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28.02.2024
Con la delibera n. 72 del 14.02.2024, l'A.N.AC. si è espressa in relazione all'applicazione di sanzioni per misure ritorsive nei confronti di un whistleblower.
Di seguito uno stralcio di alcune parti ritenute rilevanti:
Con la delibera n. 72 del 14.02.2024, l'A.N.AC. si è espressa in relazione all'applicazione di sanzioni per misure ritorsive nei confronti di un whistleblower.
Di seguito uno stralcio di alcune parti ritenute rilevanti:
- "la fondatezza o meno della denuncia presentata da un whistleblower e, quindi, l’eventuale archiviazione della stessa, non è una condizione richiesta dalla legge per l’attivazione o per la perdita delle tutele di cui all’art 54-bis d.lgs. 165/2001, poiché il segnalante potrebbe non avere la preparazione giuridica necessaria a valutare se nella vicenda oggetto di segnalazione/denuncia ricorrano effettivamente tutti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa. E’ chiaro, inoltre, che anche la collaborazione dei dipendenti all’interno delle pubbliche amministrazioni per far emergere fenomeni corruttivi o di mala administration – in linea con la ratio della normativa in esame - verrebbe scoraggiata laddove i segnalanti potessero essere chiamati a rispondere disciplinarmente per denunce presentate senza alcun intento calunnioso, solo perché inesatte o infondate. In secondo luogo, si evidenzia che, nella fattispecie in esame, le segnalazioni si fondavano, comunque, sulla presenza di elementi fattuali idonei a far sì che il dipendente ritenesse integrate, in modo ragionevole, varie irregolarità nello svolgimento dell’attività amministrativa dei Comandi da lui frequentati. Appare, dunque, rispettato il disposto delle Linee Guida secondo cui: “ad avviso dell’Autorità, considerato lo spirito della norma - che è quello di incentivare la collaborazione di chi lavora all’interno delle pubbliche amministrazioni al fine di far emergere possibili fenomeni corruttivi non è necessario che il dipendente sia certo dell’effettivo accadimento dei fatti denunciati e/o dell’identità dell’autore degli stessi ma solo che ne sia ragionevolmente convinto” (cfr. sul punto la Delibera Anac n. 311 del 21 giugno 2022)";
- "Dal punto di vista oggettivo, preme rilevare che la sanzione di cinque giorni di consegna (prot. n. omissis) è stata irrogata al dipendente in epoca successiva alla presentazione dell’esposto di cui sopra, nonostante egli avesse ampiamente manifestato la qualifica di whistleblower; invero, come si evince dalla lettura del provvedimento sanzionatorio, la ragione, avente carattere risolutivo, che ne ha determinato l’adozione, è stata proprio quella di punire il (dipendente), il quale “nei contenuti (dei suoi scritti) - attinenti al servizio - esprimeva gravi giudizi nei confronti dei propri superiori gerarchici”;
- "l’art. 54-bis comma 9 del d.lgs. 165/01 prevede che le tutele nei confronti del dipendente che segnala illeciti vengano meno solo ed esclusivamente nei casi in cui “sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave”. Nel caso di specie, il dettato di tale disposizione non appare rispettato giacché il provvedimento disciplinare in contestazione - alla luce del fatto che la relativa motivazione è interamente ancorata al dato, ritenuto certo ed incontestabile, dell’espressione di gravi giudizi sui superiori attuali e passati e sulla manifestazione di sfiducia nella propria linea gerarchica - avrebbe dovuto essere adottato solo qualora il dipendente fosse stato ritenuto, da un giudice terzo ed imparziale, responsabile civilmente o penalmente per una condotta diffamatoria o calunniosa posta in essere attraverso le segnalazioni. Nel caso oggetto di esame, il presupposto della sussistenza di una condanna a carico del (dipendente) non ricorre".
25.01.2024
Con decreto del 15.01.2024, il Tribunale di Milano, sezione autonoma misure di prevenzione, ha fornito precisazioni in ordine alle fattispecie che possono dar luogo alla misura dell'amministrazione giudiziaria (tra queste, la carente vigilanza sui fornitori e su eventuali sub-appaltatori.
In particolare, il Tribunale ha attribuito alla società profili di colpa per:
In merito alla formulazione dell’art. 34, Codice Antimafia, il Tribunale cha affermato che la norma consente "un intervento nella gestione societaria non implicante necessariamente l’impossessamento totale dell’attività di impresa e l’assunzione integrale dei poteri di gestione, prevedendosi la facoltà (e non l’obbligo) per l’amministratore giudiziario di esercitare i poteri spettanti agli organi di amministrazione e altri organi sociali secondo le modalità stabilite del Tribunale“.
La dizione letterale della norma – sempre secondo il Tribunale – “demanda al Tribunale la valutazione in ordine alle concrete modalità di intervento, in esito ad una valutazione ponderata del grado di infiltrazione delittuosa e del settore societario contaminato in rapporto alle dimensioni della società e della necessità di salvaguardare la continuità aziendale ed i livelli occupazionali“. Pertanto, “procedendosi nei confronti di un’impresa pienamente operativa, rappresentativa del cd “Made in Italy” tanto apprezzato all’estero ed avente rilevanti dimensioni, in applicazione del principio di proporzionalità, si può modulare la misura in modo sì da assicurare il controllo da parte del Tribunale sugli organi gestori – per esempio per sostituire i componenti della governance e degli organi di controllo e per adeguare i presidi di controllo interno – ma lasciando il normale esercizio di impresa in capo agli organi di amministrazione societaria“.
Con decreto del 15.01.2024, il Tribunale di Milano, sezione autonoma misure di prevenzione, ha fornito precisazioni in ordine alle fattispecie che possono dar luogo alla misura dell'amministrazione giudiziaria (tra queste, la carente vigilanza sui fornitori e su eventuali sub-appaltatori.
In particolare, il Tribunale ha attribuito alla società profili di colpa per:
- non aver “mai verificato la reale capacità imprenditoriale delle società appaltatrici alle quali affidare la produzione (verificando esclusivamente l’iscrizione alla Camera di Commercio) e nel non aver mai effettuato ispezioni o audit per appurare in concreto le reali condizioni lavorative e gli ambienti di lavoro (chiedere il codice di condotta del fornitore in assenza di un efficace sistema di verifica e controllo rimane pura forma)“.
- “non ha mai effettivamente controllato la catena produttiva, verificando la reale capacità imprenditoriale delle società con le quali stipulare i contratti di fornitura e le concrete modalità di produzione dalle stesse adottate, ed è rimasta inerte, pur venendo a conoscenza dell’esternalizzazione della produzione da parte delle società fornitrici, omettendo di assumere iniziative come la richiesta formale di verifica della filiera dei sub-appalti, di autorizzazione alla concessione dei sub appalti o la rescissione dei legami commerciali, con ciò realizzandosi – quantomeno sul piano di rimprovero colposo determinato dall’inerzia della società – quella condotta agevolatrice richiesta dalla fattispecie ex art. 34 D.Lvo 159/2011 per l’applicazione della misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria“.
