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Portale di informazione e formazione in materia di responsabilità amministrativa delle società e degli enti ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231. |
15.11.2024
La Legge 14 novembre 2024, n. 166 (in GU n. 267 del 14/12/2024) - recante la conversione in Legge, con modificazioni, del D.L. 16 settembre 2024, n. 131 (c.d. “Decreto Salva-infrazioni”) ha apportato, con l'art. 15, comma 3-ter, modifiche agli artt. 171-bis, 171-ter e 171-septies della Legge 22 aprile 1941, n. 633, relativa alla protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.
Tali articoli sono richiamati nell’art. 25-novies ("Delitti in materia di violazione del diritto d'autore") del D.Lgs. n. 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa degli Enti.
In particolare, le modifiche hanno riguardato:
La Legge 14 novembre 2024, n. 166 (in GU n. 267 del 14/12/2024) - recante la conversione in Legge, con modificazioni, del D.L. 16 settembre 2024, n. 131 (c.d. “Decreto Salva-infrazioni”) ha apportato, con l'art. 15, comma 3-ter, modifiche agli artt. 171-bis, 171-ter e 171-septies della Legge 22 aprile 1941, n. 633, relativa alla protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.
Tali articoli sono richiamati nell’art. 25-novies ("Delitti in materia di violazione del diritto d'autore") del D.Lgs. n. 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa degli Enti.
In particolare, le modifiche hanno riguardato:
- art. 171-bis, comma 1, L. n. 633/1941: revisione formale della norma, con la sostituzione delle parole «dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE)» con le parole «ai sensi della presente legge»;
- art. 171-ter, comma 1, lettera d), L. n. 633/1941: revisione formale della norma, con sostituzione delle parole «ai sensi della presente legge, l'apposizione di contrassegno da parte della Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.)» con le parole «l'apposizione di contrassegno ai sensi della presente legge»;
- art. 171-septies, L. n. 633/1941: revisione sostanziale della norma, con abrogazione della lettera a), che prevedeva l’applicazione della pena di cui all’art. 171-ter (reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinque a trenta milioni) ai produttori o importatori di supporti non soggetti al contrassegno che non hanno comunicato alla SIAE - entro trenta giorni dalla data di immissione in commercio sul territorio nazionale o di importazione - i dati necessari alla univoca identificazione dei supporti medesimi. Per effetto di tale modifica normativa, la sanzione pecuniaria “fino a cinquecento quote”, prevista dall’art. 25-novies del D.Lgs. n. 231/2001 troverà applicazione solo per la restante parte dell’art. 171-septies (lett. b) dell'art. 171-septies, cit.).
21.03.2024
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 20 marzo 2024 è stato pubblicato il D.Lgs. 19 marzo 2024, n. 31 - "Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonchè in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari". Il Decreto ha apportato modifiche al processo agli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001; in particolare, il provvedimento ha modificato gli artt. 59 ("Contestazione dell'illecito amministrativo") e 61 ("Provvedimenti emessi nell'udienza preliminare") del Decreto n. 231/2001.
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 67 del 20 marzo 2024 è stato pubblicato il D.Lgs. 19 marzo 2024, n. 31 - "Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonchè in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari". Il Decreto ha apportato modifiche al processo agli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001; in particolare, il provvedimento ha modificato gli artt. 59 ("Contestazione dell'illecito amministrativo") e 61 ("Provvedimenti emessi nell'udienza preliminare") del Decreto n. 231/2001.
21.03.2024
Il 18.03.2024 l'A.N.AC. ha pubblicato il documento "Monitoraggio sulle criticità nell’applicazione della disciplina whistleblowing".
Il 18.03.2024 l'A.N.AC. ha pubblicato il documento "Monitoraggio sulle criticità nell’applicazione della disciplina whistleblowing".
03.03.2024
Con l'informazione provvisoria n. 2 del 29.02.2024, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che non sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito di cui all'art. 346, comma secondo, c.p. – abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. s) della legge 9 gennaio 2019, n. 3 – e il reato di traffico di influenze illecite dì cui all'art. 346-bis c.p., come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. t) della citata legge n. 3 del 2019».
Con l' ordinanza n. 31478 del 28 giugno 2023, la II Sezione della Corte di Cassazione aveva rimesso il ricorso alle Sezioni unite.
Con l'informazione provvisoria n. 2 del 29.02.2024, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno stabilito che non sussiste continuità normativa tra il reato di millantato credito di cui all'art. 346, comma secondo, c.p. – abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. s) della legge 9 gennaio 2019, n. 3 – e il reato di traffico di influenze illecite dì cui all'art. 346-bis c.p., come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. t) della citata legge n. 3 del 2019».
Con l' ordinanza n. 31478 del 28 giugno 2023, la II Sezione della Corte di Cassazione aveva rimesso il ricorso alle Sezioni unite.
03.03.2024
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 52 del 2 marzo 2024 è stato pubblicato il D.L. 2 marzo 2024, n. 19 - "Ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)". Il provvedimento ha modificato l'art. 512-bis, c.p., inserendo il seguente secondo comma: "La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi, al fine di eludere le disposizioni in materia di documentazione antimafia, attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità di imprese, quote societarie o azioni ovvero di cariche sociali, qualora l'imprenditore o la società partecipi a procedure di aggiudicazione o di esecuzione di appalti o di concessioni." Il provvedimento ha, poi, introdotto nuove regole in tema di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare, introducendo, a tal proposito, "misure per il rafforzamento dell'attività di accertamento e contrasto delle violazioni in ambito contributivo; misure di potenziamento del personale ispettivo in materia di lavoro (Ispettorato Nazionale del Lavoro, Nucleo dei Carabinieri, INPS e INAIL) per i controlli relativi alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro". Tra misure di rafforzamento e aggravamento del regime sanzionatorio in materia di tutela della salute e sicurezza del lavoro, nonché di prevenzione e contrasto al lavoro irregolare, si citano: (i) l’inasprimento delle sanzioni amministrative in materia di contrasto al lavoro sommerso in edilizia e in agricoltura, anche in coerenza con gli obiettivi del PNRR; (ii) la reintroduzione e l’aggravamento delle sanzioni penali per contrastare il fenomeno della somministrazione abusiva di lavoro, spesso dissimulata da contratti di appalto e distacchi fittizi; (iii) l'estensione della responsabilità solidale tra il committente imprenditore o datore di lavoro e l’appaltatore o il subappaltatore nei confronti dei lavoratori, anche alla figura dell’appaltatore fittizio, che è colui che ricorre alla somministrazione di prestatori di lavoro da parte di soggetti non autorizzati, integrando così la fattispecie della somministrazione illecita di lavoro. L’appaltatore fittizio, fino ad oggi, non era ritenuto responsabile delle violazioni in materia di lavoro, non essendo il reale fruitore delle prestazioni lavorative. Pertanto, anche tale soggetto sarà tenuto a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione dell’appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili, di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 52 del 2 marzo 2024 è stato pubblicato il D.L. 2 marzo 2024, n. 19 - "Ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)". Il provvedimento ha modificato l'art. 512-bis, c.p., inserendo il seguente secondo comma: "La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi, al fine di eludere le disposizioni in materia di documentazione antimafia, attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità di imprese, quote societarie o azioni ovvero di cariche sociali, qualora l'imprenditore o la società partecipi a procedure di aggiudicazione o di esecuzione di appalti o di concessioni." Il provvedimento ha, poi, introdotto nuove regole in tema di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare, introducendo, a tal proposito, "misure per il rafforzamento dell'attività di accertamento e contrasto delle violazioni in ambito contributivo; misure di potenziamento del personale ispettivo in materia di lavoro (Ispettorato Nazionale del Lavoro, Nucleo dei Carabinieri, INPS e INAIL) per i controlli relativi alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro". Tra misure di rafforzamento e aggravamento del regime sanzionatorio in materia di tutela della salute e sicurezza del lavoro, nonché di prevenzione e contrasto al lavoro irregolare, si citano: (i) l’inasprimento delle sanzioni amministrative in materia di contrasto al lavoro sommerso in edilizia e in agricoltura, anche in coerenza con gli obiettivi del PNRR; (ii) la reintroduzione e l’aggravamento delle sanzioni penali per contrastare il fenomeno della somministrazione abusiva di lavoro, spesso dissimulata da contratti di appalto e distacchi fittizi; (iii) l'estensione della responsabilità solidale tra il committente imprenditore o datore di lavoro e l’appaltatore o il subappaltatore nei confronti dei lavoratori, anche alla figura dell’appaltatore fittizio, che è colui che ricorre alla somministrazione di prestatori di lavoro da parte di soggetti non autorizzati, integrando così la fattispecie della somministrazione illecita di lavoro. L’appaltatore fittizio, fino ad oggi, non era ritenuto responsabile delle violazioni in materia di lavoro, non essendo il reale fruitore delle prestazioni lavorative. Pertanto, anche tale soggetto sarà tenuto a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione dell’appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili, di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento.
03.03.2024
La sentenza n. 8653 del 28.02.2024 della Corte di Cassazione ha affermato la seguente massima:
La sentenza n. 8653 del 28.02.2024 della Corte di Cassazione ha affermato la seguente massima:
- il reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, D.Lgs. n. 74/2000) si configura anche quando si acquistano dei crediti di imposta con la consapevolezza della loro inesistenza. Nel caso specifico si era verificato che il rappresentante legale di una società a responsabilità limitata era stato condannato per il predetto reato poiché risultava aver indicato in dichiarazione crediti di imposta insistenti ceduti da altra società (crediti di imposta per investimenti in aree svantaggiate). In particolare, la società cedente non aveva ottenuto il nulla osta per la cessione, era sconosciuta al fisco, non avendo mai presentato alcuna dichiarazione fiscale, né depositato alcun bilancio ed era inoltre evidente la sproporzione del corrispettivo di tali cessioni. Pertanto, la sussistenza dell'elemento soggettivo, nella fattispecie, evidenziata attraverso una pluralità di elementi, veniva considerata dimostrativa sia della piena consapevolezza da parte del ricorrente della inesistenza dei crediti ceduti, sia della finalità di evasione sottesa al loro acquisto. Inoltre, l'utilizzo di crediti inesistenti configura un reato, normalmente ai sensi dell' articolo 10 quater del Decreto Legislativo 74/2000 sopra il valore che viene considerato come soglia, ovvero 50 mila euro, ma quando però si acquista consapevolmente un credito inesistente, il reato cambia e si passa al più grave delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, che ha una soglia inferiore e che è sanzionato in maniera più pesante.
28.02.2024
Con la delibera n. 72 del 14.02.2024, l'A.N.AC. si è espressa in relazione all'applicazione di sanzioni per misure ritorsive nei confronti di un whistleblower.
Di seguito uno stralcio di alcune parti ritenute rilevanti:
Con la delibera n. 72 del 14.02.2024, l'A.N.AC. si è espressa in relazione all'applicazione di sanzioni per misure ritorsive nei confronti di un whistleblower.
Di seguito uno stralcio di alcune parti ritenute rilevanti:
- "la fondatezza o meno della denuncia presentata da un whistleblower e, quindi, l’eventuale archiviazione della stessa, non è una condizione richiesta dalla legge per l’attivazione o per la perdita delle tutele di cui all’art 54-bis d.lgs. 165/2001, poiché il segnalante potrebbe non avere la preparazione giuridica necessaria a valutare se nella vicenda oggetto di segnalazione/denuncia ricorrano effettivamente tutti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa. E’ chiaro, inoltre, che anche la collaborazione dei dipendenti all’interno delle pubbliche amministrazioni per far emergere fenomeni corruttivi o di mala administration – in linea con la ratio della normativa in esame - verrebbe scoraggiata laddove i segnalanti potessero essere chiamati a rispondere disciplinarmente per denunce presentate senza alcun intento calunnioso, solo perché inesatte o infondate. In secondo luogo, si evidenzia che, nella fattispecie in esame, le segnalazioni si fondavano, comunque, sulla presenza di elementi fattuali idonei a far sì che il dipendente ritenesse integrate, in modo ragionevole, varie irregolarità nello svolgimento dell’attività amministrativa dei Comandi da lui frequentati. Appare, dunque, rispettato il disposto delle Linee Guida secondo cui: “ad avviso dell’Autorità, considerato lo spirito della norma - che è quello di incentivare la collaborazione di chi lavora all’interno delle pubbliche amministrazioni al fine di far emergere possibili fenomeni corruttivi non è necessario che il dipendente sia certo dell’effettivo accadimento dei fatti denunciati e/o dell’identità dell’autore degli stessi ma solo che ne sia ragionevolmente convinto” (cfr. sul punto la Delibera Anac n. 311 del 21 giugno 2022)";
- "Dal punto di vista oggettivo, preme rilevare che la sanzione di cinque giorni di consegna (prot. n. omissis) è stata irrogata al dipendente in epoca successiva alla presentazione dell’esposto di cui sopra, nonostante egli avesse ampiamente manifestato la qualifica di whistleblower; invero, come si evince dalla lettura del provvedimento sanzionatorio, la ragione, avente carattere risolutivo, che ne ha determinato l’adozione, è stata proprio quella di punire il (dipendente), il quale “nei contenuti (dei suoi scritti) - attinenti al servizio - esprimeva gravi giudizi nei confronti dei propri superiori gerarchici”;
- "l’art. 54-bis comma 9 del d.lgs. 165/01 prevede che le tutele nei confronti del dipendente che segnala illeciti vengano meno solo ed esclusivamente nei casi in cui “sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque per reati commessi con la denuncia di cui al comma 1 ovvero la sua responsabilità civile, per lo stesso titolo, nei casi di dolo o colpa grave”. Nel caso di specie, il dettato di tale disposizione non appare rispettato giacché il provvedimento disciplinare in contestazione - alla luce del fatto che la relativa motivazione è interamente ancorata al dato, ritenuto certo ed incontestabile, dell’espressione di gravi giudizi sui superiori attuali e passati e sulla manifestazione di sfiducia nella propria linea gerarchica - avrebbe dovuto essere adottato solo qualora il dipendente fosse stato ritenuto, da un giudice terzo ed imparziale, responsabile civilmente o penalmente per una condotta diffamatoria o calunniosa posta in essere attraverso le segnalazioni. Nel caso oggetto di esame, il presupposto della sussistenza di una condanna a carico del (dipendente) non ricorre".
21.02.2024
Il FATF GAFI ha pubblicato la relazione annuale 2022-2023, con la quale illustra i risultati conseguiti nel portare avanti il proprio mandato e le priorità strategiche per impedire ai criminali, ai corrotti e ai terroristi di abusare del sistema finanziario internazionale e rafforzare le basi per uno sviluppo economico sostenibile e più inclusivo.
I "progressi significativi" compiuti dal GAFI nella lotta contro la criminalità finanziaria sono i seguenti (fonte: GAFI):
Il FATF GAFI ha pubblicato la relazione annuale 2022-2023, con la quale illustra i risultati conseguiti nel portare avanti il proprio mandato e le priorità strategiche per impedire ai criminali, ai corrotti e ai terroristi di abusare del sistema finanziario internazionale e rafforzare le basi per uno sviluppo economico sostenibile e più inclusivo.
I "progressi significativi" compiuti dal GAFI nella lotta contro la criminalità finanziaria sono i seguenti (fonte: GAFI):
- "Recupero dei beni : importanti progressi per fornire ai paesi strumenti più solidi per individuare e confiscare i beni criminali, anche unendo le forze con INTERPOL in un partenariato strategico attraverso la tavola rotonda GAFI-INTERPOL per concentrarsi sui cambiamenti strategici e operativi necessari per trarre profitto fuori dal crimine.
- Asset virtuali : una tabella di marcia per identificare i paesi con attività di asset virtuali materialmente importanti. Roadmap per colmare le lacune nella regolamentazione globale degli asset virtuali e dei fornitori di servizi di asset virtuali.
- Trasparenza e proprietà effettiva : linee guida aggiornate per aiutare i paesi ad attuare i requisiti recentemente rivisti sulla proprietà effettiva delle persone giuridiche e uno standard rafforzato del GAFI sulla proprietà effettiva dei trust e di altri istituti giuridici.
- Metodi e tendenze – nuovi rapporti sul contrasto al finanziamento del ransomware, al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo nel mercato dell’arte e delle antichità e ai proventi illeciti generati dalle filiere del fentanil e dei relativi oppioidi sintetici.
- Valutazioni reciproche – pubblicazione dei rapporti di valutazione reciproca di Germania, Indonesia, Paesi Bassi e Qatar.
- Conseguenze indesiderate – Il GAFI ha portato avanti il suo lavoro volto a rafforzare i propri standard e prevenire l’applicazione di misure sproporzionate alle organizzazioni senza scopo di lucro.
- Rete globale : quest’anno il GAFI ha dato priorità al rafforzamento dei partenariati con i suoi partner regionali, gli organismi regionali stile GAFI."
19.02.2024
Con la sentenza n. 3883 del 12.02.2024 la Corte di Cassazione, civ., si è pronunciata relativamente al rapporto tra le disposizioni del Codice disciplinare di cui al C.C.N.L. e il “Sistema Disciplinare” inserito nel Modello di organizzazione, gestione e controllo adottato da una società ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
I giudici di appello, trascritte le disposizioni rilevanti del codice disciplinare di cui all’art. 36 del C.C.N.L. di Autostrade e Trafori (che sanziona con il licenziamento la “mancata applicazione volontaria delle disposizioni impartite dall’Azienda al fine di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda stessa”) e del “Sistema disciplinare” inserito nel “Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del d.lgs. 231 del 2001” adottato da Autostrade il 9 giugno 2016, hanno ritenuto che l’esercizio del potere disciplinare trovasse nel contratto collettivo la fonte primaria e nel Modello di Organizzazione la fonte secondaria.
Nella specie, il Modello 231 di Autostrade e Trafori attribuiva rilievo disciplinare alle condotte poste in essere in violazione del Modello medesimo, individuando ai fini sanzionatori un ordine crescente di gravità per i profili oggettivi che contempla:
“1. Violazioni del Modello che non hanno comportato esposizione a rischio o hanno comportato modesta esposizione a rischio;
2. Violazioni del Modello che hanno comportato una apprezzabile o significativa esposizione a rischio;
3. Violazioni del Modello che hanno integrato un fatto penalmente rilevante”.
In particolare, in ordine "ai rapporti tra il codice disciplinare del contratto collettivo e il sistema disciplinare come parte integrante del Modello di organizzazione, gestione e controllo introdotto dal d.lgs. 231 del 2001", la Corte Suprema ha precisato quanto segue:
Con la sentenza n. 3883 del 12.02.2024 la Corte di Cassazione, civ., si è pronunciata relativamente al rapporto tra le disposizioni del Codice disciplinare di cui al C.C.N.L. e il “Sistema Disciplinare” inserito nel Modello di organizzazione, gestione e controllo adottato da una società ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
I giudici di appello, trascritte le disposizioni rilevanti del codice disciplinare di cui all’art. 36 del C.C.N.L. di Autostrade e Trafori (che sanziona con il licenziamento la “mancata applicazione volontaria delle disposizioni impartite dall’Azienda al fine di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda stessa”) e del “Sistema disciplinare” inserito nel “Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del d.lgs. 231 del 2001” adottato da Autostrade il 9 giugno 2016, hanno ritenuto che l’esercizio del potere disciplinare trovasse nel contratto collettivo la fonte primaria e nel Modello di Organizzazione la fonte secondaria.
Nella specie, il Modello 231 di Autostrade e Trafori attribuiva rilievo disciplinare alle condotte poste in essere in violazione del Modello medesimo, individuando ai fini sanzionatori un ordine crescente di gravità per i profili oggettivi che contempla:
“1. Violazioni del Modello che non hanno comportato esposizione a rischio o hanno comportato modesta esposizione a rischio;
2. Violazioni del Modello che hanno comportato una apprezzabile o significativa esposizione a rischio;
3. Violazioni del Modello che hanno integrato un fatto penalmente rilevante”.
In particolare, in ordine "ai rapporti tra il codice disciplinare del contratto collettivo e il sistema disciplinare come parte integrante del Modello di organizzazione, gestione e controllo introdotto dal d.lgs. 231 del 2001", la Corte Suprema ha precisato quanto segue:
- "14. Tale decreto legislativo ha introdotto nel nostro ordinamento un sistema sanzionatorio che contempla forme di responsabilità amministrativa degli enti per i reati commessi nel loro interesse o a loro vantaggio (art. 5) da soggetti in posizione apicale o da persone sottoposte alla altrui direzione o vigilanza.La responsabilità dell’ente è esclusa, tra l’altro, ove risultino adottati ed efficacemente attuati Modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi (art. 6, primo comma, lett. a). L’efficace adozione del Modello, e quindi la sua idoneità ad impedire la responsabilità dell’ente, è correlata alla introduzione di un sistema disciplinare volto a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel Modello medesimo (art. 6, secondo comma, lett. e), quindi, a garantire serietà ed effettività al sistema aziendale di prevenzione dei reati.
15. Per quanto concerne i lavoratori subordinati, il sistema disciplinare per la violazione delle misure e delle procedure previste dal Modello deve essere armonizzato e coordinato con le disposizioni normative e contrattuali che regolano l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro, a cominciare dal principio di predeterminazione delle infrazioni e delle sanzioni, enunciato dall’art. 7 St. Lav., con il connesso onere di adeguata pubblicità preventiva delle condotte punibili, dal rispetto delle garanzie procedimentali e del canone di proporzionalità.
16. Nel caso in esame, il Modello adottato da Autostrade ai sensi del d.lgs. 231 del 2001 (del 9.6.2016, ratione temporis applicabile) prevede, nell’ambito del Sistema disciplinare, le condotte rilevanti distinguendo al § 9.1. “1) violazioni del Modello che non hanno comportato esposizione a rischio o hanno comportato modesta esposizione a rischio; 2) violazioni del Modello che hanno comportato un’apprezzabile o significativa esposizione a rischio; 3) violazioni del Modello che hanno integrato un fatto penalmente rilevante”. Al § 9.3., dedicato alle “sanzioni nei confronti dei dipendenti”, stabilisce:
“…stante il disposto del paragrafo 9.1 e ferme restando le previsioni di cui al CCNL e al relativo Codice Disciplinare: 1) per le violazioni di cui ai numeri 1 e 2 della sezione 9.1, potranno essere comminati i provvedimenti disciplinari conservativi (richiamo verbale, ammonizione scritta; multe e sospensioni13); 2) per le violazioni di cui al numero 3 della sezione 9.1, potranno essere comminati i provvedimenti disciplinari risolutivi (licenziamento per mancanze con preavviso e senza preavviso)”.
17. In stretto coordinamento con tali previsioni contenute nel Sistema disciplinare del Modello, il codice disciplinare del contratto collettivo contempla le “violazioni del Modello di organizzazione, gestione e controllo (d.lgs. 231/2001) che hanno comportato una esposizione a rischio”, punibili con la sanzione conservativa della sospensione (art. 36 n. 8) e “le violazioni significative del Modello di organizzazione, gestione e controllo (d.lgs. 231/2001) che hanno anche integrato un’ipotesi penalmente rilevante”, punibili con il licenziamento senza preavviso (art. 36, lett. i).
18. Nel caso di specie, la contestazione mossa al lavoratore non ha ad oggetto condotte integranti o, comunque, connesse a violazioni del Modello di organizzazione, come tali legate alla specifica mappatura dei rischi di reato e alle contromisure predisposte in base al d.lgs. 231 del 2001, non essendo sufficiente, a tal fine, la generica contestazione al dipendente di avere “creato disagi all’utenza e minato la sicurezza della circolazione”. L’addebito concerne unicamente la violazione degli obblighi imposti al dipendente dalle norme del codice civile, del contratto collettivo e del codice etico per avere agito “contravvenendo ai doveri lavorativi e in violazione dei principi di correttezza, lealtà e buona fede” (lettera di contestazione trascritta a pag. 4 della sentenza d’appello).
19. Appaiono perciò infondati gli argomenti spesi da parte ricorrente e volti a sostenere la riconducibilità della condotta posta in essere alle citate previsioni del contratto collettivo formulate esclusivamente in termini di violazione del Modello di organizzazione.
20. Né tale conclusione può dirsi inficiata dal rilievo che il Sistema disciplinare contenuto nel Modello di organizzazione al § 9.3., nota n. 4, nell’elencare, a titolo meramente esemplificativo, alcune condotte rilevanti di violazione del Modello ascrivibili al dipendente faccia riferimento al lavoratore che “non applichi volontariamente le disposizioni impartite dall’Azienda, al fine di trarre vantaggio per sé o per l’Azienda stessa”, usando una formula analoga a quella dell’art. 36, lett. i) del c.c.n.l., attesa la diversa portata e finalità delle due previsioni, benché sovrapponibili dal punto di vista letterale.
Infatti, nell’ambito del sistema delineato dal d.lgs. 231 del 2001, quella previsione è volta a descrivere, attraverso un esempio, la “adozione, nell’espletamento delle attività a rischio, di un comportamento non conforme alle prescrizioni del Modello o violazione dei principi dello stesso” (v. § 9.3., nota n. 4) mentre nell’ambito del c.c.n.l. quella fattispecie comprende tutte le condotte non rientranti o non collegate alla prevenzione dei reati cui è finalizzato il Modello medesimo."
13.02.2024
Il c.d. "DDL Nordio" - che prevede l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio e modifiche al regime delle intercettazioni - è stato approvato dal Senato; il provvedimento passa, ora, all'esame della Camera dei Deputati.
Il c.d. "DDL Nordio" - che prevede l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio e modifiche al regime delle intercettazioni - è stato approvato dal Senato; il provvedimento passa, ora, all'esame della Camera dei Deputati.
10.02.2024
Con la sentenza 26 gennaio 2024 n. 3211, la Corte di Cassazione ha precisato che, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 231/2001, la società può essere chiamata a rispondere anche per i reati commessi dai componenti formali del collegio sindacale qualora questi ultimi svolgano anche il ruolo di amministratore di fatto dell’Ente.
La Corte Suprema ha accolto il ricorso relativo alla inosservanza o erronea applicazione del citato articolo 5, ritenendolo fondato in considerazione del fatto che «avrebbe dovuto essere compiuto un accertamento sulla possibilità di considerare gli imputati, in virtù del dettato normativo in commento, "persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso" visto che la responsabilità della Società ricorrente è stata correlata a condotte degli imputati prima che entrassero a far parte della compagine sociale della stessa».
Con la sentenza 26 gennaio 2024 n. 3211, la Corte di Cassazione ha precisato che, ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 231/2001, la società può essere chiamata a rispondere anche per i reati commessi dai componenti formali del collegio sindacale qualora questi ultimi svolgano anche il ruolo di amministratore di fatto dell’Ente.
La Corte Suprema ha accolto il ricorso relativo alla inosservanza o erronea applicazione del citato articolo 5, ritenendolo fondato in considerazione del fatto che «avrebbe dovuto essere compiuto un accertamento sulla possibilità di considerare gli imputati, in virtù del dettato normativo in commento, "persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso" visto che la responsabilità della Società ricorrente è stata correlata a condotte degli imputati prima che entrassero a far parte della compagine sociale della stessa».
31.01.2024
Il 30 gennaio 2024 è stata presentata, a Roma, l'edizione 2023 dell'Indice di Percezione della Corruzione (CPI), di Transparency International.
"L’indice di Percezione della Corruzione (CPI) di Transparency International classifica i Paesi in base al livello di corruzione percepita nel settore pubblico, attraverso l’impiego di 13 strumenti di analisi e di sondaggi rivolti ad esperti provenienti dal mondo del business. Il punteggio finale è determinato in base ad una scala che va da 0 (alto livello di corruzione percepita) a 100 (basso livello di corruzione percepita) - fonte: https://www.transparency.it.
L'Italia si classifica al 42° posto nel mondo (su 180 Paesi), con un punteggio di 56.
Il 30 gennaio 2024 è stata presentata, a Roma, l'edizione 2023 dell'Indice di Percezione della Corruzione (CPI), di Transparency International.
"L’indice di Percezione della Corruzione (CPI) di Transparency International classifica i Paesi in base al livello di corruzione percepita nel settore pubblico, attraverso l’impiego di 13 strumenti di analisi e di sondaggi rivolti ad esperti provenienti dal mondo del business. Il punteggio finale è determinato in base ad una scala che va da 0 (alto livello di corruzione percepita) a 100 (basso livello di corruzione percepita) - fonte: https://www.transparency.it.
L'Italia si classifica al 42° posto nel mondo (su 180 Paesi), con un punteggio di 56.
25.01.2024
Sulla G.U. n. 19 del 24.01.2024 è stata pubblicata la L. 22.01.2024, n. 6 - "Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale. Il citato art. 518-duodecies, c.p., è richiamato nell'art. 25-septiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001.
Sulla G.U. n. 19 del 24.01.2024 è stata pubblicata la L. 22.01.2024, n. 6 - "Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici e modifiche agli articoli 518-duodecies, 635 e 639 del codice penale. Il citato art. 518-duodecies, c.p., è richiamato nell'art. 25-septiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001.
25.01.2024
Banca d'Italia ha pubblicato una nota di chiarimenti relativamente all'applicazione delle novità del Provvedimento del 1° agosto 2023 di recepimento degli Orientamenti EBA su politiche e procedure relative alla gestione della conformità e al ruolo e alle responsabilità del responsabile antiriciclaggio.
Banca d'Italia ha pubblicato una nota di chiarimenti relativamente all'applicazione delle novità del Provvedimento del 1° agosto 2023 di recepimento degli Orientamenti EBA su politiche e procedure relative alla gestione della conformità e al ruolo e alle responsabilità del responsabile antiriciclaggio.
25.01.2024
Con decreto del 15.01.2024, il Tribunale di Milano, sezione autonoma misure di prevenzione, ha fornito precisazioni in ordine alle fattispecie che possono dar luogo alla misura dell'amministrazione giudiziaria (tra queste, la carente vigilanza sui fornitori e su eventuali sub-appaltatori - v. anche oltre).
In particolare, il Tribunale ha attribuito alla società profili di colpa per:
In merito alla formulazione dell’art. 34, Codice Antimafia, il Tribunale cha affermato che la norma consente "un intervento nella gestione societaria non implicante necessariamente l’impossessamento totale dell’attività di impresa e l’assunzione integrale dei poteri di gestione, prevedendosi la facoltà (e non l’obbligo) per l’amministratore giudiziario di esercitare i poteri spettanti agli organi di amministrazione e altri organi sociali secondo le modalità stabilite del Tribunale“.
La dizione letterale della norma – sempre secondo il Tribunale – “demanda al Tribunale la valutazione in ordine alle concrete modalità di intervento, in esito ad una valutazione ponderata del grado di infiltrazione delittuosa e del settore societario contaminato in rapporto alle dimensioni della società e della necessità di salvaguardare la continuità aziendale ed i livelli occupazionali“. Pertanto, “procedendosi nei confronti di un’impresa pienamente operativa, rappresentativa del cd “Made in Italy” tanto apprezzato all’estero ed avente rilevanti dimensioni, in applicazione del principio di proporzionalità, si può modulare la misura in modo sì da assicurare il controllo da parte del Tribunale sugli organi gestori – per esempio per sostituire i componenti della governance e degli organi di controllo e per adeguare i presidi di controllo interno – ma lasciando il normale esercizio di impresa in capo agli organi di amministrazione societaria“.
Relativamente alle fattispecie che possono dar luogo all'applicazione della misura di prevenzione in discorso (amministrazione giudiziaria, ex art. 34, D.Lgs. n. 154/2011), si precisa che la stessa - tra l'altro - può essere applicata ove si ravvisino sussistenti "sufficienti indizi" per ritenere che l'esercizio di "determinate attività economiche, comprese quelle di carattere imprenditoriale ... (omissis) ... possa comunque agevolare l'attività di ... (omissis) ... persone sottoposte a procedimento penale per taluno" dei delitti seguenti (i reati che costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 sono evidenziati in grassetto e con sottolineatura):
Con decreto del 15.01.2024, il Tribunale di Milano, sezione autonoma misure di prevenzione, ha fornito precisazioni in ordine alle fattispecie che possono dar luogo alla misura dell'amministrazione giudiziaria (tra queste, la carente vigilanza sui fornitori e su eventuali sub-appaltatori - v. anche oltre).
In particolare, il Tribunale ha attribuito alla società profili di colpa per:
- non aver “mai verificato la reale capacità imprenditoriale delle società appaltatrici alle quali affidare la produzione (verificando esclusivamente l’iscrizione alla Camera di Commercio) e nel non aver mai effettuato ispezioni o audit per appurare in concreto le reali condizioni lavorative e gli ambienti di lavoro (chiedere il codice di condotta del fornitore in assenza di un efficace sistema di verifica e controllo rimane pura forma)“.
- “non ha mai effettivamente controllato la catena produttiva, verificando la reale capacità imprenditoriale delle società con le quali stipulare i contratti di fornitura e le concrete modalità di produzione dalle stesse adottate, ed è rimasta inerte, pur venendo a conoscenza dell’esternalizzazione della produzione da parte delle società fornitrici, omettendo di assumere iniziative come la richiesta formale di verifica della filiera dei sub-appalti, di autorizzazione alla concessione dei sub appalti o la rescissione dei legami commerciali, con ciò realizzandosi – quantomeno sul piano di rimprovero colposo determinato dall’inerzia della società – quella condotta agevolatrice richiesta dalla fattispecie ex art. 34 D.Lvo 159/2011 per l’applicazione della misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria“.
In merito alla formulazione dell’art. 34, Codice Antimafia, il Tribunale cha affermato che la norma consente "un intervento nella gestione societaria non implicante necessariamente l’impossessamento totale dell’attività di impresa e l’assunzione integrale dei poteri di gestione, prevedendosi la facoltà (e non l’obbligo) per l’amministratore giudiziario di esercitare i poteri spettanti agli organi di amministrazione e altri organi sociali secondo le modalità stabilite del Tribunale“.
La dizione letterale della norma – sempre secondo il Tribunale – “demanda al Tribunale la valutazione in ordine alle concrete modalità di intervento, in esito ad una valutazione ponderata del grado di infiltrazione delittuosa e del settore societario contaminato in rapporto alle dimensioni della società e della necessità di salvaguardare la continuità aziendale ed i livelli occupazionali“. Pertanto, “procedendosi nei confronti di un’impresa pienamente operativa, rappresentativa del cd “Made in Italy” tanto apprezzato all’estero ed avente rilevanti dimensioni, in applicazione del principio di proporzionalità, si può modulare la misura in modo sì da assicurare il controllo da parte del Tribunale sugli organi gestori – per esempio per sostituire i componenti della governance e degli organi di controllo e per adeguare i presidi di controllo interno – ma lasciando il normale esercizio di impresa in capo agli organi di amministrazione societaria“.
Relativamente alle fattispecie che possono dar luogo all'applicazione della misura di prevenzione in discorso (amministrazione giudiziaria, ex art. 34, D.Lgs. n. 154/2011), si precisa che la stessa - tra l'altro - può essere applicata ove si ravvisino sussistenti "sufficienti indizi" per ritenere che l'esercizio di "determinate attività economiche, comprese quelle di carattere imprenditoriale ... (omissis) ... possa comunque agevolare l'attività di ... (omissis) ... persone sottoposte a procedimento penale per taluno" dei delitti seguenti (i reati che costituiscono presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 sono evidenziati in grassetto e con sottolineatura):
- reati di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p. (tra cui alcuni reati-presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001: art. 416, commi 6 e 7, c.p., ecc.);
- art. 416-bis, c.p. (Associazioni di tipo mafioso anche straniere);
- art. 12-quinquies, comma 1, D.L. n. 306/1992, convertito in L. n. 07.08.1992, n. 356;
- art. 418, c.p. (Assistenza agli associati);
- art. 640-bis, c.p. (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche);
- art. 416-bis, c.p. (Associazioni di tipo mafioso anche straniere), finalizzato a reati di corruzioni e altri delitti nei rapporti con la Pubblica Amministrazione;
- art. 603-bis, c.p. (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro);
- art. 629, c.p. (Estorsione);
- art. 644, c.p. (Usura);
- art. 648-bis, c.p. (Riciclaggio);
- art. 648-ter, c.p. (Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita).
20.01.2024
Con la sentenza n. 2314 del 18.01.2024, la Corte di Cassazione ha fornito precisazioni in relazione al reato di abuso d’ufficio previsto dall'art. 323, c.p., alla luce delle modifiche recate dalla L. n. 120/2020.
In particolare, la Corte Suprema ha precisato quanto segue:
Con la sentenza n. 2314 del 18.01.2024, la Corte di Cassazione ha fornito precisazioni in relazione al reato di abuso d’ufficio previsto dall'art. 323, c.p., alla luce delle modifiche recate dalla L. n. 120/2020.
In particolare, la Corte Suprema ha precisato quanto segue:
- la violazione delle norme regolamentari (nella specie: DPR n. 483/1997, recante il regolamento sullo svolgimento dei concorsi pubblici per l’accesso alla dirigenza sanitaria) non costituisce reato, in quanto, nel caso esaminato, la norma primaria (art. 15, comma 7, D.Lgs. n. 502/1992) che rinvia al citato Decreto attribuisce a quest’ultimo tutte le specifiche dettagliate per lo svolgimento delle prove d’esame. Pertanto, la norma primaria opera un rinvio in bianco alle norme di secondo livello, la cui violazione non costituisce "abuso d’ufficio";
- la violazione della norma secondaria può integrare il richiamato reato qualora la norma primaria (avente valore di legge) è specificamente dettagliata e la norma secondaria (es.: regolamento) reca semplicemente, a completamento della disposizione legislativa, una specifica tecnica.
07.01.2024
Con la sentenza n. 51455 del 28.12.2023, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sul tema del Modello ex D.Lgs. n. 23172001 con riferimento a reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
In particolare, la Corte Suprema:
Con la sentenza n. 51455 del 28.12.2023, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta sul tema del Modello ex D.Lgs. n. 23172001 con riferimento a reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
In particolare, la Corte Suprema:
- soffermandosi sulla distinzione tra il "modello organizzativo sicurezza" (di cui all’art. 30, D.Lgs. n. 81/2008) oltre che all’art. 6, D.Lgs. n. 231/2001, e il documento di valutazione dei rischi (di cui agli artt. 17 e 28, D.Lgs. n. 81/2008), ha chiarito che mentre il primo costituisce un sistema aziendale preordinato al corretto adempimento delle attività di valutazione del rischio, dotato di un organismo deputato alla vigilanza e di un sistema disciplinare, il secondo, invece, riguarda la sola valutazione dei rischi implicati nelle attività lavorative, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione nell’ambito dell’organizzazione;
- ha ribadito che la mera violazione degli obblighi prevenzionistici da parte del datore di lavoro non può fondare ex se la responsabilità da reato dell’ente, essendo i due piani distinti e autonomi tra loro.
- hanno rimproverato al Datore di lavoro, di non aver "delegato ad alcuno le funzioni di addetto alla materia antinfortunistica e responsabile della sicurezza dei luoghi di lavoro", di non aver curato l'organizzazione del lavoro dei suoi dipendenti, di aver omesso "ogni controllo per il rispetto delle norme di sicurezza a tutela dell'incolumità dei propri dipendenti";
- hanno ritenuto l'ente responsabile dell'illecito di cui all'art. 25-septies, D.Lgs. n. 231/2001 perché, “pur avendo adottato i documenti previsti per la prevenzione dei rischi ed indicato i soggetti responsabili della loro attuazione, in concreto si era dato una struttura gestionale ed organizzativa inadeguata rispetto agli obiettivi previsti da quei documenti”.
- “Come è noto, la responsabilità da reato delle persone giuridiche fonda sulla colpa di organizzazione. A tal proposito, il S.C. ha precisato che la colpa di organizzazione deve intendersi in senso normativo ed è fondata sul rimprovero derivante dall'inottemperanza da parte dell'ente dell'obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo, dovendo tali accorgimenti essere consacrati in un documento che individua i rischi e delinea le misure atte a contrastarli (cfr. S.U. n. 38343 del 24/04/22014, Espenhahn e altri, Rv. 261113; similmente Sez. 4, n. 29538 del 28/5/2019, Calcinoni e altri, Rv.276596)”;
- “Questa Corte condivide la ricostruzione che vuole l'illecito dell'ente essere costituito da una fattispecie complessa, della quale il reato presupposto è uno degli elementi essenziali (ex multis, Sez. 6, n. 2251 del 5.10.2010, Fenu, Rv. 248791, in motivazione; Sez. 6, n. 28299 del 10/11/2015, dep. 2016, Bonomelli e altri, Rv. 267048, in motivazione; Sez. 6, n. 49056 del 25/07/2017, P.G. e altro in proc. Brambilla e altri, Rv. 271564, in motivazione; Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo e altri, Rv. 281997, in motivazione); e ciò che fa di esso un illecito proprio dell'ente, nel senso più rigoroso imposto dall'art. 27 Cost., è l'ulteriore elemento essenziale rappresentato dalla colpa di organizzazione (in tal senso anche Sez. 6,n. 23401 del 11/11/2021, dep. 2022, Impregilo, Rv. 283437, in motivazione, per la quale "il fondamento della responsabilità dell'ente è costituito dalla "colpa di organizzazione", essendotale deficit organizzativo quello che consente la piana ed agevole imputazione all'entedell'illecito penale");
- “Del pari, questa Corte vuol ribadire che la colpa di organizzazione e l'assimilazione della stessa alla colpa, intesa quale violazione di regole cautelari, implica che la mancata adozione e l'inefficace attuazione degli specifici modelli di organizzazione e di gestione prefigurati dal legislatore rispettivamente agli artt. 6 e 7 del decreto e al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 30, non è un elemento costitutivo della tipicità dell'illecito dell'ente ma una circostanza atta ex lege a dimostrare che sussiste la colpa di organizzazione (alla medesima necessità si ispira l'evocazione della redazione di un documento, fatta dalle Sezioni Unite) (in tal senso anche la già citata Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021). Dovendosi ribadire che il verificarsi del reato non implica ex se l'inidoneità o l'inefficace attuazione del modello organizzativo che sia stato adottato dall'ente”;
- “il modello organizzativo non coincide con il sistema di gestione della sicurezza del lavoro incentrato sul documento di valutazione dei rischi di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, artt. 17,18,28 e 29. Mentre questo individua i rischi implicati dalle attività lavorative e determina le misure atte a eliminarli o ridurli, il modello di organizzazione previsto dal decreto 231 è strumento di governo del rischio di commissione di reati da parte di taluno dei soggetti previsti dall'art. 5 del decreto. Con specifico riguardo alla materia che qui occupa, il modello - nella specificazione di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 30 - non si riduce al DVR (o al POS) ma configura un sistema aziendale preordinato (tra l'altro) al corretto adempimento delle attività di valutazione del rischio (art. 30, comma 1 lett. b). Detto altrimenti, esso delinea l'infrastruttura che permette il corretto assolvimento dei doveri prevenzionistici, discendenti dalla normativa di settore e dalla stessa valutazione dei rischi”.
