensi dell’art. 331, c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n.74/2000; (ii) per gli atti di accertamento relativi alle annualità fino al 2015 è stato previsto un apposito regime transitorio, in base al quale la possibilità di raddoppio dei termini continua ad applicarsi ma esclusivamente in presenza di determinate condizioni, tra cui la circostanza che la notitia criminis sia presentata o trasmessa all’Autorità giudiziaria competente entro i termini ordinari di accertamento.Queste ultime condizioni riprendono quelle contenute nell’art. 2, D.Lgs. n.128/2015 (certezza del diritto).
La Legge n. 208/2016 non ha, tuttavia, riproposto la clausola di salvaguardia (a conferma degli avvisi di accertamento pregressi) contenuta nell’art.2, comma 3, D.Lgs. n.128/2015, che era stata appositamente introdotta per fare salvi gli effetti degli avvisi di accertamento e degli altri provvedimenti impositivi o sanzionatori notificati alla data di entrata in vigore del decreto sulla certezza del diritto (2 settembre 2015). Peraltro, la previsione di tale clausola era stata ritenuta inapplicabile dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino che, nella sentenza n. 2019/15 ha sancito l’illegittimità del raddoppio dei termini operato avvalendosi della menzionata clausola (quindi in virtù della presentazione di una denuncia penale a termine ordinario oramai scaduto), precisando che “la clausola di salvaguardia prevista dalla nuova normativa è inapplicabile poiché presenta, oltre all’evidente ed unico fine di tutela delle casse erariali, gravi profili di incostituzionalità in quanto configura un’ingiustificata disparità di trattamento tra contribuenti assoggettati a diversi termini di accertamento ed a diverse modalità di raddoppio degli stessi solo in conseguenza del momento in cui viene formulata la notizia di reato e/o del momento in cui hanno subito la notifica dell’avviso di accertamento”.
La Legge di stabilità 2016 (Legge 28.12.2015, n. 208) ha modificato il regime del raddoppio dei termini di decadenza dell'accertamento tributario nel caso di reati tributari.
I commi da 130 a 132 dell’articolo unico della Legge di stabilità hanno, infatti, modificato la disciplina dei termini entro cui l’Amministrazione finanziaria è tenuta ad esercitare, a pena di decadenza, il potere impositivo. In particolare: (i) a partire dal 2016, è stata così eliminata la possibilità di raddoppio dei termini in presenza di violazioni configuranti reato, o meglio, comportanti obbligo di denuncia, ai sensi dell’art. 331, c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n.74/2000; (ii) per gli atti di accertamento relativi alle annualità fino al 2015 è stato previsto un apposito regime transitorio, in base al quale la possibilità di raddoppio dei termini continua ad applicarsi ma esclusivamente in presenza di determinate condizioni, tra cui la circostanza che la notitia criminis sia presentata o trasmessa all’Autorità giudiziaria competente entro i termini ordinari di accertamento.Queste ultime condizioni riprendono quelle contenute nell’art. 2, D.Lgs. n.128/2015 (certezza del diritto).
La Legge n. 208/2016 non ha, tuttavia, riproposto la clausola di salvaguardia (a conferma degli avvisi di accertamento pregressi) contenuta nell’art.2, comma 3, D.Lgs. n.128/2015, che era stata appositamente introdotta per fare salvi gli effetti degli avvisi di accertamento e degli altri provvedimenti impositivi o sanzionatori notificati alla data di entrata in vigore del decreto sulla certezza del diritto (2 settembre 2015). Peraltro, la previsione di tale clausola era stata ritenuta inapplicabile dalla Commissione Tributaria Provinciale di Torino che, nella sentenza n. 2019/15 ha sancito l’illegittimità del raddoppio dei termini operato avvalendosi della menzionata clausola (quindi in virtù della presentazione di una denuncia penale a termine ordinario oramai scaduto), precisando che “la clausola di salvaguardia prevista dalla nuova normativa è inapplicabile poiché presenta, oltre all’evidente ed unico fine di tutela delle casse erariali, gravi profili di incostituzionalità in quanto configura un’ingiustificata disparità di trattamento tra contribuenti assoggettati a diversi termini di accertamento ed a diverse modalità di raddoppio degli stessi solo in conseguenza del momento in cui viene formulata la notizia di reato e/o del momento in cui hanno subito la notifica dell’avviso di accertamento”.
11.11.2015
Con provvedimento del 10 novembre 2015, pubblicato nella sezione "Documentazione" del proprio sito web, l’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello per esercitare l’opzione per il patent box; in tal modo i contribuenti potranno aderire al regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo di beni immateriali.
Lo schema di comunicazione deve essere utilizzato per i primi due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2014, mentre a partire dal terzo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 l’opzione dovrà essere comunicata nella dichiarazione dei redditi e decorrerà dal periodo d'imposta al quale la stessa dichiarazione si riferisce.
Con provvedimento del 10 novembre 2015, pubblicato nella sezione "Documentazione" del proprio sito web, l’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello per esercitare l’opzione per il patent box; in tal modo i contribuenti potranno aderire al regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall’utilizzo di beni immateriali.
Lo schema di comunicazione deve essere utilizzato per i primi due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2014, mentre a partire dal terzo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 l’opzione dovrà essere comunicata nella dichiarazione dei redditi e decorrerà dal periodo d'imposta al quale la stessa dichiarazione si riferisce.
06.11.2015
Nel disegno di legge S.2111 (attualmente in fase di discussione in Commissione al Senato) - "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)" - è inserita una disposizione che prevede che gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, effettuati tra il 15 ottobre 2015 e il 31 dicembre 2016, beneficeranno di una maggiorazione del 40 per cento del costo di acquisizione valevole per la definizione delle quote di ammortamento deducibili ai fini delle imposte sui redditi.
Si dovrà attendere una conferma di tale agevolazione, tenendo presente che, come detto, attualmente la norma si riferisce agli acquisti effettuati nel periodo 15 ottobre 2015 - 31 dicembre 2016.
Per scaricare gli atti parlamentari clicca qui.
Nel disegno di legge S.2111 (attualmente in fase di discussione in Commissione al Senato) - "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)" - è inserita una disposizione che prevede che gli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, effettuati tra il 15 ottobre 2015 e il 31 dicembre 2016, beneficeranno di una maggiorazione del 40 per cento del costo di acquisizione valevole per la definizione delle quote di ammortamento deducibili ai fini delle imposte sui redditi.
Si dovrà attendere una conferma di tale agevolazione, tenendo presente che, come detto, attualmente la norma si riferisce agli acquisti effettuati nel periodo 15 ottobre 2015 - 31 dicembre 2016.
Per scaricare gli atti parlamentari clicca qui.
20.10.2015
<<Con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 244 del 20 ottobre 2015 il Ministero dello Sviluppo economico ha comunicato l’avvenuta pubblicazione, sul proprio sito istituzionale, del decreto interministeriale 30 luglio 2015 relativo al c.d. "patent box", definendo l’ambito applicativo e le concrete modalità di calcolo dell’agevolazione fiscale.
Qui di seguito si riporta il comunicato stampa dello stesso Ministero, del 29 luglio 2015.
<<E’ stato firmato dal Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, il decreto di attuazione del cosiddetto ‘Patent Box’, che permette una tassazione agevolata sui redditi derivanti dalle opere di ingegno (marchi e brevetti). Il provvedimento, che rientra nella strategia messa a punto dal Tavolo ‘Finanza per la Crescita, a cui partecipano le strutture dei due Ministeri, prevede una deduzione dal reddito pari al 30% nel 2015, al 40% nel 2016 e al 50% nel 2017.
Intanto è in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il decreto che rende operativo il credito d’imposta sulle spese in ricerca e sviluppo. L’agevolazione è fruibile da tutte le imprese senza limiti di fatturato, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato. L’agevolazione fiscale, utilizzabile a compensazione, è pari al 25 per cento delle spese incrementali sostenute annualmente nel periodo 2015-2019 rispetto alla media realizzata nei tre anni precedenti. L’aliquota è elevata al 50 per cento per le spese relative all’impiego di personale qualificato e per quelle relative a contratti di ricerca con università o altri enti equiparati e con start-up innovative.