In merito alla formulazione dell’art. 34, Codice Antimafia, il Tribunale cha affermato che la norma consente "un intervento nella gestione societaria non implicante necessariamente l’impossessamento totale dell’attività di impresa e l’assunzione integrale dei poteri di gestione, prevedendosi la facoltà (e non l’obbligo) per l’amministratore giudiziario di esercitare i poteri spettanti agli organi di amministrazione e altri organi sociali secondo le modalità stabilite del Tribunale“.
La dizione letterale della norma – sempre secondo il Tribunale – “demanda al Tribunale la valutazione in ordine alle concrete modalità di intervento, in esito ad una valutazione ponderata del grado di infiltrazione delittuosa e del settore societario contaminato in rapporto alle dimensioni della società e della necessità di salvaguardare la continuità aziendale ed i livelli occupazionali“. Pertanto, “procedendosi nei confronti di un’impresa pienamente operativa, rappresentativa del cd “Made in Italy” tanto apprezzato all’estero ed avente rilevanti dimensioni, in applicazione del principio di proporzionalità, si può modulare la misura in modo sì da assicurare il controllo da parte del Tribunale sugli organi gestori – per esempio per sostituire i componenti della governance e degli organi di controllo e per adeguare i presidi di controllo interno – ma lasciando il normale esercizio di impresa in capo agli organi di amministrazione societaria“.
07.01.2024
Dal 1° gennaio 2024 acquista piena efficacia la disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici, approvato con decreto legislativo 31 marzo 2023 n. 36, che prevede la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici. La digitalizzazione si applica a tutti i contratti sottoposti alla disciplina del Codice, ossia contratti di appalto o concessione, di qualunque importo, nei settori ordinari e nei settori speciali. Per tutte le novità previste dall’attuazione del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n.36/2023) in materia di digitalizzazione dei contratti pubblici si rinvia alla seguente pagina del sito web dellk'A.N.AC.: clicca qui.
Dal 1° gennaio 2024 acquista piena efficacia la disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici, approvato con decreto legislativo 31 marzo 2023 n. 36, che prevede la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici. La digitalizzazione si applica a tutti i contratti sottoposti alla disciplina del Codice, ossia contratti di appalto o concessione, di qualunque importo, nei settori ordinari e nei settori speciali. Per tutte le novità previste dall’attuazione del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n.36/2023) in materia di digitalizzazione dei contratti pubblici si rinvia alla seguente pagina del sito web dellk'A.N.AC.: clicca qui.
13.07.2023
Il D.Lgs.12.01.2019, n. 14, recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, ha significativamente modificato l'art. 2086, secondo comma, c.c., e previsto l'art. 3, che rende doverosa per ogni impresa l'istituzione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alle dimensioni dell'impresa, ovvero di misure idonee, in grado di rilevare tempestivamente lo stato di crisi.
Nel mese di luglio 2023 la Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato, sul proprio sito web, due "Documenti di ricerca" riferiti agli "Assetto organizzativi, amministrativi e contabili.
Con il primo (del 7 luglio 2023), la Fondazione opera <<una disamina aggiornata della normativa vigente relativa alla istituzione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili per le imprese che operano in forma societaria o collettiva, nonché delle "misure" previste per gli imprenditori individuali.>>
Il secondo documento propone una serie di checklist operative per la valutazione: (i) del modello di business; (ii) del modello gestionale; (iii) dell'adeguatezza degli assetti organizzativi; (iv) dell'adeguatezza degli assetti amministrativi; (v) dell'adeguatezza degli assetti contabili.
Le valutazioni sopra richiamate possono essere utili anche ai fini delle valutazioni riferite al Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001.
Il D.Lgs.12.01.2019, n. 14, recante il Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, ha significativamente modificato l'art. 2086, secondo comma, c.c., e previsto l'art. 3, che rende doverosa per ogni impresa l'istituzione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alle dimensioni dell'impresa, ovvero di misure idonee, in grado di rilevare tempestivamente lo stato di crisi.
Nel mese di luglio 2023 la Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato, sul proprio sito web, due "Documenti di ricerca" riferiti agli "Assetto organizzativi, amministrativi e contabili.
Con il primo (del 7 luglio 2023), la Fondazione opera <<una disamina aggiornata della normativa vigente relativa alla istituzione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili per le imprese che operano in forma societaria o collettiva, nonché delle "misure" previste per gli imprenditori individuali.>>
Il secondo documento propone una serie di checklist operative per la valutazione: (i) del modello di business; (ii) del modello gestionale; (iii) dell'adeguatezza degli assetti organizzativi; (iv) dell'adeguatezza degli assetti amministrativi; (v) dell'adeguatezza degli assetti contabili.
Le valutazioni sopra richiamate possono essere utili anche ai fini delle valutazioni riferite al Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001.
10.07.2023
Il 6 luglio 2023 il Garante per la privacy ha presentato la propria relazione annuale relativa al 2022. Nel documento sono affrontati alcuni temi rilevanti anche ai fini del D.Lgs. n. 231/2001. Tra questi, si richiamano i seguenti:
Il 6 luglio 2023 il Garante per la privacy ha presentato la propria relazione annuale relativa al 2022. Nel documento sono affrontati alcuni temi rilevanti anche ai fini del D.Lgs. n. 231/2001. Tra questi, si richiamano i seguenti:
- antiriciclaggio (par. 4.1.3);
- accesso all'account di posta elettronica (par. 12.1);
- trattamento di dati mediante dispositivi tecnologici nel rapporto di lavoro privato (par. 13.1);
- videosorveglianza nel settore privato (par. 13.6);
- trattamento di dati nell'ambito delle procedure di acquisizione e gestione delle segnalazioni di illeciti (cd. whistleblowing) (par. 13.8);
- il trasferimento dei dati personali all'estero (par. 18).
30.04.2023
Con il provvedimento n. 167 del 27.04.2023, il Garante privacy è intervenuto in tema di trattamento dei dati personali relativi a condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza (argomento rilevante anche in relazione ai controlli sulle terze parti implementati - come da prassi ormai consolidata - da parte degli enti che hanno adottato un Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001).
Tale provvedimento è stato emesso a seguito di un reclamo per:
Con il provvedimento n. 167 del 27.04.2023, il Garante privacy è intervenuto in tema di trattamento dei dati personali relativi a condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza (argomento rilevante anche in relazione ai controlli sulle terze parti implementati - come da prassi ormai consolidata - da parte degli enti che hanno adottato un Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001).