30.12.2023
Sulla G.U. n. 300 del 27/12/2023 è stata pubblicata la L. 27.12.2023, n. 206 - "Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy". Tale provvedimento ha, tra l'altro, ampliato l'ambito di applicazione del reato di cui all'art. 517, c.p. ("Vendita di prodotti industriali con segni mendaci"), inserito nell'art. 25-bis.1, D.Lgs. n. 231/2001. La L. 27.12.2023, n. 206 ha previsto, poi, che possano essere svolte operazioni sotto copertura anche in ordine al reato di cui all'art. 517-quater, c.p.
Sulla G.U. n. 300 del 27/12/2023 è stata pubblicata la L. 27.12.2023, n. 206 - "Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy". Tale provvedimento ha, tra l'altro, ampliato l'ambito di applicazione del reato di cui all'art. 517, c.p. ("Vendita di prodotti industriali con segni mendaci"), inserito nell'art. 25-bis.1, D.Lgs. n. 231/2001. La L. 27.12.2023, n. 206 ha previsto, poi, che possano essere svolte operazioni sotto copertura anche in ordine al reato di cui all'art. 517-quater, c.p.
28.12.2023
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato un “Manuale informativo per la prevenzione”, dal titolo “Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” Il documento intende contribuire alla promozione delle azioni e dei programmi per l’elaborazione e lo sviluppo di una “cultura” della sicurezza in tutti i luoghi – di vita, studio e lavoro –, attraverso iniziative di sensibilizzazione, responsabilizzazione e promozione della prevenzione, finalizzate alla riduzione sistematica degli eventi infortunistici.
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato un “Manuale informativo per la prevenzione”, dal titolo “Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” Il documento intende contribuire alla promozione delle azioni e dei programmi per l’elaborazione e lo sviluppo di una “cultura” della sicurezza in tutti i luoghi – di vita, studio e lavoro –, attraverso iniziative di sensibilizzazione, responsabilizzazione e promozione della prevenzione, finalizzate alla riduzione sistematica degli eventi infortunistici.
30.10.2023
Confindustria ha pubblicato l'attesa <<Guida operativa per gli enti privati>> relativa alla <<nuova disciplina "whistleblowing">>.
Il documento fornisce agli enti privati una serie di indicazioni e misure operative atte ad assicurare la compliance alla nuova disciplina in materia di whistleblowing introdotta dal D.Lgs. n. 24/2023.
Tra gli aspetti che possono considerarsi, su un piano "operativo", maggiormente interessanti, si citano:
Confindustria ha pubblicato l'attesa <<Guida operativa per gli enti privati>> relativa alla <<nuova disciplina "whistleblowing">>.
Il documento fornisce agli enti privati una serie di indicazioni e misure operative atte ad assicurare la compliance alla nuova disciplina in materia di whistleblowing introdotta dal D.Lgs. n. 24/2023.
Tra gli aspetti che possono considerarsi, su un piano "operativo", maggiormente interessanti, si citano:
- le modalità di adozione e implementazione degli <<strumenti concreti attraverso cui attivare il canale di segnalazione interno>> (in forma scritta - analogica e/o informatica - v. par. 3.1 della "Guida");
- l'atto organizzativo (dell'ente) relativo alla definizione delle <<procedure per il ricevimento delle segnalazioni e per la loro gestione (par. 3.2 della "Guida");
- le modalità di <<Gestione della segnalazione>> (v. par. 4 della "Guida");
- i <<canali di segnalazione in condivisione e all'interno dei Gruppi (v. par. 5 della "Guida");
- la <<tutela del segnalante e dei soggetti a esso assimilati>> (v. par. 6 della "Guida");
- il <<trattamento dei dati personali>> (v. par. 7 della "Guida");
- la <<disciplina whistleblowing e modello 231>> (v. par. 9 della "Guida");
- le <<attività di formazione e informazione>> (v., par. 10 della "Guida").
14.10.2023
Sulla G.U. n. 236 del 09/10/2023 è stata pubblicata la L. 09.10.2023, n. 137 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione", che ha integrato il catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. In particolare, tale Legge (entrata in vigore il 14/10/2023): (i) ha modificato gli artt. 24 e 25-octies.1 del Decreto n. 231 del 2001; (ii) ha inserito in detto catalogo i reati di: - turbata libertà degli incanti (art. 353, c.p.); - turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis, c.p.); - trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis, c.p.).
Sulla G.U. n. 236 del 09/10/2023 è stata pubblicata la L. 09.10.2023, n. 137 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione", che ha integrato il catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. In particolare, tale Legge (entrata in vigore il 14/10/2023): (i) ha modificato gli artt. 24 e 25-octies.1 del Decreto n. 231 del 2001; (ii) ha inserito in detto catalogo i reati di: - turbata libertà degli incanti (art. 353, c.p.); - turbata libertà del procedimento di scelta del contraente (art. 353-bis, c.p.); - trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis, c.p.).
11.08.2023
La L. 10 agosto 2023, n. 103 (in G.U. 10/08/2023, n.186), art. 1, comma 1 (conversione, con modificazioni, del D.L. 13 giugno 2023, n. 69, in G.U. 13/06/2023, n. 136) ha modificato l'art. 19, D.Lgs. n. 231/2001, inserendo il comma 2-bis:
La L. 10 agosto 2023, n. 103 (in G.U. 10/08/2023, n.186), art. 1, comma 1 (conversione, con modificazioni, del D.L. 13 giugno 2023, n. 69, in G.U. 13/06/2023, n. 136) ha modificato l'art. 19, D.Lgs. n. 231/2001, inserendo il comma 2-bis:
- <<2-bis. Quando la confisca abbia ad oggetto stabilimenti industriali o parti di essi che siano stati dichiarati di interesse strategico nazionale ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, ovvero impianti o infrastrutture necessari ad assicurarne la continuità produttiva, si applica l'articolo 104-bis, commi 1-septies, 1-octies, 1-novies e 1-decies, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
30.07.2023
Con la sentenza n. 170 del 27.07.2023, la Corte costituzionale ha precisato che E-mail e messaggi Whatsapp (conservati in dispositivi elettronici appartenenti a terzi )sono riconducibili alla nozione di "corrispondenza", <<costituzionalmente rilevante e la cui tutela non si esaurisce (come aveva invece sostenuto la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze) con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, ma perdura fin tanto che esso conservi carattere di attualità e interesse per gli interlocutori>>. Tale pronuncia può essere considerata rilevante anche ai fini della individuazione della condotta del reato di distruzione od occultamento di scritture contabili, di cui all'art. 10, D.Lgs. n. 74/2000 (reato presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001).
Con la sentenza n. 170 del 27.07.2023, la Corte costituzionale ha precisato che E-mail e messaggi Whatsapp (conservati in dispositivi elettronici appartenenti a terzi )sono riconducibili alla nozione di "corrispondenza", <<costituzionalmente rilevante e la cui tutela non si esaurisce (come aveva invece sostenuto la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze) con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, ma perdura fin tanto che esso conservi carattere di attualità e interesse per gli interlocutori>>. Tale pronuncia può essere considerata rilevante anche ai fini della individuazione della condotta del reato di distruzione od occultamento di scritture contabili, di cui all'art. 10, D.Lgs. n. 74/2000 (reato presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001).
25.07.2023
Sulla G.U. n. 171 del 24/07/2023 è stata pubblicata la L. 14/07/2023, n. 93, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d'autore mediante le reti di comunicazione elettronica". Tale provvedimento ha, tra l'altro, ampliato il catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. In particolare, il provvedimento ha modificato l'art. 171-ter della L. n. 633/1941 (richiamato nell'art. 25-novies del Decreto n. 231 del 2001), inserendo la seguente lettera h-bis): "abusivamente, anche con le modalità indicate al comma 1 dell'articolo 85-bis del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, esegue la fissazione su supporto digitale, audio, video o audiovideo, in tutto o in parte, di un'opera cinematografica, audiovisiva o editoriale ovvero effettua la riproduzione, l'esecuzione o la comunicazione al pubblico della fissazione abusivamente eseguita". Tale nuova fattispecie criminosa punisce, quindi, l'upload di opere protette.
Sulla G.U. n. 171 del 24/07/2023 è stata pubblicata la L. 14/07/2023, n. 93, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della diffusione illecita di contenuti tutelati dal diritto d'autore mediante le reti di comunicazione elettronica". Tale provvedimento ha, tra l'altro, ampliato il catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. In particolare, il provvedimento ha modificato l'art. 171-ter della L. n. 633/1941 (richiamato nell'art. 25-novies del Decreto n. 231 del 2001), inserendo la seguente lettera h-bis): "abusivamente, anche con le modalità indicate al comma 1 dell'articolo 85-bis del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, esegue la fissazione su supporto digitale, audio, video o audiovideo, in tutto o in parte, di un'opera cinematografica, audiovisiva o editoriale ovvero effettua la riproduzione, l'esecuzione o la comunicazione al pubblico della fissazione abusivamente eseguita". Tale nuova fattispecie criminosa punisce, quindi, l'upload di opere protette.
23.07.2023
Con la sentenza n. 31017 del 18.07.2023, la Corte di Cassazione, Sez. III pen., ha affermato il principio per cui i membri del Consiglio di amministrazione che non hanno sottoscritto la dichiarazione (nella specie, fraudolenta con false fatture) rispondono in concorso del reato fiscale dichiarativo di cui al D.Lgs. n. 74/2000 solo ove avessero avuto conoscenza dell'illecito e non si fossero adoperati per impedire l'illecito o la presentazione della dichiarazione fraudolenta. Tale posizione è analoga a quella assunta dai giudici di legittimità con riferimento al reato di bancarotta. Per i reati tributari presupposto della responsabilità amministrativa dell'ente derivante da reato si rinvia all'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001.
Con la sentenza n. 31017 del 18.07.2023, la Corte di Cassazione, Sez. III pen., ha affermato il principio per cui i membri del Consiglio di amministrazione che non hanno sottoscritto la dichiarazione (nella specie, fraudolenta con false fatture) rispondono in concorso del reato fiscale dichiarativo di cui al D.Lgs. n. 74/2000 solo ove avessero avuto conoscenza dell'illecito e non si fossero adoperati per impedire l'illecito o la presentazione della dichiarazione fraudolenta. Tale posizione è analoga a quella assunta dai giudici di legittimità con riferimento al reato di bancarotta. Per i reati tributari presupposto della responsabilità amministrativa dell'ente derivante da reato si rinvia all'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001.
13.07.2023
Nel mese di luglio 2023 la Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato, sul proprio sito web, due "Documenti di ricerca" riferiti agli "Assetto organizzativi, amministrativi e contabili (approfondisci).
Nel mese di luglio 2023 la Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato, sul proprio sito web, due "Documenti di ricerca" riferiti agli "Assetto organizzativi, amministrativi e contabili (approfondisci).
13.07.2023
Con la delibera n. 311 del 12.07.2023, l'A.N.AC. ha emanato le "Linee guida in materia di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali. Procedure per la presentazione e gestione delle segnalazioni esterne"; il provvedimento rileva anche ai fini delle procedure di segnalazioni di violazioni del Modello ex D.Lgs. n. 231/2001. Tale provvedimento precisa - con specifico riferimento al D.Lgs. n. 231/2001 - che nella categoria delle "Violazioni delle disposizioni normative nazionali" rientrano:
Con la delibera n. 311 del 12.07.2023, l'A.N.AC. ha emanato le "Linee guida in materia di protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali. Procedure per la presentazione e gestione delle segnalazioni esterne"; il provvedimento rileva anche ai fini delle procedure di segnalazioni di violazioni del Modello ex D.Lgs. n. 231/2001. Tale provvedimento precisa - con specifico riferimento al D.Lgs. n. 231/2001 - che nella categoria delle "Violazioni delle disposizioni normative nazionali" rientrano:
- "i reati presupposto per l'applicazione del d.lgs. n. 231/2001;
- le violazioni dei modelli di organizzazione e gestione previsti nel citato d.lgs. n. 231/2001, anch'esse non riconducibili alle violazioni del diritto dell'UE come sotto definite. Si precisa che tali violazioni non integrano fattispecie di reato presupposto per l'applicazione del d.lgs. n. 231/2001 e attengono ad aspetti organizzativi dell'ente che li adotta".
10.07.2023
Il 6 luglio 2023 il Garante per la privacy ha presentato la propria relazione annuale relativa al 2022. Nel documento sono affrontati alcuni temi rilevanti anche ai fini del D.Lgs. n. 231/2001. Tra questi, si richiamano i seguenti:
Il 6 luglio 2023 il Garante per la privacy ha presentato la propria relazione annuale relativa al 2022. Nel documento sono affrontati alcuni temi rilevanti anche ai fini del D.Lgs. n. 231/2001. Tra questi, si richiamano i seguenti:
- antiriciclaggio (par. 4.1.3);
- accesso all'account di posta elettronica (par. 12.1);
- trattamento di dati mediante dispositivi tecnologici nel rapporto di lavoro privato (par. 13.1);
- videosorveglianza nel settore privato (par. 13.6);
- trattamento di dati nell'ambito delle procedure di acquisizione e gestione delle segnalazioni di illeciti (cd. whistleblowing) (par. 13.8);
- il trasferimento dei dati personali all'estero (par. 18).
27.06.2023
L'INAIL ha pubblicato sul proprio sito web le “Linee di Indirizzo per il Monitoraggio e la Commissione dei Reati Relativi a Salute e Sicurezza sul Lavoro di cui al 25 Septies del d.lgs. 231/01”. Il documento - frutto dell’accordo di collaborazione stipulato con l’Istituto di studi sulla responsabilità amministrativa degli enti (Istituto ISR), l’ente di ricerca e sviluppo fondato nel 2005, nonché Partner di Capitalimprese - intende <<fornire alle imprese un supporto operativo funzionale per il monitoraggio dei requisiti del sistema di gestione aziendale in modo da avere efficacia esimente delle responsabilità amministrative degli Enti ai sensi dell’art 25 septies del d.lgs. 23/2001>>.
L'INAIL ha pubblicato sul proprio sito web le “Linee di Indirizzo per il Monitoraggio e la Commissione dei Reati Relativi a Salute e Sicurezza sul Lavoro di cui al 25 Septies del d.lgs. 231/01”. Il documento - frutto dell’accordo di collaborazione stipulato con l’Istituto di studi sulla responsabilità amministrativa degli enti (Istituto ISR), l’ente di ricerca e sviluppo fondato nel 2005, nonché Partner di Capitalimprese - intende <<fornire alle imprese un supporto operativo funzionale per il monitoraggio dei requisiti del sistema di gestione aziendale in modo da avere efficacia esimente delle responsabilità amministrative degli Enti ai sensi dell’art 25 septies del d.lgs. 23/2001>>.
21.06.2023
Con la sentenza n. 25764 del 14.06.2023 (ud. 18.04.2023) la VI Sezione pen. della Corte di Cassazione ha ribadito l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dello speciale regime in tema di prescrizione di cui all'art. 22, D.Lgs. n. 231/2001.
In questa occasione, la Suprema Corte ha osservato, tra l'altro, quanto segue:
Con la sentenza n. 25764 del 14.06.2023 (ud. 18.04.2023) la VI Sezione pen. della Corte di Cassazione ha ribadito l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale dello speciale regime in tema di prescrizione di cui all'art. 22, D.Lgs. n. 231/2001.
In questa occasione, la Suprema Corte ha osservato, tra l'altro, quanto segue:
- <<la responsabilità dell’ente si fonda su un illecito amministrativo e la circostanza che tale illecito venga accertato nel processo penale, spesso unitamente all’accertamento del reato posto in essere dalla persona fisica, non determina alcun mutamento della sua natura: il sistema di responsabilità ex delicto di cui al d.lgs. 231 é stato qualificato come tertium genus (Sez. U, n. 38343 del 18/09/2014, TyssenKrupp s.p.a), sicché non può essere ricondotto integralmente nell’ambito e nelle categorie dell’illecito penale. Pertanto, se i due illeciti hanno natura differente, allora può giustificarsi un regime derogatorio e differenziato con riferimento alla prescrizione>>;
- <<... non può certo affermarsi che la prescrizione, così come disciplinata nell’art. 22 d.lgs. 231 del 2001, sia in contrasto con il principio dell’art. 111, secondo comma, Cost.: in questo caso il legislatore ha, da un lato, introdotto un termine di prescrizione oggettivamente breve, pari a soli cinque anni dalla consumazione dell’illecito, nella dichiarata intenzione di contenere la durata della prescrizione e di non lasciare uno spazio temporale eccessivamente ampio per l’accertamento dell’illecito nel corso delle indagini, anche per favorire le esigenze di certezza di cui necessita l’attività delle imprese, dall’altro, ha previsto un regime degli effetti interruttivi che replica la disciplina civilistica, stabilendo che, una volta contestato l’illecito amministrativo, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.>>
23.05.2023
Negli scorsi giorni, Transparency International Italia ha pubblicato sul proprio sito web un "primo commento" della normativa whistleblowing introdotta dal D.Lgs. n. 24/2023.
Con questo documento, Transparency International Italia intende porre "l’attenzione sugli aspetti più rilevanti e su quelli a cui prestare maggiore cautela".
Tra le modifiche considerate "più rilevanti" sono stati richiamate:
Negli scorsi giorni, Transparency International Italia ha pubblicato sul proprio sito web un "primo commento" della normativa whistleblowing introdotta dal D.Lgs. n. 24/2023.
Con questo documento, Transparency International Italia intende porre "l’attenzione sugli aspetti più rilevanti e su quelli a cui prestare maggiore cautela".
Tra le modifiche considerate "più rilevanti" sono stati richiamate:
- l’ampliamento degli ambiti soggettivi e oggettivi del whistleblowing: più ampio il perimetro dei segnalanti, sia internamente che esternamente nonché attraverso la “divulgazione pubblica”;
- l'ampliamento del "perimetro delle segnalazioni nel settore privato, che era considerato marginalmente dalla legge n.179/2017 e che quindi era limitato agli enti dotati di Modello di Organizzazione Gestione e Controllo ai sensi del decreto legislativo n.231/2001";
- "un significativo aumento dei soggetti che potranno segnalare, dagli ex dipendenti ai collaboratori o tirocinanti";
- l'ampliamento dell'oggetto delle segnalazioni "ad un gran numero di condotte illecite";
- "la centralità del ruolo dell’A.N.AC., che assume le vesti di autorità nazionale per il whistleblowing, con competenza anche nel settore privato";
- "l’attenzione al tema della riservatezza, intesa come principio esteso a tutti i soggetti menzionati nella segnalazione (compresi i testimoni);"
- "il raccordo con la protezione dei dati personali e la più ampia indicazione delle possibili condotte discriminatorie;
- "la previsione della figura del facilitatore, di supporto ai segnalanti, garantita dalle organizzazioni della società civile".
17.05.2023
L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato sul proprio sito web il Provvedimento prot. n. 156803/2023 del 16.05.2023, Agenzia delle Entrate, <<Criteri, modalità e termini per l'analisi del rischio ed il controllo delle nuove Partite IVA, in attuazione delle disposizioni di cui all'art. 35, commi 15-bis.1 e 15-bis.2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotti dalla Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023)>>.
Il servizio telematico "Verifica partita IVA" dell'AdE può essere utile anche ai fini del controllo preventivo sulle terze parti fornitrici.
L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato sul proprio sito web il Provvedimento prot. n. 156803/2023 del 16.05.2023, Agenzia delle Entrate, <<Criteri, modalità e termini per l'analisi del rischio ed il controllo delle nuove Partite IVA, in attuazione delle disposizioni di cui all'art. 35, commi 15-bis.1 e 15-bis.2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introdotti dalla Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023)>>.
Il servizio telematico "Verifica partita IVA" dell'AdE può essere utile anche ai fini del controllo preventivo sulle terze parti fornitrici.
30.04.2023
Con il provvedimento n. 167 del 27.04.2023, il Garante privacy è intervenuto in tema di trattamento dei dati personali relativi a condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza (argomento rilevante anche in relazione ai controlli sulle terze parti implementati - come da prassi ormai consolidata - da parte degli enti che hanno adottato un Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001).
Tale provvedimento è stato emesso a seguito di un reclamo per:
Con il provvedimento n. 167 del 27.04.2023, il Garante privacy è intervenuto in tema di trattamento dei dati personali relativi a condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza (argomento rilevante anche in relazione ai controlli sulle terze parti implementati - come da prassi ormai consolidata - da parte degli enti che hanno adottato un Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001).
Tale provvedimento è stato emesso a seguito di un reclamo per:
- comunicazione orale, da parte di un docente di una Università, a una studentessa di dati personali del reclamante relativa a reati, ovvero l'avvio di un procedimento penale a suo carico;
- comunicazione a terzi di dati personali relativi a reati (nella specie, all'Ispettorato per la Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri nonché ai Rettori delle Università italiane);
- mancato riscontro a un'istanza di esercizio dei diritti dell'interessato, presentata ai sensi degli artt. 15-22 del Regolamento privacy.
- <<Con specifico riguardo al trattamento dei dati relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, si evidenzia che esso può avvenire soltanto sotto il controllo dell'autorità pubblica o se il trattamento è autorizzato dal diritto dell'Unione o degli Stati membri che preveda garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati (art. 10 del Regolamento), ovvero solo qualora il trattamento sia autorizzato da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento (art. 2-octies, commi 1 e 5, del Codice)>>;
- <<Il titolare del trattamento è tenuto, in ogni caso, a rispettare i principi in materia di protezione dei dati, fra i quali quello di “liceità, correttezza e trasparenza” nonché di “minimizzazione dei dati”, in base ai quali i dati personali devono essere “trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato” e devono essere “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati” (art. 5, par. 1, lett. a) e c), del Regolamento).>>
- <<l’informazione relativa alla circostanza che l’interessato fosse indagato e sottoposto a un procedimento penale costituisce, agli effetti dell’art. 10 del Regolamento, un dato personale relativo a reati>>;
- <<con riguardo al contesto lavorativo, numerosi provvedimenti del Garante hanno chiarito che le informazioni ottenute dal certificato penale del casellario giudiziale o da dichiarazioni rilasciate dai lavoratori in merito all’assenza di condanne penali costituiscono comunque dati relativi a condanne penali e reati ai fini della normativa in materia di protezione dei dati>>;
- <<Come anche recentemente ribadito dal Garante (v. provv. 24 marzo 2022, n. 97, doc. web n. 9760883), le informazioni relative a vicende connesse alla commissione di reati o a procedimenti penali, che interessano una persona fisica, costituiscono, pertanto, “dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza” ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 10 del Regolamento, senza che rilevi la circostanza che tali informazioni non contengano riferimenti espressi agli specifici reati commessi o ai procedimenti giudiziari in corso>>;
- l'accusa di aver comunicato dati giudiziari a una studentessa è archiviata per assenza di prove, in quanto <<ricostruita solo in via deduttiva e probabilistica>>;
- la comunicazione a terzi dei dati personali giudiziari è illecita, in quanto non autorizzata da una norma di legge o regolamentare;
- la comunicazione non può essere considerata lecita per una delle motivazioni addotte dall'Università, relativa all'<<intento di tutelare in via generale e preventiva la reputazione dell’Ateneo in conseguenza di “illazioni e responsabilità legate all’interessato”. Ciò anche in considerazione del fatto che l’eventuale responsabilità penale, ove accertata dall’autorità giudiziaria procedente, avrebbe, in ogni caso, riguardato unicamente l’interessato e non anche l’Ateneo (v. art. 27, Cost).>>
31.03.2023
Sulla Gazzetta ufficiale n. 77 del 31.03.2023, è stato pubblicato il D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 - "Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici".
Sulla Gazzetta ufficiale n. 77 del 31.03.2023, è stato pubblicato il D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 - "Codice dei contratti pubblici in attuazione dell'articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante delega al Governo in materia di contratti pubblici".
31.03.2023
E' stato ripresentato il Disegno di legge recante <<Norme in materia di reati agroalimentari>>. Il DDL propone l'inserimento, nel D.Lgs. n. 231/2001, dell'art. 6-bis - "Modello di organizzazione dell'ente qualificato come impresa alimentare".
E' stato ripresentato il Disegno di legge recante <<Norme in materia di reati agroalimentari>>. Il DDL propone l'inserimento, nel D.Lgs. n. 231/2001, dell'art. 6-bis - "Modello di organizzazione dell'ente qualificato come impresa alimentare".
17.03.2023
Sulla Gazzetta ufficiale n. 63 del 15.03.2023, è stato pubblicato il D.Lgs. 10 marzo 2023, n. 24, recante <<Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali>>.
Tale provvedimento (in vigore dal 30 marzo 2023) è intervenuto, tra l’altro, sulle norme del D.Lgs. n. 231/2001 che disciplinano le segnalazioni di violazioni del Modello (art. 6); in particolare, l’art. 24 del D.Lgs. n. 24/2023:
- ha abrogato i commi 2-ter e 2-quater del citato art. 6;
- ha sostituito il comma 2-bis della stessa disposizione come segue: <<I modelli di cui al comma 1, lettera a), prevedono, ai sensi del decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, i canali di segnalazione interna, il divieto di ritorsione e il sistema disciplinare, adottato ai sensi del comma 2, lettera e)>>.
Il citato art. 24 dispone, poi, quanto segue: <<1. Le disposizioni di cui al presente decreto hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023. Alle segnalazioni o alle denunce all'autorità giudiziaria o contabile effettuate precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché a quelle effettuate fino al 14 luglio 2023, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, all'articolo 6, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto legislativo n. 231 del 2001 e all'articolo 3 della legge n. 179 del 2017.
2. Per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell'ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, fino a duecentoquarantanove, l'obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna ai sensi del presente decreto ha effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023 e, fino ad allora, continua ad applicarsi l'articolo 6, comma 2-bis, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 231 del 2001, nella formulazione vigente fino alla data di entrata in vigore del presente decreto.>>
Sulla Gazzetta ufficiale n. 63 del 15.03.2023, è stato pubblicato il D.Lgs. 10 marzo 2023, n. 24, recante <<Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali>>.
Tale provvedimento (in vigore dal 30 marzo 2023) è intervenuto, tra l’altro, sulle norme del D.Lgs. n. 231/2001 che disciplinano le segnalazioni di violazioni del Modello (art. 6); in particolare, l’art. 24 del D.Lgs. n. 24/2023:
- ha abrogato i commi 2-ter e 2-quater del citato art. 6;
- ha sostituito il comma 2-bis della stessa disposizione come segue: <<I modelli di cui al comma 1, lettera a), prevedono, ai sensi del decreto legislativo attuativo della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, i canali di segnalazione interna, il divieto di ritorsione e il sistema disciplinare, adottato ai sensi del comma 2, lettera e)>>.
Il citato art. 24 dispone, poi, quanto segue: <<1. Le disposizioni di cui al presente decreto hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023. Alle segnalazioni o alle denunce all'autorità giudiziaria o contabile effettuate precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché a quelle effettuate fino al 14 luglio 2023, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui all'articolo 54-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001, all'articolo 6, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto legislativo n. 231 del 2001 e all'articolo 3 della legge n. 179 del 2017.
2. Per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell'ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, fino a duecentoquarantanove, l'obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna ai sensi del presente decreto ha effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023 e, fino ad allora, continua ad applicarsi l'articolo 6, comma 2-bis, lettere a) e b), del decreto legislativo n. 231 del 2001, nella formulazione vigente fino alla data di entrata in vigore del presente decreto.>>
10.03.2023
Con il comunicato stampa n. 24 del 09.03.2023, il Governo ha approvato: (i) un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare; (ii) in via definitiva, il testo del Decreto legislativo di "Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione" (c.d. "Decreto whistleblowing").
(i) Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare (decreto-legge)
Di seguito la sintesi delle innovazioni introdotte dal provvedimento, resa nota dal Governo.
Inasprimento delle pene per reati connessi all’immigrazione clandestina
Si introduce il nuovo reato di “morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina”, che prevede gravi pene:
Si elimina la necessità di convalida del giudice di pace per l'esecuzione dei decreti di espulsione disposti a seguito di condanna.
Nuove modalità di programmazione dei flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri
Le quote di stranieri da ammettere in Italia per lavoro subordinato saranno definite, non più solo per un anno ma per un triennio (2023-2025), con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere – tra l’altro – delle Commissioni parlamentari competenti.
In via preferenziale, le quote saranno assegnate ai lavoratori di Stati che promuovo per i propri cittadini campagne mediatiche sui rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari.
Modifiche alle norme sui titoli di ingresso e di soggiorno per lavoro subordinato di cittadini stranieri
Si semplifica l’avvio del rapporto di lavoro degli stranieri con aziende italiane e si accelera la procedura di rilascio del nulla osta al lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale.
Programmi di formazione
Ingressi fuori quota per stranieri che hanno superato, nel Paese di origine, i corsi di formazione riconosciuti dall’Italia, che saranno promossi dal Ministero del lavoro.
Durata del permesso di soggiorno rinnovato
I rinnovi del permesso di soggiorno rilasciato per lavoro a tempo indeterminato, per lavoro autonomo o per ricongiungimento familiare avranno durata massima di tre anni, anziché due come oggi.
Priorità alle aziende/lavoratori agricoli
Si stabilisce che i datori di lavoro che hanno fatto domanda per l’assegnazione di lavoratori agricoli e non sono risultati assegnatari abbiano la priorità rispetto ai nuovi richiedenti.
Contrasto alle agromafie
Al fine di proteggere il mercato nazionale dalla criminalità agroalimentare, il personale dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, inquadrato nell’area delle elevate professionalità e nell’area funzionari, ha la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria; il restante personale inquadrato nell’area assistenti e nell’area operatori è agente di polizia giudiziaria.
Centri per migranti
Si introducono norme per il commissariamento della gestione dei centri governativi per l'accoglienza o il trattenimento degli stranieri, e comunque per farne proseguire il funzionamento.
Si prevede la facoltà, in sede di individuazione, acquisizione o ampliamento dei centri di permanenza per i rimpatri (CPR), di derogare al codice dei contratti pubblici, consentendo una maggiore speditezza nello svolgimento delle procedure. L’efficacia della deroga è limitata fino al 31 dicembre 2025. È fatto, comunque, salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.
Protezione speciale
Si definisce meglio la protezione speciale per evitare interpretazioni che portano a un suo allargamento improprio. Con norma transitoria si prevede che la nuova disciplina operi dall’entrata in vigore del decreto-legge.
(ii) Decreto whistleblowing
Le disposizioni del "Decreto whistleblowing" hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023. Per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, fino a duecentoquarantanove, l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna ha effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023.
L'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) diventa l'unico soggetto competente a valutare le segnalazioni (esterne) e l'eventuale applicazione delle sanzioni amministrative sia per quanto concerne il settore pubblico che quello privato.
Di seguito la sintesi delle novità, come riportate sul sito web dell'Autorità.
<<Cosa prevede il decreto legislativoDisciplina la protezione dei cosiddetti whistleblowers, le persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.
Per quanto riguarda i soggetti del settore privato, negli enti con meno di cinquanta dipendenti viene consentita solo la segnalazione interna delle condotte illecite escludendo la possibilità di ricorrere al canale esterno ed alla divulgazione pubblica.
A chi si applicano le tutele del decreto legislativo whistleblowing?A coloro che segnalano violazioni di cui sono venuti a conoscenza nell’ambito del proprio contesto lavorativo, in qualità di dipendenti o collaboratori, lavoratori subordinati e autonomi, liberi professionisti ed altre categorie come volontari e tirocinanti anche non retribuiti, gli azionisti e le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza. Inoltre, le misure di protezione si applicano anche ai cosiddetti “facilitatori”, colleghi, parenti o affetti stabili di chi ha segnalato.
Obbligo canale segnalazione interna I soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato attivano propri canali di segnalazione, che garantiscano la riservatezza dell’identità del whistleblower.
Come si effettua la segnalazione ad Anac?Tramite piattaforma informatica messa a disposizione da Anac o in forma scritta o orale (attraverso linee telefoniche e altri sistemi di messaggistica vocale), o, se la persona lo richieda, anche attraverso un incontro in presenza fissato in un tempo ragionevole. L’Anac deve dare riscontro alla persona segnalante entro tre mesi o, se ricorrono giustificate e motivate ragioni, sei mesi dalla data di avviso di ricevimento della segnalazione esterna o, in mancanza di detto avviso, dalla scadenza dei sette giorni dal ricevimento.
Divieto di ritorsioneI whistleblowers non possono subire ritorsioni tra le quali il dlgs annovera il licenziamento, la sospensione; la retrocessione di grado o la mancata promozione; il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro; la sospensione della formazione; le note di merito negative; l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione anche pecuniaria; la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo; la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole; la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione; il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine; i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi; l’annullamento di una licenza o di un permesso; la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.
Convenzioni con enti terzo settoreÈ istituto presso Anac l’elenco degli enti del Terzo settore che forniscono alle persone segnalanti misure di sostegno e che hanno stipulato convenzioni con Anac. Le misure di sostegno fornite consistono in informazioni, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dalle disposizioni normative nazionali e da quelle dell’Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato.
SanzioniL’Anac applica al responsabile le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:
a) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza di cui all’articolo 12;
b) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni;
c) da 500 a 2.500 euro, nel caso in cui venga accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia.>>
Con il comunicato stampa n. 24 del 09.03.2023, il Governo ha approvato: (i) un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all'immigrazione irregolare; (ii) in via definitiva, il testo del Decreto legislativo di "Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione" (c.d. "Decreto whistleblowing").
(i) Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare (decreto-legge)
Di seguito la sintesi delle innovazioni introdotte dal provvedimento, resa nota dal Governo.
Inasprimento delle pene per reati connessi all’immigrazione clandestina
Si introduce il nuovo reato di “morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina”, che prevede gravi pene:
- da 10 a 20 anni per lesioni gravi o gravissime a una o più persone;
- da 15 a 24 anni per morte di una persona;
- da 20 a 30 anni per la morte di più persone.
Si elimina la necessità di convalida del giudice di pace per l'esecuzione dei decreti di espulsione disposti a seguito di condanna.
Nuove modalità di programmazione dei flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri
Le quote di stranieri da ammettere in Italia per lavoro subordinato saranno definite, non più solo per un anno ma per un triennio (2023-2025), con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere – tra l’altro – delle Commissioni parlamentari competenti.
In via preferenziale, le quote saranno assegnate ai lavoratori di Stati che promuovo per i propri cittadini campagne mediatiche sui rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari.
Modifiche alle norme sui titoli di ingresso e di soggiorno per lavoro subordinato di cittadini stranieri
Si semplifica l’avvio del rapporto di lavoro degli stranieri con aziende italiane e si accelera la procedura di rilascio del nulla osta al lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale.
Programmi di formazione
Ingressi fuori quota per stranieri che hanno superato, nel Paese di origine, i corsi di formazione riconosciuti dall’Italia, che saranno promossi dal Ministero del lavoro.
Durata del permesso di soggiorno rinnovato
I rinnovi del permesso di soggiorno rilasciato per lavoro a tempo indeterminato, per lavoro autonomo o per ricongiungimento familiare avranno durata massima di tre anni, anziché due come oggi.
Priorità alle aziende/lavoratori agricoli
Si stabilisce che i datori di lavoro che hanno fatto domanda per l’assegnazione di lavoratori agricoli e non sono risultati assegnatari abbiano la priorità rispetto ai nuovi richiedenti.
Contrasto alle agromafie
Al fine di proteggere il mercato nazionale dalla criminalità agroalimentare, il personale dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, inquadrato nell’area delle elevate professionalità e nell’area funzionari, ha la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria; il restante personale inquadrato nell’area assistenti e nell’area operatori è agente di polizia giudiziaria.
Centri per migranti
Si introducono norme per il commissariamento della gestione dei centri governativi per l'accoglienza o il trattenimento degli stranieri, e comunque per farne proseguire il funzionamento.
Si prevede la facoltà, in sede di individuazione, acquisizione o ampliamento dei centri di permanenza per i rimpatri (CPR), di derogare al codice dei contratti pubblici, consentendo una maggiore speditezza nello svolgimento delle procedure. L’efficacia della deroga è limitata fino al 31 dicembre 2025. È fatto, comunque, salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.
Protezione speciale
Si definisce meglio la protezione speciale per evitare interpretazioni che portano a un suo allargamento improprio. Con norma transitoria si prevede che la nuova disciplina operi dall’entrata in vigore del decreto-legge.
(ii) Decreto whistleblowing
Le disposizioni del "Decreto whistleblowing" hanno effetto a decorrere dal 15 luglio 2023. Per i soggetti del settore privato che hanno impiegato, nell’ultimo anno, una media di lavoratori subordinati, con contratti di lavoro a tempo indeterminato o determinato, fino a duecentoquarantanove, l’obbligo di istituzione del canale di segnalazione interna ha effetto a decorrere dal 17 dicembre 2023.
L'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) diventa l'unico soggetto competente a valutare le segnalazioni (esterne) e l'eventuale applicazione delle sanzioni amministrative sia per quanto concerne il settore pubblico che quello privato.
Di seguito la sintesi delle novità, come riportate sul sito web dell'Autorità.
<<Cosa prevede il decreto legislativoDisciplina la protezione dei cosiddetti whistleblowers, le persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.
Per quanto riguarda i soggetti del settore privato, negli enti con meno di cinquanta dipendenti viene consentita solo la segnalazione interna delle condotte illecite escludendo la possibilità di ricorrere al canale esterno ed alla divulgazione pubblica.
A chi si applicano le tutele del decreto legislativo whistleblowing?A coloro che segnalano violazioni di cui sono venuti a conoscenza nell’ambito del proprio contesto lavorativo, in qualità di dipendenti o collaboratori, lavoratori subordinati e autonomi, liberi professionisti ed altre categorie come volontari e tirocinanti anche non retribuiti, gli azionisti e le persone con funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza. Inoltre, le misure di protezione si applicano anche ai cosiddetti “facilitatori”, colleghi, parenti o affetti stabili di chi ha segnalato.
Obbligo canale segnalazione interna I soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato attivano propri canali di segnalazione, che garantiscano la riservatezza dell’identità del whistleblower.
Come si effettua la segnalazione ad Anac?Tramite piattaforma informatica messa a disposizione da Anac o in forma scritta o orale (attraverso linee telefoniche e altri sistemi di messaggistica vocale), o, se la persona lo richieda, anche attraverso un incontro in presenza fissato in un tempo ragionevole. L’Anac deve dare riscontro alla persona segnalante entro tre mesi o, se ricorrono giustificate e motivate ragioni, sei mesi dalla data di avviso di ricevimento della segnalazione esterna o, in mancanza di detto avviso, dalla scadenza dei sette giorni dal ricevimento.
Divieto di ritorsioneI whistleblowers non possono subire ritorsioni tra le quali il dlgs annovera il licenziamento, la sospensione; la retrocessione di grado o la mancata promozione; il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro; la sospensione della formazione; le note di merito negative; l’adozione di misure disciplinari o di altra sanzione anche pecuniaria; la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo; la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole; la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione; il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine; i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi; l’annullamento di una licenza o di un permesso; la richiesta di sottoposizione ad accertamenti psichiatrici o medici.
Convenzioni con enti terzo settoreÈ istituto presso Anac l’elenco degli enti del Terzo settore che forniscono alle persone segnalanti misure di sostegno e che hanno stipulato convenzioni con Anac. Le misure di sostegno fornite consistono in informazioni, assistenza e consulenze a titolo gratuito sulle modalità di segnalazione e sulla protezione dalle ritorsioni offerta dalle disposizioni normative nazionali e da quelle dell’Unione europea, sui diritti della persona coinvolta, nonché sulle modalità e condizioni di accesso al patrocinio a spese dello Stato.
SanzioniL’Anac applica al responsabile le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:
a) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza di cui all’articolo 12;
b) da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni;
c) da 500 a 2.500 euro, nel caso in cui venga accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia.>>
09.03.2023
Sulla G.U. n. 56 del 07.03.2023 è stato pubblicato il D.Lgs. 2 marzo 2023, n. 19, recante "Attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere". L'art. 55 del provvedimento - che entrerà in vigore il 22.03.2023 - ha inserito tra i reati societari (art. 25-ter, lett. s-ter, D.Lgs. n. 231/2001) il nuovo delitto (introdotto dall'art. 54 dello stesso Decreto n. 19 del 2023) di "false o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare previsto dalla normativa attuativa delal direttiva (UE) 2019/2121, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019", prevedendo la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecento quote.