L’investimento minimo per accedere allo sgravio fiscale è pari a 30 mila euro mentre il beneficio massimo annuale è ammesso fino a 5 milioni di euro per ciascun soggetto.
Soddisfazione è stata espressa dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan. ‘L’innovazione è essenziale per consentire al Paese di crescere e per creare occupazione di qualità. E’ una sfida – ha spiegato il ministro – che le imprese sono chiamate ad affrontare con il sostegno del governo’’.
Secondo il Ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, i due provvedimenti rappresentano ‘’un ulteriore tassello del quadro delle iniziative finalizzate al rafforzamento delle imprese che il Governo ha preso da quando si è insediato. Soltanto in questo modo, infatti, il sistema Paese può cogliere tutte le opportunità che si stanno affacciando con i primi concreti segnali di ripresa dell’economia’’.>>
Per il testo del Decreto interministeriale clicca qui.
Vedi anche news dell'11.11.2015 (approvazione, del 10.11.2015, del modello per esercitare l’opzione per il patent box).
<<Con avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 244 del 20 ottobre 2015 il Ministero dello Sviluppo economico ha comunicato l’avvenuta pubblicazione, sul proprio sito istituzionale, del decreto interministeriale 30 luglio 2015 relativo al c.d. "patent box", definendo l’ambito applicativo e le concrete modalità di calcolo dell’agevolazione fiscale.
Qui di seguito si riporta il comunicato stampa dello stesso Ministero, del 29 luglio 2015.
<<E’ stato firmato dal Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, il decreto di attuazione del cosiddetto ‘Patent Box’, che permette una tassazione agevolata sui redditi derivanti dalle opere di ingegno (marchi e brevetti). Il provvedimento, che rientra nella strategia messa a punto dal Tavolo ‘Finanza per la Crescita, a cui partecipano le strutture dei due Ministeri, prevede una deduzione dal reddito pari al 30% nel 2015, al 40% nel 2016 e al 50% nel 2017.
Intanto è in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il decreto che rende operativo il credito d’imposta sulle spese in ricerca e sviluppo. L’agevolazione è fruibile da tutte le imprese senza limiti di fatturato, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato. L’agevolazione fiscale, utilizzabile a compensazione, è pari al 25 per cento delle spese incrementali sostenute annualmente nel periodo 2015-2019 rispetto alla media realizzata nei tre anni precedenti. L’aliquota è elevata al 50 per cento per le spese relative all’impiego di personale qualificato e per quelle relative a contratti di ricerca con università o altri enti equiparati e con start-up innovative.
L’investimento minimo per accedere allo sgravio fiscale è pari a 30 mila euro mentre il beneficio massimo annuale è ammesso fino a 5 milioni di euro per ciascun soggetto.
Soddisfazione è stata espressa dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan. ‘L’innovazione è essenziale per consentire al Paese di crescere e per creare occupazione di qualità. E’ una sfida – ha spiegato il ministro – che le imprese sono chiamate ad affrontare con il sostegno del governo’’.
Secondo il Ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, i due provvedimenti rappresentano ‘’un ulteriore tassello del quadro delle iniziative finalizzate al rafforzamento delle imprese che il Governo ha preso da quando si è insediato. Soltanto in questo modo, infatti, il sistema Paese può cogliere tutte le opportunità che si stanno affacciando con i primi concreti segnali di ripresa dell’economia’’.>>
Per il testo del Decreto interministeriale clicca qui.
Vedi anche news dell'11.11.2015 (approvazione, del 10.11.2015, del modello per esercitare l’opzione per il patent box).
30.09.2015
Il Decreto legge 30 settembre 2015, n. 153 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 227 del 30 settembre 2015) ha prorogato la scadenza per l'adesione alla procedura di emersione di beni e capitali trasferiti all’estero senza dichiararli al Fisco italiano (c.d. "voluntary disclosure").
Con riferimento a detto istituto, il provvedimento ha disposto la seguente proroga dei termini:
- presentazione delle domande: 30 novembre 2015;
- integrazione della documentazione: 31 dicembre 2015.
Il Decreto legge 30 settembre 2015, n. 153 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 227 del 30 settembre 2015) ha prorogato la scadenza per l'adesione alla procedura di emersione di beni e capitali trasferiti all’estero senza dichiararli al Fisco italiano (c.d. "voluntary disclosure").
Con riferimento a detto istituto, il provvedimento ha disposto la seguente proroga dei termini:
- presentazione delle domande: 30 novembre 2015;
- integrazione della documentazione: 31 dicembre 2015.
22.09.2015
Il 22 settembre 2015, a completamento del pacchetto dei provvedimenti attuativi della riforma fiscale (Legge 11 marzo 2014 n. 23), il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze Pietro Carlo Padoan, ha approvato definitivamente cinque decreti legislativi. I testi approvati sono sostanzialmente invariati nei contenuti rispetto a quelli approvati dal Consiglio dei Ministri del 4 settembre 2015.
I decreti legislativi approvati definitivamente sono i seguenti:
Il 22 settembre 2015, a completamento del pacchetto dei provvedimenti attuativi della riforma fiscale (Legge 11 marzo 2014 n. 23), il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze Pietro Carlo Padoan, ha approvato definitivamente cinque decreti legislativi. I testi approvati sono sostanzialmente invariati nei contenuti rispetto a quelli approvati dal Consiglio dei Ministri del 4 settembre 2015.
I decreti legislativi approvati definitivamente sono i seguenti:
- misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario;
- misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione;
- misure per la revisione della disciplina dell’organizzazione delle agenzie fiscali;
- misure per la revisione del sistema sanzionatorio;
- stima e monitoraggio dell’evasione fiscale e monitoraggio e riordino delle disposizioni in materia di erosione fiscale.
02.09.2015
Entrato in vigore il 2 settembre 2015 il Decreto legislativo n. 128/2015 sulla certezza del diritto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 agosto 2015. Tale provvedimento normativo - attuativo della legge delega fiscale n. 23 del 2014 - contiene la disciplina del nuovo regime dell'adempimento collaborativo (c.d. tax compliance), dell’abuso del diritto e dell’elusione fiscale nonché le nuove norme sul raddoppio dei termini per l’accertamento (clicca qui per scaricare il provvedimento).
In particolare, l'art. 3 del Decreto ("Finalità e oggetto") prevede quanto segue:
<<1. Al fine di promuovere l'adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, nonche' di favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie
in materia fiscale, e' istituito il regime di adempimento collaborativo fra l'Agenzia delle entrate e i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione,
gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalita' dell'ordinamento tributario.
2. L'adesione al regime e' subordinata al possesso dei requisiti di cui all'articolo 4, comporta l'assunzione dei doveri di cui all'articolo 5 e produce gli effetti di cui all'articolo 6.>>
I citati requisiti - di cui all'art. 4 dello stesso provvedimento, sono i seguenti:
<<1. Il contribuente che aderisce al regime deve essere dotato, nel rispetto della sua autonomia di scelta delle soluzioni organizzative piu' adeguate per il perseguimento dei relativi obiettivi, di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inserito nel contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno. Fermo il fedele e tempestivo adempimento degli obblighi tributari, il sistema deve assicurare:
a) una chiara attribuzione di ruoli e responsabilita' ai diversi settori dell'organizzazione dei contribuenti in relazione ai rischi fiscali;
b) efficaci procedure di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali il cui rispetto sia garantito a tutti i livelli aziendali;
c) efficaci procedure per rimediare ad eventuali carenze riscontrate nel suo funzionamento e attivare le necessarie azioni correttive.
2. Il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale prevede, con cadenza almeno annuale, l'invio di una relazione agli organi di gestione per l'esame e le valutazioni conseguenti. La relazione illustra, per gli adempimenti tributari, le verifiche effettuate e i risultati emersi, le misure adottate per rimediare a eventuali carenze rilevate, nonche' le attivita' pianificate.>>
Entrato in vigore il 2 settembre 2015 il Decreto legislativo n. 128/2015 sulla certezza del diritto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 agosto 2015. Tale provvedimento normativo - attuativo della legge delega fiscale n. 23 del 2014 - contiene la disciplina del nuovo regime dell'adempimento collaborativo (c.d. tax compliance), dell’abuso del diritto e dell’elusione fiscale nonché le nuove norme sul raddoppio dei termini per l’accertamento (clicca qui per scaricare il provvedimento).