Tale provvedimento è stato emesso a seguito di un reclamo per:
- comunicazione orale, da parte di un docente di una Università, a una studentessa di dati personali del reclamante relativa a reati, ovvero l'avvio di un procedimento penale a suo carico;
- comunicazione a terzi di dati personali relativi a reati (nella specie, all'Ispettorato per la Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri nonché ai Rettori delle Università italiane);
- mancato riscontro a un'istanza di esercizio dei diritti dell'interessato, presentata ai sensi degli artt. 15-22 del Regolamento privacy.
- <<Con specifico riguardo al trattamento dei dati relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, si evidenzia che esso può avvenire soltanto sotto il controllo dell'autorità pubblica o se il trattamento è autorizzato dal diritto dell'Unione o degli Stati membri che preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati (art. 10 del Regolamento), ovvero solo qualora il trattamento sia autorizzato da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento (art. 2-octies, commi 1 e 5, del Codice)>>;
- <<Il titolare del trattamento è tenuto, in ogni caso, a rispettare i principi in materia di protezione dei dati, fra i quali quello di “liceità, correttezza e trasparenza” nonché di “minimizzazione dei dati”, in base ai quali i dati personali devono essere “trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato” e devono essere “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati” (art. 5, par. 1, lett. a) e c), del Regolamento).>>
- <<l’informazione relativa alla circostanza che l’interessato fosse indagato e sottoposto a un procedimento penale costituisce, agli effetti dell’art. 10 del Regolamento, un dato personale relativo a reati>>;
- <<con riguardo al contesto lavorativo, numerosi provvedimenti del Garante hanno chiarito che le informazioni ottenute dal certificato penale del casellario giudiziale o da dichiarazioni rilasciate dai lavoratori in merito all’assenza di condanne penali costituiscono comunque dati relativi a condanne penali e reati ai fini della normativa in materia di protezione dei dati>>;
- <<Come anche recentemente ribadito dal Garante (v. provv. 24 marzo 2022, n. 97, doc. web n. 9760883), le informazioni relative a vicende connesse alla commissione di reati o a procedimenti penali, che interessano una persona fisica, costituiscono, pertanto, “dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza” ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 10 del Regolamento, senza che rilevi la circostanza che tali informazioni non contengano riferimenti espressi agli specifici reati commessi o ai procedimenti giudiziari in corso>>;
- l'accusa di aver comunicato dati giudiziari a una studentessa è archiviata per assenza di prove, in quanto <<ricostruita solo in via deduttiva e probabilistica>>;
- la comunicazione a terzi dei dati personali giudiziari è illecita, in quanto non autorizzata da una norma di legge o regolamentare;
- la comunicazione non può essere considerata lecita per una delle motivazioni addotte dall'Università, relativa all'<<intento di tutelare in via generale e preventiva la reputazione dell’Ateneo in conseguenza di “illazioni e responsabilità legate all’interessato”. Ciò anche in considerazione del fatto che l’eventuale responsabilità penale, ove accertata dall’autorità giudiziaria procedente, avrebbe, in ogni caso, riguardato unicamente l’interessato e non anche l’Ateneo (v. art. 27, Cost).>>
31.03.2023
Sulla Gazzetta ufficiale n. 77 del 31.03.2023, è stato pubblicato il D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 - "Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici".
Sulla Gazzetta ufficiale n. 77 del 31.03.2023, è stato pubblicato il D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 - "Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici".
17.01.2023
Il 31 gennaio 2023 scade il termine per l'inoltro alle Rappresentanze sindacali aziendali (RSA) ovvero alla Rappresentanza sindacale unitaria (RSU) o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, della comunicazione relativa al numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi nel corso del 2022 (1° gennaio - 31 dicembre).
Tale comunicazione - prevista dall'art. 36, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015 (T.U. sui contratti di lavoro) - può essere inviata:
- con consegna a mano;
- con raccomandata con ricevuta di ritorno;
- a mezzo posta elettronica certificata (PEC).
I dati da comunicare sono i seguenti:
- numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi;
- durata dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi.
- numero e qualifica dei lavoratori utilizzati (non devono essere, invece, comunicati dati nominativi).
L'inadempimento a tale obbligo è punito con sanzione amministrativa da euro 250 a euro 1.250.
Per l'acquisizione e la verifica dei dati si può fare riferimento alle informazioni di sintesi fornite, di norma, dalle Agenzie di intermediazione.
Attesa la rilevanza dei rapporti con tali Agenzie ai fini della mappatura delle "attività sensibili" ai fini del D.Lgs. n. 231/2001 (e, quindi, del Modello di organizzazione, gestione e controllo adottato dall'azienda ai sensi di tale Decreto), la comunicazione in discussione potrebbe essere inserita nell'elenco dei flussi periodici verso l'Organismo di Vigilanza.
Il 31 gennaio 2023 scade il termine per l'inoltro alle Rappresentanze sindacali aziendali (RSA) ovvero alla Rappresentanza sindacale unitaria (RSU) o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, della comunicazione relativa al numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi nel corso del 2022 (1° gennaio - 31 dicembre).
Tale comunicazione - prevista dall'art. 36, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015 (T.U. sui contratti di lavoro) - può essere inviata:
- con consegna a mano;
- con raccomandata con ricevuta di ritorno;
- a mezzo posta elettronica certificata (PEC).
I dati da comunicare sono i seguenti:
- numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi;
- durata dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi.
- numero e qualifica dei lavoratori utilizzati (non devono essere, invece, comunicati dati nominativi).
L'inadempimento a tale obbligo è punito con sanzione amministrativa da euro 250 a euro 1.250.
Per l'acquisizione e la verifica dei dati si può fare riferimento alle informazioni di sintesi fornite, di norma, dalle Agenzie di intermediazione.
Attesa la rilevanza dei rapporti con tali Agenzie ai fini della mappatura delle "attività sensibili" ai fini del D.Lgs. n. 231/2001 (e, quindi, del Modello di organizzazione, gestione e controllo adottato dall'azienda ai sensi di tale Decreto), la comunicazione in discussione potrebbe essere inserita nell'elenco dei flussi periodici verso l'Organismo di Vigilanza.
14.04.2021
Lo standard internazionale ISO 19600:2014 è stato sostituito dalla nuova norma internazionale ISO 37301:2021 - <<Compliance management systems - Requirements with guidance for use>>. Il nuovo standard, più che solo sostituire la ISO 19600 (in Italia UNI ISO 19600:2016 - <<Sistemi di gestione della conformità (compliance) - Linee guida>>, ne rappresenta una evoluzione, da norma di sistema di gestione di tipo B, ossia espresso in forma di linee guida e quindi a rigore non certificabile, a sistema di gestione di tipo A, riportante cioè requisiti prescrittivi, quindi possibile riferimento per una certificazione di sistema. Sono in corso i lavori per l'adozione e la traduzione della corrispondente norma italiana (UNI ISO 37301).