Sulla G.U. n. 56 del 07.03.2023 è stato pubblicato il D.Lgs. 2 marzo 2023, n. 19, recante "Attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere". L'art. 55 del provvedimento - che entrerà in vigore il 22.03.2023 - ha inserito tra i reati societari (art. 25-ter, lett. s-ter, D.Lgs. n. 231/2001) il nuovo delitto (introdotto dall'art. 54 dello stesso Decreto n. 19 del 2023) di "false o omesse dichiarazioni per il rilascio del certificato preliminare previsto dalla normativa attuativa delal direttiva (UE) 2019/2121, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019", prevedendo la sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecento quote.
23.02.2023
Il 22.02.2023 il Consiglio Nazionale del Notariato ha pubblicato sul proprio sito web lo studio 1-2023, dal titolo "La ricerca del titolare effettivo".
Il 22.02.2023 il Consiglio Nazionale del Notariato ha pubblicato sul proprio sito web lo studio 1-2023, dal titolo "La ricerca del titolare effettivo".
08.02.2023
In occasione dell'evento "Telefisco 2023", la Guardia di Finanza ha fornito risposto ad alcuni quesiti riguardanti il D.Lgs. n. 231/2001, i reati tributari e la normativa antiriciclaggio; in particolare, su: (i) adeguatezza del modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001 (v. art. 6, Decreto cit.); (ii) responsabilità per reati tributari (v. art. 25-quinquiesdecies, Decreto, cit.); (iii) obblighi di collaborazione attiva in materia antiriciclaggio (v. art. 25-octies, Decreto, cit.). Per approfondimenti vai alle sezioni riservate del Portale www.italianlaw231.com.
In occasione dell'evento "Telefisco 2023", la Guardia di Finanza ha fornito risposto ad alcuni quesiti riguardanti il D.Lgs. n. 231/2001, i reati tributari e la normativa antiriciclaggio; in particolare, su: (i) adeguatezza del modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001 (v. art. 6, Decreto cit.); (ii) responsabilità per reati tributari (v. art. 25-quinquiesdecies, Decreto, cit.); (iii) obblighi di collaborazione attiva in materia antiriciclaggio (v. art. 25-octies, Decreto, cit.). Per approfondimenti vai alle sezioni riservate del Portale www.italianlaw231.com.
01.02.2023
Al termine del processo di secondo grado "Banca Popolare di Vicenza", la Corte di Appello di Venezia, Sez. I penale, con la sentenza 4 gennaio 2023 (ud. 10 ottobre 2022), n. 3348, è intervenuta sui temi relativi: (i) all'adeguatezza dei presidi previsti dal Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001; (ii) sui poteri attribuiti all'Organismo di Vigilanza; (iii) sulla indipendenza dell'Organismo di Vigilanza; (iv) sul rilievo delle Linee guida di categoria per la costruzione del Modello 231.
Per scaricare la citata sentenza clicca qui. I riferimenti della sentenza di primo grado sono i seguenti: Tribunale di Vicenza, Sez. penale, sent. 17 giungo 2021 (ud. 19 marzo 2021), n. 348.
Un approfondimento è disponibile sul Portale www.italianlaw231.com.
Al termine del processo di secondo grado "Banca Popolare di Vicenza", la Corte di Appello di Venezia, Sez. I penale, con la sentenza 4 gennaio 2023 (ud. 10 ottobre 2022), n. 3348, è intervenuta sui temi relativi: (i) all'adeguatezza dei presidi previsti dal Modello di organizzazione, gestione e controllo ex D.Lgs. n. 231/2001; (ii) sui poteri attribuiti all'Organismo di Vigilanza; (iii) sulla indipendenza dell'Organismo di Vigilanza; (iv) sul rilievo delle Linee guida di categoria per la costruzione del Modello 231.
Per scaricare la citata sentenza clicca qui. I riferimenti della sentenza di primo grado sono i seguenti: Tribunale di Vicenza, Sez. penale, sent. 17 giungo 2021 (ud. 19 marzo 2021), n. 348.
Un approfondimento è disponibile sul Portale www.italianlaw231.com.
01.02.2023
Il 31 gennaio 2023 Transparency International ha pubblicato sul proprio sito web l'indice di percezione della corruzione 2022 (clicca qui).
L'Italia si colloca al 41° posto nel mondo, su 180 Paesi, con un punteggio di 56 (migliorando di 1 posizione).
Il 31 gennaio 2023 Transparency International ha pubblicato sul proprio sito web l'indice di percezione della corruzione 2022 (clicca qui).
L'Italia si colloca al 41° posto nel mondo, su 180 Paesi, con un punteggio di 56 (migliorando di 1 posizione).
19.01.2023
Il 12 gennaio 2023 UNI (Ente Italiano di Normazione) ha pubblicato la "Prassi di riferimento" denominata "Modello semplificato di organizzazione, gestione e controllo di cui al D.Lgs. 231/2001 per la prevenzione dei reati contro la Pubblica Amministrazione e dei reati societari nelle micro e piccole imprese (approfondisci).Il documento <<definisce gli elementi di contenuto e dei profili di attuazione di un Modello semplificato di organizzazione, gestione e controllo di cui al D.Lgs. 231/2001 per la prevenzione dei reati contro la Pubblica Amministrazione e dei reati societari nelle imprese di piccole dimensioni (micro e piccole imprese)>>.
In queste categorie di imprese (ossia di entità che, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, esercitano un'attività economica, rientrano:
Il 12 gennaio 2023 UNI (Ente Italiano di Normazione) ha pubblicato la "Prassi di riferimento" denominata "Modello semplificato di organizzazione, gestione e controllo di cui al D.Lgs. 231/2001 per la prevenzione dei reati contro la Pubblica Amministrazione e dei reati societari nelle micro e piccole imprese (approfondisci).Il documento <<definisce gli elementi di contenuto e dei profili di attuazione di un Modello semplificato di organizzazione, gestione e controllo di cui al D.Lgs. 231/2001 per la prevenzione dei reati contro la Pubblica Amministrazione e dei reati societari nelle imprese di piccole dimensioni (micro e piccole imprese)>>.
In queste categorie di imprese (ossia di entità che, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, esercitano un'attività economica, rientrano:
- "piccola": un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato o (in alternativa al parametro del fatturato), un totale di bilancio annui non superiori a 10 milioni di euro;
- "microimpresa" un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato o (in alternativa al parametro del fatturato), un totale di bilancio annui non superiori a 2 milioni di euro.
17.01.2023
Il 31 gennaio 2023 scade il termine per l'inoltro alle Rappresentanze sindacali aziendali (RSA) ovvero alla Rappresentanza sindacale unitaria (RSU) o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, della comunicazione relativa al numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi nel corso del 2022 (1° gennaio - 31 dicembre).
Tale comunicazione - prevista dall'art. 36, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015 (T.U. sui contratti di lavoro) - può essere inviata:
- con consegna a mano;
- con raccomandata con ricevuta di ritorno;
- a mezzo posta elettronica certificata (PEC).
I dati da comunicare sono i seguenti:
- numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi;
- durata dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi.
- numero e qualifica dei lavoratori utilizzati (non devono essere, invece, comunicati dati nominativi).
L'inadempimento a tale obbligo è punito con sanzione amministrativa da euro 250 a euro 1.250.
Per l'acquisizione e la verifica dei dati si può fare riferimento alle informazioni di sintesi fornite, di norma, dalle Agenzie di intermediazione.
Attesa la rilevanza dei rapporti con tali Agenzie ai fini della mappatura delle "attività sensibili" ai fini del D.Lgs. n. 231/2001 (e, quindi, del Modello di organizzazione, gestione e controllo adottato dall'azienda ai sensi di tale Decreto), la comunicazione in discussione potrebbe essere inserita nell'elenco dei flussi periodici verso l'Organismo di Vigilanza.
Il 31 gennaio 2023 scade il termine per l'inoltro alle Rappresentanze sindacali aziendali (RSA) ovvero alla Rappresentanza sindacale unitaria (RSU) o, in mancanza, agli organismi territoriali di categoria delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, della comunicazione relativa al numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi nel corso del 2022 (1° gennaio - 31 dicembre).
Tale comunicazione - prevista dall'art. 36, comma 3, D.Lgs. n. 81/2015 (T.U. sui contratti di lavoro) - può essere inviata:
- con consegna a mano;
- con raccomandata con ricevuta di ritorno;
- a mezzo posta elettronica certificata (PEC).
I dati da comunicare sono i seguenti:
- numero dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi;
- durata dei contratti di somministrazione di lavoro conclusi.
- numero e qualifica dei lavoratori utilizzati (non devono essere, invece, comunicati dati nominativi).
L'inadempimento a tale obbligo è punito con sanzione amministrativa da euro 250 a euro 1.250.
Per l'acquisizione e la verifica dei dati si può fare riferimento alle informazioni di sintesi fornite, di norma, dalle Agenzie di intermediazione.
Attesa la rilevanza dei rapporti con tali Agenzie ai fini della mappatura delle "attività sensibili" ai fini del D.Lgs. n. 231/2001 (e, quindi, del Modello di organizzazione, gestione e controllo adottato dall'azienda ai sensi di tale Decreto), la comunicazione in discussione potrebbe essere inserita nell'elenco dei flussi periodici verso l'Organismo di Vigilanza.
17.01.2023
Il 19.12.2022 è stato pubblicato il Regolamento UE 2022/2453 della Commissione UE del 30.11.2022, che modifica le norme tecniche di attuazione stabilite dal regolamento di esecuzione (UE) 2021/637 per quanto riguarda l’informativa sui rischi ambientali, sociali e di governance.
Il provvedimento ha introdotto nuovi modelli uniformi di informativa sui rischi ESG e le relative istruzioni.
Tali modelli prevedono la pubblicazione di informazioni relative:
- all’impatto finanziario dei fattori ambientali, sociali e di governance sulle loro attività economiche e finanziarie (prospettiva outside-in);
- ai fattori ambientali, sociali e di governance che potrebbero essere determinati dalle loro attività, che a loro volta diventano finanziariamente rilevanti quando incidono sui loro portatori di interessi (prospettiva inside-out).
L'art. 449-bis del regolamento CRR impone ai grandi enti che hanno emesso titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di qualsiasi Stato membro di pubblicare, a decorrere dal 28 giugno 2022, informazioni relative ai rischi ESG, compresi i rischi fisici e i rischi di transizione.
In particolare, a decorrere dal 31 dicembre 2022 gli enti pubblicano le informazioni di cui all’articolo 449 bis del CRR alle date indicate di seguito:
a) per l’informativa annuale: 31 dicembre;
b) per l’informativa semestrale: 30 giugno e 31 dicembre di ogni anno.
Il 19.12.2022 è stato pubblicato il Regolamento UE 2022/2453 della Commissione UE del 30.11.2022, che modifica le norme tecniche di attuazione stabilite dal regolamento di esecuzione (UE) 2021/637 per quanto riguarda l’informativa sui rischi ambientali, sociali e di governance.
Il provvedimento ha introdotto nuovi modelli uniformi di informativa sui rischi ESG e le relative istruzioni.
Tali modelli prevedono la pubblicazione di informazioni relative:
- all’impatto finanziario dei fattori ambientali, sociali e di governance sulle loro attività economiche e finanziarie (prospettiva outside-in);
- ai fattori ambientali, sociali e di governance che potrebbero essere determinati dalle loro attività, che a loro volta diventano finanziariamente rilevanti quando incidono sui loro portatori di interessi (prospettiva inside-out).
L'art. 449-bis del regolamento CRR impone ai grandi enti che hanno emesso titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di qualsiasi Stato membro di pubblicare, a decorrere dal 28 giugno 2022, informazioni relative ai rischi ESG, compresi i rischi fisici e i rischi di transizione.
In particolare, a decorrere dal 31 dicembre 2022 gli enti pubblicano le informazioni di cui all’articolo 449 bis del CRR alle date indicate di seguito:
a) per l’informativa annuale: 31 dicembre;
b) per l’informativa semestrale: 30 giugno e 31 dicembre di ogni anno.
15.01.2023
Il 12 gennaio 2023, l'A.N.AC. ha pubblicato il documento “Analisi di esperienze e criticità rilevate dai Responsabili per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza - gennaio 2023”. Esso descrive gli esiti di una indagine alla quale hanno partecipato n. 129 Amministrazioni medio-grandi, fornendo la propria esperienza in riferimento ai quesiti posti dall’Autorità. In particolare, sono stati esaminati n. 56 riscontri pervenuti (circa il 19%), di cui n. 31 inviati dagli enti campionati e n. 25 selezionati tra quelli che hanno aderito volontariamente all’iniziativa. Più specificamente si tratta di: n. 8 Università; n. 14 Comuni e n. 2 Città Metropolitane; n. 2 Camere di Commercio; n.27 soggetti appartenenti ad altre tipologie di enti; n. 3 Ministeri. Per scaricare il documento clicca qui.
Il 12 gennaio 2023, l'A.N.AC. ha pubblicato il documento “Analisi di esperienze e criticità rilevate dai Responsabili per la Prevenzione della Corruzione e per la Trasparenza - gennaio 2023”. Esso descrive gli esiti di una indagine alla quale hanno partecipato n. 129 Amministrazioni medio-grandi, fornendo la propria esperienza in riferimento ai quesiti posti dall’Autorità. In particolare, sono stati esaminati n. 56 riscontri pervenuti (circa il 19%), di cui n. 31 inviati dagli enti campionati e n. 25 selezionati tra quelli che hanno aderito volontariamente all’iniziativa. Più specificamente si tratta di: n. 8 Università; n. 14 Comuni e n. 2 Città Metropolitane; n. 2 Camere di Commercio; n.27 soggetti appartenenti ad altre tipologie di enti; n. 3 Ministeri. Per scaricare il documento clicca qui.
12.12.2022
Il 9 dicembre 2022 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge in materia di whistleblowing (nel settore pubblico e privato), in attuazione della direttiva (UE) 2019/1937.
Le novità in arrivo avranno un significativo impatto sulle modalità di segnalazione di illeciti di cui i lavoratori dipendenti (o, in alcuni casi, i lavoratori autonomi, stagisti, ecc.) siano venuti a conoscenza nello svolgimento delle attività lavorative; in particolare, le novità si riferiranno: all'obbligo di segreto d’ufficio, aziendale, professionale, scientifico e industriale; (ii) ai presidi in materia di privacy.
A quest'ultimo proposito, il provvedimento richiama l'art. 13, GDPR e precisa:
Gli illeciti oggetto delle segnalazioni si riferiscono alle <<violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato>>.
Tali <<violazioni>> sono definite come segue:
<<comportamenti, atti od omissioni che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato e che consistono in:
1) illeciti amministrativi, contabili, civili o penali che non rientrano nei numeri 3), 4), 5) e 6);
2) condotte illecite rilevanti ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, o violazioni dei modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, che non rientrano nei numeri 3), 4), 5) e 6);
3) illeciti che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti normativi di cui all’allegato, relativamente ai seguenti settori: appalti pubblici; servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza e conformità del prodotti; sicurezza dei trasporti; tutela dell’ambiente; radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; salute pubblica; protezione dei consumatori; tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi;
4) atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di cui all’articolo 325 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europeo specificati nel diritto derivato pertinente dell’Unione europea;
5) atti od omissioni riguardanti il mercato interno, di cui all’articolo 26, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, comprese le violazioni delle norme dell’Unione europea in materia di concorrenza e di aiuti di Stato, nonché le violazioni riguardanti il mercato interno connesse ad atti che violano le norme in materia di imposta sulle società o i meccanismi il cui fine è ottenere un vantaggio fiscale che vanifica l’oggetto o la finalità della normativa applicabile in materia di imposta sulle società;
6) atti o comportamenti che vanificano l’oggetto o la finalità delle disposizioni di cui agli atti dell’Unione nei settori indicati nei numeri 3), 4) e 5).
Tra i <<soggetti del settore pubblico>> rientrano: <<le società a controllo pubblico e le società in house, così come definite, rispettivamente, dall’art. 2, comma 1, lettere m) e o), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, anche se quotate>>.
I canali di segnalazione sono sia interni che esterni.
<<Le segnalazioni, interne ed esterne, e la relativa documentazione sono conservate per il tempo necessario al trattamento della segnalazione e comunque non oltre cinque anni a decorrere dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione, nel rispetto degli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 12 e del principio di cui agli articoli 5, paragrafo 1, lettera e) del Regolamento (UE) 2016/679 e 3, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51.>>
Il 9 dicembre 2022 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge in materia di whistleblowing (nel settore pubblico e privato), in attuazione della direttiva (UE) 2019/1937.
Le novità in arrivo avranno un significativo impatto sulle modalità di segnalazione di illeciti di cui i lavoratori dipendenti (o, in alcuni casi, i lavoratori autonomi, stagisti, ecc.) siano venuti a conoscenza nello svolgimento delle attività lavorative; in particolare, le novità si riferiranno: all'obbligo di segreto d’ufficio, aziendale, professionale, scientifico e industriale; (ii) ai presidi in materia di privacy.
A quest'ultimo proposito, il provvedimento richiama l'art. 13, GDPR e precisa:
- che i <<dati personali che manifestamente non sono utili al trattamento di una specifica segnalazione non sono raccolti o, se raccolti accidentalmente, sono cancellati immediatamente>>;
- i <<diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del regolamento (UE) 2016/679 possono essere esercitati nei limiti di quanto previsto dall’articolo 2-undecies del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196>>;
- o <<trattamenti di dati personali relativi al ricevimento e gestione delle segnalazioni sono effettuati dai soggetti di cui all’articolo 4, in qualità di titolari del trattamento, nel rispetto dei princìpi di cui agli articoli 5 e 25 del regolamento (UE) 2016/679 o agli articoli 3 e 16 del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51, fornendo idonee informazioni alle persone segnalante e alle persone coinvolte ai sensi degli articoli 13 e 14 del medesimo regolamento o dell’articolo 11 del predetto decreto legislativo, nonché adottando misure appropriate a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati>>;
- i <<soggetti del settore pubblico e i soggetti del settore privato che condividono risorse per il ricevimento e la gestione delle segnalazioni, ai sensi dell’articolo 4, comma 4, determinano in modo trasparente, mediante un accordo interno, le rispettive responsabilità in merito all’osservanza degli obblighi in materia di protezione dei dati personali, ai sensi dell’articolo 26 del regolamento (UE) 2016/679 o dell’articolo 23 del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51. 6. I soggetti di cui all’articolo 4 definiscono il proprio modello di ricevimento e gestione delle segnalazioni interne, individuando misure tecniche e organizzative idonee a garantire un livello di sicurezza adeguato agli specifici rischi derivanti dai trattamenti effettuati, sulla base di una valutazione d’impatto sulla protezione dei dati, e disciplinando il rapporto con eventuali fornitori esterni che trattano dati personali per loro conto ai sensi dell’articolo 28 del regolamento (UE) 2016/679 o dell’articolo 18 del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51.>>
Gli illeciti oggetto delle segnalazioni si riferiscono alle <<violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato>>.
Tali <<violazioni>> sono definite come segue:
<<comportamenti, atti od omissioni che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato e che consistono in:
1) illeciti amministrativi, contabili, civili o penali che non rientrano nei numeri 3), 4), 5) e 6);
2) condotte illecite rilevanti ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, o violazioni dei modelli di organizzazione e gestione ivi previsti, che non rientrano nei numeri 3), 4), 5) e 6);
3) illeciti che rientrano nell’ambito di applicazione degli atti normativi di cui all’allegato, relativamente ai seguenti settori: appalti pubblici; servizi, prodotti e mercati finanziari e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo; sicurezza e conformità del prodotti; sicurezza dei trasporti; tutela dell’ambiente; radioprotezione e sicurezza nucleare; sicurezza degli alimenti e dei mangimi e salute e benessere degli animali; salute pubblica; protezione dei consumatori; tutela della vita privata e protezione dei dati personali e sicurezza delle reti e dei sistemi informativi;
4) atti od omissioni che ledono gli interessi finanziari dell’Unione di cui all’articolo 325 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europeo specificati nel diritto derivato pertinente dell’Unione europea;
5) atti od omissioni riguardanti il mercato interno, di cui all’articolo 26, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, comprese le violazioni delle norme dell’Unione europea in materia di concorrenza e di aiuti di Stato, nonché le violazioni riguardanti il mercato interno connesse ad atti che violano le norme in materia di imposta sulle società o i meccanismi il cui fine è ottenere un vantaggio fiscale che vanifica l’oggetto o la finalità della normativa applicabile in materia di imposta sulle società;
6) atti o comportamenti che vanificano l’oggetto o la finalità delle disposizioni di cui agli atti dell’Unione nei settori indicati nei numeri 3), 4) e 5).
Tra i <<soggetti del settore pubblico>> rientrano: <<le società a controllo pubblico e le società in house, così come definite, rispettivamente, dall’art. 2, comma 1, lettere m) e o), del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, anche se quotate>>.
I canali di segnalazione sono sia interni che esterni.
<<Le segnalazioni, interne ed esterne, e la relativa documentazione sono conservate per il tempo necessario al trattamento della segnalazione e comunque non oltre cinque anni a decorrere dalla data della comunicazione dell’esito finale della procedura di segnalazione, nel rispetto degli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 12 e del principio di cui agli articoli 5, paragrafo 1, lettera e) del Regolamento (UE) 2016/679 e 3, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51.>>
29.09.2022
Con la sentenza n. 35387 del 13.05.2022 (dep. 22.09.2022), la Corte di Cassazione, Sez. III, si pronuncia in merito alla conformità all'art. 39, D.Lgs. n. 231/2001, della nomina del difensore di fiducia dell'ente sottoposto a procedimento per responsabilità amministrativa da reato ai sensi di detto Decreto (per approfondimenti accedi all'area riservata del Portale www.italianlaw231.com).
Con la sentenza n. 35387 del 13.05.2022 (dep. 22.09.2022), la Corte di Cassazione, Sez. III, si pronuncia in merito alla conformità all'art. 39, D.Lgs. n. 231/2001, della nomina del difensore di fiducia dell'ente sottoposto a procedimento per responsabilità amministrativa da reato ai sensi di detto Decreto (per approfondimenti accedi all'area riservata del Portale www.italianlaw231.com).
26.08.2022
Nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 199 del 26.08.2022, è stata pubblicata la Legge 4 agosto 2022, n. 127, recante "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2021" (entrata in vigore: 10.09.2022), Tra le Direttive UE menzionate nel provvedimento è inserita quella sul whistleblowing: Direttiva Ue 1937/2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione.
Questa nuova delega (la precedente, scaduta, risaliva ad aprile 2021) prevede l'emanazione del relativo Decreto entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della citata Legge.
Nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 199 del 26.08.2022, è stata pubblicata la Legge 4 agosto 2022, n. 127, recante "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti normativi dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2021" (entrata in vigore: 10.09.2022), Tra le Direttive UE menzionate nel provvedimento è inserita quella sul whistleblowing: Direttiva Ue 1937/2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell'Unione.
Questa nuova delega (la precedente, scaduta, risaliva ad aprile 2021) prevede l'emanazione del relativo Decreto entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della citata Legge.
28.07.2022
Il 21.07.2022 l'Autorità Nazionale AntiCorruzione (ANAC) Lo scorso 21 luglio, ha lanciato il nuovo Portale “Come misurare la corruzione. Gli indicatori per valutare i rischi di corruzione in ogni area del Paese”. Questo strumento <<mette a disposizione della collettività un insieme di indicatori scientifici in grado di stabilire quanto sia alto il rischio che si possano verificare fatti di corruzione. L’iniziativa è stata realizzata grazie al progetto “Misurazione del rischio di corruzione a livello territoriale e promozione della trasparenza”, finanziato dal Programma Operativo Nazionale "Governance e Capacità istituzionale 2014-2020">>. L’analisi di contesto proposta dal Portale prende in considerazione diciotto indicatori elementari, raccolti in quattro domini tematici: (i) Criminalità - (ii) Istruzione - (iii) Capitale sociale - (iv) Economia e territorio. Sono poi indicati altri indicatori elementari, che rientrano nell’analisi di contesto ma non nei quattro menzionati "domini". L'ANAC precisa, doverosamente, che: "in un contesto territoriale a rischio non si verificano necessariamente fenomeni corruttivi, ma la presenza del rischio di corruzione come fattore sistematico è più elevata". Questo strumento può essere sicuramente utile anche ai fini delle analisi di rischio a base dei Sistemi di prevenzione 231/01, con specifico riferimento ai fenomeni corruttivi (v. artt. 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 346-bis, c.p.).
Il 21.07.2022 l'Autorità Nazionale AntiCorruzione (ANAC) Lo scorso 21 luglio, ha lanciato il nuovo Portale “Come misurare la corruzione. Gli indicatori per valutare i rischi di corruzione in ogni area del Paese”. Questo strumento <<mette a disposizione della collettività un insieme di indicatori scientifici in grado di stabilire quanto sia alto il rischio che si possano verificare fatti di corruzione. L’iniziativa è stata realizzata grazie al progetto “Misurazione del rischio di corruzione a livello territoriale e promozione della trasparenza”, finanziato dal Programma Operativo Nazionale "Governance e Capacità istituzionale 2014-2020">>. L’analisi di contesto proposta dal Portale prende in considerazione diciotto indicatori elementari, raccolti in quattro domini tematici: (i) Criminalità - (ii) Istruzione - (iii) Capitale sociale - (iv) Economia e territorio. Sono poi indicati altri indicatori elementari, che rientrano nell’analisi di contesto ma non nei quattro menzionati "domini". L'ANAC precisa, doverosamente, che: "in un contesto territoriale a rischio non si verificano necessariamente fenomeni corruttivi, ma la presenza del rischio di corruzione come fattore sistematico è più elevata". Questo strumento può essere sicuramente utile anche ai fini delle analisi di rischio a base dei Sistemi di prevenzione 231/01, con specifico riferimento ai fenomeni corruttivi (v. artt. 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 346-bis, c.p.).
30.06.2022
Con la sentenza n. 23401, depositata il 15 giugno 2022 ("sentenza Impregilo"), la Corte di Cassazione ha fornito una sorta di "vademecum" sul Modello 231 e sull'Organismo di Vigilanza. Per approfondimenti vai alle sezioni riservate del Portale www.italianlaw231.com.
Con la sentenza n. 23401, depositata il 15 giugno 2022 ("sentenza Impregilo"), la Corte di Cassazione ha fornito una sorta di "vademecum" sul Modello 231 e sull'Organismo di Vigilanza. Per approfondimenti vai alle sezioni riservate del Portale www.italianlaw231.com.
25.05.2022
Con la sentenza n. 20050, depositata il 23.05.2022, relativamente al reato di omessa dichiarazione fiscale ex art. 5, D.Lgs. n. 74/2000, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta: (i) sul tema della responsabilità penale dell'amministratore di diritto; (ii) sul "criterio di effettività".
In primo luogo, la Corte Suprema ha affermato che l'amministratore risponde sempre del reato di omessa dichiarazione (anche qualora sia presente un "amministratore di fatto").
Inoltre, è stato ribadito che ai fini dell’integrazione del reato di omessa dichiarazione, rileva il criterio di effettività; vale a dire: (i) è l’esercizio effettivo dell’attività di impresa che genera redditi imponibili; (ii) l fine di evasione si può evincere proprio dalla mancata iscrizione nel Registro delle imprese ovvero dalla prosecuzione dell’attività nonostante la cancellazione.
Con la sentenza n. 20050, depositata il 23.05.2022, relativamente al reato di omessa dichiarazione fiscale ex art. 5, D.Lgs. n. 74/2000, la Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta: (i) sul tema della responsabilità penale dell'amministratore di diritto; (ii) sul "criterio di effettività".
In primo luogo, la Corte Suprema ha affermato che l'amministratore risponde sempre del reato di omessa dichiarazione (anche qualora sia presente un "amministratore di fatto").
Inoltre, è stato ribadito che ai fini dell’integrazione del reato di omessa dichiarazione, rileva il criterio di effettività; vale a dire: (i) è l’esercizio effettivo dell’attività di impresa che genera redditi imponibili; (ii) l fine di evasione si può evincere proprio dalla mancata iscrizione nel Registro delle imprese ovvero dalla prosecuzione dell’attività nonostante la cancellazione.
15.05.2022
Con la sentenza n. 18413, depositata il 10 maggio 2022, la Corte di Cassazione ha precisato l'ambito di applicazione della responsabilità dell'ente per "colpa organizzativa" di cui all'art. 5, D.Lgs. n. 231/2001.
I principi stabiliti dalla Suprema Corte al riguardo sono i seguenti:
Con la sentenza n. 18413, depositata il 10 maggio 2022, la Corte di Cassazione ha precisato l'ambito di applicazione della responsabilità dell'ente per "colpa organizzativa" di cui all'art. 5, D.Lgs. n. 231/2001.
I principi stabiliti dalla Suprema Corte al riguardo sono i seguenti:
- l’assenza di un modello organizzativo per la sicurezza sul lavoro (art. 30, D.Lgs. n. 81/2008, che rinvia al D.Lgs. n. 231/2001) non è sufficiente a far scattare la condanna dell'ente (nella specie, era stata contestata l'assenza di un Organismo di vigilanza avente il compito di verificare, con sistematicità e organicità, gli adempimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro ritenuti violati);
- la colpa di organizzazione deve essere rigorosamente provata (dall'accusa), non potendo essere confusa con la colpevolezza della persona fisica a cui è addebitato l’illecito penale;
- l'ente può dimostrare l'assenza di "colpa" anche in assenza del predetto "Modello" (es.: dimostrazione dei costi sostenuti per garantire la sicurezza dei lavoratori, dell'organizzazione efficiente del Sistema sicurezza, ecc.);
- il ruolo attribuito dalla legge all'Organismo di vigilanza ex D.Lgs. n. 231/2001 non è quello di vigilare sui singoli adempimenti in materia di sicurezza sul lavoro (nella specie, la rispondenza delle macchine operatrici, acquistate e messe in linea, alle normative comunitarie in materia di sicurezza nonché l'adeguatezza dei sistemi di sicurezza installati sulle stesse), bensì quello di vigilare sul Modello ex artt. 6 e 7, D.Lgs. n. 231/2001 (e art. 30, D.Lgs. n. 81/2008).
05.05.2022
La Corte di Cassazione ha emanato la prima pronuncia riferita alla responsabilità dell'ente per un reato tributario ai sensi dell'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001. In particolare, con l'ordinanza n. 16302, depositata il 28.04.2022, la Sezione III della Corte Suprema si è pronunciata su un ricorso riferito a un sequestro preventivo per l'illecito penale di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000.
Gli Ermellini si sono.così, pronunciati in merito a una (pretesa) frode commessa da una società operante nel settore trasporti mediante fittizi contratti di appalto.
La Corte di Cassazione ha emanato la prima pronuncia riferita alla responsabilità dell'ente per un reato tributario ai sensi dell'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001. In particolare, con l'ordinanza n. 16302, depositata il 28.04.2022, la Sezione III della Corte Suprema si è pronunciata su un ricorso riferito a un sequestro preventivo per l'illecito penale di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000.
Gli Ermellini si sono.così, pronunciati in merito a una (pretesa) frode commessa da una società operante nel settore trasporti mediante fittizi contratti di appalto.
23.03.2022
Il 23 marzo 2022 è entrata in vigore la L. 9 marzo 2022, n. 22 - "Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale". Il provvedimento ha, tra l'altro, integrato il catalogo dei reati-presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001, inserendo in quest'ultimo Decreto l'art. 25-septiesdecies - "Delitti contro il patrimonio culturale" e l'art. duodevicies - Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici".
I nuovi reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti sono i seguenti:
- art. 25-septiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001:
- art. 25-duodevicies, D.Lgs. n. 231/2001:
Il 23 marzo 2022 è entrata in vigore la L. 9 marzo 2022, n. 22 - "Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale". Il provvedimento ha, tra l'altro, integrato il catalogo dei reati-presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001, inserendo in quest'ultimo Decreto l'art. 25-septiesdecies - "Delitti contro il patrimonio culturale" e l'art. duodevicies - Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici".
I nuovi reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti sono i seguenti:
- art. 25-septiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001:
- art. 518-bis, c.p. - "Furto di beni culturali"
- art. 518-ter, c.p. - "Appropriazione indebita di beni culturali"
- art. 518-quater, c.p. - "Ricettazione di beni culturali"
- art. 518-octies, c.p. - "Falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali"
- art. 518-novies, c.p. - "Violazioni in materia di alienazione di beni culturali"
- art. 518-decies, c.p. - "Importazione illecita di beni culturali"
- art. 518-undecies, c.p. - "Uscita o esportazione illecite di beni culturali"
- art. 518-duodecies, c.p. - "Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici"
- art. 518-quaterdecies, c.p. - "Contraffazione di opere d'arte"
- art. 25-duodevicies, D.Lgs. n. 231/2001:
22.03.2022
Con la sentenza della Sezione IV pen. n. 9006 depositata il 17.03.2022, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulla sussistenza della responsabilità amministrativa ex D.Lgs. n. 231/2001 nel caso di società cancellata dal registro delle imprese.
La Suprema Corte ha affermato che la responsabilità sussiste, non potendosi riconoscere il parallelismo tra estinzione dell'ente e morte della persona fisica. Conseguentemente, nel caso di cancellazione dell'impresa la titolarità dell'impresa passa <<direttamente ai singoli soci, non avendo luogo una divisione in senso tecnico, come si ricava dall'art. 2493 c.c. e art. 2495 c.c., comma 3, disciplinanti, rispettivamente, la distribuzione ai soci dell'attivo e l'azione esperibile da parte dei creditori nei confronti dei soci.>>
Con la sentenza della Sezione IV pen. n. 9006 depositata il 17.03.2022, la Corte di Cassazione si è nuovamente pronunciata sulla sussistenza della responsabilità amministrativa ex D.Lgs. n. 231/2001 nel caso di società cancellata dal registro delle imprese.
La Suprema Corte ha affermato che la responsabilità sussiste, non potendosi riconoscere il parallelismo tra estinzione dell'ente e morte della persona fisica. Conseguentemente, nel caso di cancellazione dell'impresa la titolarità dell'impresa passa <<direttamente ai singoli soci, non avendo luogo una divisione in senso tecnico, come si ricava dall'art. 2493 c.c. e art. 2495 c.c., comma 3, disciplinanti, rispettivamente, la distribuzione ai soci dell'attivo e l'azione esperibile da parte dei creditori nei confronti dei soci.>>
04.03.2022
Il 3 marzo 2022 la Camera ha approvato, in via definitiva, la proposta di legge A.C. 893-B recante “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale”. Si attende, quindi, la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e l'entrata in vigore del provvedimento, che apporta modifiche al codice penale e al D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, il legislatore:
Il 3 marzo 2022 la Camera ha approvato, in via definitiva, la proposta di legge A.C. 893-B recante “Disposizioni in materia di reati contro il patrimonio culturale”. Si attende, quindi, la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e l'entrata in vigore del provvedimento, che apporta modifiche al codice penale e al D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, il legislatore:
- ha inteso inasprire le pene previste per le fattispecie criminali a tutela del patrimonio culturale (attualmente inserite nel D.Lgs. n. 42/2004 - Codice dei beni culturali), ricollocandole nel Codice penale come segue:
- Furto di beni culturali (art. 518-bis);
- Appropriazione indebita di beni culturali (art. 518-ter);
- Ricettazione di beni culturali (518-quater);
- Impiego di beni culturali provenienti da delitto (518-quinquies);
- Riciclaggio di beni culturali (518-sexies);
- Autoriciclaggio di beni culturali (518-septies);
- Falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali (518-octies);
- Violazioni in materia di alienazione di beni culturali (518-novies);
- Importazione illecita di beni culturali (518-decies);
- Uscita o esportazione illecite di beni culturali (518-undecies);
- Distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici (518-duodecies);
- Devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici (518-terdecies);
- Contraffazione di opere d’arte (518-quaterdecies);
- Casi di non punibilità (518-quinquiesdecies);
- Circostanze aggravanti (518-sexiesdecies);
- Circostanze attenuanti (518-septiesdecies);
- Confisca (518-duodevicies);
- Fatto commesso all’estero (518-undevicies);
- Possesso ingiustificato di strumenti per il sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli (707-bis ).
- ha ampliato il catalogo dei reati presupposto della responsabilità degli enti dipendente da reato, inserendo nel D.Lgs. n. 231/2001 le seguenti disposizioni:
- art. 25-septiesdecies (Delitti contro il patrimonio culturale);
- art. 25-duodevicies (Riciclaggio di beni culturali e devastazione e saccheggio di beni culturali e paesaggistici).
27.01.2022
Sulla G.U. n. 21 del 27.01.2022 è stato pubblicato il D.L. 27.01.2022, n. 4, recante "Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico"; l'art. 28-bis del decreto ha apportato modifiche ad alcuni reati contro la Pubblica Amministrazione (inclusi nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato, di cui al D.Lgs. n. 231/2001).In particolare, le fattispecie criminose interessate sono le seguenti: Inoltre, è stato inserito nell'art. 240-bis, c.p. - "Confisca in casi particolari" - il riferimento all'art. 640, secondo comma, n., 1), dello stesso codice (relativo al reato di truffa commessa "a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o dell'Unione europea o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare".
Sulla G.U. n. 21 del 27.01.2022 è stato pubblicato il D.L. 27.01.2022, n. 4, recante "Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19, nonché per il contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi nel settore elettrico"; l'art. 28-bis del decreto ha apportato modifiche ad alcuni reati contro la Pubblica Amministrazione (inclusi nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato, di cui al D.Lgs. n. 231/2001).In particolare, le fattispecie criminose interessate sono le seguenti: Inoltre, è stato inserito nell'art. 240-bis, c.p. - "Confisca in casi particolari" - il riferimento all'art. 640, secondo comma, n., 1), dello stesso codice (relativo al reato di truffa commessa "a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o dell'Unione europea o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare".
25.01.2022
La L. 23 dicembre 2021, n. 238 - "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2019-2020" -, pubblicata sulla G.U. n. 12 del 17.01.2022 (e che, quindi, entra in vigore il 1° febbraio 2022), ha introdotto rilevanti modifiche alla disciplina degli abusi di mercato di cui agli artt. 180 e ss. del D.Lgs. n. 58/1998 ("TUF"); tra l'altro, è stato modificato l'art. 184, TUF, ora rubricato "Abuso o comunicazione illecita di informazioni privilegiate. Raccomandazione o induzione di altri alla commissione di abuso di informazioni privilegiate” .
In particolare, tale provvedimento ha modificato la rubrica e il testo dell'art. 184, TUF (ora: “Abuso o comunicazione illecita di informazioni privilegiate. Raccomandazione o induzione di altri alla commissione di abuso di informazioni privilegiate”); conseguentemente, dal 1° febbraio 2022 la fattispecie di reato punisce l'abuso e comunicazione illecita di informazioni privilegiate anche ove sia commesso dai c.d. "insider secondari" (ossia da chiunque sia in possesso di informazioni privilegiate per ragioni diverse da quelle previste per i c.d. "insider primari" e "insider criminali").
La stessa Legge n. 238 del 2021 apporta, inoltre, modifiche anche ad altri reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 (es: alcuni reati informatici).
La L. 23 dicembre 2021, n. 238 - "Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2019-2020" -, pubblicata sulla G.U. n. 12 del 17.01.2022 (e che, quindi, entra in vigore il 1° febbraio 2022), ha introdotto rilevanti modifiche alla disciplina degli abusi di mercato di cui agli artt. 180 e ss. del D.Lgs. n. 58/1998 ("TUF"); tra l'altro, è stato modificato l'art. 184, TUF, ora rubricato "Abuso o comunicazione illecita di informazioni privilegiate. Raccomandazione o induzione di altri alla commissione di abuso di informazioni privilegiate” .
In particolare, tale provvedimento ha modificato la rubrica e il testo dell'art. 184, TUF (ora: “Abuso o comunicazione illecita di informazioni privilegiate. Raccomandazione o induzione di altri alla commissione di abuso di informazioni privilegiate”); conseguentemente, dal 1° febbraio 2022 la fattispecie di reato punisce l'abuso e comunicazione illecita di informazioni privilegiate anche ove sia commesso dai c.d. "insider secondari" (ossia da chiunque sia in possesso di informazioni privilegiate per ragioni diverse da quelle previste per i c.d. "insider primari" e "insider criminali").
La stessa Legge n. 238 del 2021 apporta, inoltre, modifiche anche ad altri reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 (es: alcuni reati informatici).
03.12.2021
Con la sentenza n. 33595 del 10 settembre 2021, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'interesse o vantaggio conseguito da un ente - dal quale consegue, sussistendo tutti gli altri presupposti normativi, la responsabilità amministrativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001 per i reati di omicidio colposo e lesioni gravi e gravissime con violazione della normativa antinfortunistica (v. art. 25-septies, D.Lgs. n. 23172001) - sussiste anche nell'ipotesi di velocizzazione degli interventi connessi alla predisposizione delle misure di sicurezza che incida sui tempi di lavorazione; ciò in quanto al risparmio di tempo corrisponde un risparmio di spesa.
Occorre precisare, comunque, che alla luce delle decisioni della giurisprudenza di legittimità, l'ente non risponde ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 se manca la prova dell'oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quella della tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, non potendo, l'interesse o vantaggio, essere desunto unicamente dall'omessa adozione delle misure di prevenzione (per tutte, si cita Cassazione, sent. n. 22256/2021).