In particolare, l'art. 3 del Decreto ("Finalità e oggetto") prevede quanto segue:
<<1. Al fine di promuovere l'adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, nonche' di favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie
in materia fiscale, e' istituito il regime di adempimento collaborativo fra l'Agenzia delle entrate e i contribuenti dotati di un sistema di rilevazione, misurazione,
gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalita' dell'ordinamento tributario.
2. L'adesione al regime e' subordinata al possesso dei requisiti di cui all'articolo 4, comporta l'assunzione dei doveri di cui all'articolo 5 e produce gli effetti di cui all'articolo 6.>>
I citati requisiti - di cui all'art. 4 dello stesso provvedimento, sono i seguenti:
<<1. Il contribuente che aderisce al regime deve essere dotato, nel rispetto della sua autonomia di scelta delle soluzioni organizzative piu' adeguate per il perseguimento dei relativi obiettivi, di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inserito nel contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno. Fermo il fedele e tempestivo adempimento degli obblighi tributari, il sistema deve assicurare:
a) una chiara attribuzione di ruoli e responsabilita' ai diversi settori dell'organizzazione dei contribuenti in relazione ai rischi fiscali;
b) efficaci procedure di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali il cui rispetto sia garantito a tutti i livelli aziendali;
c) efficaci procedure per rimediare ad eventuali carenze riscontrate nel suo funzionamento e attivare le necessarie azioni correttive.
2. Il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale prevede, con cadenza almeno annuale, l'invio di una relazione agli organi di gestione per l'esame e le valutazioni conseguenti. La relazione illustra, per gli adempimenti tributari, le verifiche effettuate e i risultati emersi, le misure adottate per rimediare a eventuali carenze rilevate, nonche' le attivita' pianificate.>>
17.07.2015
Nel corso della riunione del 17 luglio 2015 il Consiglio dei Ministri si è riunito per il secondo esame preliminare di tre schemi di decreti legislativi attuativi della legge di riforma fiscale (legge 11 marzo 2014 n. 23), che delega il governo ad introdurre disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita. I provvedimenti hanno recepito gran parte delle indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni parlamentari e sono tornati alle Camere per l’acquisizione dei pareri definitivi.
In particolare, si riporta qui di seguito uno stralcio del comunicato stampa del Governo relativo al Decreto sulla certezza del diritto, che conferma le disposizioni in materia di Tax compliance (per il testo integrale del comunicato clicca qui - per il testo dello schema di Decreto e della relazione illustrativa del Governo inviata alla Presidenza del Senato il 29 aprile 2015 clicca qui).
<< ... (omissis) ...
3) Decreto legislativo riguardante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente
Il decreto legislativo ha la finalità di rafforzare la certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente in materia di abuso del diritto ed elusione fiscale, raddoppio dei termini per l’accertamento e tax compliance.
Nel secondo esame preliminare il Consiglio dei Ministri ha introdotto alcune novità per tenere conto delle osservazioni contenute nei pareri parlamentari. In particolare, per quanto riguarda i termini di accertamento, il dlg contiene una disposizione a tutela dei contribuenti secondo cui il loro raddoppio, in presenza di un reato penale, è possibile a condizione che la denuncia all’autorità giudiziaria da parte dell’Amministrazione finanziaria sia inviata entro i termini ordinari dell’accertamento. Il raddoppio non opera se la denuncia sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini.
Accogliendo una condizione contenuta nei pareri parlamentari è stata inserita una disposizione che salva gli effetti degli avvisi di accertamento e dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie notificati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Sono fatti salvi anche gli effetti degli inviti a comparire e dei processi verbali di contestazione a condizione che i relativi atti con la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015.
Un’altra novità introdotta con il secondo esame preliminare del decreto riguarda una specifica disposizione sulla cosiddetta ‘Voluntary Disclosure’. Si prevede che possano accedere alla collaborazione volontaria e quindi beneficiare della riduzione delle sanzioni amministrative tributarie e della non punibilità penale le attività e le imposte riferite ad annualità per le quali siano scaduti i termini per l’accertamento fiscale.
Confermato le disposizioni sull’abuso del diritto e l’elusione fiscale che si unificano in un unico concetto (inserendo un nuovo articolo nella legge sullo statuto del contribuente) con una valenza generale, con riguardo a tutti i tributi (imposte sui redditi e imposte indirette, fatta comunque salva la speciale disciplina vigente in materia doganale).
I presupposti per l’esistenza dell’abuso sono:
l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate (ossia operazioni che non perseguono obiettivi quali, ad esempio, sviluppo dell’attività o creazione di posti di lavoro, ma solo vantaggi fiscali;
la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
la circostanza che il vantaggio fiscale costituisca l’effetto essenziale dell’operazione.
Quando Agenzia delle Entrate accerta la condotta abusiva, le operazioni elusive effettuate dal contribuente diventano inefficaci ai fini tributari e, quindi, non sono ottenibili i relativi vantaggi fiscali.
Non si considerano invece abusive le operazioni giustificate da “valide ragioni extrafiscali non marginali” anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente.
Nel procedimento di accertamento dell’abuso del diritto l’onere della prova della condotta abusiva grava sull’amministrazione finanziaria, mentre il contribuente è tenuto a dimostrare la sussistenza delle “valide ragioni extrafiscali” che stanno alla base delle operazioni effettuate.
Confermata anche l’istituzione di un nuovo schema di relazioni tra l’Agenzia delle Entrate e i contribuenti denominato “Regime di adempimento collaborativo”, valevole in via di prima applicazione per le imprese di maggiori dimensioni.
L’accesso al regime, su base volontaria, è subordinato al possesso da parte del contribuente di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, che consenta l’autovalutazione preventiva e il monitoraggio dei rischi. Attraverso l’instaurazione di un regime di scambio continuo di informazioni improntato alla trasparenza, con imposizione di doveri a carico dell’Agenzia delle entrate e del contribuente si realizza anticipatamente un sistema di controllo per prevenire potenziali controversie fiscali.>>
Nella menzionata relazione illustrativa del Governo inviata alla Presidenza del Senato il 29 aprile 2015 si legge quanto segue (in rosso le parti considerate più rilevanti ai fini in esame):
<<Il rischio fiscale e la corporate governance
...(omissis)...
La Section 404 della Sarbanes-Oxley e il FIN 48 hanno determinato un profondo cambiamento nel modo in cui il top management delle grandi società guarda al fisco. In sostanza, il rischio fiscale diviene a pieno titolo uno dei settori sottoposti ai controlli interni di secondo livello, quelli tesi ad assicurare il rispetto della compliance.
Il ruolo del tax department e la sua missione sono stati rivisitati. All'enfasi assolutamente prevalente sul tax planning e sulla riduzione del carico fiscale effettivo si affianca l'attenzione per la tax compliance e per i rischi connessi al non corretto assolvimento degli obblighi fiscali, rischi di tipo sia patrimoniale che reputazionale.
L'assetto organizzativo muta: il tax department in precedenza tipicamente dipendeva dal CFO e faceva riferimento solo ad esso; ora spesso riferisce direttamente anche al CEO. In molti casi è previsto che riferisca periodicamente, per gli aspetti strategici, al Board. Diviene frequente che il Board assegni una esplicita missione al tax department e si occupi del suo funzionamento.
Vengono disegnati e posti in funzione sistemi di individuazione e gestione del rischio fiscale. Vengono impostate strategie generali di inimizzazione di questo tipo di rischio. Modelli di gestione del rischio fiscale sono ormai generalmente diffusi e sono parte integrante del funzionamento delle corporation. La materia è stata oggetto di diversi studi ed esiste ormai una letteratura sull'argomento.