La ISO 37301 fa parte di un "pacchetto" di norme in tema di governance e compliance aziendale; tra queste: (i) UNI ISO 37001:2016 - <<Sistemi di gestione per la prevenzione della corruzione - Requisiti e guida all'utilizzo>>; (ii) ISO 37002 - <<Whistleblowing management systems – Guidelines>>, la cui adozione è prevista per giugno 2021.
Tra le novità introdotte, si segnalano: organismo di governo, funzione di compliance, processo di valutazione dei rischi di compliance.
Lo standard internazionale ISO 19600:2014 è stato sostituito dalla nuova norma internazionale ISO 37301:2021 - <<Compliance management systems - Requirements with guidance for use>>. Il nuovo standard, più che solo sostituire la ISO 19600 (in Italia UNI ISO 19600:2016 - <<Sistemi di gestione della conformità (compliance) - Linee guida>>, ne rappresenta una evoluzione, da norma di sistema di gestione di tipo B, ossia espresso in forma di linee guida e quindi a rigore non certificabile, a sistema di gestione di tipo A, riportante cioè requisiti prescrittivi, quindi possibile riferimento per una certificazione di sistema. Sono in corso i lavori per l'adozione e la traduzione della corrispondente norma italiana (UNI ISO 37301).
La ISO 37301 fa parte di un "pacchetto" di norme in tema di governance e compliance aziendale; tra queste: (i) UNI ISO 37001:2016 - <<Sistemi di gestione per la prevenzione della corruzione - Requisiti e guida all'utilizzo>>; (ii) ISO 37002 - <<Whistleblowing management systems – Guidelines>>, la cui adozione è prevista per giugno 2021.
Tra le novità introdotte, si segnalano: organismo di governo, funzione di compliance, processo di valutazione dei rischi di compliance.
18.09.2020
Il 1° settembre 2020 (per effetto della proroga disposta dall'art. 1, D.L. n. 28/2020, convertito dalla L. n. 70/2020) sono entrate in vigore le nuove norme in tema di intercettazioni telefoniche e ambientali (D.L. 30.12.2019, n. 161, "Modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni", convertito con modificazioni dalla L. 28.02.2020, n. 7), che prevedono la possibilità di utilizzare il "captatore informatico" anche per indagini relative a reati contro la Pubblica amministrazione.
Inizialmente l'entrata in vigore del nuovo regime era stata stabilita per il 26 luglio 2018; questo termine è stato più volte prorogato con successivi provvedimenti normativi.
Tra i punti qualificanti della riforma si segnala l'estensione del ricorso al "captatore informatico" nelle indagini aventi ad oggetto reati commessi da incaricati di pubblico servizio (art. 266, comma 2-bis, c.p.p., come modificato) e utilizzabilità delle intercettazioni effettuate con questo anche per la prova di reati diversi rispetto a quelli oggetto del decreto autorizzativo.
Il "captatore informatico" (o "trojan horse") è un "malware" (o "malicious software") che, una volta installato sui device elettronici, è in grado di monitorare ogni attività del dispositivo "infettato" (es.: messaggi, scritti attraverso qualsiasi piattaforma; geolocalizzazione; cronologia Internet); è, altresì, possibile l'attivazione da remoto della videocamera, per scattare foto, ovvero del microfono, per registrare l'audio ambientale.
Il provvedimento autorizzativo dell'intercettazione a mezzo di captatore deve indicare le ragioni che rendono necessaria tale modalità operativa (prima si utilizzava il termine "indispensabile", ora sostituito da "necessario").
La Corte Suprema aveva già previsto l'utilizzabilità di questo potente strumento investigativo nell’ambito delle indagini per i delitti di criminalità organizzata (Cass., Sezioni Unite Penali, sent. n. 15 del 28/4/2016); a seguito della riforma, lo stesso potrà essere utilizzato nell'ambito delle indagini per reati contro la Pubblica amministrazione (considerati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001).
I commi 1 e 1-bis del nuovo art. 270, c.p.p. prevedono quanto segue: "I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 2- bis c.p.p."; "i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possono essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione qualora risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti indicati dall'art. 266, comma 2-bis".
In estrema sintesi, gli altri punti qualificanti della riforma in discussione sono i seguenti:
Il 1° settembre 2020 (per effetto della proroga disposta dall'art. 1, D.L. n. 28/2020, convertito dalla L. n. 70/2020) sono entrate in vigore le nuove norme in tema di intercettazioni telefoniche e ambientali (D.L. 30.12.2019, n. 161, "Modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni", convertito con modificazioni dalla L. 28.02.2020, n. 7), che prevedono la possibilità di utilizzare il "captatore informatico" anche per indagini relative a reati contro la Pubblica amministrazione.
Inizialmente l'entrata in vigore del nuovo regime era stata stabilita per il 26 luglio 2018; questo termine è stato più volte prorogato con successivi provvedimenti normativi.
Tra i punti qualificanti della riforma si segnala l'estensione del ricorso al "captatore informatico" nelle indagini aventi ad oggetto reati commessi da incaricati di pubblico servizio (art. 266, comma 2-bis, c.p.p., come modificato) e utilizzabilità delle intercettazioni effettuate con questo anche per la prova di reati diversi rispetto a quelli oggetto del decreto autorizzativo.
Il "captatore informatico" (o "trojan horse") è un "malware" (o "malicious software") che, una volta installato sui device elettronici, è in grado di monitorare ogni attività del dispositivo "infettato" (es.: messaggi, scritti attraverso qualsiasi piattaforma; geolocalizzazione; cronologia Internet); è, altresì, possibile l'attivazione da remoto della videocamera, per scattare foto, ovvero del microfono, per registrare l'audio ambientale.
Il provvedimento autorizzativo dell'intercettazione a mezzo di captatore deve indicare le ragioni che rendono necessaria tale modalità operativa (prima si utilizzava il termine "indispensabile", ora sostituito da "necessario").
La Corte Suprema aveva già previsto l'utilizzabilità di questo potente strumento investigativo nell’ambito delle indagini per i delitti di criminalità organizzata (Cass., Sezioni Unite Penali, sent. n. 15 del 28/4/2016); a seguito della riforma, lo stesso potrà essere utilizzato nell'ambito delle indagini per reati contro la Pubblica amministrazione (considerati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001).
I commi 1 e 1-bis del nuovo art. 270, c.p.p. prevedono quanto segue: "I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 2- bis c.p.p."; "i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possono essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione qualora risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti indicati dall'art. 266, comma 2-bis".
In estrema sintesi, gli altri punti qualificanti della riforma in discussione sono i seguenti:
- divieto di pubblicazione delle intercettazioni esteso a tutte le comunicazioni non acquisite nel procedimento;
- selezione delle intercettazioni da acquisire nel processo su indicazione del Pubblico Ministero e delle difese e, in caso di contrasto tra le parti, con decisione del Giudice;
- facoltà, per il difensore, di esaminare il contenuto delle intercettazioni successivamente all'avviso di conclusioni delle indagini preliminari ai sensi dell'art. 415 bis c.p.p.