Con la sentenza n. 33595 del 10 settembre 2021, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'interesse o vantaggio conseguito da un ente - dal quale consegue, sussistendo tutti gli altri presupposti normativi, la responsabilità amministrativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001 per i reati di omicidio colposo e lesioni gravi e gravissime con violazione della normativa antinfortunistica (v. art. 25-septies, D.Lgs. n. 23172001) - sussiste anche nell'ipotesi di velocizzazione degli interventi connessi alla predisposizione delle misure di sicurezza che incida sui tempi di lavorazione; ciò in quanto al risparmio di tempo corrisponde un risparmio di spesa.
Occorre precisare, comunque, che alla luce delle decisioni della giurisprudenza di legittimità, l'ente non risponde ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 se manca la prova dell'oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quella della tutela della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, non potendo, l'interesse o vantaggio, essere desunto unicamente dall'omessa adozione delle misure di prevenzione (per tutte, si cita Cassazione, sent. n. 22256/2021).
03.12.2021
Sulla Gazzetta ufficiale n. 285 del 30.11.2021, S.O. n. 41, è stato pubblicato il D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 195, recante la “Attuazione della direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante diritto penale”.
In estrema sintesi, il provvedimento:
In definitiva, l'ampliamento dei reati presupposto - che consentirà di perseguire vicende di riciclaggio ancora più ampie rispetto a quelle attualmente perseguibili in applicazione della normativa vigente sino all'entrata in vigore delle modifiche all'ordinamento penale nazionale apportate dal D.Lgs. n. 195/2021 - dovrà essere attentamente valutato ai fini di un eventuale aggiornamento del Modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal D.Lgs. n. 231/2001.
Sulla Gazzetta ufficiale n. 285 del 30.11.2021, S.O. n. 41, è stato pubblicato il D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 195, recante la “Attuazione della direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante diritto penale”.
In estrema sintesi, il provvedimento:
- ha modificato la struttura e l'operatività dei reati (tutti inseriti nell'art. 25-octies, D.Lgs. n. 231/2001) di ricettazione (art. 648 c.p.), riciclaggio (art. 648-bis c.p.), autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.) e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.); in particolare: (i) rientrano ora nei reati presupposto dei delitti di riciclaggio e autoriciclaggio anche i delitti colposi (e non solo, quindi, quelli dolosi) e le contravvenzioni di una determinata gravità; l'operatività della fattispecie criminosa della ricettazione (in precedenza limitata ai delitti) è estesa a tutti i "reati"; (ii) sono previste riduzioni di pena per il "riciclaggio bagatellare" (casi di particolare tenuità); (iii) sono state rimodulate le pene in relazione a determinate circostanze (a esempio, per il reato di ricettazione è previsto un incremento sanzionatorio nei casi in cui il reato risulti commesso nell’esercizio di attività professionale (come già previsto con riferimento ai delitti di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, i quali anche richiedono, ai fini dell'aggravamento di pena, che il soggetto obbligato al rispetto della normativa antiriciclaggio abbia commesso il reato nell'esercizio della sua attività professionale);
- ha previsto norme in materia di giurisdizione e litispendenza volte a rendere più rapida ed efficiente la cooperazione transfrontaliera tra le Autorità.
In definitiva, l'ampliamento dei reati presupposto - che consentirà di perseguire vicende di riciclaggio ancora più ampie rispetto a quelle attualmente perseguibili in applicazione della normativa vigente sino all'entrata in vigore delle modifiche all'ordinamento penale nazionale apportate dal D.Lgs. n. 195/2021 - dovrà essere attentamente valutato ai fini di un eventuale aggiornamento del Modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal D.Lgs. n. 231/2001.
02.12.2021
Sulla Gazzetta ufficiale n. 284 del 29.11.2021, S.O. n. 40, è stato pubblicato il D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 184 - "Attuazione della direttiva (UE) 2019/713 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e che sostituisce la decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio" (entrata in vigore: 14 dicembre 2021). Il provvedimento ha integrato il catalogo dei reati-presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001, inserendo in quest'ultimo Decreto l'art. 25-octies.1 - "Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti".
I nuovi reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti sono i seguenti:
Sulla Gazzetta ufficiale n. 284 del 29.11.2021, S.O. n. 40, è stato pubblicato il D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 184 - "Attuazione della direttiva (UE) 2019/713 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e che sostituisce la decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio" (entrata in vigore: 14 dicembre 2021). Il provvedimento ha integrato il catalogo dei reati-presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001, inserendo in quest'ultimo Decreto l'art. 25-octies.1 - "Delitti in materia di strumenti di pagamento diversi dai contanti".
I nuovi reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti sono i seguenti:
- art. 493-ter, c.p. - «Indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti»;
- art. 493-quater, c.p. - «Detenzione e diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a commettere reati riguardanti strumenti di pagamento diversi dai contanti»;
- art. 640-ter, c.p. - «Frode informatica», nell'ipotesi aggravata dalla realizzazione di un trasferimento di denaro, di valore monetario o di valuta virtuale»;
- ogni altro delitto contro la fede pubblica (Libro II, Titolo VII, artt. 453-498, c.p.), contro il patrimonio (Libro II, Titolo XIII, artt. 648-ter.1) o che comunque offende il patrimonio previsto dal codice penale, quando ha ad oggetto strumenti di pagamento diversi dai contanti, salvo che il fatto integri altro illecito amministrativo sanzionato più gravemente dal D.Lgs. n. 231/2001 (art. 25-octies.1, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001).
30.11.2021
Con sentenza del 24.11.2021, la Corte di Cassazione, Sez. VI, è intervenuta sul seguente punto: «se l’indebito conseguimento di un finanziamento erogato da un istituto di credito in base al decreto-legge n. 23 del 2020 (c.d. decreto liquidità) avvalendosi della garanzia prestata dal Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, a sua volta coperta da garanzia dello Stato, a seguito di infedele dichiarazione o autocertificazione del richiedente circa la sussistenza dei requisiti di legge, configuri fatto penalmente rilevante».
La soluzione adottata dalla Suprema Corte è la seguente: «Il fatto integra il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, poiché la garanzia concessa dal Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese rientra tra le “altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate”, previste dall’art. 316-ter cod. pen. e manca nella condotta dell’agente l’elemento decettivo della truffa, poiché il soggetto erogatore è chiamato esclusivamente ad operare una presa d’atto dell’esistenza della formale dichiarazione del richiedente il finanziamento circa il possesso dei requisiti autocertificati, e non anche a compiere un’autonoma attività di accertamento. Ai fini del sequestro preventivo in funzione di confisca ex art. 322-ter cod. pen., il profitto del reato è costituito dall’importo del finanziamento illegittimamente conseguito».
Con sentenza del 24.11.2021, la Corte di Cassazione, Sez. VI, è intervenuta sul seguente punto: «se l’indebito conseguimento di un finanziamento erogato da un istituto di credito in base al decreto-legge n. 23 del 2020 (c.d. decreto liquidità) avvalendosi della garanzia prestata dal Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, a sua volta coperta da garanzia dello Stato, a seguito di infedele dichiarazione o autocertificazione del richiedente circa la sussistenza dei requisiti di legge, configuri fatto penalmente rilevante».
La soluzione adottata dalla Suprema Corte è la seguente: «Il fatto integra il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, poiché la garanzia concessa dal Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese rientra tra le “altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate”, previste dall’art. 316-ter cod. pen. e manca nella condotta dell’agente l’elemento decettivo della truffa, poiché il soggetto erogatore è chiamato esclusivamente ad operare una presa d’atto dell’esistenza della formale dichiarazione del richiedente il finanziamento circa il possesso dei requisiti autocertificati, e non anche a compiere un’autonoma attività di accertamento. Ai fini del sequestro preventivo in funzione di confisca ex art. 322-ter cod. pen., il profitto del reato è costituito dall’importo del finanziamento illegittimamente conseguito».
20.11.2021
Con sentenza del 3 novembre 2021, la Seconda Sezione del Tribunale di Roma ha accolto l’opposizione spiegata da un dottore commercialista avverso una sanzione comminata dal Ministero dell’Economia delle Finanze per presunta violazione delle norme antiriciclaggio concernenti l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette (c.d. “SOS”). Il giudice ha, infatti, ritenuto che affinché un’operazione sia ritenuta sospetta, e quindi assoggettabile all’obbligo di segnalazione all'UIF, non è sufficiente il dubbio (anche fondato) sulla liceità astratta dell’operazione stessa bensì è necessario anche il sospetto in merito alla provenienza illecita della provvista utilizzata per l’operazione.
Ciò in quanto non è configurabile alcun atto di riciclaggio (e, dunque, alcun obbligo di segnalazione) nel caso in cui le risorse utilizzate per l’operazione siano di provenienza lecita.
Con sentenza del 3 novembre 2021, la Seconda Sezione del Tribunale di Roma ha accolto l’opposizione spiegata da un dottore commercialista avverso una sanzione comminata dal Ministero dell’Economia delle Finanze per presunta violazione delle norme antiriciclaggio concernenti l’obbligo di segnalazione di operazioni sospette (c.d. “SOS”). Il giudice ha, infatti, ritenuto che affinché un’operazione sia ritenuta sospetta, e quindi assoggettabile all’obbligo di segnalazione all'UIF, non è sufficiente il dubbio (anche fondato) sulla liceità astratta dell’operazione stessa bensì è necessario anche il sospetto in merito alla provenienza illecita della provvista utilizzata per l’operazione.
Ciò in quanto non è configurabile alcun atto di riciclaggio (e, dunque, alcun obbligo di segnalazione) nel caso in cui le risorse utilizzate per l’operazione siano di provenienza lecita.
13.11.2021
Con la sentenza n. 40324 del 05.10.2021, la 3^ Sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che un componente del Collegio sindacale può essere condannato per il reato tributario di "indebita compensazione" - previsto dall'art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000 - se ha espresso parere favorevole all'acquisto di un credito inesistente.
La fattispecie in questione si riferisce, in particolare, a una delibera di acquisto di ramo di azienda di una società del quale faceva parte un credito IVA inesistente; il presidente del Collegio sindacale aveva espresso un parere favorevole all'adozione di questa delibera consiliare. La Corte Suprema ha confermato che non vi sono ostacoli, normativi o fattuali, alla configurabilità del concorso nel reato tributario, atteso che: (i)n la casistica giurisprudenziale ha ammesso la configurabilità dei reati tributari in capo al consulente fiscale; (ii) in via generale, ai fini della configurabilità della partecipazione nel reato ai sensi dell'art. 110, c.p., rilevano anche le condotte di agevolazione o di mero rafforzamento della volontà dell'autore "principale" del reato; (iii) dalle disposizioni contenute nel codice civile emerge che i componenti del Collegio sindacale sono in condizione di "confortare" le scelte degli organi sociali e che, per contro, devono attivarsi efficacemente per impedire le operazioni della persona giuridica, ove le ritengano illegittime.
Resta fermo, però, che la responsabilità del sindaco a titolo di concorso nel reato di indebita compensazione deve basarsi sulla sua "colpevolezza"; pertanto, la responsabilità penale deve essere riconosciuta solo ove si accerti che il sindaco abbia espresso il parere favorevole nella consapevolezza sia dell'inesistenza del credito fiscale sia della strumentalità dell'acquisto di tale credito al suo successivo utilizzo in compensazione (ex art. 17, D.Lgs. n. 241/1997).
Con la sentenza n. 40324 del 05.10.2021, la 3^ Sezione della Corte di Cassazione ha stabilito che un componente del Collegio sindacale può essere condannato per il reato tributario di "indebita compensazione" - previsto dall'art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000 - se ha espresso parere favorevole all'acquisto di un credito inesistente.
La fattispecie in questione si riferisce, in particolare, a una delibera di acquisto di ramo di azienda di una società del quale faceva parte un credito IVA inesistente; il presidente del Collegio sindacale aveva espresso un parere favorevole all'adozione di questa delibera consiliare. La Corte Suprema ha confermato che non vi sono ostacoli, normativi o fattuali, alla configurabilità del concorso nel reato tributario, atteso che: (i)n la casistica giurisprudenziale ha ammesso la configurabilità dei reati tributari in capo al consulente fiscale; (ii) in via generale, ai fini della configurabilità della partecipazione nel reato ai sensi dell'art. 110, c.p., rilevano anche le condotte di agevolazione o di mero rafforzamento della volontà dell'autore "principale" del reato; (iii) dalle disposizioni contenute nel codice civile emerge che i componenti del Collegio sindacale sono in condizione di "confortare" le scelte degli organi sociali e che, per contro, devono attivarsi efficacemente per impedire le operazioni della persona giuridica, ove le ritengano illegittime.
Resta fermo, però, che la responsabilità del sindaco a titolo di concorso nel reato di indebita compensazione deve basarsi sulla sua "colpevolezza"; pertanto, la responsabilità penale deve essere riconosciuta solo ove si accerti che il sindaco abbia espresso il parere favorevole nella consapevolezza sia dell'inesistenza del credito fiscale sia della strumentalità dell'acquisto di tale credito al suo successivo utilizzo in compensazione (ex art. 17, D.Lgs. n. 241/1997).
09.11.2021
Nella seduta dello scorso 4 novembre, dopo il previsto passaggio parlamentare, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale.
Completando, per quanto attiene al riciclaggio, la disciplina prevista dalla c.d. "direttiva PIF" (attuata con il D.Lgs. n. 75/2020), con questo provvedimento si è intervenuto sulle norme incriminatrici in materia includendo tra i reati presupposto, sulla base dei quali scattano i delitti di riciclaggio e autoriciclaggio, anche quelli “colposi” e le contravvenzioni.
In questo modo si è raggiunto l'obiettivo di assicurare un livello minimo di armonizzazione delle norme penali previste dagli ordinamenti degli Stati membri in materia di riciclaggio, con riguardo sia alla tipizzazione delle condotte sia al relativo trattamento sanzionatorio.
Di queste modifiche si dovrà, quindi, tener conto ai fini dell'aggiornamento dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Aggiornamento 03.12.2021: sulla Gazzetta ufficiale n. 285 del 30.11.2021, S.O. n. 41, è stato pubblicato il D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 195, recante la “Attuazione della direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante diritto penale”.
Nella seduta dello scorso 4 novembre, dopo il previsto passaggio parlamentare, il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto legislativo di attuazione della direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale.
Completando, per quanto attiene al riciclaggio, la disciplina prevista dalla c.d. "direttiva PIF" (attuata con il D.Lgs. n. 75/2020), con questo provvedimento si è intervenuto sulle norme incriminatrici in materia includendo tra i reati presupposto, sulla base dei quali scattano i delitti di riciclaggio e autoriciclaggio, anche quelli “colposi” e le contravvenzioni.
In questo modo si è raggiunto l'obiettivo di assicurare un livello minimo di armonizzazione delle norme penali previste dagli ordinamenti degli Stati membri in materia di riciclaggio, con riguardo sia alla tipizzazione delle condotte sia al relativo trattamento sanzionatorio.
Di queste modifiche si dovrà, quindi, tener conto ai fini dell'aggiornamento dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Aggiornamento 03.12.2021: sulla Gazzetta ufficiale n. 285 del 30.11.2021, S.O. n. 41, è stato pubblicato il D.Lgs. 8 novembre 2021, n. 195, recante la “Attuazione della direttiva (UE) 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante diritto penale”.
09.11.2021
Il Titolo IV del D.L. 6 novembre 2021, n. 152 - "Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose" - ha introdotto importanti modifiche al Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, adottato con il D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (cd. Codice antimafia), con richiami ai presidi di prevenzione di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, con l'art. 49 il Decreto legge ha inserito nel Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, l'art. 94-bis ("Misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale") , che prevede quanto segue: <<1. Il prefetto, quando accerta che i tentativi di infiltrazione mafiosa sono riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale, prescrive all'impresa, società o associazione interessata, con provvedimento motivato, l'osservanza, per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a dodici mesi, di una o più delle seguenti misure: a) adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione occasionale; ...>>.
Aggiornamento del 4 gennaio 2022: il D.L. n. 152/2021 è stato convertito, con modificazioni, dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233 (in S.O. n. 48, relativo alla G.U. 31/12/2021, n. 310).
Il Titolo IV del D.L. 6 novembre 2021, n. 152 - "Disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose" - ha introdotto importanti modifiche al Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, adottato con il D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (cd. Codice antimafia), con richiami ai presidi di prevenzione di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, con l'art. 49 il Decreto legge ha inserito nel Decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, l'art. 94-bis ("Misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale") , che prevede quanto segue: <<1. Il prefetto, quando accerta che i tentativi di infiltrazione mafiosa sono riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale, prescrive all'impresa, società o associazione interessata, con provvedimento motivato, l'osservanza, per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a dodici mesi, di una o più delle seguenti misure: a) adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione occasionale; ...>>.
Aggiornamento del 4 gennaio 2022: il D.L. n. 152/2021 è stato convertito, con modificazioni, dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233 (in S.O. n. 48, relativo alla G.U. 31/12/2021, n. 310).
25.06.2021
A circa sette anni dall'ultima versione (risalente al marzo 20214), Confindustria ha emanato le nuove “Linee Guida per la costruzione dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231”.
Il documento - che ha conservato la struttura della precedente versione - si compone di una "Parte generale" e di una "Appendice: Case study".
La Parte generale tratta i seguenti argomenti:
Le nuove "Linee guida 231" tengono conto delle novità normative intervenute e di alcune pronunce giurisprudenziali.
Tra i temi interessati dalle novità/integrazioni, si segnalano i seguenti:
A circa sette anni dall'ultima versione (risalente al marzo 20214), Confindustria ha emanato le nuove “Linee Guida per la costruzione dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231”.
Il documento - che ha conservato la struttura della precedente versione - si compone di una "Parte generale" e di una "Appendice: Case study".
La Parte generale tratta i seguenti argomenti:
- I - I lineamenti della responsabilità da reato dell'ente;
- II - Individuazione dei rischi e dei protocolli;
- III - Codice etico o di comportamento e sistema disciplinare;
- IV - L'Organismo di Vigilanza;
- V - La responsabilità da reato nei gruppi di imprese
- VI - Modelli organizzativi e soglie dimensionali: una chiave di lettura per le piccole imprese.
Le nuove "Linee guida 231" tengono conto delle novità normative intervenute e di alcune pronunce giurisprudenziali.
Tra i temi interessati dalle novità/integrazioni, si segnalano i seguenti:
- tassatività dell'elenco dei reati-presupposto: nel capitolo I (“I lineamenti della responsabilità da reato dell’ente”), le Linee guida evidenziano che il principio di tassatività dei reati-presupposto (connesso al principio di legalità di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 231/2001) potrebbe essere messo in discussione a seguito dell’introduzione della fattispecie di autoriciclaggio (ex art. 648-ter.1 c.p. - v. art. 25-octies, DF.Lgs. n. 231/2001);
- interesse o vantaggio: nel menzionato capitolo I, le Linee guida richiamano la più recente giurisprudenza di legittimità, che valorizza la componente finalistica della condotta e il risparmio di spesa (o la massimizzazione della produzione) nell’individuazione dei predetti criteri di imputazione oggettiva;
- responsabilità nei gruppi di imprese: nel capitolo V ("La responsabilità da reato nei gruppi di imprese"), con riferimento alla possibilità di estendere la responsabilità da reato anche alle società collegate, le Linee guida precisano che queste ultime possono essere considerate responsabili solo qualora: (i) possa ritenersi che la holding abbia ricevuto un concreto vantaggio o perseguito un effettivo interesse a mezzo del reato commesso nell’ambito dell’attività svolta da altra società; (ii) il soggetto che agisce per conto della holding concorra con il soggetto che commette il reato per conto della persona giuridica controllata; a quest'ultimo proposito si precisa che la giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., sez. II, n. 52316/2016) afferma che, in assenza di concorso, è sufficiente che il soggetto agente abbia perseguito anche un interesse della holding (realizzando, così, quell’interesse misto di cui al combinato disposto degli artt. 5, comma 2, 12, comma 1, lett. a) e 13, ultimo comma, D.Lgs. n. 231/2001), da valutare sempre in concreto.
- sanzioni interdittive: le Linee guida tengono conto delle modifiche apportate dalla Legge n. 3/2019 (c.d. "Legge Spazzacorrotti"), che per determinate fattispecie incriminatrici contro la Pubblica Amministrazione ha differenziato il trattamento sanzionatorio a seconda che il reato sia stato commesso da un soggetto apicale (nel qual caso la durata della sanzione sarà compresa tra i quattro e i sette anni) o da un soggetto subordinato (tra due e quattro anni). Per gli stessi reati individuati da questa Legge, le sanzioni interdittive sono invece applicate nella misura base- prevista dall'art. 13, D.Lgs. n. 231/2001 - qualora l’ente, prima della sentenza di primo grado, si sia adoperato per evitare ulteriori conseguenze del reato, abbia collaborato con l’Autorità giudiziaria e abbia adottato modelli organizzativi idonei;
- sistema integrato di gestione dei rischi: nel capitolo II ("Individuazione dei rischi e dei protocolli"), le Linee guida sottolineano i vantaggi offerti dall'adozione di un sistema di "compliance integrata" anche ai fini del D.Lgs. n. 231/2001, per evitare gli inconvenienti conseguente a un approccio più "tradizionale" e per conseguire i seguenti benefici: (i) "razionalizzare le attività (in termini di risorse, sistemi, ecc.)"; (ii) "migliorare l'efficacia ed efficienza delle attività di compliance"; (iii) "facilitare la condivisione delle informazioni attraverso una visione integrata delle diverse esigenze di compliance, anche attraverso l’esecuzione di risk assessment congiunti, e la manutenzione periodica dei programmi di compliance (ivi incluse le modalità di gestione delle risorse finanziarie, in quanto rilevanti ed idonee ad impedire la commissione di molti dei reati espressamente previsti come fondanti la responsabilità degli enti)". Al riguardo, si precisa che "un approccio integrato dovrebbe, quindi, contemplare procedure comuni che garantiscano efficienza e snellezza e che non generino sovrapposizione di ruoli (o mancanza di presidi), duplicazioni di verifiche e di azioni correttive, in termini più ampi, di conformità rispetto alla copiosa normativa di riferimento, laddove tali ruoli rispettivamente incidano e insistano sui medesimi processi. Le società tenute al rispetto delle diverse normative dovrebbero valutare l’opportunità di predisporre o integrare tali procedure tenendo conto delle peculiarità sottese a ciascuna di esse, portando a sintesi gli adempimenti, individuando le modalità per intercettare e verificare gli eventi economici e finanziari dell’impresa nell’ottica del corretto agire";
- flussi informativi verso l'Organismo di Vigilanza: sempre nel capitolo II, le Linee guida evidenziano "l’importanza di definire, tra le informazioni da produrre per l’OdV, quelle che consentano di determinare indicatori idonei a fornire tempestive segnalazioni dell’esistenza o dell’insorgenza di situazioni di criticità generale e/o particolare, al fine di permettere all’Organismo stesso ed eventualmente agli altri attori coinvolti, un monitoraggio continuo basato sull’analisi di potenziali red flag";
- sistemi di controllo ai fini della compliance fiscale: ancora in tema di presidi di controllo, relativamente all'ambito della fiscalità (con specifico riferimento ai reati tributari di cui all'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001), le Linee guida affermano che: (i) il c.d. "Tax Control Framework" - di cui allo speciale regime di "adempimento collaborativo" introdotto dal D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128, comprensivo di procedure di risk assessment e di risk management - "rappresenta un ulteriore sistema che consente alle società di valutare e mitigare il rischio fiscale nel suo complesso (valorizzando tutti i modelli di gestione dei rischi presenti) e quindi di rafforzare il relativo presidio"; (ii) anche per le società che non possono avvalersi del richiamato regime, "gli elementi di fondo in esso contenuti possono essere utili nell’aggiornamento del modello organizzativo volto alla prevenzione del rischio fiscale. ... In proposito pare anzi farsi largo la convinzione che le imprese possano adottare il TCF indipendentemente dall’adesione o meno al regime di adempimento collaborativo con l’Agenzia delle Entrate affermato nella Circolare n. 216816/2020 della Guardia di Finanza. In tal caso, il TFC, pur mancando della validazione dell’Agenzia delle Entrate, resta comunque un protocollo strutturato che ben rafforza il MOG231 sul punto della prevenzione dei reati fiscali";
- sistemi di certificazione: pur se l'adozione di sistemi di certificazione dei sistemi aziendali (es.: in materia antinfortunistica - UNI-INAIL o BS OHSAS 18001 o ISO 45001 -, ambientale - EMAS o ISO14001 -, di sicurezza informatica - ISO 27001 -, di qualità - UNI ISO 9001 -, anticorruzione - UNI ISO 37001 e, si aggiunge, benché non menzionato nelle Linee guida, in materia di compliance - UNI ISO 37301:2021) non esclude di per sé la responsabilità dell'ente derivante da reato, in "ogni caso, implementare un sistema certificato di misure organizzative e preventive è segno di un’inclinazione dell’ente alla cultura del rispetto delle regole, che sicuramente può costituire la base per la costruzione di modelli tesi alla prevenzione di reati-presupposto";
- whistleblowing: le Linee guida tengono conto delle novità recate dal D.Lgs. n. 179/2017, che ha introdotto nell'art. 6 del D.Lgs. n. 231/2001 i nuovi commi 2-bis, 2-ter e 2-quater all’articolo 6. Le Linee Guida evidenziano la necessità, per le imprese dotate del modello organizzativo, di disciplinare le modalità per effettuare le segnalazioni e le modalità di gestione delle stesse, distinguendo fasi e responsabilità, eventualmente anche attraverso l’introduzione di una procedura ad hoc. Confindustria rileva, poi, la necessità di prevedere una pluralità di canali attivabili, uno dei quali deve “garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell’identità del segnalante”; a tal proposito le Linee guida suggeriscono che tali modalità potrebbero essere realizzate attraverso l’utilizzo di piattaforme informatiche anche gestite da terze parti indipendenti e specializzate, oppure con l’attivazione di caselle di posta elettronica dedicate. Con riferimento al canale alternativo, lo stesso potrebbe invece consistere nel servizio postale ordinario ovvero nel deposito fisico presso cassette ad hoc;
- comunicazione delle informazioni non finanziarie: inoltre, le Linee guida si soffermano - in un apposito paragrafo, sugli adempimenti necessari in ottemperanza al D.Lgs. n. 254/2016, che ha recepito la Direttiva 95/2014/UE, finalizzata a aumentare la trasparenza delle informazioni sull’attività d’impresa. Tale normativa prevede, in particolare, che gli enti di interesse pubblico (ex art. 16, comma 1, D.Lgs. n. 39/2010) con determinate caratteristiche, redigano una dichiarazione contenente informazioni di carattere non finanziario (c.d. DNF; es.: quelle ambientali, sociali, in merito al rispetto dei diritti umani e quelle relative al modello organizzativo). Come richiamato nelle nuove Linee guida, la dichiarazione dovrà comparare le informazioni riportate con quelle relative agli esercizi precedenti, dando atto della metodologia autonoma di rendicontazione utilizzata, ovvero dello standard adottato, tra quelli emanati dagli organismi sovranazionali, internazionali o nazionali a ciò deputati (specificando anche se diverso rispetto al precedente);
- Organismo di Vigilanza e Collegio sindacale - Flussi informativi: infine, le Linee guida sottolineano l’importanza della previsione di un un budget annuale a disposizione dell'OdV e si soffermano sui rapporti tra Organismo di Vigilanza e Collegio sindacale. Si è ritenuto utile menzionare l'opportunità di prevedere flussi ad evento da parte del Collegio sindacale nonché l’opportunità di prevedere una più stretta collaborazione con la funzione di Internal Audit sulle risultanze delle rispettive attività di verifica “pur nel rispetto dei rispettivi ruoli nel sistema dei controlli interni”.
12.06.2021
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 138 dell’11 giugno 2021 è stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 81, del 14 aprile 2021, recante il regolamento in materia di notifiche degli incidenti aventi impatto su reti, sistemi informativi e servizi informatici di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), del D.L. n. 105/2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 133, e di misure volte a garantire elevati livelli di sicurezza. I reati di cui all'art. 1, comma 11, del D.L. n. 105/2019 sono inclusi nel catalogo dei reati-presupposto di cui all'art. 24-bis, D.Lgs. n. 231/2001; la disposizione incriminatrice prevede quanto segue: <<Chiunque, allo scopo di ostacolare o condizionare l'espletamento dei procedimenti di cui al comma 2, lettera b), o al comma 6, lettera a), o delle attività ispettive e di vigilanza previste dal comma 6, lettera c), fornisce informazioni, dati o elementi di fatto non rispondenti al vero, rilevanti per la predisposizione o l'aggiornamento degli elenchi di cui al comma 2, lettera b), o ai fini delle comunicazioni di cui al comma 6, lettera a), o per lo svolgimento delle attività ispettive e di vigilanza di cui al comma 6), lettera c) od omette di comunicare entro i termini prescritti i predetti dati, informazioni o elementi di fatto, è punito con la reclusione da uno a tre anni.>>
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 138 dell’11 giugno 2021 è stato pubblicato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 81, del 14 aprile 2021, recante il regolamento in materia di notifiche degli incidenti aventi impatto su reti, sistemi informativi e servizi informatici di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), del D.L. n. 105/2019, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 133, e di misure volte a garantire elevati livelli di sicurezza. I reati di cui all'art. 1, comma 11, del D.L. n. 105/2019 sono inclusi nel catalogo dei reati-presupposto di cui all'art. 24-bis, D.Lgs. n. 231/2001; la disposizione incriminatrice prevede quanto segue: <<Chiunque, allo scopo di ostacolare o condizionare l'espletamento dei procedimenti di cui al comma 2, lettera b), o al comma 6, lettera a), o delle attività ispettive e di vigilanza previste dal comma 6, lettera c), fornisce informazioni, dati o elementi di fatto non rispondenti al vero, rilevanti per la predisposizione o l'aggiornamento degli elenchi di cui al comma 2, lettera b), o ai fini delle comunicazioni di cui al comma 6, lettera a), o per lo svolgimento delle attività ispettive e di vigilanza di cui al comma 6), lettera c) od omette di comunicare entro i termini prescritti i predetti dati, informazioni o elementi di fatto, è punito con la reclusione da uno a tre anni.>>
10.06.2021
Con la sentenza n. 22256 depositata il 10 giugno 2021, con riferimento alla responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001 in relazione a un reato di lesioni colpose con violazione della normativa antinfortunistica, la Corte di Cassazione si è espressa sulla verifica della sussistenza dell' "interesse o vantaggio". In particolare, "per evitare che questa (ndr: la norma sull'interesse o vantaggio, appunto) venga applicata in automatico dilatando a dismisura il suo ambito di operatività ad ogni caso di mancata adozione di qualsivoglia misura di prevenzione", la Suprema Corte ha affermato la seguente massima:
Con la sentenza n. 22256 depositata il 10 giugno 2021, con riferimento alla responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001 in relazione a un reato di lesioni colpose con violazione della normativa antinfortunistica, la Corte di Cassazione si è espressa sulla verifica della sussistenza dell' "interesse o vantaggio". In particolare, "per evitare che questa (ndr: la norma sull'interesse o vantaggio, appunto) venga applicata in automatico dilatando a dismisura il suo ambito di operatività ad ogni caso di mancata adozione di qualsivoglia misura di prevenzione", la Suprema Corte ha affermato la seguente massima:
- "In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi costituiscono principi pacifici nella giurisprudenza della Corte quelli secondo cui: - i concetti di interesse e vantaggio, vanno di necessità riferiti alla condotta e non all'evento; - tali criteri di imputazione oggettiva sono alternativi e concorrenti tra loro, in quanto ricorre il requisito dell'interesse qualora l'autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un'utilità per l'ente, mentre sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi ed un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto".
10.05.2021
Con la sentenza n. 17166 depositata il 5 maggio 2021, la Corte di Cassazione si è espressa sulle modalità attuative del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all'art. 11, D.Lgs. n. 74/2000.
Nella specie, con riferimento a una vendita di beni immobili palesemente simulata, la Corte Suprema ha precisato che la responsabilità penale non è esclusa dalla circostanza che si sia trattato di una simulazione relativa e che una parte del prezzo sia stata corrisposta. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al Portale www.italianlaw231.com.
Con la sentenza n. 17166 depositata il 5 maggio 2021, la Corte di Cassazione si è espressa sulle modalità attuative del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all'art. 11, D.Lgs. n. 74/2000.
Nella specie, con riferimento a una vendita di beni immobili palesemente simulata, la Corte Suprema ha precisato che la responsabilità penale non è esclusa dalla circostanza che si sia trattato di una simulazione relativa e che una parte del prezzo sia stata corrisposta. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al Portale www.italianlaw231.com.
14.04.2021
Con la sentenza n. 10748 del 15 ottobre 2020, depositata il 7 aprile 2021, il Tribunale di Milano, Sez. II, si è espresso, tra l'altro, in ordine al reato di false comunicazioni sociali e all'inidoneità del Modello 231 per carente vigilanza dell'apposito Organismo. Per approfondimenti si rinvia al Portale www.italianlaw231.com.
Con la sentenza n. 10748 del 15 ottobre 2020, depositata il 7 aprile 2021, il Tribunale di Milano, Sez. II, si è espresso, tra l'altro, in ordine al reato di false comunicazioni sociali e all'inidoneità del Modello 231 per carente vigilanza dell'apposito Organismo. Per approfondimenti si rinvia al Portale www.italianlaw231.com.
14.04.2021
Lo standard internazionale ISO 19600:2014 è stato sostituito dalla nuova norma internazionale ISO 37301:2021 - <<Compliance management systems - Requirements with guidance for use>>. Il nuovo standard, più che solo sostituire la ISO 19600 (in Italia UNI ISO 19600:2016 - <<Sistemi di gestione della conformità (compliance) - Linee guida>>, ne rappresenta una evoluzione, da norma di sistema di gestione di tipo B, ossia espresso in forma di linee guida e quindi a rigore non certificabile, a sistema di gestione di tipo A, riportante cioè requisiti prescrittivi, quindi possibile riferimento per una certificazione di sistema. Sono in corso i lavori per l'adozione e la traduzione della corrispondente norma italiana (UNI ISO 37301).
La ISO 37301 fa parte di un "pacchetto" di norme in tema di governance e compliance aziendale; tra queste: (i) UNI ISO 37001:2016 - <<Sistemi di gestione per la prevenzione della corruzione - Requisiti e guida all'utilizzo>>; (ii) ISO 37002 - <<Whistleblowing management systems – Guidelines>>, la cui adozione è prevista per giugno 2021.
Tra le novità introdotte, si segnalano: organismo di governo, funzione di compliance, processo di valutazione dei rischi di compliance.
Lo standard internazionale ISO 19600:2014 è stato sostituito dalla nuova norma internazionale ISO 37301:2021 - <<Compliance management systems - Requirements with guidance for use>>. Il nuovo standard, più che solo sostituire la ISO 19600 (in Italia UNI ISO 19600:2016 - <<Sistemi di gestione della conformità (compliance) - Linee guida>>, ne rappresenta una evoluzione, da norma di sistema di gestione di tipo B, ossia espresso in forma di linee guida e quindi a rigore non certificabile, a sistema di gestione di tipo A, riportante cioè requisiti prescrittivi, quindi possibile riferimento per una certificazione di sistema. Sono in corso i lavori per l'adozione e la traduzione della corrispondente norma italiana (UNI ISO 37301).
La ISO 37301 fa parte di un "pacchetto" di norme in tema di governance e compliance aziendale; tra queste: (i) UNI ISO 37001:2016 - <<Sistemi di gestione per la prevenzione della corruzione - Requisiti e guida all'utilizzo>>; (ii) ISO 37002 - <<Whistleblowing management systems – Guidelines>>, la cui adozione è prevista per giugno 2021.
Tra le novità introdotte, si segnalano: organismo di governo, funzione di compliance, processo di valutazione dei rischi di compliance.
08.04.2021
Il 6 aprile 2021 è stato sottoscritto il nuovo "Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro". Il documento aggiorna e rinnova i precedenti accordi (risalente a un anno fa circa) su
invito del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute, che hanno promosso un nuovo confronto tra le Parti sociali, in attuazione della disposizione di cui all’articolo 1, comma 1, numero 9), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020, che - in relazione alle attività professionali e alle attività produttive - raccomanda intese tra organizzazioni datoriali e sindacali.
Come specificato nella "Premessa":
<<Il documento tiene conto delle misure di contrasto e di contenimento della diffusione del SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro, già contenute nei Protocolli condivisi sottoscritti successivamente alla dichiarazione dello stato di emergenza, in particolare il 14 marzo e il 24 aprile 2020, sviluppati anche con il contributo tecnico-scientifico dell’INAIL.
Il ... Protocollo aggiorna tali misure tenuto conto dei vari provvedimenti adottati dal Governo e, da ultimo, del dPCM 2 marzo 2021, nonché di quanto emanato dal Ministero della salute. A tal fine, contiene linee guida condivise tra le Parti per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio, ovverosia Protocollo di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV- 2/COVID-19 negli ambienti di lavoro.
La prosecuzione delle attività produttive può infatti avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione. La mancata attuazione del Protocollo, che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.>>
E' opportuno che il rispetto delle indicazioni fornite dal nuovo Protocollo siano oggetto di verifica/monitoraggio da parte dell'Organismo di Vigilanza ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
Il 6 aprile 2021 è stato sottoscritto il nuovo "Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro". Il documento aggiorna e rinnova i precedenti accordi (risalente a un anno fa circa) su
invito del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro della salute, che hanno promosso un nuovo confronto tra le Parti sociali, in attuazione della disposizione di cui all’articolo 1, comma 1, numero 9), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020, che - in relazione alle attività professionali e alle attività produttive - raccomanda intese tra organizzazioni datoriali e sindacali.
Come specificato nella "Premessa":
<<Il documento tiene conto delle misure di contrasto e di contenimento della diffusione del SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro, già contenute nei Protocolli condivisi sottoscritti successivamente alla dichiarazione dello stato di emergenza, in particolare il 14 marzo e il 24 aprile 2020, sviluppati anche con il contributo tecnico-scientifico dell’INAIL.
Il ... Protocollo aggiorna tali misure tenuto conto dei vari provvedimenti adottati dal Governo e, da ultimo, del dPCM 2 marzo 2021, nonché di quanto emanato dal Ministero della salute. A tal fine, contiene linee guida condivise tra le Parti per agevolare le imprese nell’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio, ovverosia Protocollo di regolamentazione per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV- 2/COVID-19 negli ambienti di lavoro.
La prosecuzione delle attività produttive può infatti avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione. La mancata attuazione del Protocollo, che non assicuri adeguati livelli di protezione determina la sospensione dell’attività fino al ripristino delle condizioni di sicurezza.>>
E' opportuno che il rispetto delle indicazioni fornite dal nuovo Protocollo siano oggetto di verifica/monitoraggio da parte dell'Organismo di Vigilanza ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
19.03.2021
Con la sentenza n. 10106, depositata il 16 marzo 2021, la Corte di Cassazione, Sez. III, è intervenuta sulle modalità di attuazione del reato di distruzione o occultamento di documenti contabili, ex art. 10. D.Lgs. n. 74/2000. In particolare, la Corte Suprema ha precisato che: (i) il reato sussiste anche in caso di impossibilità temporanea, per il contribuente, di consegna dei documenti contabili all'atto della richiesta del Fisco, ritrovati e consegnati in epoca successiva; (ii) la fattispecie criminosa è un "reato di pericolo", che si configura al momento del rifiuto di consegna; (iii) l'occultamento è un reato permanente.
Con la sentenza n. 10106, depositata il 16 marzo 2021, la Corte di Cassazione, Sez. III, è intervenuta sulle modalità di attuazione del reato di distruzione o occultamento di documenti contabili, ex art. 10. D.Lgs. n. 74/2000. In particolare, la Corte Suprema ha precisato che: (i) il reato sussiste anche in caso di impossibilità temporanea, per il contribuente, di consegna dei documenti contabili all'atto della richiesta del Fisco, ritrovati e consegnati in epoca successiva; (ii) la fattispecie criminosa è un "reato di pericolo", che si configura al momento del rifiuto di consegna; (iii) l'occultamento è un reato permanente.
04.02.2021
In occasione dell'evento "Tefisco 2021", organizzato dal quotidiano IlSole-24 Ore, la Guardia di Finanza ha fornito una risposta in merito alle procedure adottate dalla polizia giudiziaria nell'ipotesi di inoltro alla Procura della Repubblica di una segnalazione di un reato rilevante ai fini della responsabilità dell'ente ai sensi del Decreto legislativo n. 231 del 2001 (nella specie: delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000).
In particolare, rispondendo a uno specifico quesito il Corpo ha precisato, in sintesi, quanto segue:
In occasione dell'evento "Tefisco 2021", organizzato dal quotidiano IlSole-24 Ore, la Guardia di Finanza ha fornito una risposta in merito alle procedure adottate dalla polizia giudiziaria nell'ipotesi di inoltro alla Procura della Repubblica di una segnalazione di un reato rilevante ai fini della responsabilità dell'ente ai sensi del Decreto legislativo n. 231 del 2001 (nella specie: delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000).
In particolare, rispondendo a uno specifico quesito il Corpo ha precisato, in sintesi, quanto segue:
- unitamente all'inoltro della segnalazione di notizia di reato nei confronti delle persone ritenute responsabile del reato, la Guardia di Finanza procede a segnalare al Pubblico Ministero anche la posizione della società che ha beneficiato della "falsa fatturazione", rappresentando tutte le circostanze di fatto utili a delineare l'eventuale responsabilità dell'ente;
- a quest'ultimo proposito, l'attenzione dei militari si rivolge a tutti gli elementi rilevanti: esistenza di un interesse o vantaggio in capo all'ente; adozione (o meno) del "Modello 231"; idoneità del "Modello" a prevenire la commissione di reati della specie di quello presupposto, contestato alla persona fisica (ossia, nella specie, previsione di misure di controllo relativamente al ciclo passivo/approvvigionamenti delle forniture); atteggiamento psicologico che ha caratterizzato la condotta dell'agente, al fine di verificare eventuali fenomeni di "dissociazione" tra la volontà dell'ente e quello della persona fisica autrice del reato, con conseguente esonero di responsabilità dell'ente.