Cambiano quindi la funzione e gli incentivi per il tax department. Come detto, al tradizionale tax planning volto alla minimizzazione del carico impositivo effettivo si affiance l'individuazione, il monitoraggio e la gestione del rischio di non compliance fiscale.
... (omissis) ...
I controlli aziendali e la compliance fiscale in Italia
Anche i Italia nell'ultimo decennio sono state riviste profondamente le regole sui controlli aziendali, sulla scia delle iniziative assunte negli Stati Uniti e in altri paesi. Le società che si rivolgono al mercato sono assoggettate a regole di trasparenza e di strutturazione dei controlli interni, in conseguenza sia di diversi interventi normativi, sia di alcune importanti iniziative di autoregolamentazione. Questi processi hanno investito, in particolare, i principali intermediari finanziari.
I controlli nelle società quotate
Uno dei primi interventi sui controlli interni è stato realizzato con il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, che ha attribuito a società (quotate e non) e ad enti la responsabilità per i reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio. Il fulcro del sistema di responsabilità risiede nei modelli di organizzazione, gestione e controllo interni per la prevenzione delle violazioni. La filosofia di fondo è quella di controbilanciare la responsabilità per le violazioni con l'approntamento di modelli di controllo; l'adozione dei modelli resta facoltativa, ma esonera l'impresa dalle sanzioni.
Il compito di vigilare sull'osservanza e sull'aggiornamento del modello è affidato all'organismo interno di vigilanza (ODV). Nella pratica, l'ODV monitora nel continuo la solidità e l'efficacia al modello prescelto. L'organismo è informato dalle unità di line sugli eventi rilevanti, esterni e interni all'azienda, attraverso un sistema di segnalazioni. Esso si riferisce ai vertici sui risultati dei controlli svolti e presenta proposte di adeguamento del modello; partecipa all'esame del bilancio nell'ambito di incontri periodici con il Responsabile della funzione contabile e il collegio sindacale.
In alcuni modelli l'informativa sugli adempimenti fiscali entra nei report periodici destinati all'ODV. E' frequente l'idea che gli accertamenti emanati dalle Autorità fiscali possono rappresentare anomalie da segnalare immediatamente all'ODV. Benché la commissione di reati tributari non comporti, di per sé, la responsabilità delle società o dell'ente, è noto che alcuni reati fiscali possono correlarsi a fenomeni criminali complessi, quali il riciclaggio (nota 7: il riciclaggio è uno dei reati direttamente colpiti dal decreto 231).
L'attenzione verso il controllo dei rischi aziendali comporta inevitabilmente la necessità di monitorare l'attività di financial reporting, che è quella che origina i flussi informativi destinati a tutti gli stakeholder. ... (omissis) ...
Nel complesso, oggi in Italia il rischio fiscale non ha ancora raggiunto la maturità e la rilevanza che altri tipi di rischio rivestono nell'ambito dei controlli interni e del financial reporting. ... (omissis) ...
I controlli di compliance nelle banche
... (omissis) ...
Il rischio di valutazione delle norme fiscali è stato recentemente inserito nell'area dei rischi da presidiare dalla funzione di compliance, con specifica disposizione dell'Autorità di vigilanza, con effetto dal 1° luglio 2014 (nota 13: Circolare n. 263 della Banca d'Italia).
... (omissis) ...
Il regime dell'adempimento collaborativo
...(omissis)...
Tenuto conto delle più recenti raccomandazioni OCSE, funzionali alla costruzione di un migliore rapport tra fisco e grandi contribuenti basato sul dialogo, sulla fiducia reciproca e sulla collaborazione, piuttosto che sul confronto conflittuale, viene introdotto un regime ispirato ai principi del cooperative compliance già adottati con successo da amministrazioni fiscali estere. Gli obiettivi di un rapporto cooperativo, secondo l'OCSE, devono prevedere un impegno del contribuente a fornire volontariamente, o a richiesta, informazioni complete e tempestive sulle transazioni che presentano maggiori rischi fiscali o che possano suscitare potenziali divergenze interpretative. L'amministrazione, di contro, deve rispondere alle esigenze del contribuente di poter ottenere la risoluzione delle questioni fiscali più complesse in maniera tempestiva, equilibrata e definitiva e, in ciò, il rapporto deve essere caratterizzato da consapevolezza commerciale, imparzialità, proporzionalità, trasparenza e reattività. A tal fine è necessario che l'impresa disponga di un sistema di controllo interno per la gestione del rischio fiscale (cd. Tax Control Framework) che consenta l'autovalutazione preventiva dei rischi fiscali fornendo all'impresa una visione continua ed aggiornata della propria posizione che, se supportata da trasparenza nei rapporti con l'Amministrazione finanziaria, può contribuire ad eliminare, o quanto meno mitigare, le incertezze connesse alla gestione del rischio fiscale.
Coerentemente con tale modello di riferimento il decreto prevede che l'accesso al regime sia su base volontaria e sia subordinato al possesso, da parte del contribuente, di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale. Il rischio fiscale è qualificato quale rischio suscettibile di produrre danni patrimoniali o reputazionali, con particolare riferimento a situazioni che possono comportare violazioni dirette alla norma tributaria o nelle quali possa ravvisarsi incertezza interpretativa. Ovviamente ricadono a pieno titolo nei rischi fiscali tutte le operazioni che potrebbe configurare abuso del diritto/elusione.
... (omissis) ...
In fase di prima applicazione, il regime è riservato ai contribuenti di maggiori dimensioni che conseguono un volume d'affari o di ricavi non inferiore a dieci miliardi di euro.
... (omissis) ...>>
Nel corso della riunione del 17 luglio 2015 il Consiglio dei Ministri si è riunito per il secondo esame preliminare di tre schemi di decreti legislativi attuativi della legge di riforma fiscale (legge 11 marzo 2014 n. 23), che delega il governo ad introdurre disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita. I provvedimenti hanno recepito gran parte delle indicazioni contenute nei pareri delle Commissioni parlamentari e sono tornati alle Camere per l’acquisizione dei pareri definitivi.
In particolare, si riporta qui di seguito uno stralcio del comunicato stampa del Governo relativo al Decreto sulla certezza del diritto, che conferma le disposizioni in materia di Tax compliance (per il testo integrale del comunicato clicca qui - per il testo dello schema di Decreto e della relazione illustrativa del Governo inviata alla Presidenza del Senato il 29 aprile 2015 clicca qui).
<< ... (omissis) ...
3) Decreto legislativo riguardante disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente
Il decreto legislativo ha la finalità di rafforzare la certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente in materia di abuso del diritto ed elusione fiscale, raddoppio dei termini per l’accertamento e tax compliance.
Nel secondo esame preliminare il Consiglio dei Ministri ha introdotto alcune novità per tenere conto delle osservazioni contenute nei pareri parlamentari. In particolare, per quanto riguarda i termini di accertamento, il dlg contiene una disposizione a tutela dei contribuenti secondo cui il loro raddoppio, in presenza di un reato penale, è possibile a condizione che la denuncia all’autorità giudiziaria da parte dell’Amministrazione finanziaria sia inviata entro i termini ordinari dell’accertamento. Il raddoppio non opera se la denuncia sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini.
Accogliendo una condizione contenuta nei pareri parlamentari è stata inserita una disposizione che salva gli effetti degli avvisi di accertamento e dei provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie notificati alla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Sono fatti salvi anche gli effetti degli inviti a comparire e dei processi verbali di contestazione a condizione che i relativi atti con la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015.
Un’altra novità introdotta con il secondo esame preliminare del decreto riguarda una specifica disposizione sulla cosiddetta ‘Voluntary Disclosure’. Si prevede che possano accedere alla collaborazione volontaria e quindi beneficiare della riduzione delle sanzioni amministrative tributarie e della non punibilità penale le attività e le imposte riferite ad annualità per le quali siano scaduti i termini per l’accertamento fiscale.
Confermato le disposizioni sull’abuso del diritto e l’elusione fiscale che si unificano in un unico concetto (inserendo un nuovo articolo nella legge sullo statuto del contribuente) con una valenza generale, con riguardo a tutti i tributi (imposte sui redditi e imposte indirette, fatta comunque salva la speciale disciplina vigente in materia doganale).