08.09.2020
Con un comunicato stampa del 5 agosto 2020, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha comunicato che, con determina del 3 agosto 2020, la Ragioneria Generale dello Stato ha adottato ventidue nuovi principi di revisione ISA Italia, elaborati in collaborazione con Assirevi e INRL, Consob e MEF. I principi sono stati aggiornati al fine di adeguarli al progetto IFAC “Using the work of internal auditors”.In particolare, il principio ISA Italia 265 tratta della “COMUNICAZIONE DELLE CARENZE NEL CONTROLLO INTERNO AI RESPONSABILI DELLE ATTIVITÀ DI GOVERNANCE ED ALLA DIREZIONE”. Il revisore può identificare carenze nel controllo interno non solo nel corso della valutazione dei rischi, ma anche in qualunque altra fase del processo di revisione contabile. E' responsabilità del revisore comunicare le carenze riscontrate, in modo appropriato, ai responsabili delle attività di governance e alla direzione aziendale. Le "carenze" si verificano quando: un controllo è configurato, messo in atto ovvero opera in modo tale da non consentire la prevenzione, o l’individuazione e la correzione, in modo tempestivo, di errori nel bilancio; ovvero ii) non esiste un controllo necessario per prevenire, ovvero per individuare e correggere, in modo tempestivo, errori nel bilancio.
Con un comunicato stampa del 5 agosto 2020, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha comunicato che, con determina del 3 agosto 2020, la Ragioneria Generale dello Stato ha adottato ventidue nuovi principi di revisione ISA Italia, elaborati in collaborazione con Assirevi e INRL, Consob e MEF. I principi sono stati aggiornati al fine di adeguarli al progetto IFAC “Using the work of internal auditors”.In particolare, il principio ISA Italia 265 tratta della “COMUNICAZIONE DELLE CARENZE NEL CONTROLLO INTERNO AI RESPONSABILI DELLE ATTIVITÀ DI GOVERNANCE ED ALLA DIREZIONE”. Il revisore può identificare carenze nel controllo interno non solo nel corso della valutazione dei rischi, ma anche in qualunque altra fase del processo di revisione contabile. E' responsabilità del revisore comunicare le carenze riscontrate, in modo appropriato, ai responsabili delle attività di governance e alla direzione aziendale. Le "carenze" si verificano quando: un controllo è configurato, messo in atto ovvero opera in modo tale da non consentire la prevenzione, o l’individuazione e la correzione, in modo tempestivo, di errori nel bilancio; ovvero ii) non esiste un controllo necessario per prevenire, ovvero per individuare e correggere, in modo tempestivo, errori nel bilancio.
07.09.2020
Con un comunicato stampa del 5 agosto 2020, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha comunicato che, con determina del 3 agosto 2020, la Ragioneria Generale dello Stato ha adottato ventidue nuovi principi di revisione ISA Italia, elaborati in collaborazione con Assirevi e INRL, Consob e MEF. In particolare il principio n. 240 si occupa della <<responsabilità del revisore relativamente alle frodi nella revisione>>.
Di seguito un estratto del principio, in vigore per le revisioni contabili dei bilanci relativi ai periodi amministrativi che iniziano dal 1° gennaio 2020 e successivamente:
<<Caratteristiche delle frodi
2. Gli errori in bilancio possono derivare sia da frodi sia da comportamenti o eventi non intenzionali. Il fattore di distinzione tra le due categorie di errori è l’intenzionalità o meno dell’atto che determina gli errori in bilancio. 3. Sebbene il termine frode rappresenti, da un punto di vista giuridico, un concetto più ampio, ai fini dei principi di revisione internazionali il revisore si occupa di quelle frodi che determinano la presenza di errori significativi in bilancio. Per il revisore sono rilevanti due tipologie di errori intenzionali: errori derivanti da una falsa informativa finanziaria ed errori derivanti da appropriazioni illecite di beni ed attività dell’impresa. Sebbene il revisore possa sospettare, ovvero più raramente identificare, l’esistenza di frodi, non stabilisce se la frode sia effettivamente avvenuta sotto il profilo giuridico. (Rif.: Parr. A1-A7)
Responsabilità relative alla prevenzione e individuazione delle frodi
4. La responsabilità principale per la prevenzione e l’individuazione delle frodi compete sia ai responsabili delle attività di governance dell’impresa, sia alla direzione. E’ importante che la direzione, con la supervisione dei responsabili delle attività di governance, ponga forte enfasi sulla prevenzione delle frodi volta a ridurre le occasioni che esse si verifichino, nonché introduca azioni deterrenti finalizzate a dissuadere dal commettere le frodi a causa della più elevata probabilità che queste siano individuate e punite. Ciò comporta un impegno per la creazione di una cultura aziendale ispirata al valore dell’onestà ed a comportamenti eticamente corretti che può essere rafforzata mediante un’attiva supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance. La supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance include la considerazione della possibilità di forzatura dei controlli o che altri fattori impropri influenzino il processo di predisposizione dell’informativa finanziaria, quali i tentativi della direzione di manipolare i risultati d’esercizio al fine di influenzare la percezione da parte degli analisti finanziari riguardo la performance e la capacità di produrre profitti dell’impresa.
... (omissis) ...
Obiettivi
11. Gli obiettivi del revisore sono i seguenti:
a) identificare e valutare i rischi di errori significativi nel bilancio dovuti a frodi;
b) acquisire elementi probativi sufficienti ed appropriati riguardanti i rischi identificati e valutati di errori significativi dovuti a frodi, mediante la definizione e la messa in atto di risposte di revisione appropriate;
c) fronteggiare adeguatamente frodi o sospette frodi individuate durante la revisione.>>
Con un comunicato stampa del 5 agosto 2020, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha comunicato che, con determina del 3 agosto 2020, la Ragioneria Generale dello Stato ha adottato ventidue nuovi principi di revisione ISA Italia, elaborati in collaborazione con Assirevi e INRL, Consob e MEF. In particolare il principio n. 240 si occupa della <<responsabilità del revisore relativamente alle frodi nella revisione>>.