28.01.2021
Con la sentenza n. 2270, depositata il 20 gennaio 2021, la Corte di Cassazione si è espressa in ordine alla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000) da parte di un responsabile amministrativo di una società privo di poteri di rappresentanza. Confermando il provvedimento di sequestro preventivo emesso a suo carico dal giudice, la Corte Suprema ha evidenziato la "piena e diretta partecipazione dell’indagato all’illecito" e l’irrilevanza del fatto che non vi fosse "prova dell’apposizione della firma dell’indagato sulle dichiarazioni fiscali"; per ulteriori approfondimenti vai al Portale www.italianlaw231.com.
Con la sentenza n. 2270, depositata il 20 gennaio 2021, la Corte di Cassazione si è espressa in ordine alla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000) da parte di un responsabile amministrativo di una società privo di poteri di rappresentanza. Confermando il provvedimento di sequestro preventivo emesso a suo carico dal giudice, la Corte Suprema ha evidenziato la "piena e diretta partecipazione dell’indagato all’illecito" e l’irrilevanza del fatto che non vi fosse "prova dell’apposizione della firma dell’indagato sulle dichiarazioni fiscali"; per ulteriori approfondimenti vai al Portale www.italianlaw231.com.
14.01.2021
ISO ha emanato le Linee guide generali per gestire gli aspetti di sicurezza sul lavoro durante la pandemia COVID-19: ISO/PAS 45005:2020.
Il documento contiene linee guide per tutelare i lavori e le altre parti interessate pertinenti (es.: visitatori di un luogo di lavoro, pubblico, ecc.), secondo il ciclo PDCA (Plan-Do-Check-Act).
ISO ha emanato le Linee guide generali per gestire gli aspetti di sicurezza sul lavoro durante la pandemia COVID-19: ISO/PAS 45005:2020.
Il documento contiene linee guide per tutelare i lavori e le altre parti interessate pertinenti (es.: visitatori di un luogo di lavoro, pubblico, ecc.), secondo il ciclo PDCA (Plan-Do-Check-Act).
11.12.2020
Il "Committee of Sponsoring Organizations of the Treadway Commission COSO)" ha pubblicato (l'11.11.2020) la nuova guida <<Compliance Risk Management - Applying the COSO ERM Framework>>.
La pubblicazione descrive l'applicazione dell' "Enterprise Risk Management — Integrating with Strategy and Performance (ERM Framework)" alla gestione dei rischi di compliance. La guida, commissionata da COSO e redatta dalla Society of Corporate Compliance and Ethics & Health Care Compliance Association (SCCE & HCCA), descrive le caratteristiche dei programmi di compliance ed etica (C&E) efficaci, associati a ciascuna delle cinque componenti e 20 principi sottostanti del "COSO ERM Framework" (2013).
Il "Committee of Sponsoring Organizations of the Treadway Commission COSO)" ha pubblicato (l'11.11.2020) la nuova guida <<Compliance Risk Management - Applying the COSO ERM Framework>>.
La pubblicazione descrive l'applicazione dell' "Enterprise Risk Management — Integrating with Strategy and Performance (ERM Framework)" alla gestione dei rischi di compliance. La guida, commissionata da COSO e redatta dalla Society of Corporate Compliance and Ethics & Health Care Compliance Association (SCCE & HCCA), descrive le caratteristiche dei programmi di compliance ed etica (C&E) efficaci, associati a ciascuna delle cinque componenti e 20 principi sottostanti del "COSO ERM Framework" (2013).
10.12.2020
L'Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia (UIF) ha pubblicato il Quaderno dell'antiriciclaggio 15/2020 dal titolo "Un indicatore sintetico per individuare le società cosiddette cartiere". Il sommario della pubblicazione è il seguente (l'enfasi è aggiunta):
<<Il lavoro analizza le caratteristiche delle società cosiddette “cartiere”, imprese che emettono fatture per operazioni inesistenti consentendo a imprese produttive di utilizzarle sia a fini di evasione fiscale, indicando in bilancio costi inesistenti, sia a fini di riciclaggio o per altri scopi illegali. Sulla base delle informazioni disponibili viene sviluppato, utilizzando dati di bilancio, un indicatore sintetico che segnala la presenza di caratteristiche tipiche di una cartiera. Una prima verifica empirica della significatività dell’indicatore, effettuata utilizzando il database dell’Unità d’Informazione Finanziaria per l’Italia nell’analisi delle operazioni sospette segnalate all’Unità, rileva che a valori molto bassi dell’indicatore corrispondono più frequentemente società segnalate per frodi nelle fatturazioni e/o per frodi nell’IVA intracomunitaria rispetto a quelle segnalate per altri fenomeni. L’indicatore può essere uno strumento di supporto nell’effettuare un primo screening sulle società potenziali cartiere. Necessari rimangono comunque ulteriori approfondimenti finanziari, amministrativi e fiscali.>>
L'Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia (UIF) ha pubblicato il Quaderno dell'antiriciclaggio 15/2020 dal titolo "Un indicatore sintetico per individuare le società cosiddette cartiere". Il sommario della pubblicazione è il seguente (l'enfasi è aggiunta):
<<Il lavoro analizza le caratteristiche delle società cosiddette “cartiere”, imprese che emettono fatture per operazioni inesistenti consentendo a imprese produttive di utilizzarle sia a fini di evasione fiscale, indicando in bilancio costi inesistenti, sia a fini di riciclaggio o per altri scopi illegali. Sulla base delle informazioni disponibili viene sviluppato, utilizzando dati di bilancio, un indicatore sintetico che segnala la presenza di caratteristiche tipiche di una cartiera. Una prima verifica empirica della significatività dell’indicatore, effettuata utilizzando il database dell’Unità d’Informazione Finanziaria per l’Italia nell’analisi delle operazioni sospette segnalate all’Unità, rileva che a valori molto bassi dell’indicatore corrispondono più frequentemente società segnalate per frodi nelle fatturazioni e/o per frodi nell’IVA intracomunitaria rispetto a quelle segnalate per altri fenomeni. L’indicatore può essere uno strumento di supporto nell’effettuare un primo screening sulle società potenziali cartiere. Necessari rimangono comunque ulteriori approfondimenti finanziari, amministrativi e fiscali.>>
07.12.2020
Intervenendo sul tema dell'abuso del diritto (di cui ai commi 12 e 13 dell'art. 10-bis della Legge 27 luglio 2000, n. 212), con l'ordinanza n. 24839, depositata il 6 novembre 2020, la Corte di Cassazione ha precisato quanto segue: va sempre garantita la libertà del contribuente di scegliere tra operazioni che determinano un differente carico fiscale e il divieto di comportamenti abusivi non vale quando le operazioni abbiano giustificazioni economiche diverse dal conseguimento del mero risparmio d'imposta.
Intervenendo sul tema dell'abuso del diritto (di cui ai commi 12 e 13 dell'art. 10-bis della Legge 27 luglio 2000, n. 212), con l'ordinanza n. 24839, depositata il 6 novembre 2020, la Corte di Cassazione ha precisato quanto segue: va sempre garantita la libertà del contribuente di scegliere tra operazioni che determinano un differente carico fiscale e il divieto di comportamenti abusivi non vale quando le operazioni abbiano giustificazioni economiche diverse dal conseguimento del mero risparmio d'imposta.
12.11.2020
L'Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia (UIF) ha aggiornato gli "Schemi rappresentativi di comportamenti anomali ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lettera b), del d.lgs. 231/2007" relativi alla "Operatività connessa con illeciti fiscali"; il documento assume rilevanza - oltre che ai fini della normativa in materia di prevenzione del riciclaggio - anche in relazione alla prevenzione dei reati tributari mediante l'implementazione del "Modello di organizzazione, gestione e controllo" ex D.Lgs. n. 231/2001 e del "Tax Control Framework" aziendale.
Tali schemi sostituiscono quelli diffusi con le comunicazioni della UIF del 15 febbraio 2010 e del 23 aprile 2012, rispettivamente, in tema di frodi sull’IVA intracomunitaria e in materia di frodi fiscali internazionali e frodi nelle fatturazioni.
I tre nuovi schemi si riferiscono a:
L'Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia (UIF) ha aggiornato gli "Schemi rappresentativi di comportamenti anomali ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lettera b), del d.lgs. 231/2007" relativi alla "Operatività connessa con illeciti fiscali"; il documento assume rilevanza - oltre che ai fini della normativa in materia di prevenzione del riciclaggio - anche in relazione alla prevenzione dei reati tributari mediante l'implementazione del "Modello di organizzazione, gestione e controllo" ex D.Lgs. n. 231/2001 e del "Tax Control Framework" aziendale.
Tali schemi sostituiscono quelli diffusi con le comunicazioni della UIF del 15 febbraio 2010 e del 23 aprile 2012, rispettivamente, in tema di frodi sull’IVA intracomunitaria e in materia di frodi fiscali internazionali e frodi nelle fatturazioni.
I tre nuovi schemi si riferiscono a:
- utilizzo o emissioni di fatture per operazioni inesistenti;
- frodi sull'IVA intracomunitaria;
- frodi fiscali internazionali e altre forme di evasione fiscale internazionale.
20.09.2020
Con la sentenza n. 19377, depositata il 17 settembre 2020, la Corte di Cassazione si è espressa in ordine all'onere della prova da parte dell'Amministrazione finanziaria nel caso di utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Con tale pronuncia i giudici di legittimità hanno ribadito il seguente principio: in caso di contestazione di fatture oggettivamente inesistenti, l’Ufficio deve solo dimostrare, anche in maniera indiziaria, che la prestazione riportata nei documenti contabili non sia stata posta in essere e non anche provare la malafede del contribuente.
Con la sentenza n. 19377, depositata il 17 settembre 2020, la Corte di Cassazione si è espressa in ordine all'onere della prova da parte dell'Amministrazione finanziaria nel caso di utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Con tale pronuncia i giudici di legittimità hanno ribadito il seguente principio: in caso di contestazione di fatture oggettivamente inesistenti, l’Ufficio deve solo dimostrare, anche in maniera indiziaria, che la prestazione riportata nei documenti contabili non sia stata posta in essere e non anche provare la malafede del contribuente.
18.09.2020
Il 1° settembre 2020 (per effetto della proroga disposta dall'art. 1, D.L. n. 28/2020, convertito dalla L. n. 70/2020) sono entrate in vigore le nuove norme in tema di intercettazioni telefoniche e ambientali (D.L. 30.12.2019, n. 161, "Modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni", convertito con modificazioni dalla L. 28.02.2020, n. 7),che prevedono la possibilità di utilizzare il "captatore informatico" anche per indagini relative a reati contro la Pubblica amministrazione.
Inizialmente l'entrata in vigore del nuovo regime era stata stabilita per il 26 luglio 2018; questo termine è stato più volte prorogato con successivi provvedimenti normativi.
Tra i punti qualificanti della riforma si segnala l'estensione del ricorso al "captatore informatico" nelle indagini aventi ad oggetto reati commessi da incaricati di pubblico servizio (art. 266, comma 2-bis, c.p.p., come modificato) e utilizzabilità delle intercettazioni effettuate con questo anche per la prova di reati diversi rispetto a quelli oggetto del decreto autorizzativo.
Il "captatore informatico" (o "trojan horse") è un "malware" (o "malicious software") che, una volta installato sui device elettronici, è in grado di monitorare ogni attività del dispositivo "infettato" (es.: messaggi, scritti attraverso qualsiasi piattaforma; geolocalizzazione; cronologia Internet); è, altresì, possibile l'attivazione da remoto della videocamera, per scattare foto, ovvero del microfono, per registrare l'audio ambientale.
Il provvedimento autorizzativo dell'intercettazione a mezzo di captatore deve indicare le ragioni che rendono necessaria tale modalità operativa (prima si utilizzava il termine "indispensabile", ora sostituito da "necessario").
La Corte Suprema aveva già previsto l'utilizzabilità di questo potente strumento investigativo nell’ambito delle indagini per i delitti di criminalità organizzata (Cass., Sezioni Unite Penali, sent. n. 15 del 28/4/2016); a seguito della riforma, lo stesso potrà essere utilizzato nell'ambito delle indagini per reati contro la Pubblica amministrazione (considerati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001).
I commi 1 e 1-bis del nuovo art. 270, c.p.p. prevedono quanto segue: "I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 2- bis c.p.p."; "i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possono essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione qualora risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti indicati dall'art. 266, comma 2-bis".
In estrema sintesi, gli altri punti qualificanti della riforma in discussione sono i seguenti:
Il 1° settembre 2020 (per effetto della proroga disposta dall'art. 1, D.L. n. 28/2020, convertito dalla L. n. 70/2020) sono entrate in vigore le nuove norme in tema di intercettazioni telefoniche e ambientali (D.L. 30.12.2019, n. 161, "Modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni", convertito con modificazioni dalla L. 28.02.2020, n. 7),che prevedono la possibilità di utilizzare il "captatore informatico" anche per indagini relative a reati contro la Pubblica amministrazione.
Inizialmente l'entrata in vigore del nuovo regime era stata stabilita per il 26 luglio 2018; questo termine è stato più volte prorogato con successivi provvedimenti normativi.
Tra i punti qualificanti della riforma si segnala l'estensione del ricorso al "captatore informatico" nelle indagini aventi ad oggetto reati commessi da incaricati di pubblico servizio (art. 266, comma 2-bis, c.p.p., come modificato) e utilizzabilità delle intercettazioni effettuate con questo anche per la prova di reati diversi rispetto a quelli oggetto del decreto autorizzativo.
Il "captatore informatico" (o "trojan horse") è un "malware" (o "malicious software") che, una volta installato sui device elettronici, è in grado di monitorare ogni attività del dispositivo "infettato" (es.: messaggi, scritti attraverso qualsiasi piattaforma; geolocalizzazione; cronologia Internet); è, altresì, possibile l'attivazione da remoto della videocamera, per scattare foto, ovvero del microfono, per registrare l'audio ambientale.
Il provvedimento autorizzativo dell'intercettazione a mezzo di captatore deve indicare le ragioni che rendono necessaria tale modalità operativa (prima si utilizzava il termine "indispensabile", ora sostituito da "necessario").
La Corte Suprema aveva già previsto l'utilizzabilità di questo potente strumento investigativo nell’ambito delle indagini per i delitti di criminalità organizzata (Cass., Sezioni Unite Penali, sent. n. 15 del 28/4/2016); a seguito della riforma, lo stesso potrà essere utilizzato nell'ambito delle indagini per reati contro la Pubblica amministrazione (considerati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001).
I commi 1 e 1-bis del nuovo art. 270, c.p.p. prevedono quanto segue: "I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino rilevanti e indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza e dei reati di cui all'articolo 266, comma 2- bis c.p.p."; "i risultati delle intercettazioni tra presenti operate con captatore informatico su dispositivo elettronico portatile possono essere utilizzati anche per la prova di reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione qualora risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti indicati dall'art. 266, comma 2-bis".
In estrema sintesi, gli altri punti qualificanti della riforma in discussione sono i seguenti:
- divieto di pubblicazione delle intercettazioni esteso a tutte le comunicazioni non acquisite nel procedimento;
- selezione delle intercettazioni da acquisire nel processo su indicazione del Pubblico Ministero e delle difese e, in caso di contrasto tra le parti, con decisione del Giudice;
- facoltà, per il difensore, di esaminare il contenuto delle intercettazioni successivamente all'avviso di conclusioni delle indagini preliminari ai sensi dell'art. 415 bis c.p.p.
10.09.2020
Con la circolare n. 216816/2020 del 1° settembre 2020, la Guardia di finanza ha fornito ai propri Reparti indicazioni operative relativa alla disciplina in materia di reati tributari (di cui al D.Lgs. n. 74/2000) e di connessa responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi dell'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001; l'analisi ha tenuto conto delle più recenti novità normative in materia, vale a dire: (i) D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75 (in G.U. n. 177 del 15.07.2020), di attuazione della cd. "Direttiva PIF" (direttiva UE 2017/137); (ii) L. 19 dicembre 2019, n. 157 (pubblicata sulla G.U. n. 301 del 24.12.2019), che ha convertito, con modifiche, il Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (cd. "Decreto fiscale").
Il documento illustra le modifiche alla disciplina dei reati tributari e della responsabilità amministrativa degli enti, intervenendo su più punti della menzionata normativa e fornendo "direttive volte a focalizzare l'attenzione dei Reparti sugli illeciti tributari maggiormente lesivi degli interessi erariali, privilegiando l'esecuzione di indagini di polizia giudiziaria"; tra tali punti:
Il documento rinvia, poi, alla circolare - della stessa Guardia di finanza - n. 83607 del 19 marzo 2012.
Le analisi di rischio operate dagli enti - sia nell'ambito del proprio Tax Control Framework che del Modello di organizzazione, gestione e controllo (eventualmente) adottato ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 (con specifico riferimento ai reati elencati all'art. 25-quinquiesdecies di tale Decreto) -. e, ancor più, le misure di prevenzione poste in atto dagli enti, costituiranno, quindi, anch'essi oggetto di attenta valutazione da parte dei militari della Guardia di finanza in occasione di verifiche fiscali e indagini penali di natura tributaria.
Con la circolare n. 216816/2020 del 1° settembre 2020, la Guardia di finanza ha fornito ai propri Reparti indicazioni operative relativa alla disciplina in materia di reati tributari (di cui al D.Lgs. n. 74/2000) e di connessa responsabilità amministrativa degli enti, ai sensi dell'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001; l'analisi ha tenuto conto delle più recenti novità normative in materia, vale a dire: (i) D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75 (in G.U. n. 177 del 15.07.2020), di attuazione della cd. "Direttiva PIF" (direttiva UE 2017/137); (ii) L. 19 dicembre 2019, n. 157 (pubblicata sulla G.U. n. 301 del 24.12.2019), che ha convertito, con modifiche, il Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (cd. "Decreto fiscale").
Il documento illustra le modifiche alla disciplina dei reati tributari e della responsabilità amministrativa degli enti, intervenendo su più punti della menzionata normativa e fornendo "direttive volte a focalizzare l'attenzione dei Reparti sugli illeciti tributari maggiormente lesivi degli interessi erariali, privilegiando l'esecuzione di indagini di polizia giudiziaria"; tra tali punti:
- la cd. "confisca allargata";
- i reati tributari maggiormente rilevanti, come recentemente modificati dal legislatore;
- la compliance fiscale ex D.Lgs. n. 128/2015 e la disciplina ex D.Lgs. n. 231/2001.
Il documento rinvia, poi, alla circolare - della stessa Guardia di finanza - n. 83607 del 19 marzo 2012.
Le analisi di rischio operate dagli enti - sia nell'ambito del proprio Tax Control Framework che del Modello di organizzazione, gestione e controllo (eventualmente) adottato ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 (con specifico riferimento ai reati elencati all'art. 25-quinquiesdecies di tale Decreto) -. e, ancor più, le misure di prevenzione poste in atto dagli enti, costituiranno, quindi, anch'essi oggetto di attenta valutazione da parte dei militari della Guardia di finanza in occasione di verifiche fiscali e indagini penali di natura tributaria.
07.09.2020
Con un comunicato stampa del 5 agosto 2020, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha comunicato che, con determina del 3 agosto 2020, la Ragioneria Generale dello Stato ha adottato ventidue nuovi principi di revisione ISA Italia, elaborati in collaborazione con Assirevi e INRL, Consob e MEF. In particolare il principio n. 240 si occupa della <<responsabilità del revisore relativamente alle frodi nella revisione>>.
Di seguito un estratto del principio, in vigore per le revisioni contabili dei bilanci relativi ai periodi amministrativi che iniziano dal 1° gennaio 2020 e successivamente:
<<Caratteristiche delle frodi
2. Gli errori in bilancio possono derivare sia da frodi sia da comportamenti o eventi non intenzionali. Il fattore di distinzione tra le due categorie di errori è l’intenzionalità o meno dell’atto che determina gli errori in bilancio. 3. Sebbene il termine frode rappresenti, da un punto di vista giuridico, un concetto più ampio, ai fini dei principi di revisione internazionali il revisore si occupa di quelle frodi che determinano la presenza di errori significativi in bilancio. Per il revisore sono rilevanti due tipologie di errori intenzionali: errori derivanti da una falsa informativa finanziaria ed errori derivanti da appropriazioni illecite di beni ed attività dell’impresa. Sebbene il revisore possa sospettare, ovvero più raramente identificare, l’esistenza di frodi, non stabilisce se la frode sia effettivamente avvenuta sotto il profilo giuridico. (Rif.: Parr. A1-A7)
Responsabilità relative alla prevenzione e individuazione delle frodi
4. La responsabilità principale per la prevenzione e l’individuazione delle frodi compete sia ai responsabili delle attività di governance dell’impresa, sia alla direzione. E’ importante che la direzione, con la supervisione dei responsabili delle attività di governance, ponga forte enfasi sulla prevenzione delle frodi volta a ridurre le occasioni che esse si verifichino, nonché introduca azioni deterrenti finalizzate a dissuadere dal commettere le frodi a causa della più elevata probabilità che queste siano individuate e punite. Ciò comporta un impegno per la creazione di una cultura aziendale ispirata al valore dell’onestà ed a comportamenti eticamente corretti che può essere rafforzata mediante un’attiva supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance. La supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance include la considerazione della possibilità di forzatura dei controlli o che altri fattori impropri influenzino il processo di predisposizione dell’informativa finanziaria, quali i tentativi della direzione di manipolare i risultati d’esercizio al fine di influenzare la percezione da parte degli analisti finanziari riguardo la performance e la capacità di produrre profitti dell’impresa.
... (omissis) ...
Obiettivi
11. Gli obiettivi del revisore sono i seguenti:
a) identificare e valutare i rischi di errori significativi nel bilancio dovuti a frodi;
b) acquisire elementi probativi sufficienti ed appropriati riguardanti i rischi identificati e valutati di errori significativi dovuti a frodi, mediante la definizione e la messa in atto di risposte di revisione appropriate;
c) fronteggiare adeguatamente frodi o sospette frodi individuate durante la revisione.>>
Con un comunicato stampa del 5 agosto 2020, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha comunicato che, con determina del 3 agosto 2020, la Ragioneria Generale dello Stato ha adottato ventidue nuovi principi di revisione ISA Italia, elaborati in collaborazione con Assirevi e INRL, Consob e MEF. In particolare il principio n. 240 si occupa della <<responsabilità del revisore relativamente alle frodi nella revisione>>.
Di seguito un estratto del principio, in vigore per le revisioni contabili dei bilanci relativi ai periodi amministrativi che iniziano dal 1° gennaio 2020 e successivamente:
<<Caratteristiche delle frodi
2. Gli errori in bilancio possono derivare sia da frodi sia da comportamenti o eventi non intenzionali. Il fattore di distinzione tra le due categorie di errori è l’intenzionalità o meno dell’atto che determina gli errori in bilancio. 3. Sebbene il termine frode rappresenti, da un punto di vista giuridico, un concetto più ampio, ai fini dei principi di revisione internazionali il revisore si occupa di quelle frodi che determinano la presenza di errori significativi in bilancio. Per il revisore sono rilevanti due tipologie di errori intenzionali: errori derivanti da una falsa informativa finanziaria ed errori derivanti da appropriazioni illecite di beni ed attività dell’impresa. Sebbene il revisore possa sospettare, ovvero più raramente identificare, l’esistenza di frodi, non stabilisce se la frode sia effettivamente avvenuta sotto il profilo giuridico. (Rif.: Parr. A1-A7)
Responsabilità relative alla prevenzione e individuazione delle frodi
4. La responsabilità principale per la prevenzione e l’individuazione delle frodi compete sia ai responsabili delle attività di governance dell’impresa, sia alla direzione. E’ importante che la direzione, con la supervisione dei responsabili delle attività di governance, ponga forte enfasi sulla prevenzione delle frodi volta a ridurre le occasioni che esse si verifichino, nonché introduca azioni deterrenti finalizzate a dissuadere dal commettere le frodi a causa della più elevata probabilità che queste siano individuate e punite. Ciò comporta un impegno per la creazione di una cultura aziendale ispirata al valore dell’onestà ed a comportamenti eticamente corretti che può essere rafforzata mediante un’attiva supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance. La supervisione da parte dei responsabili delle attività di governance include la considerazione della possibilità di forzatura dei controlli o che altri fattori impropri influenzino il processo di predisposizione dell’informativa finanziaria, quali i tentativi della direzione di manipolare i risultati d’esercizio al fine di influenzare la percezione da parte degli analisti finanziari riguardo la performance e la capacità di produrre profitti dell’impresa.
... (omissis) ...
Obiettivi
11. Gli obiettivi del revisore sono i seguenti:
a) identificare e valutare i rischi di errori significativi nel bilancio dovuti a frodi;
b) acquisire elementi probativi sufficienti ed appropriati riguardanti i rischi identificati e valutati di errori significativi dovuti a frodi, mediante la definizione e la messa in atto di risposte di revisione appropriate;
c) fronteggiare adeguatamente frodi o sospette frodi individuate durante la revisione.>>
07.09.2020
Il 2 settembre 2020 la Commissione permanente sulle Politiche dell’UE del Senato ha iniziato l'esame del Disegno di Legge n. 1721, recante la "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019”. Tra i provvedimenti comunitari che dovranno essere attuati si menziona, per il suo particolare interesse, la Direttiva UE 2018/1673 del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale, avente lo scopo di favorire la cooperazione transfrontaliera e di fissare norme minime per la definizione del reato di riciclaggio e le relative sanzioni, fornendo anche indicazioni per identificare la nozione di autoriclaggio (il termine di attuazione scade il 3 dicembre 2020).
Questa direttiva tocca indirettamente l'area fiscale (relativamente ai reati tributari presupposto dei reati di riciclaggio e autoriciclaggio) e la disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
Il 2 settembre 2020 la Commissione permanente sulle Politiche dell’UE del Senato ha iniziato l'esame del Disegno di Legge n. 1721, recante la "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019”. Tra i provvedimenti comunitari che dovranno essere attuati si menziona, per il suo particolare interesse, la Direttiva UE 2018/1673 del 23 ottobre 2018, sulla lotta al riciclaggio mediante il diritto penale, avente lo scopo di favorire la cooperazione transfrontaliera e di fissare norme minime per la definizione del reato di riciclaggio e le relative sanzioni, fornendo anche indicazioni per identificare la nozione di autoriclaggio (il termine di attuazione scade il 3 dicembre 2020).
Questa direttiva tocca indirettamente l'area fiscale (relativamente ai reati tributari presupposto dei reati di riciclaggio e autoriciclaggio) e la disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
29.07.2020
Il 30.07.2020 entrano in vigore le modifiche alla disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato (D.Lgs. n. 231/2001) recate dal D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75 (in G.U. n. 177 del 15.07.2020), di attuazione della cd. "Direttiva PIF" (direttiva UE 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale).
In sintesi, tale provvedimento:
I nuovi reati presupposto sono i seguenti:
a) art. 24, D.Lgs. n. 231/2001:
(i) frode nelle pubbliche forniture (art. 356, c.p.);
(ii) frode per il conseguimento di Fondi europei per lo sviluppo rurale (art. 2, L. 23.12. 1986, n. 898);
b) art. 25, D.Lgs. n. 231/2001:
(i) peculato "semplice", escluso il peculato d'uso, con offesa degli interessi finanziari dell'Unione europea (art. 314, comma 1, c.p.);
(ii) peculato mediante profitto dell'errore altrui, con offesa degli interessi finanziari dell'Unione europea (art. 316, c.p.);
(iii)abuso d'ufficio, con offesa degli interessi finanziari dell'Unione europea (art. 323, c.p.);
c) art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001:
(i) dichiarazione infedele, al ricorrere di particolari circostanze (art. 4, D.Lgs. n. 74/2000);
(ii) omessa presentazione della dichiarazione, al ricorrere di particolari circostanze (art. 5, D.Lgs. n. 74/2000);
(iii) indebita compensazione, al ricorrere di particolari circostanze (art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000);
d) art. 25-sexiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001:
(i) contrabbando aggravato (art. 295, commi 2 e 3, D.P.R. n. 43/1973); (ii) altri reati di contrabbando (artt. 282-292, D.P.R. n. 43/1973).
Le disposizioni del codice penale modificate dal Decreto n. 75 del 2020 (rilevanti ai fini del citato Decreto n. 231/2001, con riferimento alla categoria dei reati contro la Pubblica amministrazione) sono le seguenti:
(i) art. 316;
(ii) art. 316-ter;
(iii) 319-quater;
(iv) 322-bis;
(v) 640, comma 2, n. 1).
Tutte le modifiche normative sono state inserite nella banca dati di informazione giuridica sul D.Lgs. n. 231/2001 www.italianlaw231.com, con conseguente aggiornamento del catalogo dei reati presupposto e delle modalità attuative dei reati (contattateci per richiedere l'accesso al Portale).
Il 30.07.2020 entrano in vigore le modifiche alla disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato (D.Lgs. n. 231/2001) recate dal D.Lgs. 14 luglio 2020, n. 75 (in G.U. n. 177 del 15.07.2020), di attuazione della cd. "Direttiva PIF" (direttiva UE 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale).
In sintesi, tale provvedimento:
- ha modificato gli artt. 24, 25 e 25-quinquiesdecies del D.Lgs. n. 231/2001;
- ha introdotto, nello stesso Decreto n. 231/2001, l'art. 25-sexiesdecies ("Contrabbando");
- ha modificato alcune disposizioni incriminatrici rilevanti ai fini della menzionata responsabilità amministrativa degli enti.
I nuovi reati presupposto sono i seguenti:
a) art. 24, D.Lgs. n. 231/2001:
(i) frode nelle pubbliche forniture (art. 356, c.p.);
(ii) frode per il conseguimento di Fondi europei per lo sviluppo rurale (art. 2, L. 23.12. 1986, n. 898);
b) art. 25, D.Lgs. n. 231/2001:
(i) peculato "semplice", escluso il peculato d'uso, con offesa degli interessi finanziari dell'Unione europea (art. 314, comma 1, c.p.);
(ii) peculato mediante profitto dell'errore altrui, con offesa degli interessi finanziari dell'Unione europea (art. 316, c.p.);
(iii)abuso d'ufficio, con offesa degli interessi finanziari dell'Unione europea (art. 323, c.p.);
c) art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001:
(i) dichiarazione infedele, al ricorrere di particolari circostanze (art. 4, D.Lgs. n. 74/2000);
(ii) omessa presentazione della dichiarazione, al ricorrere di particolari circostanze (art. 5, D.Lgs. n. 74/2000);
(iii) indebita compensazione, al ricorrere di particolari circostanze (art. 10-quater, D.Lgs. n. 74/2000);
d) art. 25-sexiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001:
(i) contrabbando aggravato (art. 295, commi 2 e 3, D.P.R. n. 43/1973); (ii) altri reati di contrabbando (artt. 282-292, D.P.R. n. 43/1973).
Le disposizioni del codice penale modificate dal Decreto n. 75 del 2020 (rilevanti ai fini del citato Decreto n. 231/2001, con riferimento alla categoria dei reati contro la Pubblica amministrazione) sono le seguenti:
(i) art. 316;
(ii) art. 316-ter;
(iii) 319-quater;
(iv) 322-bis;
(v) 640, comma 2, n. 1).
Tutte le modifiche normative sono state inserite nella banca dati di informazione giuridica sul D.Lgs. n. 231/2001 www.italianlaw231.com, con conseguente aggiornamento del catalogo dei reati presupposto e delle modalità attuative dei reati (contattateci per richiedere l'accesso al Portale).
07.07.2020
Con l'ordinanza n. 13844, depositata il 06.07.2020, la Corte di Cassazione interviene nuovamente sul tema dell'onere della prova nel caso di emissione/utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti (relative alle cd. "frodi carosello" - v. artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 74/2000), ribadendo che: (i) tale onere grava sull'accusa (e, quindi, sull'Agenzia delle entrate o sulla Guardia di finanza che hanno rilevato i fatti e comunicato la notizia di reato), (ii) l'inesistenza (sul piano soggettivo) delle operazioni non comporta l’automatica indeducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette, pur se è, comunque, necessario che gli stessi siano inerenti all’attività di impresa, essendo questo un requisito generale per la loro deducibilità.
Con l'ordinanza n. 13844, depositata il 06.07.2020, la Corte di Cassazione interviene nuovamente sul tema dell'onere della prova nel caso di emissione/utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti (relative alle cd. "frodi carosello" - v. artt. 2 e 8 del D.Lgs. n. 74/2000), ribadendo che: (i) tale onere grava sull'accusa (e, quindi, sull'Agenzia delle entrate o sulla Guardia di finanza che hanno rilevato i fatti e comunicato la notizia di reato), (ii) l'inesistenza (sul piano soggettivo) delle operazioni non comporta l’automatica indeducibilità dei costi ai fini delle imposte dirette, pur se è, comunque, necessario che gli stessi siano inerenti all’attività di impresa, essendo questo un requisito generale per la loro deducibilità.
30.06.2020
Dal 1° luglio 2020, il limite per l'effettuazione di pagamenti in contanti scende a euro 2.000,00.
L'abbassamento della soglia consentita era già stato previsto dal D.L. 26.10.2019, n. 124, "Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili" (cd. Collegato fiscale alla legge di bilancio 2020), convertito con modificazioni dalla L. 19.12.2019, n. 157.
In particolare, le modifiche al regime dell'utilizzo del contante - intese quali "Misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva ed alle frodi fiscali" - sono previste dall'art. 18 del menzionato Decreto, mediante inserimento del comma 3-bis nell'art. 49 del D.Lgs. 21.11.2007, n. 231.
La disposizione in commento dispone un ulteriore abbassamento della soglia in discorso, che passerà a euro 1.000 dal 1° gennaio 2022.
Dal 1° luglio 2020, il limite per l'effettuazione di pagamenti in contanti scende a euro 2.000,00.
L'abbassamento della soglia consentita era già stato previsto dal D.L. 26.10.2019, n. 124, "Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili" (cd. Collegato fiscale alla legge di bilancio 2020), convertito con modificazioni dalla L. 19.12.2019, n. 157.
In particolare, le modifiche al regime dell'utilizzo del contante - intese quali "Misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva ed alle frodi fiscali" - sono previste dall'art. 18 del menzionato Decreto, mediante inserimento del comma 3-bis nell'art. 49 del D.Lgs. 21.11.2007, n. 231.
La disposizione in commento dispone un ulteriore abbassamento della soglia in discorso, che passerà a euro 1.000 dal 1° gennaio 2022.
29.06.2020
Con la norma di comportamento n. 209 del 24.06.2020, l'Associazione Italiana Dottori Commercialisti (AIDC) indica le modalità da seguire nel caso di fatture elettroniche errate.
Particolarmente interessanti, in relazione alle modalità attuative del reato di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000 (inserito nell'elenco dei delitti presupposto della responsabilità amministrativa degli enti di cui all'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001), sono le indicazioni relative al ricevimento di fatture relative a operazioni inesistenti; in questo caso, la citata norma prevede che il cessionario/committente (destinatario della fattura) non deve procedere alla registrazione del documento nella propria contabilità.
Il richiamato documento prevede, poi, i seguenti altri tre casi:
Con la norma di comportamento n. 209 del 24.06.2020, l'Associazione Italiana Dottori Commercialisti (AIDC) indica le modalità da seguire nel caso di fatture elettroniche errate.
Particolarmente interessanti, in relazione alle modalità attuative del reato di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000 (inserito nell'elenco dei delitti presupposto della responsabilità amministrativa degli enti di cui all'art. 25-quinquiesdecies, D.Lgs. n. 231/2001), sono le indicazioni relative al ricevimento di fatture relative a operazioni inesistenti; in questo caso, la citata norma prevede che il cessionario/committente (destinatario della fattura) non deve procedere alla registrazione del documento nella propria contabilità.
Il richiamato documento prevede, poi, i seguenti altri tre casi:
- raggiungimento di una soluzione condivisa tra emittente della fattura e cessionario/committente: l'emittente corregge l'errore emettendo una nota di credito;
- fattura elettronica che espone un addebito di imposta inferiore a quella dovuta (in mancanza di un accordo tra le parti): il cessionario /committente è tenuto a regolarizzare la fattura entro 30 giorni dalla sua registrazione, versando la maggiore imposta eventualmente dovuta;
- fattura elettronica irregolare che non comporta l’insufficiente determinazione dell’imposta: il cessionario /committente deve contabilizzare la fattura ed è legittimato alla detrazione dell’imposta, nei limiti dell’imposta effettivamente dovuta.
15.06.2020
La cd. "Proposta Colao", denominata <<Iniziative per il rilancio "Italia 2020-2022">> - che indica una serie di misure, in vari settori, per superare l'emergenza sanitaria da COVID-19 - reca, tra le altre una misura che si riferisce al "Tax Control Framework" e alle sue connessioni con la disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, ci si riferisce alla misura 5 - "Incentivo all'adozione di sistemi di tax control framework del richiamato documento:
Partendo dalle premesse appena esposte, il citato Comitato propone l'adozione delle seguenti <<Azioni specifiche>> (l'enfasi è aggiunta):
<<a. Prevedere la non applicazione delle sanzioni amministrative e penali in ipotesi di contestazioni nei confronti di soggetti aderenti al regime di cooperative compliance.
b. Prevedere la medesima non applicazione delle sanzioni amministrative e penali qualora il contribuente: − Abbia predisposto un modello di presidio del rischio fiscale (Tax Control Framework) che permetta di rilevare, misurare, gestire e controllare il rischio fiscale; − L’esistenza del modello sia stata comunicata all’Amministrazione Finanziaria in dichiarazione (come già avviene per la documentazione sui prezzi di trasferimento) − In sede di verifica, il modello venga considerato idoneo in quanto rispondente ai criteri individuati dall’amministrazione in apposito provvedimento, sulla base dell’esperienza derivante dalla cooperative compliance.
c. Per i contribuenti che non si dotino di TCF, prevedere la non applicazione delle sanzioni amministrative e penali in ipotesi di contestazioni afferenti specifiche operazioni con riferimento alle quali il contribuente abbia predisposto idonea documentazione preventivamente comunicata, all’Amministrazione Finanziaria con specifiche modalità, individuate in apposito provvedimento.
d. Nei casi in cui le misure suindicate fondino le proprie risultanze su documenti falsi o altri mezzi fraudolenti dei quali sia dimostrata la specifica idoneità ad indurre in errore l’Amministrazione le sanzioni amministrative e penali edittali sono raddoppiate.
e. Abbassamento delle soglie per accedere alla cooperative compliance.>>
La cd. "Proposta Colao", denominata <<Iniziative per il rilancio "Italia 2020-2022">> - che indica una serie di misure, in vari settori, per superare l'emergenza sanitaria da COVID-19 - reca, tra le altre una misura che si riferisce al "Tax Control Framework" e alle sue connessioni con la disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, ci si riferisce alla misura 5 - "Incentivo all'adozione di sistemi di tax control framework del richiamato documento:
- <<Incentivo all’adozione di sistemi di tax control framework anche attraverso l’estensione del dialogo preventivo con l’amministrazione finanziaria. Introdurre la non applicabilità delle sanzioni amministrative e penali per le società (italiane ed estere identificate in Italia) che (i) siano in regime di cooperative compliance o (ii) implementino un modello di presidio del rischio fiscale (Tax Control Framework) o (iii) segnalino e documentino adeguatamente operazioni caratterizzate da un rischio di natura fiscale.>>
- <<Il rischio di incorrere in contestazioni di rilevanza penale-tributaria è significativo in conseguenza della presenza di soglie di punibilità generalmente basse se rapportate all’operatività della media e grande impresa. La rilevanza quasi automatica delle violazioni fiscali anche in ambito penale costituisce uno degli elementi rilevanti che possono pregiudicare la scelta di investire in Italia.
- La gestione del rischio fiscale rappresenta una priorità soprattutto alla luce dell’estensione della responsabilità degli enti di cui al D.Lgs. n. 231/2001 a taluni reati fiscali per effetto della legge 19 dicembre 2019 n. 157.
- Si rende, dunque, necessario aggiornare il Modello 231 per prevenire il manifestarsi di rischi di natura fiscale. Necessaria convergenza tra Modello 231 e modello di presidio del rischio fiscale (c.d. Tax Control Framework) che dovrebbe essere valorizzata mediante la previsione di una misura premiale rispetto alle fattispecie di natura penale-tributaria.