I presupposti per l’esistenza dell’abuso sono:
l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate (ossia operazioni che non perseguono obiettivi quali, ad esempio, sviluppo dell’attività o creazione di posti di lavoro, ma solo vantaggi fiscali;
la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
la circostanza che il vantaggio fiscale costituisca l’effetto essenziale dell’operazione.
Quando Agenzia delle Entrate accerta la condotta abusiva, le operazioni elusive effettuate dal contribuente diventano inefficaci ai fini tributari e, quindi, non sono ottenibili i relativi vantaggi fiscali.
Non si considerano invece abusive le operazioni giustificate da “valide ragioni extrafiscali non marginali” anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente.
Nel procedimento di accertamento dell’abuso del diritto l’onere della prova della condotta abusiva grava sull’amministrazione finanziaria, mentre il contribuente è tenuto a dimostrare la sussistenza delle “valide ragioni extrafiscali” che stanno alla base delle operazioni effettuate.
Confermata anche l’istituzione di un nuovo schema di relazioni tra l’Agenzia delle Entrate e i contribuenti denominato “Regime di adempimento collaborativo”, valevole in via di prima applicazione per le imprese di maggiori dimensioni.
L’accesso al regime, su base volontaria, è subordinato al possesso da parte del contribuente di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, che consenta l’autovalutazione preventiva e il monitoraggio dei rischi. Attraverso l’instaurazione di un regime di scambio continuo di informazioni improntato alla trasparenza, con imposizione di doveri a carico dell’Agenzia delle entrate e del contribuente si realizza anticipatamente un sistema di controllo per prevenire potenziali controversie fiscali.>>
Nella menzionata relazione illustrativa del Governo inviata alla Presidenza del Senato il 29 aprile 2015 si legge quanto segue (in rosso le parti considerate più rilevanti ai fini in esame):
<<Il rischio fiscale e la corporate governance
...(omissis)...
La Section 404 della Sarbanes-Oxley e il FIN 48 hanno determinato un profondo cambiamento nel modo in cui il top management delle grandi società guarda al fisco. In sostanza, il rischio fiscale diviene a pieno titolo uno dei settori sottoposti ai controlli interni di secondo livello, quelli tesi ad assicurare il rispetto della compliance.
Il ruolo del tax department e la sua missione sono stati rivisitati. All'enfasi assolutamente prevalente sul tax planning e sulla riduzione del carico fiscale effettivo si affianca l'attenzione per la tax compliance e per i rischi connessi al non corretto assolvimento degli obblighi fiscali, rischi di tipo sia patrimoniale che reputazionale.
L'assetto organizzativo muta: il tax department in precedenza tipicamente dipendeva dal CFO e faceva riferimento solo ad esso; ora spesso riferisce direttamente anche al CEO. In molti casi è previsto che riferisca periodicamente, per gli aspetti strategici, al Board. Diviene frequente che il Board assegni una esplicita missione al tax department e si occupi del suo funzionamento.
Vengono disegnati e posti in funzione sistemi di individuazione e gestione del rischio fiscale. Vengono impostate strategie generali di inimizzazione di questo tipo di rischio. Modelli di gestione del rischio fiscale sono ormai generalmente diffusi e sono parte integrante del funzionamento delle corporation. La materia è stata oggetto di diversi studi ed esiste ormai una letteratura sull'argomento.
Cambiano quindi la funzione e gli incentivi per il tax department. Come detto, al tradizionale tax planning volto alla minimizzazione del carico impositivo effettivo si affiance l'individuazione, il monitoraggio e la gestione del rischio di non compliance fiscale.
... (omissis) ...
I controlli aziendali e la compliance fiscale in Italia
Anche i Italia nell'ultimo decennio sono state riviste profondamente le regole sui controlli aziendali, sulla scia delle iniziative assunte negli Stati Uniti e in altri paesi. Le società che si rivolgono al mercato sono assoggettate a regole di trasparenza e di strutturazione dei controlli interni, in conseguenza sia di diversi interventi normativi, sia di alcune importanti iniziative di autoregolamentazione. Questi processi hanno investito, in particolare, i principali intermediari finanziari.
I controlli nelle società quotate
Uno dei primi interventi sui controlli interni è stato realizzato con il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, che ha attribuito a società (quotate e non) e ad enti la responsabilità per i reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio. Il fulcro del sistema di responsabilità risiede nei modelli di organizzazione, gestione e controllo interni per la prevenzione delle violazioni. La filosofia di fondo è quella di controbilanciare la responsabilità per le violazioni con l'approntamento di modelli di controllo; l'adozione dei modelli resta facoltativa, ma esonera l'impresa dalle sanzioni.
Il compito di vigilare sull'osservanza e sull'aggiornamento del modello è affidato all'organismo interno di vigilanza (ODV). Nella pratica, l'ODV monitora nel continuo la solidità e l'efficacia al modello prescelto. L'organismo è informato dalle unità di line sugli eventi rilevanti, esterni e interni all'azienda, attraverso un sistema di segnalazioni. Esso si riferisce ai vertici sui risultati dei controlli svolti e presenta proposte di adeguamento del modello; partecipa all'esame del bilancio nell'ambito di incontri periodici con il Responsabile della funzione contabile e il collegio sindacale.
In alcuni modelli l'informativa sugli adempimenti fiscali entra nei report periodici destinati all'ODV. E' frequente l'idea che gli accertamenti emanati dalle Autorità fiscali possono rappresentare anomalie da segnalare immediatamente all'ODV. Benché la commissione di reati tributari non comporti, di per sé, la responsabilità delle società o dell'ente, è noto che alcuni reati fiscali possono correlarsi a fenomeni criminali complessi, quali il riciclaggio (nota 7: il riciclaggio è uno dei reati direttamente colpiti dal decreto 231).
L'attenzione verso il controllo dei rischi aziendali comporta inevitabilmente la necessità di monitorare l'attività di financial reporting, che è quella che origina i flussi informativi destinati a tutti gli stakeholder. ... (omissis) ...
Nel complesso, oggi in Italia il rischio fiscale non ha ancora raggiunto la maturità e la rilevanza che altri tipi di rischio rivestono nell'ambito dei controlli interni e del financial reporting. ... (omissis) ...
I controlli di compliance nelle banche
... (omissis) ...
Il rischio di valutazione delle norme fiscali è stato recentemente inserito nell'area dei rischi da presidiare dalla funzione di compliance, con specifica disposizione dell'Autorità di vigilanza, con effetto dal 1° luglio 2014 (nota 13: Circolare n. 263 della Banca d'Italia).
... (omissis) ...
Il regime dell'adempimento collaborativo
...(omissis)...
Tenuto conto delle più recenti raccomandazioni OCSE, funzionali alla costruzione di un migliore rapport tra fisco e grandi contribuenti basato sul dialogo, sulla fiducia reciproca e sulla collaborazione, piuttosto che sul confronto conflittuale, viene introdotto un regime ispirato ai principi del cooperative compliance già adottati con successo da amministrazioni fiscali estere. Gli obiettivi di un rapporto cooperativo, secondo l'OCSE, devono prevedere un impegno del contribuente a fornire volontariamente, o a richiesta, informazioni complete e tempestive sulle transazioni che presentano maggiori rischi fiscali o che possano suscitare potenziali divergenze interpretative. L'amministrazione, di contro, deve rispondere alle esigenze del contribuente di poter ottenere la risoluzione delle questioni fiscali più complesse in maniera tempestiva, equilibrata e definitiva e, in ciò, il rapporto deve essere caratterizzato da consapevolezza commerciale, imparzialità, proporzionalità, trasparenza e reattività. A tal fine è necessario che l'impresa disponga di un sistema di controllo interno per la gestione del rischio fiscale (cd. Tax Control Framework) che consenta l'autovalutazione preventiva dei rischi fiscali fornendo all'impresa una visione continua ed aggiornata della propria posizione che, se supportata da trasparenza nei rapporti con l'Amministrazione finanziaria, può contribuire ad eliminare, o quanto meno mitigare, le incertezze connesse alla gestione del rischio fiscale.