Di seguito un estratto del principio, in vigore per le revisioni contabili dei bilanci relativi ai periodi amministrativi che iniziano dal 1° gennaio 2020 e successivamente:
<<Caratteristiche delle frodi
2. Gli errori in bilancio possono derivare sia da frodi sia da comportamenti o eventi non intenzionali. Il fattore di distinzione tra le due categorie di errori è l’intenzionalità o meno dell’atto che determina gli errori in bilancio. 3. Sebbene il termine frode rappresenti, da un punto di vista giuridico, un concetto più ampio, ai fini dei principi di revisione internazionali il revisore si occupa di quelle frodi che determinano la presenza di errori significativi in bilancio. Per il revisore sono rilevanti due tipologie di errori intenzionali: errori derivanti da una falsa informativa finanziaria ed errori derivanti da appropriazioni illecite di beni ed attività dell’impresa. Sebbene il revisore possa sospettare, ovvero più raramente identificare, l’esistenza di frodi, non stabilisce se la frode sia effettivamente avvenuta sotto il profilo giuridico. (Rif.: Parr. A1-A7)
Responsabilità relative alla prevenzione e individuazione delle frodi
4. La responsabilità principale per la prevenzione e l’individuazione delle frodi compete sia ai responsabili delle attività di governance dell’impresa, sia alla direzione. E’ importante che la direzione, con la supervisione dei responsabili delle attività di governance, ponga forte enfasi sulla prevenzione delle frodi volta a ridurre le occasioni che esse si verifichino, nonché introduca azioni deterrenti finalizzate a dissuadere dal commettere le frodi a causa della più elevata probabilità che queste siano individuate e punite. Ciò comporta un impegno per la creazione di una cultura aziendale ispirata al valore dell’onestà ed a comportamenti eticamente corretti che può essere rafforzata mediante un’attiva supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance. La supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance include la considerazione della possibilità di forzatura dei controlli o che altri fattori impropri influenzino il processo di predisposizione dell’informativa finanziaria, quali i tentativi della direzione di manipolare i risultati d’esercizio al fine di influenzare la percezione da parte degli analisti finanziari riguardo la performance e la capacità di produrre profitti dell’impresa.
... (omissis) ...
Obiettivi
11. Gli obiettivi del revisore sono i seguenti:
a) identificare e valutare i rischi di errori significativi nel bilancio dovuti a frodi;
b) acquisire elementi probativi sufficienti ed appropriati riguardanti i rischi identificati e valutati di errori significativi dovuti a frodi, mediante la definizione e la messa in atto di risposte di revisione appropriate;
c) fronteggiare adeguatamente frodi o sospette frodi individuate durante la revisione.>>
31.01.2020
Il Comitato di Corporate Governance di Borsa Italiana ha approvato il nuovo Codice di Corporate Governance (la precedente versione risale al 2018).
Le società che lo adottano lo applicano a partire dal primo esercizio che inizia successivamente al 31 dicembre 2020, informandone il mercato nella relazione sul governo societario da pubblicarsi nel corso del 2022.
Il relativo comunicato stampa precisa quanto segue (l'enfasi è aggiunta):
<<La nuova edizione del Codice, che è il frutto di un approfondito confronto con le società quotate, nasce da un’attenta analisi delle evoluzioni internazionali in materia di governo societario e dagli esiti del monitoraggio sull’applicazione del Codice condotta dal Comitato.
Le novità sostanziali del Codice seguono quattro direttrici fondamentali: sostenibilità, engagement, proporzionalità, semplificazione. Al contempo l’occasione della revisione è stata colta anche per rafforzare alcune best practice.
Sostenibilità - Il nuovo Codice intende stimolare le società quotate ad adottare strategie sempre più orientate alla sostenibilità dell’attività d’impresa: compito prioritario dell’organo di amministrazione è perseguire il successo sostenibile dell’impresa, definito quale obiettivo di creare valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti tenendo conto degli interessi degli stakeholder rilevanti per la sua attività.
All’organo di amministrazione è attribuita la responsabilità di integrare gli obiettivi di sostenibilità nel piano industriale, nel sistema di controllo interno e di gestione dei rischi e nelle politiche di remunerazione.
Engagement - Il nuovo Codice raccomanda alle società quotate di sviluppare il dialogo con il mercato attraverso l’adozione di politiche di engagement complementari a quelle degli investitori istituzionali e dei gestori degli attivi.
Un ruolo fondamentale di raccordo è attribuito al presidente del board, al quale il Codice affida il compito di sottoporre all’approvazione del board medesimo, d’intesa con il CEO, una politica per la gestione del dialogo con la generalità degli azionisti, assicurando una adeguata informativa al board sullo sviluppo e sui contenuti significativi del dialogo intervenuto con tutti gli azionisti.
Proporzionalità - Per favorire l’accesso alla quotazione delle società medio-piccole e di quelle a forte concentrazione proprietaria, l’applicazione del nuovo Codice è improntata a principi di flessibilità e di proporzionalità. Alcune raccomandazioni sono quindi indirizzate alle sole società grandi (società con capitalizzazione superiore a 1 miliardo di euro per tre anni solari consecutivi) mentre specifiche semplificazioni sono previste per le società a proprietà concentrata (società nelle quali uno o più soci dispongono, direttamente o indirettamente, della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria).
Semplificazione - Il nuovo Codice presenta una struttura più snella, basata su princìpi che definiscono gli obiettivi di un buon governo societario, e raccomandazioni soggette alla regola del “comply or explain”, mentre sono stati eliminati i commenti. Per agevolarne l’applicazione il Comitato intende avviare l’elaborazione di Q&A, da aggiornare periodicamente anche su istanza delle società aderenti.
Il Comitato ha inoltre sviluppato un approccio neutrale delle best practice rispetto ai modelli di governance per rendere il Codice direttamente fruibile in tutti i tipi di modello societario (tradizionale, monistico, dualistico), anche da parte di società di diritto estero quotate in Italia.
L’occasione della revisione è stata colta, infine, anche per irrobustire alcune raccomandazioni esistenti (valutazione di indipendenza, qualità dell’informativa agli amministratori, ruolo del presidente del board), raccomandare esplicitamente best practice meramente auspicate nelle precedenti edizioni del Codice (piano di successione degli amministratori esecutivi, parità di trattamento e di opportunità tra i generi nell’organizzazione aziendale) e allineare l’autodisciplina domestica ad alcune best practice internazionali (possibilità di qualificare il presidente del board come indipendente, riconoscimento del ruolo del segretario del board, attenzione alle esperienze estere nella definizione delle politiche per la remunerazione).>>
Il Comitato di Corporate Governance di Borsa Italiana ha approvato il nuovo Codice di Corporate Governance (la precedente versione risale al 2018).
Le società che lo adottano lo applicano a partire dal primo esercizio che inizia successivamente al 31 dicembre 2020, informandone il mercato nella relazione sul governo societario da pubblicarsi nel corso del 2022.
Il relativo comunicato stampa precisa quanto segue (l'enfasi è aggiunta):
<<La nuova edizione del Codice, che è il frutto di un approfondito confronto con le società quotate, nasce da un’attenta analisi delle evoluzioni internazionali in materia di governo societario e dagli esiti del monitoraggio sull’applicazione del Codice condotta dal Comitato.
Le novità sostanziali del Codice seguono quattro direttrici fondamentali: sostenibilità, engagement, proporzionalità, semplificazione. Al contempo l’occasione della revisione è stata colta anche per rafforzare alcune best practice.