- L’istituto della cooperative compliance (introdotto nel 2015) consente di istituire un dialogo preventivo con l’amministrazione finanziaria ma è ancora insufficiente a causa (i) della mancata previsione della disapplicazione delle sanzioni penali per effetto dell’accesso al regime e (ii) dell’esistenza di soglie di fatturato tuttora elevate (5 mld €).>>
Partendo dalle premesse appena esposte, il citato Comitato propone l'adozione delle seguenti <<Azioni specifiche>> (l'enfasi è aggiunta):
<<a. Prevedere la non applicazione delle sanzioni amministrative e penali in ipotesi di contestazioni nei confronti di soggetti aderenti al regime di cooperative compliance.
b. Prevedere la medesima non applicazione delle sanzioni amministrative e penali qualora il contribuente: − Abbia predisposto un modello di presidio del rischio fiscale (Tax Control Framework) che permetta di rilevare, misurare, gestire e controllare il rischio fiscale; − L’esistenza del modello sia stata comunicata all’Amministrazione Finanziaria in dichiarazione (come già avviene per la documentazione sui prezzi di trasferimento) − In sede di verifica, il modello venga considerato idoneo in quanto rispondente ai criteri individuati dall’amministrazione in apposito provvedimento, sulla base dell’esperienza derivante dalla cooperative compliance.
c. Per i contribuenti che non si dotino di TCF, prevedere la non applicazione delle sanzioni amministrative e penali in ipotesi di contestazioni afferenti specifiche operazioni con riferimento alle quali il contribuente abbia predisposto idonea documentazione preventivamente comunicata, all’Amministrazione Finanziaria con specifiche modalità, individuate in apposito provvedimento.
d. Nei casi in cui le misure suindicate fondino le proprie risultanze su documenti falsi o altri mezzi fraudolenti dei quali sia dimostrata la specifica idoneità ad indurre in errore l’Amministrazione le sanzioni amministrative e penali edittali sono raddoppiate.
e. Abbassamento delle soglie per accedere alla cooperative compliance.>>
10.06.2020
Confindustria ha pubblicato il Position paper "La responsabilità amministrativa degli enti ai tempi del COVID-19 - Prime indicazioni operative".
Avendo come riferimento la disciplina di cui al D.Lgs. n. 231/2001, il documento tratta i seguenti argomenti:
Confindustria ha pubblicato il Position paper "La responsabilità amministrativa degli enti ai tempi del COVID-19 - Prime indicazioni operative".
Avendo come riferimento la disciplina di cui al D.Lgs. n. 231/2001, il documento tratta i seguenti argomenti:
- rischi indiretti di commissione di alcune fattispecie di "illecito presupposto" (corruzione tra privati, altri reati corruttivi, impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, caporalato, reati contro l'industria e il commercio, ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio, delitti di criminalità organizzata, reati informatici, reati in materia di violazione del diritto d'autore);
- rischi diretti di commissione di alcune fattispecie di "illecito presupposto".
08.06.2020
Sulla Gazzetta ufficiale n. 143 del 06.06.2020 è stata pubblicata la Legge 05.06.2020, n. 40, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali". Tale provvedimento ha inserito nel citato decreto l'art. 29-bis, "Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19".
Di seguito si riporta il testo della disposizione (la cui rubrica precedente alla sua emanazione, prevista nel corso dei lavori parlamentari, era "Esonero da responsabilità per eventuale contagio"):
<<1. Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all'obbligo di cui all'articolo 2087 del codice civile mediante l'applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l'adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.>>
Sulla Gazzetta ufficiale n. 143 del 06.06.2020 è stata pubblicata la Legge 05.06.2020, n. 40, "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, recante misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali". Tale provvedimento ha inserito nel citato decreto l'art. 29-bis, "Obblighi dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19".
Di seguito si riporta il testo della disposizione (la cui rubrica precedente alla sua emanazione, prevista nel corso dei lavori parlamentari, era "Esonero da responsabilità per eventuale contagio"):
<<1. Ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all'obbligo di cui all'articolo 2087 del codice civile mediante l'applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro, sottoscritto il 24 aprile 2020 tra il Governo e le parti sociali, e successive modificazioni e integrazioni, e negli altri protocolli e linee guida di cui all'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 16 maggio 2020, n. 33, nonché mediante l'adozione e il mantenimento delle misure ivi previste. Qualora non trovino applicazione le predette prescrizioni, rilevano le misure contenute nei protocolli o accordi di settore stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.>>
04.06.2020
L'8 maggio 2020 è entrato in vigore il documento (UNI/PdR 83:2020) "Modello semplificato di organizzazione e gestione della salute e sicurezza sul lavoro, di cui al D.lgs. 81/2008, per micro e piccole imprese”, emanato dall'Ente Italiano di Normazione (UNI).
"La prassi di riferimento fornisce gli indirizzi organizzativi ed operativi utili ai fini dell’adozione ed efficace attuazione del Modello di Organizzazione e gestione in materia di salute e sicurezza sul lavoro (MOG) da parte delle micro e piccole imprese che operano nei diversi settori produttivi.
Il documento si rivolge ai datori di lavoro che intendono adottare un MOG aziendale al fine di migliorare i livelli di sicurezza dei lavoratori, fornendo indicazioni semplificate che tengano conto della struttura e dell’organizzazione aziendale, delle modalità di lavoro e delle specifiche esigenze delle micro e piccole imprese" (fonte: UNI).
Al riguardo si richiama l'art. 30, D.Lgs. n. 81/2008 ("Modelli di organizzazione e di gestione"), i cui comma 5 e 5-bis prevedono quanto segue:
<<5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.
5-bis. La commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro elabora procedure semplificate per la adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese. Tali procedure sono recepite con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.>>
L'8 maggio 2020 è entrato in vigore il documento (UNI/PdR 83:2020) "Modello semplificato di organizzazione e gestione della salute e sicurezza sul lavoro, di cui al D.lgs. 81/2008, per micro e piccole imprese”, emanato dall'Ente Italiano di Normazione (UNI).
"La prassi di riferimento fornisce gli indirizzi organizzativi ed operativi utili ai fini dell’adozione ed efficace attuazione del Modello di Organizzazione e gestione in materia di salute e sicurezza sul lavoro (MOG) da parte delle micro e piccole imprese che operano nei diversi settori produttivi.
Il documento si rivolge ai datori di lavoro che intendono adottare un MOG aziendale al fine di migliorare i livelli di sicurezza dei lavoratori, fornendo indicazioni semplificate che tengano conto della struttura e dell’organizzazione aziendale, delle modalità di lavoro e delle specifiche esigenze delle micro e piccole imprese" (fonte: UNI).
Al riguardo si richiama l'art. 30, D.Lgs. n. 81/2008 ("Modelli di organizzazione e di gestione"), i cui comma 5 e 5-bis prevedono quanto segue:
<<5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.
5-bis. La commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro elabora procedure semplificate per la adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese. Tali procedure sono recepite con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.>>
04.06.2020
Il Servizio Studi del Senato della Repubblica ha pubblicato un Dossier sulle "Nuove norme in materia di reati agroalimentari - A.C. 2427", datato 26.05.2020.
Il relativo disegno di legge - che riprende in gran parte i contenuti del progetto di riforma del diritto sanzionatorio agroalimentare elaborato dalla Commissione istituita nel 2015 (XVII legislatura) presso l’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia e presieduta dal dott. Giancarlo Caselli - reca una serie di modifiche al codice penale e alla disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Tale provvedimento interviene sui seguenti ambiti:
Di seguito si riportano le (possibili) modifiche al citato Decreto n. 231 del 2001 (di cui al citato. 5 del D.Lgs. n. 231/2001 (l'enfasi è aggiunta):
1. Nei casi di cui all'articolo 6, il modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere efficacia esimente o attenuante della responsabilità amministrativa delle imprese alimentari costituite in forma societaria, come individuate ai sensi dell'articolo 3 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, deve essere adottato ed efficacemente attuato assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici, a livello nazionale e sovranazionale, relativi:
a) al rispetto degli standard relativi alla fornitura di informazioni sugli alimenti;
b) alle attività di verifica sui contenuti delle comunicazioni pubblicitarie al fine di garantire la coerenza degli stessi rispetto alle caratteristiche del prodotto;
c) alle attività di vigilanza con riferimento alla rintracciabilità, ovvero alla possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un prodotto alimentare attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione;
d) alle attività di controllo sui prodotti alimentari, finalizzati a garantire la qualità, la sicurezza e l'integrità dei prodotti e delle relative confezioni in tutte le fasi della filiera;
e) alle procedure di ritiro o di richiamo dei prodotti alimentari importati, prodotti, trasformati, lavorati o distribuiti non conformi ai requisiti di sicurezza degli alimenti;
f) alle attività di valutazione e di gestione del rischio, compiendo adeguate scelte di prevenzione e di controllo; g) alle periodiche verifiche sull'effettività e sull'adeguatezza del modello.
2. I modelli di cui al comma 1, avuto riguardo alla natura e alle dimensioni dell'organizzazione e del tipo di attività svolta, devono in ogni caso prevedere:
a) idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attività ivi prescritte;
b) un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello;
c) un idoneo sistema di vigilanza e controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla genuinità e alla sicurezza dei prodotti alimentari, alla lealtà commerciale nei confronti dei consumatori, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
3. Nelle piccole e medie imprese, di cui all'articolo 5 della legge 11 novembre 2011, n. 180, il compito di vigilanza sul funzionamento dei modelli in materia di reati alimentari può essere affidato anche a un solo soggetto, purché dotato di adeguata professionalità e specifica competenza nel settore alimentare nonché di autonomi poteri di iniziativa e controllo. Tale soggetto è individuato nell'ambito di apposito elenco nazionale istituito presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico.
4. Il titolare di imprese alimentari aventi meno di dieci dipendenti e volume d'affari annuo inferiore a 2 milioni di euro può svolgere direttamente i compiti di prevenzione e tutela della sicurezza degli alimenti o mangimi e della lealtà commerciale, qualora abbia frequentato corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi correlati alla propria attività produttiva nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni, da definire mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. In tale ipotesi, non ha l'obbligo di designare l'operatore del settore degli alimenti o dei mangimi, il responsabile della produzione e il responsabile della qualità»;
Il Servizio Studi del Senato della Repubblica ha pubblicato un Dossier sulle "Nuove norme in materia di reati agroalimentari - A.C. 2427", datato 26.05.2020.
Il relativo disegno di legge - che riprende in gran parte i contenuti del progetto di riforma del diritto sanzionatorio agroalimentare elaborato dalla Commissione istituita nel 2015 (XVII legislatura) presso l’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia e presieduta dal dott. Giancarlo Caselli - reca una serie di modifiche al codice penale e alla disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
Tale provvedimento interviene sui seguenti ambiti:
- modifiche al codice penale in materia di tutela dell'incolumità e della salute pubblica (art.1);
- modifiche al codice penale a tutela del commercio di prodotti alimentari (art. 2);
- modifica all’articolo 240-bis del codice penale (art. 3);
- modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (art. 4);
- modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (art. 5);
- modifiche alla Legge 30 aprile 1962, n. 283, con disposizioni che intervengono anche sul tema della delega di funzioni da parte del titolare di impresa alimentare (art. 6);
- disposizioni in materia di operazioni sotto copertura (art. 7);
- violazione degli obblighi di rintracciabilità degli alimenti (art. 8);
- modifiche all’articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350) (art. 9);
- modifiche all’articolo 16 della legge 23 luglio 2009, n. 99 (art. 10);
- modifiche al decreto legislativo 23 maggio 2016, n. 103 (art. 11);
- abrogazioni e disposizioni transitorie (art. 12);
- clausola di invarianza finanziaria (art. 13).
Di seguito si riportano le (possibili) modifiche al citato Decreto n. 231 del 2001 (di cui al citato. 5 del D.Lgs. n. 231/2001 (l'enfasi è aggiunta):
- inserimento di un nuovo art. 6-bis:
1. Nei casi di cui all'articolo 6, il modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere efficacia esimente o attenuante della responsabilità amministrativa delle imprese alimentari costituite in forma societaria, come individuate ai sensi dell'articolo 3 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, deve essere adottato ed efficacemente attuato assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici, a livello nazionale e sovranazionale, relativi:
a) al rispetto degli standard relativi alla fornitura di informazioni sugli alimenti;
b) alle attività di verifica sui contenuti delle comunicazioni pubblicitarie al fine di garantire la coerenza degli stessi rispetto alle caratteristiche del prodotto;
c) alle attività di vigilanza con riferimento alla rintracciabilità, ovvero alla possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un prodotto alimentare attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione;
d) alle attività di controllo sui prodotti alimentari, finalizzati a garantire la qualità, la sicurezza e l'integrità dei prodotti e delle relative confezioni in tutte le fasi della filiera;
e) alle procedure di ritiro o di richiamo dei prodotti alimentari importati, prodotti, trasformati, lavorati o distribuiti non conformi ai requisiti di sicurezza degli alimenti;
f) alle attività di valutazione e di gestione del rischio, compiendo adeguate scelte di prevenzione e di controllo; g) alle periodiche verifiche sull'effettività e sull'adeguatezza del modello.
2. I modelli di cui al comma 1, avuto riguardo alla natura e alle dimensioni dell'organizzazione e del tipo di attività svolta, devono in ogni caso prevedere:
a) idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attività ivi prescritte;
b) un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello;
c) un idoneo sistema di vigilanza e controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla genuinità e alla sicurezza dei prodotti alimentari, alla lealtà commerciale nei confronti dei consumatori, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
3. Nelle piccole e medie imprese, di cui all'articolo 5 della legge 11 novembre 2011, n. 180, il compito di vigilanza sul funzionamento dei modelli in materia di reati alimentari può essere affidato anche a un solo soggetto, purché dotato di adeguata professionalità e specifica competenza nel settore alimentare nonché di autonomi poteri di iniziativa e controllo. Tale soggetto è individuato nell'ambito di apposito elenco nazionale istituito presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico.
4. Il titolare di imprese alimentari aventi meno di dieci dipendenti e volume d'affari annuo inferiore a 2 milioni di euro può svolgere direttamente i compiti di prevenzione e tutela della sicurezza degli alimenti o mangimi e della lealtà commerciale, qualora abbia frequentato corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi correlati alla propria attività produttiva nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni, da definire mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. In tale ipotesi, non ha l'obbligo di designare l'operatore del settore degli alimenti o dei mangimi, il responsabile della produzione e il responsabile della qualità»;
- integrazione del catalogo degli illeciti presupposto, con la modifica dell'art. 25-bis.1, comma 1, lettera a) e l'inserimento di un nuovo art. 25-bis.2 - ("Frodi in commercio di prodotti alimentari") e di un nuovo art. 25-bis.3. - ("Delitti contro la salute pubblica").
01.06.2020
In sede di conversione in legge del cd. "Decreto Liquidità" (D.L. 08.04.2020, n. 23), con un emendamento la Camera dei Deputati ha inserito nel provvedimento l'art. 29-bis, "Esonero da responsabilità per eventuale contagio", relativo all'emergenza sanitaria COVID-19.
In particolare, tale disposizione prevede quanto segue (atto Camera dei Deputati C 2461):
L'iter di conversione in legge del menzionato Decreto dovrà concludersi entro il 7 giugno 2020 (il provvedimento è attualmente in discussione presso il Senato - atto S 1829).
Quanto sopra sottolinea l’importanza di un costante monitoraggio relativo alla completa e corretta adozione e, soprattutto, attuazione dei “Protocolli” rilevanti.
Anche ai fini della responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, particolarmente importante si ritiene, poi, la contemporanea attuazione delle indicazioni sul “Modello di organizzazione e di gestione” di cui all’art. 30, D.Lgs. n. 81/2008, che di seguito si riporta in stralcio (per evidenziare le parti ritenute maggiormente rilevanti ai fini in esame (l’enfasi è aggiunta):
“1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
d) alle attività di sorveglianza sanitaria;
e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate.
2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attività di cui al comma 1.
3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di attività svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
4. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.
5-bis. La commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro elabora procedure semplificate per la adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese. Tali procedure sono recepite con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al presente articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le attivita' finanziabili ai sensi dell'articolo 11.”
In sede di conversione in legge del cd. "Decreto Liquidità" (D.L. 08.04.2020, n. 23), con un emendamento la Camera dei Deputati ha inserito nel provvedimento l'art. 29-bis, "Esonero da responsabilità per eventuale contagio", relativo all'emergenza sanitaria COVID-19.
In particolare, tale disposizione prevede quanto segue (atto Camera dei Deputati C 2461):
- "1. L'impresa che si attiene ai contenuti del Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro del 24 aprile 2020, allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 aprile 2020, nonché agli specifici protocolli di settore, è esonerata da ogni responsabilità connessa ad eventuali contagi contratti da lavoratori, clienti o altre persone all'interno delle aree aziendali."
- "L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro."
L'iter di conversione in legge del menzionato Decreto dovrà concludersi entro il 7 giugno 2020 (il provvedimento è attualmente in discussione presso il Senato - atto S 1829).
Quanto sopra sottolinea l’importanza di un costante monitoraggio relativo alla completa e corretta adozione e, soprattutto, attuazione dei “Protocolli” rilevanti.
Anche ai fini della responsabilità amministrativa dell’ente ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, particolarmente importante si ritiene, poi, la contemporanea attuazione delle indicazioni sul “Modello di organizzazione e di gestione” di cui all’art. 30, D.Lgs. n. 81/2008, che di seguito si riporta in stralcio (per evidenziare le parti ritenute maggiormente rilevanti ai fini in esame (l’enfasi è aggiunta):
“1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
b) alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
d) alle attività di sorveglianza sanitaria;
e) alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia delle procedure adottate.
2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione delle attività di cui al comma 1.
3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di attività svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.
4. Il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell'organizzazione e nell'attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico.
5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui all'articolo 6.
5-bis. La commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro elabora procedure semplificate per la adozione e la efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza nelle piccole e medie imprese. Tali procedure sono recepite con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al presente articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le attivita' finanziabili ai sensi dell'articolo 11.”
16.05.2020 - Con newsletter del 21.05.2020, il Garante privacy ha reso noto il proprio Parere sulla qualificazione soggettiva ai fini privacy degli Organismi di Vigilanza previsti dall'art. 6, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
In particolare, è stato precisato quanto segue:
In particolare, è stato precisato quanto segue:
- <<l'OdV, nel suo complesso, a prescindere dalla circostanza che i membri che lo compongano siano interni o esterni, debba essere considerato “parte dell'ente”. Il suo ruolo - che si esplica nell'esercizio dei compiti che gli sono attribuiti dalla legge, attraverso il riconoscimento di “autonomi poteri di iniziativa e controllo” - si svolge nell'ambito dell'organizzazione dell'ente, titolare del trattamento, che, attraverso la predisposizione dei modelli di organizzazione e di gestione, definisce il perimetro e le modalità di esercizio di tali compiti. Tale posizione si intende ricoperta dall'OdV nella sua collegialità, tuttavia, non può prescindersi dalla necessità di definire anche il ruolo che, in base alla disciplina in materia di protezione dei dati personali, deve essere previsto per i singoli membri che lo compongono. Lo stesso ente, in ragione del trattamento dei dati personali che l'esercizio dei compiti e delle funzioni affidate all'OdV comporta (ad esempio, l'accesso alle informazioni acquisite attraverso flussi informativi), designerà - nell'ambito delle misure tecniche e organizzative da porre in essere in linea con il principio di accountability (art. 24 del Regolamento) - i singoli membri dell'OdV quali soggetti autorizzati (artt. 4, n. 10, 29, 32 par. 4 Regolamento; v. anche art. 2-quaterdecies del Codice). Tali soggetti, in relazione al trattamento dei dati degli interessati, dovranno attenersi alle istruzioni impartite dal titolare affinché il trattamento avvenga in conformità ai principi stabiliti dall'art. 5 del Regolamento.>>
06.05.2020
Con la sentenza n. 13575, depositata il 5 maggio 2020, la Corte di Cassazione ribadisce alcuni principi in tema di responsabilità delle società, ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, relativi alla commissione del reato di lesioni colpose con violazione delle norme antinfortunistiche, previsto dall'art. 590, comma 3, c.p. Tale pronuncia si riferisce, in particolare, a un grave infortunio sul lavoro, a seguito del quale il Tribunale di Venezia ha condannato l’amministratore unico di una società (in qualita di Datore di lavoro) e quest'ultima (ai sensi dell’art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001, comminando alla stessa, oltre alla sanzione pecuniaria, anche una sanzione interdittiva) per violazione dell’art. 29, comma 3, del D.Lgs. 81/2008, avendo omesso di aggiornare il Documento di valutazione dei rischi (DVR), e dell’art. 77, comma 3, del medesimo Testo Unico Sicurezza, avendo omesso di consegnare ai dipendenti i necessari dispositivi di protezione individuali (DPI).
E' il caso di rilevare che tali modalità attuative del reato potrebbero ben riferirsi anche all'omessa attuazione delle prescrizioni emanate per far fronte all'emergenza sanitaria Covid-19 (D.P.C.M. del 26.04.2020 e Protocolli condivisi Covid-19).
Con la sentenza n. 13575, depositata il 5 maggio 2020, la Corte di Cassazione ribadisce alcuni principi in tema di responsabilità delle società, ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, relativi alla commissione del reato di lesioni colpose con violazione delle norme antinfortunistiche, previsto dall'art. 590, comma 3, c.p. Tale pronuncia si riferisce, in particolare, a un grave infortunio sul lavoro, a seguito del quale il Tribunale di Venezia ha condannato l’amministratore unico di una società (in qualita di Datore di lavoro) e quest'ultima (ai sensi dell’art. 25-septies del D.Lgs. 231/2001, comminando alla stessa, oltre alla sanzione pecuniaria, anche una sanzione interdittiva) per violazione dell’art. 29, comma 3, del D.Lgs. 81/2008, avendo omesso di aggiornare il Documento di valutazione dei rischi (DVR), e dell’art. 77, comma 3, del medesimo Testo Unico Sicurezza, avendo omesso di consegnare ai dipendenti i necessari dispositivi di protezione individuali (DPI).
E' il caso di rilevare che tali modalità attuative del reato potrebbero ben riferirsi anche all'omessa attuazione delle prescrizioni emanate per far fronte all'emergenza sanitaria Covid-19 (D.P.C.M. del 26.04.2020 e Protocolli condivisi Covid-19).
15.04.2020
Con la sentenza n. 12050, depositata il 14.04.2020, la Corte di Cassazione interviene sul tema dei rapporti esistenti tra valutazioni in sede penale e amministrativa con riferimento alla determinazione dell'imposta evasa (con riferimento a un procedimento penale relativo alla contestazione del reato di cui all'art. 3, D.Lgs. n. 74/2000. In particolare, la Corte Suprema ha ribadito che in materia tributaria il compito di determinare l’ammontare dell’imposta evasa - suscettibile dapprima di sequestro e, poi, di confisca - può sovrapporsi o contraddire gli esiti della valutazione operata dal giudice tributario, poiché non è configurabile alcuna pregiudiziale tributaria. In altri termini, il giudice penale non è vincolato nell’accertamento dell’imposta che si assume evasa, alle determinazioni assunte dal Fisco e dal giudice tributario. Nel caso esaminato, le prove acquisite nel procedimento penale sono risultate diverse dagli elementi emersi e valutati, ai fini tributari, in sede amministrativa.
Con la sentenza n. 12050, depositata il 14.04.2020, la Corte di Cassazione interviene sul tema dei rapporti esistenti tra valutazioni in sede penale e amministrativa con riferimento alla determinazione dell'imposta evasa (con riferimento a un procedimento penale relativo alla contestazione del reato di cui all'art. 3, D.Lgs. n. 74/2000. In particolare, la Corte Suprema ha ribadito che in materia tributaria il compito di determinare l’ammontare dell’imposta evasa - suscettibile dapprima di sequestro e, poi, di confisca - può sovrapporsi o contraddire gli esiti della valutazione operata dal giudice tributario, poiché non è configurabile alcuna pregiudiziale tributaria. In altri termini, il giudice penale non è vincolato nell’accertamento dell’imposta che si assume evasa, alle determinazioni assunte dal Fisco e dal giudice tributario. Nel caso esaminato, le prove acquisite nel procedimento penale sono risultate diverse dagli elementi emersi e valutati, ai fini tributari, in sede amministrativa.
15.03.2020
Con una nota del 13.03.2020, l'Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito indicazioni in merito alle iniziative in tema di valutazione dei rischi per la salute e sicurezza sul lavoro che devono essere assunte dai datori di lavoro in relazione all'emergenza "Covid-19" (approfondisci).
Con una nota del 13.03.2020, l'Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito indicazioni in merito alle iniziative in tema di valutazione dei rischi per la salute e sicurezza sul lavoro che devono essere assunte dai datori di lavoro in relazione all'emergenza "Covid-19" (approfondisci).
29.01.2020
Con la relazione n. 3/2020, la Corte di Cassazione - Ufficio del massimario e del ruolo - Servizio penale, ha fornito chiarimenti in ordine ai profili penalistici delle disposizioni di modifica del sistema penale tributario (D.Lgs. n. 74/2000) e della disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reati (D.Lgs. n. 231/2001) introdotte con il D.L. n. 124/2019, convertito dalla Legge 19.12.2019, n. 157.
In particolare, in merito all'ampliamento del catalogo dei reati "presupposto" della responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato ex D.Lgs. n. 231/2001, l'Alto Ufficio ha precisato quanto segue:
Con la relazione n. 3/2020, la Corte di Cassazione - Ufficio del massimario e del ruolo - Servizio penale, ha fornito chiarimenti in ordine ai profili penalistici delle disposizioni di modifica del sistema penale tributario (D.Lgs. n. 74/2000) e della disciplina in materia di responsabilità amministrativa degli enti derivante da reati (D.Lgs. n. 231/2001) introdotte con il D.L. n. 124/2019, convertito dalla Legge 19.12.2019, n. 157.
In particolare, in merito all'ampliamento del catalogo dei reati "presupposto" della responsabilità degli enti per illeciti amministrativi dipendenti da reato ex D.Lgs. n. 231/2001, l'Alto Ufficio ha precisato quanto segue:
- <<L'introduzione dell'art. 25-quinquiesdecies del d.lgs. n. 231 del 2001 ... pare rispondere anche alle richieste provenienti dall'Unione Europea, concernenti la tutela degli interessi finanziari dell'Unione mediante, tra l'altro, l'inclusione dei reati tributari nella disciplina della responsabilità degli enti>>;
- <<Il catalogo dei reati tributari presupposto della responsabilità delle persone giuridiche è tassativo>>;
- <<E' appena il caso di aggiungere che, a seguito della riforma in esame, le persone giuridiche che adottano un modello organizzativo ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 devono aggiornarne i contenuti, al fine di implementare efficaci sistemi di gestione del rischio fiscale ed evitare la relativa sanzione. Al riguardo, secondo la giurisprudenza di legittimità, compete al giudice di merito, investito da specifica deduzione, accertare preliminarmente l'esistenza di un modello organizzativo e di gestione conforme alle norme nonché la sua efficace attuazione o meno nell'ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto (Sez. 4, n. 43656 del 24/09/2019, Compagnia progetti e costruzioni S.r.l., in via di mass.). Non è idoneo ad esimere l'ente dalla responsabilità da reato, inoltre, il modello organizzativo che preveda un organismo di vigilanza non provvisto di autonomi ed effettivi poteri di controllo e che risulti sottoposto alle dirette dipendenze del soggetto controllato (Sez. 2, n. 52316 del 27/09/2016, Riva ed altri, Rv. 268964)>>.
25.12.2019
Il 25 dicembre 2019 è entrata in vigore la L. 19 dicembre 2019, n. 157 (pubblicata sulla G.U. n. 301 del 24.12.2019), che ha convertito, con modifiche, il Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (cd. "Decreto fiscale"). Tra le importanti novità si richiamano quelle relative al sistema penale in materia tributaria e alla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 231/2001 (con l'inserimento, nel catalogo dei reati presupposto, dei delitti tributari: art. 25-quinquiesdecies del Decreto n. 231 del 2001).
Le modifiche alla disciplina penale in materia tributaria e di responsabilità amministrativa degli enti sono recate dall'art. 39 del D.L. n. 124/2019, come modificato dalla Legge di conversione.
In particolare, il secondo comma di tale disposizione ha inserito nel D.Lgs. n. 231/2001 il nuovo articolo 25-quinquiesdecies - "Reati tributari"; i delitti tributari di cui al D.Lgs. n. 74/2000, ora rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, sono i seguenti:
a) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 2, comma 1 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
b) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 2, comma 2-bis (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
c) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall'articolo 3 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
d) delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 1 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
e) delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 2-bis (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
f) delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall'articolo 10 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
g) delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall'articolo 11 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità).
Le principali modifiche al sistema penale tributario - recate dal primo comma del citato art. 39, D.L. n. 124/2019, convertito con modificazioni dalla L. n. 157/2019 - sono le seguenti:
a) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000: ora da quattro a otto anni se l'ammontare degli elementi passivi fittizi non è inferiore a euro 100.000 (nel caso in cui sia inferiore resta applicabile la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni: nuovo comma 2-bis della citata disposizione);
b) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da tre a otto anni;
c) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due anni a quattro anni e sei mesi;
d) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due a cinque anni;
e) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due a cinque anni;
f) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000, se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d/imposta, non š inferiore a euro centomila (nel caso in cui sia inferiore resta applicabile la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni: nuovo comma 2-bis della citata disposizione);
g) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 10, D.Lgs. n. 74/2000: ora da tre a sette anni;
h) modifiche ai "Casi particolari di confisca" di cui all/art. 12-ter, D.Lgs. n. 74/2000.
Di seguito si riporta il testo di quest'ultima disposizione:
<<Art. 12-ter (Casi particolari di confisca).
1. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti di seguito indicati, si applica l'articolo 240-bis del codice penale quando:
a) l'ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 2;
b) l'imposta evasa è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 3;
c) l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 8;
d) l'ammontare delle imposte, delle sanzioni e degli interessi è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 11, comma 1;
e) l'ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 11, comma 2.
...(omissis)...>>
Per ulteriori dettagli in merito alla normativa sopra richiamata si rinvia al Portale sul D.Lgs. n. 231/2001 www.italianlaw231.com.
Il 25 dicembre 2019 è entrata in vigore la L. 19 dicembre 2019, n. 157 (pubblicata sulla G.U. n. 301 del 24.12.2019), che ha convertito, con modifiche, il Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (cd. "Decreto fiscale"). Tra le importanti novità si richiamano quelle relative al sistema penale in materia tributaria e alla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 231/2001 (con l'inserimento, nel catalogo dei reati presupposto, dei delitti tributari: art. 25-quinquiesdecies del Decreto n. 231 del 2001).
Le modifiche alla disciplina penale in materia tributaria e di responsabilità amministrativa degli enti sono recate dall'art. 39 del D.L. n. 124/2019, come modificato dalla Legge di conversione.
In particolare, il secondo comma di tale disposizione ha inserito nel D.Lgs. n. 231/2001 il nuovo articolo 25-quinquiesdecies - "Reati tributari"; i delitti tributari di cui al D.Lgs. n. 74/2000, ora rilevanti ai fini della responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato, sono i seguenti:
a) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 2, comma 1 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
b) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 2, comma 2-bis (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
c) delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, previsto dall'articolo 3 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
d) delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 1 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
e) delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall'articolo 8, comma 2-bis (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
f) delitto di occultamento o distruzione di documenti contabili, previsto dall'articolo 10 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità);
g) delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, previsto dall'articolo 11 (sanzioni interdittive e sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote, aumentata di un terzo se l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità).
Le principali modifiche al sistema penale tributario - recate dal primo comma del citato art. 39, D.L. n. 124/2019, convertito con modificazioni dalla L. n. 157/2019 - sono le seguenti:
a) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000: ora da quattro a otto anni se l'ammontare degli elementi passivi fittizi non è inferiore a euro 100.000 (nel caso in cui sia inferiore resta applicabile la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni: nuovo comma 2-bis della citata disposizione);
b) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 3, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da tre a otto anni;
c) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due anni a quattro anni e sei mesi;
d) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 5, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due a cinque anni;
e) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. n. 74/2000: ora da due a cinque anni;
f) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 8, comma 1, D.Lgs. n. 74/2000, se l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d/imposta, non š inferiore a euro centomila (nel caso in cui sia inferiore resta applicabile la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni: nuovo comma 2-bis della citata disposizione);
g) aumento della pena della reclusione per il delitto di cui all'art. 10, D.Lgs. n. 74/2000: ora da tre a sette anni;
h) modifiche ai "Casi particolari di confisca" di cui all/art. 12-ter, D.Lgs. n. 74/2000.
Di seguito si riporta il testo di quest'ultima disposizione:
<<Art. 12-ter (Casi particolari di confisca).
1. Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti di seguito indicati, si applica l'articolo 240-bis del codice penale quando:
a) l'ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 2;
b) l'imposta evasa è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 3;
c) l'importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 8;
d) l'ammontare delle imposte, delle sanzioni e degli interessi è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 11, comma 1;
e) l'ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall'articolo 11, comma 2.
...(omissis)...>>
Per ulteriori dettagli in merito alla normativa sopra richiamata si rinvia al Portale sul D.Lgs. n. 231/2001 www.italianlaw231.com.
17.12.2019
Con il rinnovo della fiducia al Governo, il 17 dicembre 2019 il Senato ha approvato in via definitiva il d.d.l. n. S.1638 e, quindi, la conversione in legge del "Decreto fiscale", collegato alla legge di Bilancio 2020 (Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124; la legge di conversione deve ora essere pubblicata in Gazzetta ufficiale. Tra le importanti novità si richiamano quelle relative al sistema penale in materia tributaria e alla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 23172001 (con l'inserimento, nel catalogo dei reati presupposto, dei delitti tributari).
Con il rinnovo della fiducia al Governo, il 17 dicembre 2019 il Senato ha approvato in via definitiva il d.d.l. n. S.1638 e, quindi, la conversione in legge del "Decreto fiscale", collegato alla legge di Bilancio 2020 (Decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124; la legge di conversione deve ora essere pubblicata in Gazzetta ufficiale. Tra le importanti novità si richiamano quelle relative al sistema penale in materia tributaria e alla responsabilità amministrativa degli enti derivante da reato di cui al D.Lgs. n. 23172001 (con l'inserimento, nel catalogo dei reati presupposto, dei delitti tributari).
02.12.2019
Con il passaggio all'esame della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, sono stati approvati vari emendamenti al cd. "Decreto fiscale 2020" (D.L. 26.10.2019, n. 124) in materia di reati tributari; tra le modifiche, importanti novità in materia di responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, in caso di commissione di reati tributari, tale responsabilità - prevista dal testo originario del D.L. n. 124/2019 solo per l’ipotesi di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000), viene estesa anche ai delitti di:
Con il passaggio all'esame della Commissione Finanze della Camera dei Deputati, sono stati approvati vari emendamenti al cd. "Decreto fiscale 2020" (D.L. 26.10.2019, n. 124) in materia di reati tributari; tra le modifiche, importanti novità in materia di responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, in caso di commissione di reati tributari, tale responsabilità - prevista dal testo originario del D.L. n. 124/2019 solo per l’ipotesi di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000), viene estesa anche ai delitti di:
- dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art. 3, D.Lgs. n. 74/2000);
- emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 8, D.Lgs. n. 74/2000);
- occultamento o distruzione di documenti contabili (art. 10, D.Lgs. n. 74/2000);
- sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 11, D.Lgs. n. 74/2000).
21.11.2019
La L. 18.11.2019, n. 133, di conversione del D.L. 21.09.2019, n. 105 (pubblicata sulla G.U. n. 272 del 20.11.2019 e in vigore dal 21.11.2019), che ha introdotto nuovi reati informatici (art. 24-bis, D.Lgs. n. 231/2001) in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, che comportano la responsabilità dell'ente ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
I reati in questione sono quelli di cui all'art. 1, comma 11, del citato D.L. n. 105/2019; di seguito il testo di tale disposizione (come modificata dalla legge di conversione:
<<11. Chiunque, allo scopo di ostacolare o condizionare l'espletamento dei procedimenti di cui al comma 2, lettera b), o al comma 6, lettera a), o delle attività ispettive e di vigilanza previste dal comma 6, lettera c), fornisce informazioni, dati o elementi di fatto non rispondenti al vero, rilevanti per la predisposizione o l'aggiornamento degli elenchi di cui al comma 2, lettera b), o ai fini delle comunicazioni di cui al comma 6, lettera a), o per lo svolgimento delle attivita' ispettive e di vigilanza di cui al comma 6), lettera c) od omette di comunicare entro i termini prescritti i predetti dati, informazioni o elementi di fatto, e' punito con la reclusione da uno a tre anni.>>
La L. 18.11.2019, n. 133, di conversione del D.L. 21.09.2019, n. 105 (pubblicata sulla G.U. n. 272 del 20.11.2019 e in vigore dal 21.11.2019), che ha introdotto nuovi reati informatici (art. 24-bis, D.Lgs. n. 231/2001) in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, che comportano la responsabilità dell'ente ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
I reati in questione sono quelli di cui all'art. 1, comma 11, del citato D.L. n. 105/2019; di seguito il testo di tale disposizione (come modificata dalla legge di conversione:
<<11. Chiunque, allo scopo di ostacolare o condizionare l'espletamento dei procedimenti di cui al comma 2, lettera b), o al comma 6, lettera a), o delle attività ispettive e di vigilanza previste dal comma 6, lettera c), fornisce informazioni, dati o elementi di fatto non rispondenti al vero, rilevanti per la predisposizione o l'aggiornamento degli elenchi di cui al comma 2, lettera b), o ai fini delle comunicazioni di cui al comma 6, lettera a), o per lo svolgimento delle attivita' ispettive e di vigilanza di cui al comma 6), lettera c) od omette di comunicare entro i termini prescritti i predetti dati, informazioni o elementi di fatto, e' punito con la reclusione da uno a tre anni.>>
14.11.2019
Il 14 novembre 2019 la Camera dei Deputati ha approvato, in via definitiva, la conversione in legge del D.L. 21 settembre 2019, n. 105, recante "Disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica”, che ha inserito nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 i delitti previsti dall’articolo 1, comma 11, dello stesso Decreto-legge (clicca qui per il testo approvato dalla Camera dei Deputati). In particolare, il nuovo comma 11-bis del D.L. n. 109/2015 prevede quanto segue (l'enfasi è aggiunta): <<11-bis. All’articolo 24-bis, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo le parole: “di altro ente pubblico,” sono inserite le seguenti: “e dei delitti di cui all’articolo 1, comma 11, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105,”>>.
Il 14 novembre 2019 la Camera dei Deputati ha approvato, in via definitiva, la conversione in legge del D.L. 21 settembre 2019, n. 105, recante "Disposizioni urgenti in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica”, che ha inserito nel catalogo dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 i delitti previsti dall’articolo 1, comma 11, dello stesso Decreto-legge (clicca qui per il testo approvato dalla Camera dei Deputati). In particolare, il nuovo comma 11-bis del D.L. n. 109/2015 prevede quanto segue (l'enfasi è aggiunta): <<11-bis. All’articolo 24-bis, comma 3, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, dopo le parole: “di altro ente pubblico,” sono inserite le seguenti: “e dei delitti di cui all’articolo 1, comma 11, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105,”>>.
"02.11.2019
Il 2 novembre 2019 è entrata in vigore la cd. "Legge di delegazione europea 2018" (L. 4 ottobre 2019, n. 117 - "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2018", in G.U. n. 245 del 18.10.2019). Viene così recepita nell'ordinamento italiano, tra le altre la Direttiva (UE) 2017/1371/UE (cd. "Direttiva PIF"), relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale. Il Governo dovrà, dunque, integrare il catalogo dei reati presupposto di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
La "Direttiva PIF" concerne:
In particolare, come disposto dall'art. 3 della Legge n. 117/2019:
<<1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
a) individuare i reati previsti dalle norme vigenti che possano essere ritenuti reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, in conformità a quanto previsto dagli articoli 1, 2, 3, 4 e 5 della direttiva (UE) 2017/1371;
b) sostituire nelle norme nazionali vigenti che prevedono reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea il riferimento alle «Comunità europee» con il riferimento all'«Unione europea»;
c) abrogare espressamente tutte le norme interne che risultino incompatibili con quelle della direttiva (UE) 2017/1371 e in particolare quelle che stabiliscono che i delitti che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea di cui agli articoli 3 e 4 della medesima direttiva non sono punibili a titolo di concorso o di tentativo;
d) modificare l'articolo 322-bis del codice penale nel senso di estendere la punizione dei fatti di corruzione passiva, come definita dall'articolo 4, paragrafo 2, lettera a), della direttiva (UE) 2017/1371, anche ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio di Stati non appartenenti all'Unione europea, quando tali fatti siano posti in essere in modo che ledano o possano ledere gli interessi finanziari dell'Unione;
e) integrare le disposizioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea e che non sono già compresi nelle disposizioni del medesimo decreto legislativo;
f) prevedere, ove necessario, che i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, qualora ne derivino danni o vantaggi considerevoli, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, della direttiva (UE) 2017/1371, siano punibili con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione;
g) prevedere, ove necessario, che, qualora un reato che lede gli interessi finanziari dell'Unione europea sia commesso nell'ambito di un'organizzazione criminale ai sensi della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, ciò sia considerato una circostanza aggravante dello stesso reato;
h) prevedere, ove necessario, che, in caso di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, in aggiunta alle sanzioni amministrative previste dagli articoli da 9 a 23 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, siano applicabili, per le persone giuridiche, talune delle sanzioni di cui all'articolo 9 della direttiva (UE) 2017/1371 e che tutte le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive;
i) adeguare, ove necessario, le norme nazionali in materia di giurisdizione penale a quanto previsto dall'articolo 11, paragrafi 1 e 2, della direttiva (UE) 2017/1371, nonché prevedere, ove necessario, una o più delle estensioni di tale giurisdizione contemplate dall'articolo 11, paragrafo 3, della stessa direttiva.