Coerentemente con tale modello di riferimento il decreto prevede che l'accesso al regime sia su base volontaria e sia subordinato al possesso, da parte del contribuente, di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale. Il rischio fiscale è qualificato quale rischio suscettibile di produrre danni patrimoniali o reputazionali, con particolare riferimento a situazioni che possono comportare violazioni dirette alla norma tributaria o nelle quali possa ravvisarsi incertezza interpretativa. Ovviamente ricadono a pieno titolo nei rischi fiscali tutte le operazioni che potrebbe configurare abuso del diritto/elusione.
... (omissis) ...
In fase di prima applicazione, il regime è riservato ai contribuenti di maggiori dimensioni che conseguono un volume d'affari o di ricavi non inferiore a dieci miliardi di euro.
... (omissis) ...>>
21.04.2015
Nel Consiglio dei Ministri del 21 aprile 2015 è stato ripresentato lo schema di Decreto sulla certezza del diritto nei rapporti tra Fisco e contribuenti (già discusso il 24 dicembre 2014 e poi ritirato - v. sotto), che contiene ora norme in materia di abuso del diritto, raddoppio dei termini dell'accertamento nel caso di reati e di tax compliance/regime di adempimento collaborativo.
Il Decreto passa ora alle Camere per il prescritto parere.
Nella stessa seduta il Governo ha approvato, in esame preliminare, altri due Decreti attuativi della riforma fiscale:
decreto legislativo sulla trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori elettronici (fatturazione elettronica);
decreto concernente misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese (recante norme in materia di ruling/accordi preventivi per le imprese con attività internazionale).
Qui di seguito si riporta il comunicato ufficiale pubblicato sul sito del Governo:
<<Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan, ha approvato, in un nuovo esame preliminare, un decreto legislativo contenente disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2 della legge 23 del 2014. Il decreto legislativo ha la finalità di rafforzare la certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente in materia di abuso del diritto ed elusione fiscale, raddoppio dei termini per l’accertamento e tax compliance.
L’abuso del diritto e elusione fiscale si unificano in un unico concetto (inserendo un nuovo articolo nella legge sullo statuto del contribuente) che ha una valenza generale, con riguardo a tutti i tributi (imposte sui redditi e imposte indirette, fatta comunque salva la speciale disciplina vigente in materia doganale).
I presupposti per l’esistenza dell’abuso sono:
Quando Agenzia delle Entrate accerta la condotta abusiva, le operazioni elusive effettuate dal contribuente diventano inefficaci ai fini tributari e, quindi, non sono ottenibili i relativi vantaggi fiscali.
Non si considerano invece abusive le operazioni giustificate da “valide ragioni extrafiscali non marginali” anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente.
Nel procedimento di accertamento dell’abuso del diritto l’onere della prova della condotta abusiva grava sull’amministrazione finanziaria, mentre il contribuente è tenuto a dimostrare la sussistenza delle “valide ragioni extrafiscali” che stanno alla base delle operazioni effettuate.
Il decreto introduce alcune novità in tema di termini di accertamento. A tutela del contribuente si prevede che il raddoppio dei termini in presenza di un reato penale sia possibile a condizione che la denuncia all’autorità giudiziaria da parte dell’Amministrazione finanziaria sia inviata entro i termini ordinari dell’accertamento. Il raddoppio non opera se la denuncia sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini. A normativa vigente, invece, l’amministrazione finanziaria può beneficiare del raddoppio anche se non è stata ancora inoltrata una formale denuncia, ovvero se la stessa è stata presentata oltre i termini ordinari .
Con lo stesso decreto viene istituito un nuovo schema di relazioni tra l’Agenzia delle Entrate e i contribuenti (tax compliance) denominato “Regime di adempimento collaborativo”, valevole in via di prima applicazione per le imprese di maggiori dimensioni.
L’accesso al regime, su base volontaria, è subordinato al possesso da parte del contribuente di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, che consenta l’autovalutazione preventiva e il monitoraggio dei rischi. Attraverso l’istaurazione di un regime di scambio continuo di informazioni improntato alla trasparenza, con imposizione di doveri a carico dell’Agenzia delle entrate e del contribuente si realizza anticipatamente un sistema di controllo per prevenire potenziali controversie fiscali.>>
In via di prima applicazione il citato "Regime di adempimento collaborativo" si dovrebbe applicare - in maniera volontaria - alle imprese di maggiori dimensioni con fatturato superiore a 10 miliardi di euro.
Potranno accedere a questo regime le imprese che abbiano adottato un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, che consenta l’autovalutazione preventiva e il monitoraggio dei rischi.
L’intento dichiarato è quello dello scambio continuo di informazioni improntato alla trasparenza, con lo scopo di prevenire potenziali controversie fiscali.
Nel Consiglio dei Ministri del 21 aprile 2015 è stato ripresentato lo schema di Decreto sulla certezza del diritto nei rapporti tra Fisco e contribuenti (già discusso il 24 dicembre 2014 e poi ritirato - v. sotto), che contiene ora norme in materia di abuso del diritto, raddoppio dei termini dell'accertamento nel caso di reati e di tax compliance/regime di adempimento collaborativo.
Il Decreto passa ora alle Camere per il prescritto parere.
Nella stessa seduta il Governo ha approvato, in esame preliminare, altri due Decreti attuativi della riforma fiscale:
decreto legislativo sulla trasmissione telematica delle operazioni IVA e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori elettronici (fatturazione elettronica);
decreto concernente misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese (recante norme in materia di ruling/accordi preventivi per le imprese con attività internazionale).
Qui di seguito si riporta il comunicato ufficiale pubblicato sul sito del Governo:
<<Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pietro Carlo Padoan, ha approvato, in un nuovo esame preliminare, un decreto legislativo contenente disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2 della legge 23 del 2014. Il decreto legislativo ha la finalità di rafforzare la certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente in materia di abuso del diritto ed elusione fiscale, raddoppio dei termini per l’accertamento e tax compliance.
L’abuso del diritto e elusione fiscale si unificano in un unico concetto (inserendo un nuovo articolo nella legge sullo statuto del contribuente) che ha una valenza generale, con riguardo a tutti i tributi (imposte sui redditi e imposte indirette, fatta comunque salva la speciale disciplina vigente in materia doganale).
I presupposti per l’esistenza dell’abuso sono:
- l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate (ossia operazioni che non perseguono obiettivi quali, ad esempio, sviluppo dell’attività o creazione di posti di lavoro, ma solo vantaggi fiscali;
- la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito;
- la circostanza che il vantaggio fiscale costituisca l’effetto essenziale dell’operazione.
Quando Agenzia delle Entrate accerta la condotta abusiva, le operazioni elusive effettuate dal contribuente diventano inefficaci ai fini tributari e, quindi, non sono ottenibili i relativi vantaggi fiscali.
Non si considerano invece abusive le operazioni giustificate da “valide ragioni extrafiscali non marginali” anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente.
Nel procedimento di accertamento dell’abuso del diritto l’onere della prova della condotta abusiva grava sull’amministrazione finanziaria, mentre il contribuente è tenuto a dimostrare la sussistenza delle “valide ragioni extrafiscali” che stanno alla base delle operazioni effettuate.
Il decreto introduce alcune novità in tema di termini di accertamento. A tutela del contribuente si prevede che il raddoppio dei termini in presenza di un reato penale sia possibile a condizione che la denuncia all’autorità giudiziaria da parte dell’Amministrazione finanziaria sia inviata entro i termini ordinari dell’accertamento. Il raddoppio non opera se la denuncia sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini. A normativa vigente, invece, l’amministrazione finanziaria può beneficiare del raddoppio anche se non è stata ancora inoltrata una formale denuncia, ovvero se la stessa è stata presentata oltre i termini ordinari .
Con lo stesso decreto viene istituito un nuovo schema di relazioni tra l’Agenzia delle Entrate e i contribuenti (tax compliance) denominato “Regime di adempimento collaborativo”, valevole in via di prima applicazione per le imprese di maggiori dimensioni.