Sostenibilità - Il nuovo Codice intende stimolare le società quotate ad adottare strategie sempre più orientate alla sostenibilità dell’attività d’impresa: compito prioritario dell’organo di amministrazione è perseguire il successo sostenibile dell’impresa, definito quale obiettivo di creare valore nel lungo termine a beneficio degli azionisti tenendo conto degli interessi degli stakeholder rilevanti per la sua attività.
All’organo di amministrazione è attribuita la responsabilità di integrare gli obiettivi di sostenibilità nel piano industriale, nel sistema di controllo interno e di gestione dei rischi e nelle politiche di remunerazione.
Engagement - Il nuovo Codice raccomanda alle società quotate di sviluppare il dialogo con il mercato attraverso l’adozione di politiche di engagement complementari a quelle degli investitori istituzionali e dei gestori degli attivi.
Un ruolo fondamentale di raccordo è attribuito al presidente del board, al quale il Codice affida il compito di sottoporre all’approvazione del board medesimo, d’intesa con il CEO, una politica per la gestione del dialogo con la generalità degli azionisti, assicurando una adeguata informativa al board sullo sviluppo e sui contenuti significativi del dialogo intervenuto con tutti gli azionisti.
Proporzionalità - Per favorire l’accesso alla quotazione delle società medio-piccole e di quelle a forte concentrazione proprietaria, l’applicazione del nuovo Codice è improntata a principi di flessibilità e di proporzionalità. Alcune raccomandazioni sono quindi indirizzate alle sole società grandi (società con capitalizzazione superiore a 1 miliardo di euro per tre anni solari consecutivi) mentre specifiche semplificazioni sono previste per le società a proprietà concentrata (società nelle quali uno o più soci dispongono, direttamente o indirettamente, della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria).
Semplificazione - Il nuovo Codice presenta una struttura più snella, basata su princìpi che definiscono gli obiettivi di un buon governo societario, e raccomandazioni soggette alla regola del “comply or explain”, mentre sono stati eliminati i commenti. Per agevolarne l’applicazione il Comitato intende avviare l’elaborazione di Q&A, da aggiornare periodicamente anche su istanza delle società aderenti.
Il Comitato ha inoltre sviluppato un approccio neutrale delle best practice rispetto ai modelli di governance per rendere il Codice direttamente fruibile in tutti i tipi di modello societario (tradizionale, monistico, dualistico), anche da parte di società di diritto estero quotate in Italia.
L’occasione della revisione è stata colta, infine, anche per irrobustire alcune raccomandazioni esistenti (valutazione di indipendenza, qualità dell’informativa agli amministratori, ruolo del presidente del board), raccomandare esplicitamente best practice meramente auspicate nelle precedenti edizioni del Codice (piano di successione degli amministratori esecutivi, parità di trattamento e di opportunità tra i generi nell’organizzazione aziendale) e allineare l’autodisciplina domestica ad alcune best practice internazionali (possibilità di qualificare il presidente del board come indipendente, riconoscimento del ruolo del segretario del board, attenzione alle esperienze estere nella definizione delle politiche per la remunerazione).>>
27.10.2016
Sulla G.U. n. 252 del 27 ottobre 2016 è stato pubblicato il Decreto del Ministero del Lavoro 10 agosto 2016, che prevede la procedura da osservarsi per le comunicazioni previste in caso di distacco di lavoratori di aziende estere presso imprese con sede in Italia, anche appartenenti allo stesso gruppo, nell'ambito di una prestazione di servizi.In particolare in questa caso le aziende estere devono inviare, in via telematica, al Ministero del lavoro una nuova comunicazione preventiva, entro le 24 ore del giorno precedente l’inizio del primo periodo di distacco o trasferta. Il Ministero del Lavoro predisporrà il modello con un format telematico entro il 26 dicembre prossimo; l’azienda estera dovrà provvedere, preventivamente, alla propria registrazione.
L’adempimento comunicativo deriva dall’attuazione della Direttiva Europea 2014/67/EU, stata recepita dall’Italia con il D.Lgs. 17 luglio 2016, n. 136.
Sulla G.U. n. 252 del 27 ottobre 2016 è stato pubblicato il Decreto del Ministero del Lavoro 10 agosto 2016, che prevede la procedura da osservarsi per le comunicazioni previste in caso di distacco di lavoratori di aziende estere presso imprese con sede in Italia, anche appartenenti allo stesso gruppo, nell'ambito di una prestazione di servizi.In particolare in questa caso le aziende estere devono inviare, in via telematica, al Ministero del lavoro una nuova comunicazione preventiva, entro le 24 ore del giorno precedente l’inizio del primo periodo di distacco o trasferta. Il Ministero del Lavoro predisporrà il modello con un format telematico entro il 26 dicembre prossimo; l’azienda estera dovrà provvedere, preventivamente, alla propria registrazione.
L’adempimento comunicativo deriva dall’attuazione della Direttiva Europea 2014/67/EU, stata recepita dall’Italia con il D.Lgs. 17 luglio 2016, n. 136.
22.07.2016
Il D.Lgs. 17 luglio 2016, n. 136 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 169 del 21 luglio 2016; esso reca disposizioni in tema di "Attuazione della direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»)". Il provvedimento, entrato in vigore il 22 luglio 2016, fissa nuove regole per il distacco transfrontaliero di lavoratori in forza di un contratto di appalto o di somministrazione, al fine di: (i) contrastare il fenomeno del distacco abusivo, attraverso cui si realizzano la violazione dei diritti fondamentali dei lavoratori e pratiche di concorrenza sleale; (ii) agevolare la cooperazione tra gli Stati membri nell’accertamento dell’autenticità dei distacchi e nel perseguimento e nella repressione dei distacchi abusivi.
Il D.Lgs. 17 luglio 2016, n. 136 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 169 del 21 luglio 2016; esso reca disposizioni in tema di "Attuazione della direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»)". Il provvedimento, entrato in vigore il 22 luglio 2016, fissa nuove regole per il distacco transfrontaliero di lavoratori in forza di un contratto di appalto o di somministrazione, al fine di: (i) contrastare il fenomeno del distacco abusivo, attraverso cui si realizzano la violazione dei diritti fondamentali dei lavoratori e pratiche di concorrenza sleale; (ii) agevolare la cooperazione tra gli Stati membri nell’accertamento dell’autenticità dei distacchi e nel perseguimento e nella repressione dei distacchi abusivi.
04.05.2016
Il 24 maggio 2016, decorsi cioè 20 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, entrerà in vigore il c.d "Regolamento europeo sulla privacy" (General Data Protection Regulation - GDPR).
Tale Regolamento sarà però applicabile a decorrere dal 25 maggio 2018.
Nei due anni dalla sua entrata in vigore, gli attori coinvolti dalle nuove regole (tra questi le aziende e i professionisti) dovranno, quindi,
adeguare alle nuove regole i processi interessati al trattamento dei dati personali.