2. I decreti legislativi per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 sono adottati su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.>>
Per la definizione di "frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione europea", anche al fine di integrare il catalogo dei reati presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001, occorre fare riferimento all’art. 3 della Direttiva PIF, il quale stabilisce che si debbano considerare frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea:
a) in materia di spese non relative agli appalti, l’azione od omissione relativa:
I) all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua l’appropriazione indebita o la ritenzione illecita di fondi o beni provenienti dal bilancio dell’Unione o dai bilanci gestiti da quest’ultima, o per suo conto;
II) alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; ovvero
III) alla distrazione di tali fondi o beni per fini diversi da quelli per cui erano stati inizialmente concessi;
b) in materia di spese relative agli appalti, almeno allorché commessa al fine di procurare all’autore del reato o ad altri un ingiusto profitto arrecando pregiudizio agli interessi finanziari dell’Unione, l’azione od omissione relativa:
I) all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua l’appropriazione indebita o la ritenzione illecita di fondi o beni provenienti dal bilancio dell’Unione o dai bilanci gestiti da quest’ultima o per suo conto;
II) alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; ovvero
III) alla distrazione di tali fondi o beni per fini diversi da quelli per cui erano stati inizialmente concessi, che leda gli interessi finanziari dell’Unione;
c) in materia di entrate diverse dalle entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’IVA di cui alla lettera d), l’azione od omissione relativa:
I) all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua la diminuzione illegittima delle risorse del bilancio dell’Unione o dei bilanci gestiti da quest’ultima o per suo conto;
II) alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; ovvero
III) alla distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto, cui consegua lo stesso effetto;
d) in materia di entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’IVA, l’azione od omissione commessa in sistemi fraudolenti transfrontalieri in relazione:
I) all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti relativi all’IVA, cui consegua la diminuzione di risorse del bilancio dell’Unione;
II) alla mancata comunicazione di un’informazione relativa all’IVA in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; ovvero
III) alla presentazione di dichiarazioni esatte relative all’IVA per dissimulare in maniera fraudolenta il mancato pagamento o la costituzione illecita di diritti a rimborsi dell’IVA.
Il 2 novembre 2019 è entrata in vigore la cd. "Legge di delegazione europea 2018" (L. 4 ottobre 2019, n. 117 - "Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2018", in G.U. n. 245 del 18.10.2019). Viene così recepita nell'ordinamento italiano, tra le altre la Direttiva (UE) 2017/1371/UE (cd. "Direttiva PIF"), relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale. Il Governo dovrà, dunque, integrare il catalogo dei reati presupposto di cui al D.Lgs. n. 231/2001.
La "Direttiva PIF" concerne:
- le frodi e gli altri reati penali - quali corruzione, appropriazione indebita o riciclaggio di denaro - lesivi degli interessi finanziari dell’UE, ad esempio del bilancio dell’UE, dei bilanci di istituzioni, organismi, uffici e agenzie dell’UE istituiti dai trattati, o dei bilanci da questi direttamente o indirettamente gestiti e monitorati;
- i “reati gravi” ai danni del sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (IVA), quali le cd. "frodi carosello dell’IVA" (frodi nelle quali gli autori importano beni esenti da IVA da altri Stati membri, rivendendo i beni ad acquirenti nazionali, addebitando loro l’IVA; il venditore, poi, scompare senza pagare l’IVA alle Autorità fiscali). Si considerano "gravi" i reati che coinvolgono il territorio di due o più Stati membri e implicano un danno totale di almeno 10 milioni di euro; nelle frodi carosello dell’IVA, di solito,
In particolare, come disposto dall'art. 3 della Legge n. 117/2019:
<<1. Nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 1, comma 1, anche i seguenti principi e criteri direttivi specifici:
a) individuare i reati previsti dalle norme vigenti che possano essere ritenuti reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, in conformità a quanto previsto dagli articoli 1, 2, 3, 4 e 5 della direttiva (UE) 2017/1371;
b) sostituire nelle norme nazionali vigenti che prevedono reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea il riferimento alle «Comunità europee» con il riferimento all'«Unione europea»;
c) abrogare espressamente tutte le norme interne che risultino incompatibili con quelle della direttiva (UE) 2017/1371 e in particolare quelle che stabiliscono che i delitti che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea di cui agli articoli 3 e 4 della medesima direttiva non sono punibili a titolo di concorso o di tentativo;
d) modificare l'articolo 322-bis del codice penale nel senso di estendere la punizione dei fatti di corruzione passiva, come definita dall'articolo 4, paragrafo 2, lettera a), della direttiva (UE) 2017/1371, anche ai pubblici ufficiali e agli incaricati di pubblico servizio di Stati non appartenenti all'Unione europea, quando tali fatti siano posti in essere in modo che ledano o possano ledere gli interessi finanziari dell'Unione;
e) integrare le disposizioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea e che non sono già compresi nelle disposizioni del medesimo decreto legislativo;
f) prevedere, ove necessario, che i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, qualora ne derivino danni o vantaggi considerevoli, ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 3, della direttiva (UE) 2017/1371, siano punibili con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione;
g) prevedere, ove necessario, che, qualora un reato che lede gli interessi finanziari dell'Unione europea sia commesso nell'ambito di un'organizzazione criminale ai sensi della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, ciò sia considerato una circostanza aggravante dello stesso reato;
h) prevedere, ove necessario, che, in caso di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, in aggiunta alle sanzioni amministrative previste dagli articoli da 9 a 23 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, siano applicabili, per le persone giuridiche, talune delle sanzioni di cui all'articolo 9 della direttiva (UE) 2017/1371 e che tutte le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive;
i) adeguare, ove necessario, le norme nazionali in materia di giurisdizione penale a quanto previsto dall'articolo 11, paragrafi 1 e 2, della direttiva (UE) 2017/1371, nonché prevedere, ove necessario, una o più delle estensioni di tale giurisdizione contemplate dall'articolo 11, paragrafo 3, della stessa direttiva.
2. I decreti legislativi per l'attuazione della direttiva (UE) 2017/1371 sono adottati su proposta del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.>>
Per la definizione di "frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione europea", anche al fine di integrare il catalogo dei reati presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001, occorre fare riferimento all’art. 3 della Direttiva PIF, il quale stabilisce che si debbano considerare frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea:
a) in materia di spese non relative agli appalti, l’azione od omissione relativa:
I) all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua l’appropriazione indebita o la ritenzione illecita di fondi o beni provenienti dal bilancio dell’Unione o dai bilanci gestiti da quest’ultima, o per suo conto;
II) alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; ovvero
III) alla distrazione di tali fondi o beni per fini diversi da quelli per cui erano stati inizialmente concessi;
b) in materia di spese relative agli appalti, almeno allorché commessa al fine di procurare all’autore del reato o ad altri un ingiusto profitto arrecando pregiudizio agli interessi finanziari dell’Unione, l’azione od omissione relativa:
I) all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua l’appropriazione indebita o la ritenzione illecita di fondi o beni provenienti dal bilancio dell’Unione o dai bilanci gestiti da quest’ultima o per suo conto;
II) alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; ovvero
III) alla distrazione di tali fondi o beni per fini diversi da quelli per cui erano stati inizialmente concessi, che leda gli interessi finanziari dell’Unione;
c) in materia di entrate diverse dalle entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’IVA di cui alla lettera d), l’azione od omissione relativa:
I) all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti, cui consegua la diminuzione illegittima delle risorse del bilancio dell’Unione o dei bilanci gestiti da quest’ultima o per suo conto;
II) alla mancata comunicazione di un’informazione in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; ovvero
III) alla distrazione di un beneficio lecitamente ottenuto, cui consegua lo stesso effetto;
d) in materia di entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’IVA, l’azione od omissione commessa in sistemi fraudolenti transfrontalieri in relazione:
I) all’utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti relativi all’IVA, cui consegua la diminuzione di risorse del bilancio dell’Unione;
II) alla mancata comunicazione di un’informazione relativa all’IVA in violazione di un obbligo specifico, cui consegua lo stesso effetto; ovvero
III) alla presentazione di dichiarazioni esatte relative all’IVA per dissimulare in maniera fraudolenta il mancato pagamento o la costituzione illecita di diritti a rimborsi dell’IVA.
26.10.2019
Il D.L. 26.10.2019, n. 124 - Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili (pubblicato sulla G.U. n. 252 del 26.10.2019) ha introdotto rilevanti modifiche al diritto penale tributario, inserendo i reati tributari nel catalogo dei reati-presupposto ai fini della responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001.
Queste modifiche sono inserite nell'art. 39 del Decreto, che - come stabilito dal terzo comma della stessa disposizione - avranno efficacia dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della legge di conversione del provvedimento.
L'inasprimento della disciplina (cosiddetta) "manette agli evasori" (di cui al D.Lgs. n. 74/2000) prevede:
Il D.L. 26.10.2019, n. 124 - Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili (pubblicato sulla G.U. n. 252 del 26.10.2019) ha introdotto rilevanti modifiche al diritto penale tributario, inserendo i reati tributari nel catalogo dei reati-presupposto ai fini della responsabilità amministrativa degli enti di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001.
Queste modifiche sono inserite nell'art. 39 del Decreto, che - come stabilito dal terzo comma della stessa disposizione - avranno efficacia dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della legge di conversione del provvedimento.
L'inasprimento della disciplina (cosiddetta) "manette agli evasori" (di cui al D.Lgs. n. 74/2000) prevede:
- un generale inasprimento delle sanzioni;
- una "confisca di sproporzione" (con inserimento dell'art. 12-ter nel menzionato D.Lgs. n. 74/2000);
- l'inserimento del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. n. 74/2000) nel catalogo dei "reati 231", introducendo nel D.Lgs. n. 231/2001 l'art. 25-quindiesdecies.
18.10.2019
La Corte di Cassazione, Sez. lavoro, con la sentenza n. 25689 dell'11.10.2019 ha affermato il seguente principio: il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio in itinere occorso al proprio dipendente, anche quando questi sia autorizzato ad utilizzare un veicolo di sua proprietà per lo svolgimento della prestazione. Di seguito si riporta uno stralcio del provvedimento:
<<4.1. La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato (tra le tante, Cass. 15156 del 2011, Cass. n. 2491 del 2008 che la responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 cod. civ., pur non essendo di carattere oggettivo, deve ritenersi volta a sanzionare l'omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto del concreto tipo di lavorazione e del connesso rischio.
4.2. L'osservanza del generico obbligo di sicurezza di cui all' art. 2087 cod. civ. impone al datore di lavoro l'adozione delle correlative misure di sicurezza cd. "innominate", sicché incombe sullo stesso, ai fini della prova liberatoria correlata alla quantificazione della diligenza ritenuta esigibile nella predisposizione delle suindicate misure, l'onere di far risultare l'adozione di comportamenti specifici che, pur non dettati dalla legge o altra fonte equiparata, siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, dagli "standards" di sicurezza normalmente osservati o trovino riferimento in altre fonti analoghe (Cass. n. 15082 del 2014, Cass. n. 34 del 2016, Cass. n. 10319 del 2017).
4.3. La responsabilità datoriale incontra l'unico limite rappresentato dalla inesigibilità dal datore di lavoro della al predisposizione di accorgimenti idonei a fronteggiare cause d'infortunio del tutto imprevedibili ( Cass. n. 8911 del 2019, Cass. n. 1312 del 2014); in questa prospettiva il datore di lavoro è stato ritenuto totalmente esonerato da ogni responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore presenta caratteri di abnormità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, in modo da porsi quale causa esclusiva dell'evento (Cass. n. 3786 del 2009): così integrando il cd. "rischio elettivo", ossia una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall'esercizio della prestazione lavorativa o anche ad essa riconducibile, ma esercitata e intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell'attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata (Cass. n. 18786 del 2014).
4.4. Tanto premesso, l'ampiezza del contenuto dell'obbligo di sicurezza gravante ex art. 2087 cod. civ. sulla parte datoriale, obbligo che deve necessariamente conformarsi e misurarsi sulle concrete modalità di espletamento della prestazione di lavoro dipendente, non consente di accedere all'assunto della Corte di merito secondo il quale l'autorizzazione all'uso del mezzo proprio ed il pagamento della connessa indennità, implicando la completa autonomia operativa del prestatore, comportano l'esonero per la parte datoriale da ogni responsabilità collegata alla guida del mezzo. Tale assunto, che si risolve nella prospettazione di una sorta di traslazione del rischio connesso all'espletamento della prestazione lavorativa per il solo fatto dell'autorizzazione all'uso del mezzo proprio, oltre a non trovare riscontro nelle specifiche disposizioni che regolano l'autorizzazione all'uso del mezzo proprio dei dipendenti postali, non è coerente con il rilievo costituzionale degli interessi coinvolti ( artt. 4, 32 Cost.).
(...omissis...)
4.7. In base alle considerazioni che precedono deve, quindi, escludersi che l'autorizzazione all'uso del mezzo proprio si configuri ex se quale causa destinata, in ipotesi di infortunio lavorativo, ad esonerare la datrice di lavoro da ogni responsabilità connessa all'uso del mezzo; l'obbligo di sicurezza che fa capo alla parte datoriale implica, infatti, la necessità per questa di farsi carico della valutazione del rischio connesso a specifiche modalità di esecuzione della prestazione pretese in relazione all'utilizzazione del veicolo di proprietà al quale il dipendente è stato autorizzato.>>
La Corte di Cassazione, Sez. lavoro, con la sentenza n. 25689 dell'11.10.2019 ha affermato il seguente principio: il datore di lavoro è responsabile dell’infortunio in itinere occorso al proprio dipendente, anche quando questi sia autorizzato ad utilizzare un veicolo di sua proprietà per lo svolgimento della prestazione. Di seguito si riporta uno stralcio del provvedimento:
<<4.1. La giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato (tra le tante, Cass. 15156 del 2011, Cass. n. 2491 del 2008 che la responsabilità dell'imprenditore ex art. 2087 cod. civ., pur non essendo di carattere oggettivo, deve ritenersi volta a sanzionare l'omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto del concreto tipo di lavorazione e del connesso rischio.
4.2. L'osservanza del generico obbligo di sicurezza di cui all' art. 2087 cod. civ. impone al datore di lavoro l'adozione delle correlative misure di sicurezza cd. "innominate", sicché incombe sullo stesso, ai fini della prova liberatoria correlata alla quantificazione della diligenza ritenuta esigibile nella predisposizione delle suindicate misure, l'onere di far risultare l'adozione di comportamenti specifici che, pur non dettati dalla legge o altra fonte equiparata, siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, dagli "standards" di sicurezza normalmente osservati o trovino riferimento in altre fonti analoghe (Cass. n. 15082 del 2014, Cass. n. 34 del 2016, Cass. n. 10319 del 2017).
4.3. La responsabilità datoriale incontra l'unico limite rappresentato dalla inesigibilità dal datore di lavoro della al predisposizione di accorgimenti idonei a fronteggiare cause d'infortunio del tutto imprevedibili ( Cass. n. 8911 del 2019, Cass. n. 1312 del 2014); in questa prospettiva il datore di lavoro è stato ritenuto totalmente esonerato da ogni responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore presenta caratteri di abnormità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, in modo da porsi quale causa esclusiva dell'evento (Cass. n. 3786 del 2009): così integrando il cd. "rischio elettivo", ossia una condotta personalissima del lavoratore, avulsa dall'esercizio della prestazione lavorativa o anche ad essa riconducibile, ma esercitata e intrapresa volontariamente in base a ragioni e motivazioni del tutto personali, al di fuori dell'attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata (Cass. n. 18786 del 2014).
4.4. Tanto premesso, l'ampiezza del contenuto dell'obbligo di sicurezza gravante ex art. 2087 cod. civ. sulla parte datoriale, obbligo che deve necessariamente conformarsi e misurarsi sulle concrete modalità di espletamento della prestazione di lavoro dipendente, non consente di accedere all'assunto della Corte di merito secondo il quale l'autorizzazione all'uso del mezzo proprio ed il pagamento della connessa indennità, implicando la completa autonomia operativa del prestatore, comportano l'esonero per la parte datoriale da ogni responsabilità collegata alla guida del mezzo. Tale assunto, che si risolve nella prospettazione di una sorta di traslazione del rischio connesso all'espletamento della prestazione lavorativa per il solo fatto dell'autorizzazione all'uso del mezzo proprio, oltre a non trovare riscontro nelle specifiche disposizioni che regolano l'autorizzazione all'uso del mezzo proprio dei dipendenti postali, non è coerente con il rilievo costituzionale degli interessi coinvolti ( artt. 4, 32 Cost.).
(...omissis...)
4.7. In base alle considerazioni che precedono deve, quindi, escludersi che l'autorizzazione all'uso del mezzo proprio si configuri ex se quale causa destinata, in ipotesi di infortunio lavorativo, ad esonerare la datrice di lavoro da ogni responsabilità connessa all'uso del mezzo; l'obbligo di sicurezza che fa capo alla parte datoriale implica, infatti, la necessità per questa di farsi carico della valutazione del rischio connesso a specifiche modalità di esecuzione della prestazione pretese in relazione all'utilizzazione del veicolo di proprietà al quale il dipendente è stato autorizzato.>>
16.10.2019
Con riferimento al reato di autoriciclaggio (e riciclaggio) la sentenza n. 42052 del 14.10.2019, la 2^ Sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: "In tema di riciclaggio ed autoriciclaggio, non è necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza; in difetto, venendo meno uno dei presupposti del delitto di riciclaggio, l’imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste".
In particolare, la Corte Suprema ha ribadito che:
(i) "L’affermazione della responsabilità per il delitto di ricettazione, di riciclaggio e di autoriciclaggio non richiede l’accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, né dei suoi autori, né dell’esatta tipologia del reato, potendo il giudice affermarne l’esistenza attraverso prove logiche (Sez. 2, n. 29685 del 5 luglio 2011, Rv. 251028: nella specie, la Corte ha ritenuto congruamente provato il delitto presupposto di furto di documenti provenienti da archivi di Stato, in base alle convergenti dichiarazioni di esperti, pur se le denunce di furto erano state presentate successivamente al sequestro dei documenti)";
(ii) "Non è, pertanto, necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato; basta (come già chiarito dalla dottrina più autorevole e dalla giurisprudenza in relazione al delitto di ricettazione) che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il giudice procedente (per la ricettazione, per il riciclaggio, per l’autoriciclaggio) abbia potuto riconoscere, per quanto interessa il giudizio attuale, la sussistenza del delitto stesso (cfr. in argomento, fra le tante, nell’ambito di un orientamento ormai consolidato, Cass. pen., 16 febbraio 1950, Grassi, naturalmente in tema di ricettazione, in Giust. pen. 1950, 2, 738).
Con riferimento al reato di autoriciclaggio (e riciclaggio) la sentenza n. 42052 del 14.10.2019, la 2^ Sezione penale della Corte di Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: "In tema di riciclaggio ed autoriciclaggio, non è necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza; in difetto, venendo meno uno dei presupposti del delitto di riciclaggio, l’imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste".
In particolare, la Corte Suprema ha ribadito che:
(i) "L’affermazione della responsabilità per il delitto di ricettazione, di riciclaggio e di autoriciclaggio non richiede l’accertamento giudiziale della commissione del delitto presupposto, né dei suoi autori, né dell’esatta tipologia del reato, potendo il giudice affermarne l’esistenza attraverso prove logiche (Sez. 2, n. 29685 del 5 luglio 2011, Rv. 251028: nella specie, la Corte ha ritenuto congruamente provato il delitto presupposto di furto di documenti provenienti da archivi di Stato, in base alle convergenti dichiarazioni di esperti, pur se le denunce di furto erano state presentate successivamente al sequestro dei documenti)";
(ii) "Non è, pertanto, necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato; basta (come già chiarito dalla dottrina più autorevole e dalla giurisprudenza in relazione al delitto di ricettazione) che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il giudice procedente (per la ricettazione, per il riciclaggio, per l’autoriciclaggio) abbia potuto riconoscere, per quanto interessa il giudizio attuale, la sussistenza del delitto stesso (cfr. in argomento, fra le tante, nell’ambito di un orientamento ormai consolidato, Cass. pen., 16 febbraio 1950, Grassi, naturalmente in tema di ricettazione, in Giust. pen. 1950, 2, 738).
01.10.2019
Il Consiglio Federale della FIGC - Federazione Italiana Giuoco Calcio - ha emanato le Linee guida per la costruzione, su base volontaria, dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all'art. 6 del Codice di Giustizia Sportiva. Tali Modelli perseguono finalità diverse rispetto ai modelli organizzativi predisposti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, ma si fondano su principi analoghi a quelli posti alla base della costruzione di questi ultimi.
In particolare, con riferimento alla normativa in materia si può brevemente osservare che:
I principi cui dovranno attenersi i Club per la costruzione dei Modelli ex art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva sono, infatti, i seguenti (per maggiori dettagli si rinvia alla comunicazione pubblicata sul sito web della FIGC):
<<Si ritiene opportuno evidenziare che i Modelli di prevenzione, adottati in base alle presenti Linee guida, adottati su base volontaria ai fini della applicazione dell’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva, perseguono finalità diverse rispetto ai modelli organizzativi predisposti ai sensi del D.Lgs. 231/2001 (di seguito “Modelli 231”).
Ed infatti i Modelli di prevenzione sono volti a prevenire il compimento da parte delle società di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità previsti dall’ordinamento sportivo, mentre i Modelli 231 sono volti a prevenire il compimento di quei reati contemplati dal Codice Penale che costituiscono presupposto della responsabilità delle società ai sensi del D.Lgs. 231.
Ove la società abbia adottato il Modello 231, sarà opportuno un coordinamento di tale Modello 231 con il Modello di prevenzione.
Le Linee guida sono destinate a tutte le società che partecipano a campionati nazionali indipendentemente dalle loro dimensioni, dalla struttura giuridica e di governance, dal livello di complessità del sistema di compliance, dal fatturato, dal numero di dipendenti o dalle competizioni sportive alle quali sono iscritte.>>
Il Consiglio Federale della FIGC - Federazione Italiana Giuoco Calcio - ha emanato le Linee guida per la costruzione, su base volontaria, dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo al fine di escludere o attenuare la responsabilità della società di cui all'art. 6 del Codice di Giustizia Sportiva. Tali Modelli perseguono finalità diverse rispetto ai modelli organizzativi predisposti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, ma si fondano su principi analoghi a quelli posti alla base della costruzione di questi ultimi.
In particolare, con riferimento alla normativa in materia si può brevemente osservare che:
- l’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva prevede che al fine di escludere o attenuare la responsabilità delle società, il giudice valuta l’adozione, l’idoneità, l’efficacia e l’effettivo funzionamento dei modelli di organizzazione, gestione e controllo di cui all’art. 7, comma 5, dello Statuto F.I.G.C.;
- tale meccanismo è analogo a quello previsto dagli artt. 5 e 6 del D.Lgs. n. 231/2001, che prevedono l'adozione di un apposito “modello di organizzazione, gestione e controllo” per la prevenzione di taluni reati (“Modello 231”) e la nomina di un Organismo di vigilanza;
- l’art. 7, comma 5, dello Statuto Federale della F.I.G.C. precisa che il Consiglio Federale “vigila affinché le società che partecipano ai campionati nazionali adottino modelli di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire il compimento di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto” (“Modello di prevenzione”);
- il Modello di prevenzione è, dunque, per alcuni importanti aspetti diverso dal Modello 231, con il quale, se adottato, deve necessariamente “coordinarsi”, come precisato dalle stesse Linee guida F.I.G.C.; pur essendo, infatti, diverse le finalità dei due “Modelli” appena citati, identico è l’ambito cui essi si riferiscono, vale a dire il “Sistema di controllo e di gestione dei rischi” dell'ente.
I principi cui dovranno attenersi i Club per la costruzione dei Modelli ex art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva sono, infatti, i seguenti (per maggiori dettagli si rinvia alla comunicazione pubblicata sul sito web della FIGC):
- valutazione dei rischi;
- leadership e impegno;
- codice etico;
- sistema procedurale;
- controlli interni;
- controlli sulle terze parti;
- Organismo di garanzia;
- comunicazione e formazione;
- sistema interno di segnalazione;
- sistema disciplinare;
- verifiche;
- riesame e monitoraggio;
- miglioramento continui;
- gestione delle non conformità.
<<Si ritiene opportuno evidenziare che i Modelli di prevenzione, adottati in base alle presenti Linee guida, adottati su base volontaria ai fini della applicazione dell’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva, perseguono finalità diverse rispetto ai modelli organizzativi predisposti ai sensi del D.Lgs. 231/2001 (di seguito “Modelli 231”).
Ed infatti i Modelli di prevenzione sono volti a prevenire il compimento da parte delle società di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità previsti dall’ordinamento sportivo, mentre i Modelli 231 sono volti a prevenire il compimento di quei reati contemplati dal Codice Penale che costituiscono presupposto della responsabilità delle società ai sensi del D.Lgs. 231.
Ove la società abbia adottato il Modello 231, sarà opportuno un coordinamento di tale Modello 231 con il Modello di prevenzione.
Le Linee guida sono destinate a tutte le società che partecipano a campionati nazionali indipendentemente dalle loro dimensioni, dalla struttura giuridica e di governance, dal livello di complessità del sistema di compliance, dal fatturato, dal numero di dipendenti o dalle competizioni sportive alle quali sono iscritte.>>
22.09.2019
Il D.L. 21.09.2019, n. 105 (pubblicato sulla G.U. n. 222 del 21.09.2019), ha introdotto nuovi reati in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, che comportano la responsabilità dell'ente ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. In particolare, i soggetti che - ai sensi delle disposizioni contenute nel Decreto - verranno ricompresi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica (in base a un apposito Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che dovrà intervenire entro quattro mesi dalla conversione in legge del Decreto legge), saranno tenuti al rispetto di una serie articolata di obblighi informativi e procedimentali, oltre ad essere sottoposti all'attività di ispezione e vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in caso di enti pubblici e pubblici economici, ovvero del Ministero dello Sviluppo Economico, laddove si tratti di soggetti di natura privatistica.
L'art. 1, comma 11, del citato D.L. n. 105/2019 prevede un nuovo delitto in materia di cybersecurity; le condotte punite sono le seguenti:
In attesa delle indicazioni che saranno fornite con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, si osserva che nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica potrebbero rientrare tutte le società impegnate, a vario titolo, nell'erogazione di prestazioni essenziali e/o strategiche per lo Stato (a esempio, operanti nei settori energia, trasporti, progettazione ed esecuzione di infrastrutture, quali reti di supporto per la nuova tecnologia 5G, nuove linee metropolitane, tratti ferroviari, gasdotti, ecc.).
Il D.L. 21.09.2019, n. 105 (pubblicato sulla G.U. n. 222 del 21.09.2019), ha introdotto nuovi reati in materia di perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, che comportano la responsabilità dell'ente ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. In particolare, i soggetti che - ai sensi delle disposizioni contenute nel Decreto - verranno ricompresi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica (in base a un apposito Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che dovrà intervenire entro quattro mesi dalla conversione in legge del Decreto legge), saranno tenuti al rispetto di una serie articolata di obblighi informativi e procedimentali, oltre ad essere sottoposti all'attività di ispezione e vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in caso di enti pubblici e pubblici economici, ovvero del Ministero dello Sviluppo Economico, laddove si tratti di soggetti di natura privatistica.
L'art. 1, comma 11, del citato D.L. n. 105/2019 prevede un nuovo delitto in materia di cybersecurity; le condotte punite sono le seguenti:
- una, di natura commissiva, commessa da chiunque fornisca informazioni, dati o elementi di fatto non rispondenti al vero rilevanti: (i) per la predisposizione o l'aggiornamento degli elenchi di cui all'art. 1, comma 2, lett. b), del Decreto legge cit.; (ii) per la predisposizione o l'aggiornamento dei comunicati di cui all'art. 1, comma 6, lett. a), del Decreto legge cit.; (iii) per lo svolgimento delle attività di ispezione e vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dello Sviluppo Economico;
- l'altra, di natura omissiva, che si riferisce a chiunque ometta di comunicare le suddette informazioni, dati o elementi di fatto, entro il termine prescritto dal Decreto legge cit.
In attesa delle indicazioni che saranno fornite con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, si osserva che nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica potrebbero rientrare tutte le società impegnate, a vario titolo, nell'erogazione di prestazioni essenziali e/o strategiche per lo Stato (a esempio, operanti nei settori energia, trasporti, progettazione ed esecuzione di infrastrutture, quali reti di supporto per la nuova tecnologia 5G, nuove linee metropolitane, tratti ferroviari, gasdotti, ecc.).
18.09.2019
Con la sentenza n. 35404 del 1° agosto 2019, la Corte di Cassazione, Sez. II, si è pronunciata sulle modalità della condotta integrante il reato di riciclaggio di cui all'art. 648-bis, c.p.
In particolare, è stato sottolineato che <<il delitto di riciclaggio si perfeziona tanto nel caso in cui le condotte siano volte ad impedire in modo definitivo l’accertamento dell’illecita provenienza della res, tanto nel caso in cui le condotte realizzino solo un più difficile accertamento della provenienza del denaro dei beni e delle altre utilità ed indipendentemente dalla tracciabilità delle operazioni. Infatti, l’accertamento o l’astratta individuabilità dell’origine delittuosa del bene non costituiscono l’evento del reato di riciclaggio»; quindi, sempre secondo la menzionata pronuncia della Suprema Corte, <<già il solo fatto di accreditamento su un conto personale di assegni di cospicuo importo da parte di chi, senza alcuna valida causa giuridica sottostante, li monetizza consegnando successivamente la provvista così realizzata al proprio dante causa è sufficiente ad integrare sotto un profilo materiale il delitto di riciclaggio>>.
Per una rassegna giurisprudenziale sull'argomento si rinvia a www.italianlaw231.com.
Con la sentenza n. 35404 del 1° agosto 2019, la Corte di Cassazione, Sez. II, si è pronunciata sulle modalità della condotta integrante il reato di riciclaggio di cui all'art. 648-bis, c.p.
In particolare, è stato sottolineato che <<il delitto di riciclaggio si perfeziona tanto nel caso in cui le condotte siano volte ad impedire in modo definitivo l’accertamento dell’illecita provenienza della res, tanto nel caso in cui le condotte realizzino solo un più difficile accertamento della provenienza del denaro dei beni e delle altre utilità ed indipendentemente dalla tracciabilità delle operazioni. Infatti, l’accertamento o l’astratta individuabilità dell’origine delittuosa del bene non costituiscono l’evento del reato di riciclaggio»; quindi, sempre secondo la menzionata pronuncia della Suprema Corte, <<già il solo fatto di accreditamento su un conto personale di assegni di cospicuo importo da parte di chi, senza alcuna valida causa giuridica sottostante, li monetizza consegnando successivamente la provvista così realizzata al proprio dante causa è sufficiente ad integrare sotto un profilo materiale il delitto di riciclaggio>>.
Per una rassegna giurisprudenziale sull'argomento si rinvia a www.italianlaw231.com.
01.07.2019
Con la sentenza n. 26625 del 17 giugno 2019, la Corte di Cassazione, Sez. I, si è pronunciata sulle modalità della condotta integrante il reato di accesso abusivo al sistema informatico di cui all'art. 615-ter, c.p.
In particolare, ribadendo che anche il soggetto autorizzato all'accesso e munito di credenziali può comunque rispondere del suddetto reato, la Corte Suprema ha chiarito che << integra il delitto previsto dall’art. 615 ter cod. pen. colui che, pur essendo abilitato, acceda o si mantenga in un sistema informatico o telematico protetto violando le condizioni ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartire dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso, rimanendo invece irrilevanti, ai fini della sussistenza del reato, gli scopi e le finalità che abbiano soggettivamente motivato l’ingresso nel sistema>>.
Per una rassegna giurisprudenziale sull'argomento si rinvia a www.italianlaw231.com.
Con la sentenza n. 26625 del 17 giugno 2019, la Corte di Cassazione, Sez. I, si è pronunciata sulle modalità della condotta integrante il reato di accesso abusivo al sistema informatico di cui all'art. 615-ter, c.p.
In particolare, ribadendo che anche il soggetto autorizzato all'accesso e munito di credenziali può comunque rispondere del suddetto reato, la Corte Suprema ha chiarito che << integra il delitto previsto dall’art. 615 ter cod. pen. colui che, pur essendo abilitato, acceda o si mantenga in un sistema informatico o telematico protetto violando le condizioni ed i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartire dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso, rimanendo invece irrilevanti, ai fini della sussistenza del reato, gli scopi e le finalità che abbiano soggettivamente motivato l’ingresso nel sistema>>.
Per una rassegna giurisprudenziale sull'argomento si rinvia a www.italianlaw231.com.
01.07.2019
Con la sentenza n. 25977 del 12 giugno 2019, la Corte di Cassazione, Sez. III, si è soffermata sui limiti della responsabilità penale del datore di lavoro nelle imprese di grandi dimensioni nonché sull'attribuzione della medesima responsabilità ai diversi attori del "Sistema di sicurezza" aziendale (datore di lavoro - dirigenti - preposti), in relazione al reato di lesioni colpose gravi o gravissime di cui all'art. 589, commi 2 e 3, c.p.
In particolare, la Suprema Corte ha affermato quanto segue:
Con la sentenza n. 25977 del 12 giugno 2019, la Corte di Cassazione, Sez. III, si è soffermata sui limiti della responsabilità penale del datore di lavoro nelle imprese di grandi dimensioni nonché sull'attribuzione della medesima responsabilità ai diversi attori del "Sistema di sicurezza" aziendale (datore di lavoro - dirigenti - preposti), in relazione al reato di lesioni colpose gravi o gravissime di cui all'art. 589, commi 2 e 3, c.p.
In particolare, la Suprema Corte ha affermato quanto segue:
- <<essendo il ricorrente "datore di lavoro" di una società multinazionale a struttura complessa ed articolata in molteplici stabilimenti, è necessario accertare se le riscontrate violazioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori discendono da scelte gestionali di fondo dell'impresa ovvero dalla inadeguatezza ed inefficacia del modello organizzativo, valutata secondo un giudizio ex ante, alla luce di tutti gli elementi conoscibili al momento della predisposizione di esso, anche in considerazione delle necessità di adattamento di questo nel tempo>>;
- <<si è ripetutamente affermato che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai fini dell'individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l'infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell'organizzazione dell'attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l'incidente derivante da scelte gestionali di fondo>>.
11.06.2019
E' entrato in vigore il nuovo art. 416-ter del codice penale - "Scambio elettorale politico-mafioso", sostituito dall'art. 1 della L. 21.05.2019, n. 43 - "Modifica all'articolo 416-ter del codice penale in materia di voto di scambio politico-mafioso" (in G.U. n. 122 del 27.05.2019). Tale delitto è inserito nel catalogo dei reati presupposto di cui all'art. 24-ter del D.Lgs. n. 231/2001.
Il reato in trattazione è "comune" (potendo essere commesso da "chiunque") e "a forma vincolata".
La condotta punibile consiste nell’accettare, in via diretta e immediata o tramite interposta persona, la promessa di procacciare voti da parte di intranei a un’associazione di tipo mafioso anche straniera, o, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà, o fornendo la disponibilità di accontentare gli interessi e le esigenze del sodalizio mafioso.
Nella versione previgente della norma incriminatrice non vi era alcun riferimento agli intermediari e non era presente il riferimento alla disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa; inoltre, la pena prevista era inferiore, essendo prevista una pena detentiva da sei a dodici anni e nessun riferimento a pene accessorie.
E' entrato in vigore il nuovo art. 416-ter del codice penale - "Scambio elettorale politico-mafioso", sostituito dall'art. 1 della L. 21.05.2019, n. 43 - "Modifica all'articolo 416-ter del codice penale in materia di voto di scambio politico-mafioso" (in G.U. n. 122 del 27.05.2019). Tale delitto è inserito nel catalogo dei reati presupposto di cui all'art. 24-ter del D.Lgs. n. 231/2001.
Il reato in trattazione è "comune" (potendo essere commesso da "chiunque") e "a forma vincolata".
La condotta punibile consiste nell’accettare, in via diretta e immediata o tramite interposta persona, la promessa di procacciare voti da parte di intranei a un’associazione di tipo mafioso anche straniera, o, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà, o fornendo la disponibilità di accontentare gli interessi e le esigenze del sodalizio mafioso.
Nella versione previgente della norma incriminatrice non vi era alcun riferimento agli intermediari e non era presente il riferimento alla disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa; inoltre, la pena prevista era inferiore, essendo prevista una pena detentiva da sei a dodici anni e nessun riferimento a pene accessorie.
24.05.2019
Il 17.05.2019 è entrata in vigore la L. 03.05.2019, n. 39 (pubblicata sulla G.U. n. 113 del 16.05.2019), che ha introdotto nel D.Lgs. n. 231/2001 l'art. 25-quaterdecies - "Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d'azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati".
Conseguentemente, nel catalogo dei reati presupposto di cui al menzionato Decreto sono state aggiunte le seguenti fattispecie criminose:
Il 17.05.2019 è entrata in vigore la L. 03.05.2019, n. 39 (pubblicata sulla G.U. n. 113 del 16.05.2019), che ha introdotto nel D.Lgs. n. 231/2001 l'art. 25-quaterdecies - "Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d'azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati".
Conseguentemente, nel catalogo dei reati presupposto di cui al menzionato Decreto sono state aggiunte le seguenti fattispecie criminose:
- frodi in competizioni sportive (art. 1, L. 13.12.1989, n. 401);
- esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa (art. 4, L. 13.12.1989, n. 401).
17.05.2019
Il 10.05.2019 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale europea la Direttiva (UE) 2019/713 del 17.04.2019, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni dei mezzi di pagamento diversi dai contanti, che comporterà una integrazione del catalogo dei reati presupposto ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Il provvedimento comunitario è stato emanato sulle base delle seguenti, principali, considerazioni: (i) <<Le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti costituiscono una minaccia alla sicurezza in quanto rappresentano fonti di entrate per la criminalità organizzata e quindi rendono possibili altre attività criminali come il terrorismo, il traffico di droga e la tratta di esseri umani>>; (ii) <<Esse rappresentano inoltre un ostacolo al mercato unico digitale, intaccando la fiducia dei consumatori e causando una perdita economica diretta.>> L'art. 10, comma 2, della Direttiva in questione (<<Responsabilità delle persone giuridiche>>) dispone quanto segue: <<2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili qualora la mancata sorveglianza o il mancato controllo da parte di una persona di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione, da parte di una persona sottoposta alla sua autorità, di uno qualsiasi dei reati di cui agli articoli da 3 a 8 a vantaggio della persona giuridica.>>
Il 10.05.2019 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale europea la Direttiva (UE) 2019/713 del 17.04.2019, relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni dei mezzi di pagamento diversi dai contanti, che comporterà una integrazione del catalogo dei reati presupposto ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001. Il provvedimento comunitario è stato emanato sulle base delle seguenti, principali, considerazioni: (i) <<Le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti costituiscono una minaccia alla sicurezza in quanto rappresentano fonti di entrate per la criminalità organizzata e quindi rendono possibili altre attività criminali come il terrorismo, il traffico di droga e la tratta di esseri umani>>; (ii) <<Esse rappresentano inoltre un ostacolo al mercato unico digitale, intaccando la fiducia dei consumatori e causando una perdita economica diretta.>> L'art. 10, comma 2, della Direttiva in questione (<<Responsabilità delle persone giuridiche>>) dispone quanto segue: <<2. Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere ritenute responsabili qualora la mancata sorveglianza o il mancato controllo da parte di una persona di cui al paragrafo 1 abbia reso possibile la commissione, da parte di una persona sottoposta alla sua autorità, di uno qualsiasi dei reati di cui agli articoli da 3 a 8 a vantaggio della persona giuridica.>>
24.03.2019
Con la sentenza n. 18842 del 24 gennaio 2019, la Corte di Cassazione, Sez. III, è nuovamente intervenuta sui seguenti temi generali relativi alla responsabilità amministrativa degli enti introdotta dal D.Lgs. n. 231/2001: (i) operatività della condizione esimente costituita dall'adozione ed efficace attuazione di un idoneo modello di organizzazione, gestione e controllo; (ii) fondamento della "colpa di organizzazione"; (iii) natura della responsabilità amministrativa derivante da reato; (iv) valutazione dei rischi e relativi presidi.
In particolare, la Corte Suprema ha affermato quanto segue:
Con la sentenza n. 18842 del 24 gennaio 2019, la Corte di Cassazione, Sez. III, è nuovamente intervenuta sui seguenti temi generali relativi alla responsabilità amministrativa degli enti introdotta dal D.Lgs. n. 231/2001: (i) operatività della condizione esimente costituita dall'adozione ed efficace attuazione di un idoneo modello di organizzazione, gestione e controllo; (ii) fondamento della "colpa di organizzazione"; (iii) natura della responsabilità amministrativa derivante da reato; (iv) valutazione dei rischi e relativi presidi.
In particolare, la Corte Suprema ha affermato quanto segue:
- <<la colpa di organizzazione [è fondata] sul rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo ... tali accorgimenti [devono] essere consacrati in un documento che individua i rischi e delinea le misure atte a contrastarli>>;
- la responsabilità dell’ente ai sensi del Decreto n. 231 del 2001 <<configura una sorta di tertium genus di responsabilità compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza, una volta accertata la commissione di determinati reati da parte delle persone fisiche che esercitano funzioni apicali, i quali abbiano agito nell’interesse o a vantaggio delle società, incombe sui predetti enti l’onere, con effetti liberatori, di dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi>>.
21.03.2019
Il 14.03.2019 ASSONIME ha pubblicato il rapporto (Note s Studi n. 5/2019) dal titolo "Prevenzione e governo del rischio di reato: la disciplina 231/2001 e le politiche di contrasto dell'illegalità nell'attività d'impresa”.