L’accesso al regime, su base volontaria, è subordinato al possesso da parte del contribuente di un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, che consenta l’autovalutazione preventiva e il monitoraggio dei rischi. Attraverso l’istaurazione di un regime di scambio continuo di informazioni improntato alla trasparenza, con imposizione di doveri a carico dell’Agenzia delle entrate e del contribuente si realizza anticipatamente un sistema di controllo per prevenire potenziali controversie fiscali.>>
In via di prima applicazione il citato "Regime di adempimento collaborativo" si dovrebbe applicare - in maniera volontaria - alle imprese di maggiori dimensioni con fatturato superiore a 10 miliardi di euro.
Potranno accedere a questo regime le imprese che abbiano adottato un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, che consenta l’autovalutazione preventiva e il monitoraggio dei rischi.
L’intento dichiarato è quello dello scambio continuo di informazioni improntato alla trasparenza, con lo scopo di prevenire potenziali controversie fiscali.
13.03.2015
Il 13 marzo 2015 l'Agenzia delle Entrate ha emanato l'attesa Circolare n. 10/E, avente come oggetto <<Legge 15 dicembre 2014, n. 186, concernente “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio”. Prime indicazioni relative alla procedura di collaborazione volontaria.>>
Qui di seguito si riporta l'indice del documento:
<<Premessa
1. La collaborazione volontaria internazionale
1.1. Ambito soggettivo
1.2. Ambito oggettivo
1.2.1. Gli investimenti e le attività estere di natura finanziaria
1.2.2. I redditi connessi con gli investimenti e le attività estere di natura
finanziaria illecitamente detenuti all’estero
1.2.3. Gli imponibili non connessi con gli investimenti e le attività estere di
natura finanziaria illecitamente costituiti o detenuti all’estero
2. La collaborazione volontaria nazionale
2.1. Ambito soggettivo
2.2. Ambito oggettivo
3. Le cause di inammissibilità
4. Adempimenti a carico del contribuente
4.1. Presentazione della richiesta di accesso alla procedura di collaborazione
volontaria
4.2. Aspetti connessi alla richiesta di accesso alla procedura
4.3. Decesso dell’autore della violazione
5. Ambito temporale della procedura di collaborazione volontaria
5.1. I termini di decadenza per la contestazione delle violazioni in materia di
monitoraggio fiscale
5.2. I termini di decadenza della potestà di accertamento nell’ambito delle
procedure di collaborazione volontaria
6. Aspetti sanzionatori
6.1. Determinazione delle sanzioni in materia di monitoraggio fiscale
6.2. Determinazione delle sanzioni in sede di accertamento
7. Effetti ai fini penali
8. Perfezionamento della procedura
9. La patologia della procedura
9.1. Il mancato perfezionamento della procedura
9.2. Profili connessi alla incompletezza degli elementi forniti dal contribuente>>
Il 13 marzo 2015 l'Agenzia delle Entrate ha emanato l'attesa Circolare n. 10/E, avente come oggetto <<Legge 15 dicembre 2014, n. 186, concernente “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio”. Prime indicazioni relative alla procedura di collaborazione volontaria.>>
Qui di seguito si riporta l'indice del documento:
<<Premessa
1. La collaborazione volontaria internazionale
1.1. Ambito soggettivo
1.2. Ambito oggettivo
1.2.1. Gli investimenti e le attività estere di natura finanziaria
1.2.2. I redditi connessi con gli investimenti e le attività estere di natura
finanziaria illecitamente detenuti all’estero
1.2.3. Gli imponibili non connessi con gli investimenti e le attività estere di
natura finanziaria illecitamente costituiti o detenuti all’estero
2. La collaborazione volontaria nazionale
2.1. Ambito soggettivo
2.2. Ambito oggettivo
3. Le cause di inammissibilità
4. Adempimenti a carico del contribuente
4.1. Presentazione della richiesta di accesso alla procedura di collaborazione
volontaria
4.2. Aspetti connessi alla richiesta di accesso alla procedura
4.3. Decesso dell’autore della violazione
5. Ambito temporale della procedura di collaborazione volontaria
5.1. I termini di decadenza per la contestazione delle violazioni in materia di
monitoraggio fiscale
5.2. I termini di decadenza della potestà di accertamento nell’ambito delle
procedure di collaborazione volontaria
6. Aspetti sanzionatori
6.1. Determinazione delle sanzioni in materia di monitoraggio fiscale
6.2. Determinazione delle sanzioni in sede di accertamento
7. Effetti ai fini penali
8. Perfezionamento della procedura
9. La patologia della procedura
9.1. Il mancato perfezionamento della procedura
9.2. Profili connessi alla incompletezza degli elementi forniti dal contribuente>>
30.01.2015
Con provvedimento del 30 gennaio 2015 l'Agenzia delle Entrate ha approvato il modello per la richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria per l’emersione e il rientro di capitali detenuti all’estero e per l’emersione nazionale (voluntary disclosure), nonché il format per la redazione della relazione di accompagnamento e per la predisposizione della documentazione.
E' stato anche reso disponibile Il software Istanza di collaborazione volontaria (rev. 1.0.0 del 30.01.2015), che consente la compilazione del Modulo di Richiesta di Accesso alla Procedura di Collaborazione Volontaria, per gli anni dal 2004 al 2013, ai sensi dell’Articolo 1, commi 1 e 2, della legge 15 dicembre 2014, n. 186. Solo l'Agenzia delle Entrate fornisce il software di compilazione.
Per la trasmissione delle domande gli utenti registrati a Fisconline devono installare l’applicazione File Internet; gli utenti registrati a Entratel, invece, devono utilizzare l’applicazione Entratel.
Entrambi i suddetti prodotti sono prelevabili dalle rispettive sezioni "Software" del sito http://telematici.agenziaentrate.gov.it.
Può così partire l' "operazione voluntary disclosure".
Rispondendo ad alcuni quesiti posti dalla stampa specializzata, sempre con riferimento alla voluntary disclosure l'Agenzia delle Entrate ha tra l'altro chiarito, in sintesi, quanto segue:
Con provvedimento del 30 gennaio 2015 l'Agenzia delle Entrate ha approvato il modello per la richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria per l’emersione e il rientro di capitali detenuti all’estero e per l’emersione nazionale (voluntary disclosure), nonché il format per la redazione della relazione di accompagnamento e per la predisposizione della documentazione.
E' stato anche reso disponibile Il software Istanza di collaborazione volontaria (rev. 1.0.0 del 30.01.2015), che consente la compilazione del Modulo di Richiesta di Accesso alla Procedura di Collaborazione Volontaria, per gli anni dal 2004 al 2013, ai sensi dell’Articolo 1, commi 1 e 2, della legge 15 dicembre 2014, n. 186. Solo l'Agenzia delle Entrate fornisce il software di compilazione.
Per la trasmissione delle domande gli utenti registrati a Fisconline devono installare l’applicazione File Internet; gli utenti registrati a Entratel, invece, devono utilizzare l’applicazione Entratel.
Entrambi i suddetti prodotti sono prelevabili dalle rispettive sezioni "Software" del sito http://telematici.agenziaentrate.gov.it.
Può così partire l' "operazione voluntary disclosure".