Il 4 maggio 2016 è stata poi pubblicata la Direttiva che regola i trattamenti di dati personali nei settori di prevenzione, contrasto e repressione dei crimini; tale Direttiva, entrata in vigore il giorno successivo, dovrà essere recepita dagli Stati membri entro due anni.
Per accedere alla pagina "Nuovo pacchetto protezione dati" del sito del Garante privacy, clicca qui.
Il 24 maggio 2016, decorsi cioè 20 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, entrerà in vigore il c.d "Regolamento europeo sulla privacy" (General Data Protection Regulation - GDPR).
Tale Regolamento sarà però applicabile a decorrere dal 25 maggio 2018.
Nei due anni dalla sua entrata in vigore, gli attori coinvolti dalle nuove regole (tra questi le aziende e i professionisti) dovranno, quindi,
adeguare alle nuove regole i processi interessati al trattamento dei dati personali.
Il 4 maggio 2016 è stata poi pubblicata la Direttiva che regola i trattamenti di dati personali nei settori di prevenzione, contrasto e repressione dei crimini; tale Direttiva, entrata in vigore il giorno successivo, dovrà essere recepita dagli Stati membri entro due anni.
Per accedere alla pagina "Nuovo pacchetto protezione dati" del sito del Garante privacy, clicca qui.
22.04.2016
Nella seduta odierna il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ha approvato, in via definitiva, il nuovo Codice degli appalti pubblici, in sostituzione del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 - <<Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE>> (e del relativo Regolamento).
Il decreto legislativo n. 50 del 19 aprile 2016, pubblicato nella G.U. n. 91, S.O., del 19 aprile 2016, ha attuato le direttive comunitarie 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori speciali dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché sul riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
Il nuovo Codice appalti - formulato in base alla legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 - si compone di poco più di 200 articoli (rispetto agli oltre 2.000 articoli del vigente Codice) e, rispetto al passato, non prevede un regolamento di esecuzione e di attuazione, ma l’emanazione di atti di "soft law", ossia di atti di indirizzo e di linee guida di carattere generale, da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti su proposta dell’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.A.C.) e previo parere delle competenti commissioni parlamentari.
Per rispettare il termine del biennio dalla pubblicazione delle direttive comunitarie, entro il quale doveva essere effettuato il recepimento, il D.Lgs. n. 50/2016 è entrato in vigore lo stesso giorno della sua pubblicazione in G.U. (per il D.Lgs. n. 163/2006 fu previsto un periodo di 60 giorni). In effetti tale termine è però scaduto il giorno precedente, ossia il 18 aprile 2016.
Dal 19 aprile 2016, dunque, si applicano le norme del D.Lgs. n. 50/2016, fatto salvo il regime della pubblicazione dei bandi di gara sui quotidiani (art. 66, comma 7), sino al 31 dicembre 2016, e il meccanismo transitorio di ultra vigenza previsto per il D.P.R. n. 207/2010 - << Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»>>, specie in materia di lavori pubblici e servizi tecnici.
Per la disciplina di dettaglio di servizi e forniture bisognerà, invece, attendere le linee guida dell'A.N.A.C..
Per scaricare le slide relative alla presentazione predisposta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti clicca qui.
Nella seduta odierna il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ha approvato, in via definitiva, il nuovo Codice degli appalti pubblici, in sostituzione del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 - <<Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE>> (e del relativo Regolamento).
Il decreto legislativo n. 50 del 19 aprile 2016, pubblicato nella G.U. n. 91, S.O., del 19 aprile 2016, ha attuato le direttive comunitarie 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori speciali dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché sul riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
Il nuovo Codice appalti - formulato in base alla legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 - si compone di poco più di 200 articoli (rispetto agli oltre 2.000 articoli del vigente Codice) e, rispetto al passato, non prevede un regolamento di esecuzione e di attuazione, ma l’emanazione di atti di "soft law", ossia di atti di indirizzo e di linee guida di carattere generale, da approvare con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti su proposta dell’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.A.C.) e previo parere delle competenti commissioni parlamentari.
Per rispettare il termine del biennio dalla pubblicazione delle direttive comunitarie, entro il quale doveva essere effettuato il recepimento, il D.Lgs. n. 50/2016 è entrato in vigore lo stesso giorno della sua pubblicazione in G.U. (per il D.Lgs. n. 163/2006 fu previsto un periodo di 60 giorni). In effetti tale termine è però scaduto il giorno precedente, ossia il 18 aprile 2016.
Dal 19 aprile 2016, dunque, si applicano le norme del D.Lgs. n. 50/2016, fatto salvo il regime della pubblicazione dei bandi di gara sui quotidiani (art. 66, comma 7), sino al 31 dicembre 2016, e il meccanismo transitorio di ultra vigenza previsto per il D.P.R. n. 207/2010 - << Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»>>, specie in materia di lavori pubblici e servizi tecnici.
Per la disciplina di dettaglio di servizi e forniture bisognerà, invece, attendere le linee guida dell'A.N.A.C..
Per scaricare le slide relative alla presentazione predisposta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti clicca qui.
08.04.2014
Sulla G.U. n. 81 del 7 aprile 2014 è stato pubblicato il Decreto 20 febbraio 2014, n. 57 del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che individua le modalità per tener conto del rating di legalità attribuito alle imprese.
Tale rating è attribuito dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) sulla base della disciplina di cui alla propria delibera del 14 novembre 2012, recante "Regolamento di attuazione dell'articolo 5-ter del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, così come modificato dall'art. 1, comma 1-quinquies, del decreto legge 24 marzo 2012, n. 29, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 2012, n. 62".
In particolare, devono tener conto del rating di legalità:
Sulla G.U. n. 81 del 7 aprile 2014 è stato pubblicato il Decreto 20 febbraio 2014, n. 57 del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che individua le modalità per tener conto del rating di legalità attribuito alle imprese.
Tale rating è attribuito dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust) sulla base della disciplina di cui alla propria delibera del 14 novembre 2012, recante "Regolamento di attuazione dell'articolo 5-ter del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, così come modificato dall'art. 1, comma 1-quinquies, del decreto legge 24 marzo 2012, n. 29, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 2012, n. 62".
In particolare, devono tener conto del rating di legalità:
- le pubbliche amministrazioni devono, in sede di concessione di finanziamenti; inoltre i provvedimenti di cui all'art. 4, comma 2, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 123 nonché i bandi di cui all'art. 5, comma 2, e art. 6, comma 2, del medesimo Decreto legislativo devono prevedere almeno uno dei seguenti sistemi di premialità delle imprese in possesso del rating di legalità: (i) preferenza in graduatoria; (ii) attribuzione di punteggio aggiuntivo; (iii) riserva di quota delle risorse finanziarie allocate;
- le banche, in sede di accesso al credito (considerandolo tra le variabili utilizzate per la valutazione di accesso al credito e ai fini della determinazione delle condizioni economiche di erogazione, ove ne riscontrino la rilevanza rispetto all'andamento del rapporto creditizio).