Rispondendo ad alcuni quesiti posti dalla stampa specializzata, sempre con riferimento alla voluntary disclosure l'Agenzia delle Entrate ha tra l'altro chiarito, in sintesi, quanto segue:
- il raddoppio dei termini per l'accertamento in caso di reati tributari e di attività detenute in Paesi Black list è applicabile in relazione a tutti i periodi d’imposta i cui termini per l’accertamento ordinario (ex art. 43, D.P.R. n. 600/1973 e art. 57, D.P.R. n. 633/1972), non fossero scaduti al momento di entrata in vigore del D.L. n. 78/2009;
- il raddoppio dei termini per l'accertamento sussiste, poi, anche per le violazioni in materia di monitoraggio fiscale;
- ove non ricorrano le condizioni previste dall'art. 5-quater del D.L. n. 167/1990 (non applicabilità del raddoppio dei termini per le attività di accertamento) per le attività detenute in Paesi Black List continuerà ad applicarsi il raddoppio dei termini sia per le attività di accertamento che per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale;
- il raddoppio stabilito dall’ultimo periodo dell’art. 12, D.L. n. 78/2009, sarà operativo (ricorrendo le condizioni di legge) per le violazioni commesse dopo l’entrata in vigore della norma, in ottemperanza al principio di legalità di cui all’art. 3, D.Lgs. n. 472/1997;
- i "titolari effettivi" possono accedere alla voluntary disclosure dal 2013; le novità introdotte dalla L. n. 97/2013 - c.d. "Legge europea" - in materia di "titolare effettivo", effetto de moltiplicativo e applicazione del principio "look through" non possono trovare applicazione per le annualità oggetto di regolarizzazione anteriori al periodo d'imposta 2012;
- i “soggetti collegati” da indicare nell’istanza di collaborazione sono i terzi rispetto alla procedura attivata dal singolo contribuente (es.: i soci o associati qualora il richiedente sia una società di persone o altro soggetto trasparente, per natura o per opzione, che aderisce alla procedura di collaborazione).
24.12.2014
Nella seduta n. 43, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e Finanze, Pietro Carlo Padoan, ha approvato in via preliminare il decreto legislativo sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, nel quale è inserita la disciplina sul c.d. "adempimento collaborativo" (per il testo del documento clicca qui).
Il provvedimento è suddiviso in quattro Titoli. I primi tre si occupano:
<<Al fine di promuovere l’adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate
basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, nonché di favorire
nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale, è istituito
il regime di adempimento collaborativo fra l’Agenzia delle entrate e i contribuenti dotati di un
sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di
operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità
dell’ordinamento tributario. >>
Il successivo art. 19 ("Requisiti") dispone poi quanto segue:
<<1. Il contribuente che aderisce al regime deve essere dotato, nel rispetto della sua autonomia di
scelta delle soluzioni organizzative più adeguate per il perseguimento dei relativi obiettivi, di un
efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inserito nel
contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno. Fermo il fedele e tempestivo
adempimento degli obblighi tributari, il sistema deve assicurare:
a) una chiara attribuzione di ruoli e responsabilità ai diversi settori dell’organizzazione dei
contribuenti in relazione ai rischi fiscali;
b) efficaci, procedure di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali il cui
rispetto sia garantito a tutti i livelli aziendali;
c) efficaci procedure per rimediare ad eventuali carenze riscontrate nel suo funzionamento e attivare
le necessarie azioni correttive.
2. Il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale prevede, con
cadenza almeno annuale, l’invio di una relazione agli organi di gestione per l’esame e le valutazioni
conseguenti. La relazione illustra, per gli adempimenti tributari, le verifiche effettuate e i risultati
emersi, le misure adottate per rimediare a eventuali carenze rilevate, nonché le attività pianificate.>>
Si dovrà ora attendere la stesura definitiva del Decreto legislativo (il nuovo esame del provvedimento è stato annunciato per il 20 febbraio 2014) e la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.
Nella seduta n. 43, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e Finanze, Pietro Carlo Padoan, ha approvato in via preliminare il decreto legislativo sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, nel quale è inserita la disciplina sul c.d. "adempimento collaborativo" (per il testo del documento clicca qui).
Il provvedimento è suddiviso in quattro Titoli. I primi tre si occupano:
- dell'abuso del diritto o elusione fiscale;
- della revisione del sistema sanzionatorio (in particolare, dei reati in materia fiscale, di cui al D.Lgs. n. 74/2000);
- del regime dell'adempimento collaborativo (c.d. "Tax compliance" - per ulteriori informazioni al riguardo clicca qui).
<<Al fine di promuovere l’adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate
basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, nonché di favorire
nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale, è istituito
il regime di adempimento collaborativo fra l’Agenzia delle entrate e i contribuenti dotati di un
sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso quale rischio di
operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le finalità
dell’ordinamento tributario. >>
Il successivo art. 19 ("Requisiti") dispone poi quanto segue:
<<1. Il contribuente che aderisce al regime deve essere dotato, nel rispetto della sua autonomia di
scelta delle soluzioni organizzative più adeguate per il perseguimento dei relativi obiettivi, di un
efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inserito nel
contesto del sistema di governo aziendale e di controllo interno. Fermo il fedele e tempestivo
adempimento degli obblighi tributari, il sistema deve assicurare:
a) una chiara attribuzione di ruoli e responsabilità ai diversi settori dell’organizzazione dei
contribuenti in relazione ai rischi fiscali;
b) efficaci, procedure di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali il cui
rispetto sia garantito a tutti i livelli aziendali;
c) efficaci procedure per rimediare ad eventuali carenze riscontrate nel suo funzionamento e attivare
le necessarie azioni correttive.
2. Il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale prevede, con
cadenza almeno annuale, l’invio di una relazione agli organi di gestione per l’esame e le valutazioni
conseguenti. La relazione illustra, per gli adempimenti tributari, le verifiche effettuate e i risultati
emersi, le misure adottate per rimediare a eventuali carenze rilevate, nonché le attività pianificate.>>
Si dovrà ora attendere la stesura definitiva del Decreto legislativo (il nuovo esame del provvedimento è stato annunciato per il 20 febbraio 2014) e la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.
13.11.2014
Il Decreto sulle semplificazioni fiscali (D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, in G.U. n. 277 del 28.11.2014) ha eliminato la responsabilità solidale dell'appaltatore per le ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente (dovute dall'appaltante); la responsabilità per l'IVA era stata già eliminata con la Legge n. 98/2013, di conversione del D.L. n. 69/2013).
L'art. 28 di questo provvedimento ha, infatti, abrogato l'art. 35, commi da 28 a 28-ter del D.L. n. 223/2006.
Per mitigare l'effetto dell'abrogazione è stata inserita la previsione per cui ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e dei contributi, l'estinzione della società di cui all'art. 2495, c.c. Ha effetto decorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese.
Il Decreto sulle semplificazioni fiscali (D.Lgs. 21 novembre 2014, n. 175, in G.U. n. 277 del 28.11.2014) ha eliminato la responsabilità solidale dell'appaltatore per le ritenute fiscali sui redditi da lavoro dipendente (dovute dall'appaltante); la responsabilità per l'IVA era stata già eliminata con la Legge n. 98/2013, di conversione del D.L. n. 69/2013).
L'art. 28 di questo provvedimento ha, infatti, abrogato l'art. 35, commi da 28 a 28-ter del D.L. n. 223/2006.
Per mitigare l'effetto dell'abrogazione è stata inserita la previsione per cui ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e dei contributi, l'estinzione della società di cui all'art. 2495, c.c. Ha effetto decorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese.
13.11.2014
L'Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD) ha pubblicato un documento, , in consultazione sino al 14 gennaio 2015, che contiene modifiche alle linee guida OCSE sul transfer pricing in tema di servizi infragruppo a basso valore aggiunto (Discussion Draft "BEPS Action 10: proposed modifications to chapter VII of the transfer pricing guidelines relating to low value-adding intra-group services").
L'Organisation for Economic Co-operation and Development (OECD) ha pubblicato un documento, , in consultazione sino al 14 gennaio 2015, che contiene modifiche alle linee guida OCSE sul transfer pricing in tema di servizi infragruppo a basso valore aggiunto (Discussion Draft "BEPS Action 10: proposed modifications to chapter VII of the transfer pricing guidelines relating to low value-adding intra-group services").
18.04.2014
La sentenza della Corte di Cassazione n. 8849 del 16 aprile 2014 conferma l'applicabilità del principio generale del "valore normale" (art. 9, TUIR) al cd. "transfer pricing domestico" (o "interno"), in analogia a quanto previsto per il "transfer pricing internazionale" dall'art. 110, TUIR.
Tale
La sentenza della Corte di Cassazione n. 8849 del 16 aprile 2014 conferma l'applicabilità del principio generale del "valore normale" (art. 9, TUIR) al cd. "transfer pricing domestico" (o "interno"), in analogia a quanto previsto per il "transfer pricing internazionale" dall'art. 110, TUIR.
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