Con questo documento, rivolto alle imprese di medie e grandi dimensioni, l'Associazione fra le società italiane per azioni vuole "fornire un contributo di proposte finalizzato a: (i) promuovere il valore della funzione di prevenzione e dell’auto-organizzazione, tenendo conto dell’evoluzione della compliance e dei sistemi di controllo all’interno delle imprese; (ii) recuperare l’efficienza della funzione premiale prevista dalla disciplina 231, attraverso una più specifica individuazione delle cautele organizzative su cui si fonda la ricostruzione della colpa dell’ente."
L'attenzione viene rivolta, tra l'altro, ai seguenti temi:
Il 14.03.2019 ASSONIME ha pubblicato il rapporto (Note s Studi n. 5/2019) dal titolo "Prevenzione e governo del rischio di reato: la disciplina 231/2001 e le politiche di contrasto dell'illegalità nell'attività d'impresa”.
Con questo documento, rivolto alle imprese di medie e grandi dimensioni, l'Associazione fra le società italiane per azioni vuole "fornire un contributo di proposte finalizzato a: (i) promuovere il valore della funzione di prevenzione e dell’auto-organizzazione, tenendo conto dell’evoluzione della compliance e dei sistemi di controllo all’interno delle imprese; (ii) recuperare l’efficienza della funzione premiale prevista dalla disciplina 231, attraverso una più specifica individuazione delle cautele organizzative su cui si fonda la ricostruzione della colpa dell’ente."
L'attenzione viene rivolta, tra l'altro, ai seguenti temi:
- "squilibrio in sede applicativa tra misure premiali e misure di repressione", a causa di "alcuni difetti originari d’impianto" della disciplina e "criticità applicative";
- necessità di "affidare a un organismo privato autorevole – sull’esempio dell’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) in materia contabile – la raccolta delle migliori prassi, nazionali e internazionali, e la definizione dei protocolli-tipo che coadiuvino le imprese nella costruzione dei modelli e supportino il giudice nella valutazione";
- creazione di un "sistema di gestione dei rischi integrato, che tenga conto del "Modello ERM - Enterprise Risk Management";
- rilevanza del Modello 231 nella piccola impresa;
- prospettiva internazionale;
- criticità del sistema degli incentivi ("meccanismi d’imputazione della responsabilità che rendono impossibile la difesa della società", "eccessi di formalismo nelle regole e nei principi generali che guidano l’elaborazione dei modelli", ecc.);
- evoluzione del diritto penale dell'economia;
- apparato sanzionatorio e cautelare;
- linee di miglioramento della disciplina recata dal D.Lgs. n. 231/2001.
31.01.2019
Nella seduta del 18.12.2018 il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha approvato il documento “Principi consolidati per la redazione dei modelli organizzativi e l’attività dell’organismo di vigilanza, prospettive di revisione del d.lgs. 8 giugno 2001 n.231”, redatto congiuntamente ad A.B.I., Consiglio Nazionale Forense e Confindustria.
Il documento tratta i seguenti argomenti:
1. L’elaborazione dei modelli organizzativi
1.1. La costruzione del Modello: elementi metodologici
1.2. Principi generali per l’elaborazione del Modello
1.3. Principi specifici per l’elaborazione del Modello: procedure e meccanismi di prevenzione
1.4. L’efficace attuazione del Modello
1.5. L’adozione del Modello nelle società a partecipazione pubblica
2. Principi applicativi per l’Organismo di Vigilanza
2.1. I requisiti soggettivi
2.2. L’attività di vigilanza: requisiti operativi, strumenti e output
2.3. La composizione ottimale e l’inquadramento organizzativo
2.4. Interazione con altri organi dell’ente e flussi informativi
2.5. La nuova normativa sul whistleblowing
2.6. Nuove funzioni e profili di responsabilità
2.6.1. L’OdV nelle società a partecipazione pubblica
3. Obiettivi normativi e regolamentari
3.1. Aspetti di rilevanza penale e processuale
3.2. Incentivi alla diffusione dei modelli
Nella seduta del 18.12.2018 il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ha approvato il documento “Principi consolidati per la redazione dei modelli organizzativi e l’attività dell’organismo di vigilanza, prospettive di revisione del d.lgs. 8 giugno 2001 n.231”, redatto congiuntamente ad A.B.I., Consiglio Nazionale Forense e Confindustria.
Il documento tratta i seguenti argomenti:
1. L’elaborazione dei modelli organizzativi
1.1. La costruzione del Modello: elementi metodologici
1.2. Principi generali per l’elaborazione del Modello
1.3. Principi specifici per l’elaborazione del Modello: procedure e meccanismi di prevenzione
1.4. L’efficace attuazione del Modello
1.5. L’adozione del Modello nelle società a partecipazione pubblica
2. Principi applicativi per l’Organismo di Vigilanza
2.1. I requisiti soggettivi
2.2. L’attività di vigilanza: requisiti operativi, strumenti e output
2.3. La composizione ottimale e l’inquadramento organizzativo
2.4. Interazione con altri organi dell’ente e flussi informativi
2.5. La nuova normativa sul whistleblowing
2.6. Nuove funzioni e profili di responsabilità
2.6.1. L’OdV nelle società a partecipazione pubblica
3. Obiettivi normativi e regolamentari
3.1. Aspetti di rilevanza penale e processuale
3.2. Incentivi alla diffusione dei modelli
25.01.2019
Con la sentenza n. 3608 del 24.01.2019, la Corte di Cassazione, Sez. VI pen., è intervenuta sui rapporti tra il delitto di riciclaggio (art. 648-bis, c.p.) e i reati di ricettazione (art. 648, c.p.) e favoreggiamento reale (art. 379, c.p.) nonché sulle modalità di attuazione del delitto di autoriciclaggio (art. 648-ter.1, c.p.).
Di seguito si riportano le massime riferite ai suddetti temi:
Con la sentenza n. 3608 del 24.01.2019, la Corte di Cassazione, Sez. VI pen., è intervenuta sui rapporti tra il delitto di riciclaggio (art. 648-bis, c.p.) e i reati di ricettazione (art. 648, c.p.) e favoreggiamento reale (art. 379, c.p.) nonché sulle modalità di attuazione del delitto di autoriciclaggio (art. 648-ter.1, c.p.).
Di seguito si riportano le massime riferite ai suddetti temi:
- Il delitto di riciclaggio si distingue dal reato di ricettazione. La condotta del primo reato consiste nel "compimento di operazioni volte non solo ad impedire, ma anche a rendere difficile l'accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità, attraverso condotte caratterizzate da un tipico effetto dissimulatorio". La differenza si fonda "non tanto con riferimento ai delitti presupposti, bensì sulla base degli elementi strutturali relativi 1) all'elemento soggettivo che implica il dolo specifico dello scopo di lucro nella ricettazione e il dolo generico nel delitto di riciclaggio; 2) all'elemento materiale che, con particolare riferimento all'art. 648 bis cod. pen., ha riguardo alla idoneità ad ostacolare l'identificazione della provenienza del bene quale 'indice caratteristico' delle condotte di cui all'art. 648 bis cod. pen.";
- il delitto di favoreggiamento reale di cui all’art. 379 c.p. concreta una figura criminosa “sussidiaria” rispetto al riciclaggio di denaro – come del resto evidenziato dalla clausola di salvaguardia ivi contenuta – e trova applicazione il principio selettivo della specialità stabilita dall’art. 15 cod. pen., laddove occorre riconoscere che nella struttura del reato di cui all’art. 648 bis cod. pen. sono presenti, oltre tutti gli elementi propri dell’altra figura, l’elemento specializzante del compimento di operazioni consapevolmente volte ad impedire in modo definitivo, od anche a rendere difficile l’accertamento della provenienza del denaro, dei beni o delle altre utilità;
- per realizzare la condotta di riciclaggio, "non è necessario che sia efficacemente impedita la tracciabilità del percorso dei beni provento di reato, ma è sufficiente anche che essa sia solo ostacolata (Sex. II, n. 26208 del 9 marzo 2015, Rv. 264368)";
- integra il delitto di riciclaggio, e non il meno grave delitto di ricettazione, la condotta della moglie che deposita sul conto corrente bancario e su un libretto di deposito, e poi preleva mediante assegni, denaro provento dall’attività concussiva attuata dal marito, comandante dell’Arma dei Carabinieri presso l’Ispettorato del lavoro, in danno di un imprenditore, poiché, stante la natura fungibile del bene, in tal modo esso viene automaticamente sostituito con “denaro pulito”;
- ai fini del delitto di autoriciclaggio (art. 648-ter.1, c.p.), non costituisce né “attività economica” né “attività finanziaria” il mero deposito di una somma su un conto corrente o un libretto di deposito, poiché è “economica”, secondo la definizione fornita dal codice civile all’art. 2082, soltanto quella attività finalizzata alla produzione di beni ovvero alla fornitura di servizi ed è “finanziaria” ogni attività rientrante nell’ambito della gestione del risparmio ed individuazione degli strumenti per la realizzazione di tale scopo;
- la condotta del delitto di autoriciclaggio è costituita dalle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità “commesse dallo stesso autore del delitto presupposto”, finalizzate ad occultare l’origine illecita del denaro o dei beni oggetto del profitto.
16.01.2019
Oggi è stata pubblicata, sulla Gazzetta ufficiale n. 13, la Legge 09.01.2019, n. 3 - "Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici" - recante disposizioni in tema di: (i) lotta alla corruzione della Pubblica amministrazione; (ii) riforma della prescrizione in materia penale; (iii) trasparenza di partiti e movimenti politici e relativi finanziamenti.
Il provvedimento - in vigore dal 31.01.2019 -, oltre a modificare molte delle norme penali rilevanti ai fini del D.Lgs. n. 231/2001 (v. oltre), interviene direttamente su alcune disposizioni dello stesso Decreto (tra l'altro, inserendo la fattispecie criminosa del "Traffico di influenze illecite" nel catalogo dei reati presupposto: art. 346-bis, codice penale, nel testo sostituito dalla stessa Legge n. 3/2019).
A quest'ultimo proposito si riporta di seguito il testo dell'art. 1, comma 9, della Legge n. 3/2019:
"9. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 13, comma 2, le parole: «Le sanzioni interdittive» sono sostituite dalle seguenti: «Fermo restando quanto previsto dall'articolo 25, comma 5, le sanzioni interdittive»;
b) all'articolo 25:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321, 322, commi primo e terzo, e 346-bis del codice penale, si applica la sanzione pecuniaria fino a duecento quote»;
2) il comma 5 è sostituito dal seguente: «5. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette anni, se il reato e' stato commesso da uno dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), e per una durata non inferiore a due anni e non superiore a quattro, se il reato è stato commesso da uno dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b)»;
3) dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: «5-bis. Se prima della sentenza di primo grado l'ente si e' efficacemente adoperato per evitare che l'attivita' delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione dei responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilita' trasferite e ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, le sanzioni interdittive hanno la durata stabilita dall'articolo 13, comma 2»;
c) all'articolo 51:
1) al comma 1, le parole: «la metà del termine massimo indicato dall'articolo 13, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «un anno»;
2) al comma 2, secondo periodo, le parole: «i due terzi del termine massimo indicato dall'articolo 13, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «un anno e quattro mesi»".
Tra le misure riguardanti la lotta alla corruzione, si richiamano le seguenti:
In materia di prescrizione è stata, tra l'altro, prevista (con disciplina che entrerà in vigore il 1° gennaio 2020), la sospensione del corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia essa di condanna o di assoluzione) o dal decreto di condanna sino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del decreto penale.
I commi 11 e seguenti dell'art. 1 della Legge n. 3/2019 recano, infine, misure per la trasparenza di partiti e movimenti politici e relativi finanziamenti.
Oggi è stata pubblicata, sulla Gazzetta ufficiale n. 13, la Legge 09.01.2019, n. 3 - "Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici" - recante disposizioni in tema di: (i) lotta alla corruzione della Pubblica amministrazione; (ii) riforma della prescrizione in materia penale; (iii) trasparenza di partiti e movimenti politici e relativi finanziamenti.
Il provvedimento - in vigore dal 31.01.2019 -, oltre a modificare molte delle norme penali rilevanti ai fini del D.Lgs. n. 231/2001 (v. oltre), interviene direttamente su alcune disposizioni dello stesso Decreto (tra l'altro, inserendo la fattispecie criminosa del "Traffico di influenze illecite" nel catalogo dei reati presupposto: art. 346-bis, codice penale, nel testo sostituito dalla stessa Legge n. 3/2019).
A quest'ultimo proposito si riporta di seguito il testo dell'art. 1, comma 9, della Legge n. 3/2019:
"9. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 13, comma 2, le parole: «Le sanzioni interdittive» sono sostituite dalle seguenti: «Fermo restando quanto previsto dall'articolo 25, comma 5, le sanzioni interdittive»;
b) all'articolo 25:
1) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321, 322, commi primo e terzo, e 346-bis del codice penale, si applica la sanzione pecuniaria fino a duecento quote»;
2) il comma 5 è sostituito dal seguente: «5. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 2 e 3, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a quattro anni e non superiore a sette anni, se il reato e' stato commesso da uno dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a), e per una durata non inferiore a due anni e non superiore a quattro, se il reato è stato commesso da uno dei soggetti di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b)»;
3) dopo il comma 5 è aggiunto il seguente: «5-bis. Se prima della sentenza di primo grado l'ente si e' efficacemente adoperato per evitare che l'attivita' delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione dei responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilita' trasferite e ha eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, le sanzioni interdittive hanno la durata stabilita dall'articolo 13, comma 2»;
c) all'articolo 51:
1) al comma 1, le parole: «la metà del termine massimo indicato dall'articolo 13, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «un anno»;
2) al comma 2, secondo periodo, le parole: «i due terzi del termine massimo indicato dall'articolo 13, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «un anno e quattro mesi»".
Tra le misure riguardanti la lotta alla corruzione, si richiamano le seguenti:
- aumento delle pene accessorie caso di condanna per reati contro la P.A. (cd. "Daspo per i corrotti": la incapacità di contrattare con la P.A. e la interdizione dai pubblici uffici diventano perpetue in caso di condanna superiore a 2 anni di reclusione);
- mancata produzione di effetti sulle pene accessorie perpetue nella ipotesi di riabilitazione;
- estinzione della pena accessoria perpetua, decorsi almeno 7 anni dalla riabilitazione, quando il condannato abbia dato "prove effettive e costanti di buona condotta";
- introduzione, anche come misura interdittiva, della incapacità di contrattare con la P.A.;
- aumento delle pene edittali per i reati di "corruzione per l'esercizio della funzione" (art. 318, c.p.: da 3 a 8 anni invece che da 1 a 6 anni), "appropriazione indebita" (art. 646, c.p.: reclusione da 2 a 5 anni e multa da 1.000 a 3.000 euro invece che reclusione finti a 3 anni e multa fino a euro 1.032);
- abrogazione del reato di "millantato credito" (art. 346, c.p.), la cui condotta è stata inserita all'interno di quella riferita al citato delitto di "traffico di influenze illecite" (art. 346-bis, c.p.);
- previsione di una causa di non punibilità per chi collabora con la giustizia, a determinate condizioni;
- perseguibilità d'ufficio dei reati di "corruzione tra privati" (art. 2635, c.c.) e di "istigazione alla corruzione tra privati" (art. 2635-bis, c.c.);
- previsione del cd. "agente sotto copertura" anche per alcuni reati contro la P.A.;
- possibilità dell'utilizzo di intercettazioni, anche mediante dispositivi elettronici portatili (cd. "Trojan").
In materia di prescrizione è stata, tra l'altro, prevista (con disciplina che entrerà in vigore il 1° gennaio 2020), la sospensione del corso della prescrizione dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia essa di condanna o di assoluzione) o dal decreto di condanna sino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del decreto penale.
I commi 11 e seguenti dell'art. 1 della Legge n. 3/2019 recano, infine, misure per la trasparenza di partiti e movimenti politici e relativi finanziamenti.
02.01.2019
Entro la fine del 2021 sarà adottato un nuovo standard - ISO 37002 "Whistleblowing management systems" -, che fornirà linee guida per la gestione dei sistemi di segnalazione degli illeciti; l’Organizzazione internazionale per la normazione ha assegnato il progetto al gruppo di lavoro ISO 3/TC 309 (WG3).
Entro la fine del 2021 sarà adottato un nuovo standard - ISO 37002 "Whistleblowing management systems" -, che fornirà linee guida per la gestione dei sistemi di segnalazione degli illeciti; l’Organizzazione internazionale per la normazione ha assegnato il progetto al gruppo di lavoro ISO 3/TC 309 (WG3).
19.12.2018
Il 18 dicembre 2018 è stato approvato in via definitiva, dalla Camera dei Deputati (con 304 voti a favore e 106 contrari), il disegno di legge ribattezzato, da alcuni suoi promotori, "spazzacorrotti". Il provvedimento reca "Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici".
Il 18 dicembre 2018 è stato approvato in via definitiva, dalla Camera dei Deputati (con 304 voti a favore e 106 contrari), il disegno di legge ribattezzato, da alcuni suoi promotori, "spazzacorrotti". Il provvedimento reca "Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici".
29.09.2018
Il 29 settembre 2018 è entrato in vigore il D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 107, recante <<Norme di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE n. 596/2014, relativo agli abusi di mercato e che abroga la direttiva 2003/6/CE e le direttive 2003/124/UE, 2003/125/CE e 2004/72/CE>>, che ha apportato importanti modifiche alla normativa sul market abuse (rilevante anche ai fini del D.Lgs. n. 231/2001).
In particolare, l'art. 4, comma 9, del Decreto ha riscritto l'art. 187-bis del T.U.F. (D.Lgs. 24.02.1998, n. 58), abrogando i commi da 2 a 4 e riscrivendo i commi 1 e 5 come segue:
<<1. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila euro a cinque milioni di euro chiunque viola il divieto di abuso di informazioni privilegiate e di comunicazione illecita di informazioni privilegiate di cui all'articolo 14 del regolamento (UE) n. 596/2014.
... (omissis) ...
5. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo sono aumentate fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il profitto conseguito ovvero le perdite evitate per effetto dell'illecito quando, tenuto conto dei criteri elencati all'articolo 194-bis e della entità del prodotto o del profitto dell'illecito, esse appaiono inadeguate anche se applicate nel massimo.>>
Inoltre, il successivo comma 10 del medesimo art. 4, ha modificato l'art. 187-ter, T.U.F., come segue:
<<1. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila euro a cinque milioni di euro chiunque viola il divieto di manipolazione del mercato di cui all'articolo 15 del regolamento (UE) n. 596/2014. 2. Si applica la disposizione dell'articolo 187-bis, comma 5.
3. COMMA ABROGATO
4. Non può essere assoggettato a sanzione amministrativa ai sensi del presente articolo chi dimostri di avere agito per motivi legittimi e in conformità alle prassi di mercato ammesse nel mercato interessato.
5. COMMA ABROGATO
6. COMMA ABROGATO
7. COMMA ABROGATO>>.
Si rammenta che le sanzioni amministrative di cui all'art. D.Lgs. n. 231/2001 (ai sensi dell'art. del Decreto) si applicano alle fattispecie penali di cui agli articoli 184 e 185, T.U.F. (anch'essi modificati dal ripetuto D.Lgs. n. 107/2018).
Il 29 settembre 2018 è entrato in vigore il D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 107, recante <<Norme di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento UE n. 596/2014, relativo agli abusi di mercato e che abroga la direttiva 2003/6/CE e le direttive 2003/124/UE, 2003/125/CE e 2004/72/CE>>, che ha apportato importanti modifiche alla normativa sul market abuse (rilevante anche ai fini del D.Lgs. n. 231/2001).
In particolare, l'art. 4, comma 9, del Decreto ha riscritto l'art. 187-bis del T.U.F. (D.Lgs. 24.02.1998, n. 58), abrogando i commi da 2 a 4 e riscrivendo i commi 1 e 5 come segue:
<<1. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila euro a cinque milioni di euro chiunque viola il divieto di abuso di informazioni privilegiate e di comunicazione illecita di informazioni privilegiate di cui all'articolo 14 del regolamento (UE) n. 596/2014.
... (omissis) ...
5. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente articolo sono aumentate fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il profitto conseguito ovvero le perdite evitate per effetto dell'illecito quando, tenuto conto dei criteri elencati all'articolo 194-bis e della entità del prodotto o del profitto dell'illecito, esse appaiono inadeguate anche se applicate nel massimo.>>
Inoltre, il successivo comma 10 del medesimo art. 4, ha modificato l'art. 187-ter, T.U.F., come segue:
<<1. Salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da ventimila euro a cinque milioni di euro chiunque viola il divieto di manipolazione del mercato di cui all'articolo 15 del regolamento (UE) n. 596/2014. 2. Si applica la disposizione dell'articolo 187-bis, comma 5.
3. COMMA ABROGATO
4. Non può essere assoggettato a sanzione amministrativa ai sensi del presente articolo chi dimostri di avere agito per motivi legittimi e in conformità alle prassi di mercato ammesse nel mercato interessato.
5. COMMA ABROGATO
6. COMMA ABROGATO
7. COMMA ABROGATO>>.
Si rammenta che le sanzioni amministrative di cui all'art. D.Lgs. n. 231/2001 (ai sensi dell'art. del Decreto) si applicano alle fattispecie penali di cui agli articoli 184 e 185, T.U.F. (anch'essi modificati dal ripetuto D.Lgs. n. 107/2018).
27.09.2018
Il 27 settembre 2018 è stato assegnato alla 2^ Commissione (Giustizia) del Senato, in sede redigente, il disegno di legge (DDL) n. S.726, recante disposizioni di "Modifica al decreto legislativo 8 giugno 2011, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle società di capitali, cooperative e consortili".
Il provvedimento prevede la modifica dell'art. 1 del D.Lgs. n. 231/2001, con una disposizione che che sancisce l'obbligo delle società di capitali (S.r.l., S.p.a., società in accomandita per azioni), società cooperative, società consortili e/o tutte le loro controllanti - con un attivo patrimoniale non inferiore a euro 4.400.000 euro o ricavi non inferiori a euro 8.800.000 euro - di depositare presso la Camera di commercio di appartenenza la delibera di approvazione del Modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all'art. 6 dello stesso Decreto e di nomina dell’Organismo di vigilanza. In caso di inadempimento, a decorrere dalla data di entrata in vigore della suddetta modifica normativa, gli enti saranno condannati al pagamento di una sanzione amministrativa di euro 200.000 euro, applicata <<alla società per ciascun anno solare in cui permane l’inosservanza degli obblighi>>.
Il 27 settembre 2018 è stato assegnato alla 2^ Commissione (Giustizia) del Senato, in sede redigente, il disegno di legge (DDL) n. S.726, recante disposizioni di "Modifica al decreto legislativo 8 giugno 2011, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle società di capitali, cooperative e consortili".
Il provvedimento prevede la modifica dell'art. 1 del D.Lgs. n. 231/2001, con una disposizione che che sancisce l'obbligo delle società di capitali (S.r.l., S.p.a., società in accomandita per azioni), società cooperative, società consortili e/o tutte le loro controllanti - con un attivo patrimoniale non inferiore a euro 4.400.000 euro o ricavi non inferiori a euro 8.800.000 euro - di depositare presso la Camera di commercio di appartenenza la delibera di approvazione del Modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all'art. 6 dello stesso Decreto e di nomina dell’Organismo di vigilanza. In caso di inadempimento, a decorrere dalla data di entrata in vigore della suddetta modifica normativa, gli enti saranno condannati al pagamento di una sanzione amministrativa di euro 200.000 euro, applicata <<alla società per ciascun anno solare in cui permane l’inosservanza degli obblighi>>.
21.09.2018
E' stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 214 del 14.09.2018 la delibera CONSOB n. 20570, di "Adozione del Regolamento recante disposizioni di attuazione del Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231 e successive modifiche ed integrazioni per i revisori legali e le società di revisione con incarichi di revisione su enti di interesse pubblico o su enti sottoposti a regime intermedio"; il Regolamento (che sostituisce quello adottato con la delibera n. 20465 del 31 maggio 2018) prevede specifici adempimenti anche a carico dell'Organismo di vigilanza nominato ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, l'art. 9 del Regolamento ("Organismo di vigilanza di cui al Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231") prevede quanto segue:
<<1. I modelli di organizzazione e di gestione eventualmente adottati dalle società di revisione, ai sensi e per gli effetti di cui al Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231, contengono specifiche previsioni in merito alla prevenzione dei reati di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.2. L’organismo di vigilanza, nominato ai sensi dell’articolo 6 del Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231, vigila sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli di organizzazione e di gestione e, in coordinamento con gli organi sociali e le funzioni di controllo, verifica l’efficacia dei presidi e l’osservanza delle procedure relative alla mitigazione e gestione dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, promuovendo l’adozione delle misure correttive più idonee al superamento di eventuali carenze.
3. L’organismo di vigilanza è dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo e, nell’esercizio delle proprie funzioni, può accedere senza limitazioni a tutte le informazioni aziendali rilevanti e scambia regolari flussi informativi con gli organi e le funzioni aziendali.
4. Le attività svolte dall’organismo sono documentate e i relativi atti, ove richiesti, sono prontamente forniti alle Autorità di vigilanza di settore e alla UIF.>>
E' stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 214 del 14.09.2018 la delibera CONSOB n. 20570, di "Adozione del Regolamento recante disposizioni di attuazione del Decreto Legislativo 21 novembre 2007, n. 231 e successive modifiche ed integrazioni per i revisori legali e le società di revisione con incarichi di revisione su enti di interesse pubblico o su enti sottoposti a regime intermedio"; il Regolamento (che sostituisce quello adottato con la delibera n. 20465 del 31 maggio 2018) prevede specifici adempimenti anche a carico dell'Organismo di vigilanza nominato ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, l'art. 9 del Regolamento ("Organismo di vigilanza di cui al Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231") prevede quanto segue:
<<1. I modelli di organizzazione e di gestione eventualmente adottati dalle società di revisione, ai sensi e per gli effetti di cui al Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231, contengono specifiche previsioni in merito alla prevenzione dei reati di riciclaggio e finanziamento del terrorismo.2. L’organismo di vigilanza, nominato ai sensi dell’articolo 6 del Decreto Legislativo 8 giugno 2001 n. 231, vigila sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli di organizzazione e di gestione e, in coordinamento con gli organi sociali e le funzioni di controllo, verifica l’efficacia dei presidi e l’osservanza delle procedure relative alla mitigazione e gestione dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, promuovendo l’adozione delle misure correttive più idonee al superamento di eventuali carenze.
3. L’organismo di vigilanza è dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo e, nell’esercizio delle proprie funzioni, può accedere senza limitazioni a tutte le informazioni aziendali rilevanti e scambia regolari flussi informativi con gli organi e le funzioni aziendali.
4. Le attività svolte dall’organismo sono documentate e i relativi atti, ove richiesti, sono prontamente forniti alle Autorità di vigilanza di settore e alla UIF.>>
13.09.2018
Il 12 settembre 2018 il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria, ha approvato gli emendamenti alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d'autore nel mercato unico digitale (COM(2016)0593 – C8-0383/2016 – 2016/0280(COD)), con 438 voti favorevoli, 226 contrari e 39 astenuti.
L'iter di adozione di tale provvedimento (clicca qui per scaricare il documento in lingua italiana), bocciato lo scorso luglio e recante una serie di emendamenti al testo normativo originario, prevede un passaggio tra Parlamento, Commissione e Consiglio dei ministri, deve ultimarsi entro il maggio 2019. Le due disposizioni sulle quali si sono maggiormente accentrate le discussioni e i contrasti sono l'art. 11 - riguardante la cosiddetta "link tax" (anche se, in effetti, i collegamenti ipertestuali non possono essere tassati, nemmeno se accompagnati da "parole individuali" di descrizione) - e l'art. 13 - contenente la misura definiti "upload filter" - in base al quale le piattaforme online devono <<siglare contratti di licenza con i proprietari dei diritti, a meno che questi non abbiano intenzione di garantire una licenza o non sia possibile stipularne>> (in assenza di un accordo, i fornitori di servizi online devono predisporre <<misure appropriate e proporzionate che portino alla non disponibilità di lavori o altri argomenti che infrangano il diritto d'autore o diritti correlati>>).
Il 12 settembre 2018 il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria, ha approvato gli emendamenti alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d'autore nel mercato unico digitale (COM(2016)0593 – C8-0383/2016 – 2016/0280(COD)), con 438 voti favorevoli, 226 contrari e 39 astenuti.
L'iter di adozione di tale provvedimento (clicca qui per scaricare il documento in lingua italiana), bocciato lo scorso luglio e recante una serie di emendamenti al testo normativo originario, prevede un passaggio tra Parlamento, Commissione e Consiglio dei ministri, deve ultimarsi entro il maggio 2019. Le due disposizioni sulle quali si sono maggiormente accentrate le discussioni e i contrasti sono l'art. 11 - riguardante la cosiddetta "link tax" (anche se, in effetti, i collegamenti ipertestuali non possono essere tassati, nemmeno se accompagnati da "parole individuali" di descrizione) - e l'art. 13 - contenente la misura definiti "upload filter" - in base al quale le piattaforme online devono <<siglare contratti di licenza con i proprietari dei diritti, a meno che questi non abbiano intenzione di garantire una licenza o non sia possibile stipularne>> (in assenza di un accordo, i fornitori di servizi online devono predisporre <<misure appropriate e proporzionate che portino alla non disponibilità di lavori o altri argomenti che infrangano il diritto d'autore o diritti correlati>>).
08.09.2018
Nella seduta n. 18 del 6 settembre 2018, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge recante "Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione". Il provvedimento - presentato come "SpazzaCorrotti" - prevede (come indicato nel relativo comunicato stampa e nelle slide della presentazione resa disponibile al pubblico):
La prima parte del provvedimento apporta modifiche alle norme che disciplinano la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231; l'intento è quello di potenziare l’attività di prevenzione, accertamento e repressione dei reati contro la pubblica amministrazione (di cui agli artt. 24 e 25, D.Lgs. n. 231/2001).
In particolare, il disegno di legge prevede, tra l’altro:
Nella seduta n. 18 del 6 settembre 2018, il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge recante "Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione". Il provvedimento - presentato come "SpazzaCorrotti" - prevede (come indicato nel relativo comunicato stampa e nelle slide della presentazione resa disponibile al pubblico):
- l’innalzamento delle pene per i reati di corruzione per l’esercizio della funzione, con il minimo della pena che passa da uno a tre anni e il massimo da sei a otto anni di reclusione;
- l’introduzione del cosiddetto “Daspo per i corrotti”, ossia il divieto, per i condannati per reati di corruzione, di contrattare con la pubblica amministrazione: sanzione da 5 a 7 anni di interdizione dai pubblici uffici per i corruttori; divieto di partecipare agli appalti della pubblica amministrazione per chi ha ricevuto condanne fino a 2 anni. Per le pene superiori a 2 anni è prevista una interdizione perpetua alla contrattazione con la pubblica amministrazione e dai pubblici uffici. L’estinzione dell’interdizione è possibile solo dopo 12 anni dal giorno in cui è stata eseguita la pena principale e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta;
- la possibilità di utilizzare, anche per i reati di corruzione, la figura dell’agente sotto copertura;
- l’introduzione di sconti di pena e di una speciale clausola di non punibilità per chi denuncia volontariamente e fornisce indicazioni utili per assicurare la prova del reato e individuare eventuali responsabili;
- la confisca dei beni anche nel caso di amnistia o prescrizione intervenuta in gradi successivi al primo;
- la modifica del reato di traffico di influenze illecite (art. 346-bis, c.p.), non distinguendo tra mediazione veritiera e mendace e punendo indistintamente il pubblico ufficiale e il faccendiere, anche in assenza di un fatto specifico;
- l’assorbimento della ipotesi di “millantato credito” (art. 346, c.p.) nella fattispecie del “traffico di influenze illecite” (previsto dall'art. 346-bis, c.p., introdotto con la Legge n. 190/2012 e attualmente non inserito nel catalogo dei reati presupposto ai fini della responsabilità amministrativa degli enti disciplinata dal D.Lgs. n. 231/2001);
- nuove norme in materia di trasparenza e controllo dei partiti e movimenti politici, volte a rendere in ogni caso palese al pubblico e sempre tracciabile la provenienza di tutti i finanziamenti ai partiti politici e altresì alle associazioni e fondazioni politiche nonché ad analoghi comitati e organismi pluripersonali privati di qualsiasi natura e qualificazione;
- sconti di pena e una speciale clausola di non punibilità per chi denuncia, volontariamente, i fatti e fornisce, in modo concreto e tempestivo, indicazioni utili per assicurare la prova del reato e individuare gli altri responsabili. Tale causa di non punibilità si applica solo in caso di segnalazione precedente all’iscrizione dell’interessato tra gli indagati e, comunque, non oltre i 6 mesi dalla commissione del delitto. Il pubblico ufficiale deve mettere a disposizione almeno utilità o denaro percepiti e dare elementi utili a individuarne il beneficiario;
- la confisca dei beni anche nel caso di amnistia o prescrizione intervenuta in gradi successivi al primo.
La prima parte del provvedimento apporta modifiche alle norme che disciplinano la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231; l'intento è quello di potenziare l’attività di prevenzione, accertamento e repressione dei reati contro la pubblica amministrazione (di cui agli artt. 24 e 25, D.Lgs. n. 231/2001).
In particolare, il disegno di legge prevede, tra l’altro:
- una modifica della durata minima delle misure interdittive previste dal Decreto 231 nel caso di commissione dei delitti di corruzione, concussione e induzione indebita (vale a dire: interdizione dall’esercizio dell’attività, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, sospensione e revoca di autorizzazioni e licenze), che sarà aumentata sino a 5 anni. È stato, poi, introdotto un tetto massimo di durata, fino a 10 anni;
- che tutti i reati interessati dalla proposta (vale a dire: le varie fattispecie di corruzione, inclusa l’istigazione, l’induzione indebita, la malversazione aggravata, l’abuso d’ufficio, il peculato e la concussione), sono considerati “reato presupposto” della responsabilità amministrativa degli enti che dallo stesso illecito abbiano tratto interesse o vantaggio;
- la procedibilità d’ufficio per la corruzione tra privati (art. 2635, c.c.) e per l’istigazione alla corruzione tra privati (art. 2635-bis, c.c.), per i quali le norme ora in vigore prevedono che si proceda a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi;
- la riduzione dei limiti alla procedibilità in Italia, rappresentati dalla richiesta del Ministro della Giustizia, con riguardo ai reati contro la pubblica amministrazione commessi anche all’estero;
- l’aumento delle pene per i reati di corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318, c.p.), con il minimo della pena che passa da uno a tre anni e il massimo da sei a otto anni di reclusione;
- l’assorbimento della ipotesi di “millantato credito” (art. 346, c.p.) nella fattispecie del “traffico di influenze illecite” (previsto dall'art. 346-bis, c.p., introdotto con la Legge n. 190/2012 e attualmente non inserito nel catalogo dei reati presupposto ai fini della responsabilità amministrativa degli enti disciplinata dal D.Lgs. n. 231/2001).
05.04.2018
Sulla Gazzetta ufficiale n. 68 del 22.03.2018 è stato pubblicato il D.Lgs. 01.03.2018, n. 21 - Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103 – in vigore dal 6 aprile 2018. Tale provvedimento, tra l'altro, reca modifica a norme rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, l’art. 1 di tale provvedimento ha introdotto nel codice penale l’art. 3-bis (Principio della riserva di codice), il quale stabilisce che: “Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell'ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia.”
Il decreto ha apportato modifiche a numerose norme in materia penale; tra l’altro – con specifico riferimento ai reati presupposto ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001:
Sulla Gazzetta ufficiale n. 68 del 22.03.2018 è stato pubblicato il D.Lgs. 01.03.2018, n. 21 - Disposizioni di attuazione del principio di delega della riserva di codice nella materia penale a norma dell'articolo 1, comma 85, lettera q), della legge 23 giugno 2017, n. 103 – in vigore dal 6 aprile 2018. Tale provvedimento, tra l'altro, reca modifica a norme rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
In particolare, l’art. 1 di tale provvedimento ha introdotto nel codice penale l’art. 3-bis (Principio della riserva di codice), il quale stabilisce che: “Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell'ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia.”
Il decreto ha apportato modifiche a numerose norme in materia penale; tra l’altro – con specifico riferimento ai reati presupposto ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001:
- ha inserito l’art. 416-bis.1 (Circostanze aggravanti e attenuanti per reati connessi ad attività mafiose);
- ha inserito l’art. 270-bis.1 (Circostanze aggravanti e attenuanti), relativo ai reati con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico;
- ha modificato l’art. 601, c.p., relativo al reato di “Tratta di persone”, inserito nell’art. 25-quinquies, D.Lgs. n. 231/2001);
- ha inserito nel codice penale l’art. 61-bis, riferito a “Circostanza aggravante del reato transnazionale”;
- ha abrogato, con l’art. 7, l’art. 260, D.Lgs. n. 152/2006, inserito nell’art. 25-undecies, D.Lgs. n. 231/2001 (reati ambientali), sostituendolo con l’art. 452-quaterdecies, c.p.;
- ha abrogato, con il citato art. 7, l'art. 3, L. n. 654/1975, inserito nell'art. 25-terdecies, D.Lgs. n. 231/2001 (razzismo e xenofobia), sostituendolo con l'art. 604-bis, c.p..
12.03.2018
Al termine dell'iter approvativo, il 12.03.2018 è stata approvata la norma ISO 45001:2018 - <<Occupational Health and Safety Management Systems – Requirements with guidance for use>>, tradotta in italiano dall'UNI e adottata come UNI ISO 45001:2018 - <<Sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro - Requisiti e guida per l'uso>>. La versione italiana contiene un'appendice informativa recante i riferimenti legislativi nazionali.
Il nuovo standard è associabile alle norme ISO 9001 (Qualità) e 14001 (Ambiente). Il punto di partenza è costituito dallo standard BS OHSAS 18001:2007, emessa nel 1999 e rivista nel 2007, in Gran Bretagna, dal relativo ente normatore nazionale (BSI). Quest'ultimo standard è richiamato nell'art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008 (unitamente alla norma UNI INAIL); pertanto, in conseguenza dell'introduzione della nuova ISO 45001, potrebbero attendersi modifiche a tale disposizione.
Lo scorso gennaio l'International Accreditation Forum - IAF - ha rilasciato i seguenti documenti:
Al termine dell'iter approvativo, il 12.03.2018 è stata approvata la norma ISO 45001:2018 - <<Occupational Health and Safety Management Systems – Requirements with guidance for use>>, tradotta in italiano dall'UNI e adottata come UNI ISO 45001:2018 - <<Sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro - Requisiti e guida per l'uso>>. La versione italiana contiene un'appendice informativa recante i riferimenti legislativi nazionali.
Il nuovo standard è associabile alle norme ISO 9001 (Qualità) e 14001 (Ambiente). Il punto di partenza è costituito dallo standard BS OHSAS 18001:2007, emessa nel 1999 e rivista nel 2007, in Gran Bretagna, dal relativo ente normatore nazionale (BSI). Quest'ultimo standard è richiamato nell'art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008 (unitamente alla norma UNI INAIL); pertanto, in conseguenza dell'introduzione della nuova ISO 45001, potrebbero attendersi modifiche a tale disposizione.
Lo scorso gennaio l'International Accreditation Forum - IAF - ha rilasciato i seguenti documenti:
- IAF MD 21:2018, contenente le indicazioni per la migrazione alla ISO 45001:2018 dalla OHSAS 18001:2007;
- IAF MD 22:2018, per l'applicazione coerente della ISO/IEC 17021-1 per l'accreditamento degli Organismi di Certificazione che forniscono la certificazione dei sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro.
28.02.2018
Whistleblowing - Prima sentenza della Corte di Cassazione - n. 9047 del 27.02.2018 - dopo l'entrata in vigore della nuova normativa in materia di whistleblowing, recata dalla Legge n. 179/2017. Con tale pronuncia la Suprema Corte ha stabilito quanto segue:
Al riguardo la medesima disposizione, come novellata dalla citata Legge n. 179/2017, reca disposizioni in materia al comma 3, che qui di seguito si riporta:
<<3. L'identità del segnalante non può essere rivelata. Nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identità del segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.>>
Le disposizioni in materia di whistleblowing applicabili al settore privato inserite nel D.Lgs. n. 231/2001 sono recate dall'art. 6, comma di tale Decreto, il quale, al comma 2-bis, prevede che l'ente adotti <<almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell'identità del segnalante>>, precisando che occorre inserire <<nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonche' di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.>>
Whistleblowing - Prima sentenza della Corte di Cassazione - n. 9047 del 27.02.2018 - dopo l'entrata in vigore della nuova normativa in materia di whistleblowing, recata dalla Legge n. 179/2017. Con tale pronuncia la Suprema Corte ha stabilito quanto segue:
- la segnalazione non costituisce mero spunto investigativo, ma vero e proprio atto di accusa, con conseguente necessità di garantire il diritto di difesa dell’accusato e di apprestare le tutele a tal fine predisposte dall’ordinamento, sia in sede di procedimento che, ancor più, in sede di accertamento della penale responsabilità;
- la tutela della riservatezza dell’identità del segnalante non è assoluta in quanto, nell’ambito di un procedimento penale, trovano applicazione le norme previste dal codice di rito in tema di segreto.
Al riguardo la medesima disposizione, come novellata dalla citata Legge n. 179/2017, reca disposizioni in materia al comma 3, che qui di seguito si riporta:
<<3. L'identità del segnalante non può essere rivelata. Nell'ambito del procedimento penale, l'identità del segnalante è coperta dal segreto nei modi e nei limiti previsti dall'articolo 329 del codice di procedura penale. Nell'ambito del procedimento dinanzi alla Corte dei conti, l'identità del segnalante non può essere rivelata fino alla chiusura della fase istruttoria. Nell'ambito del procedimento disciplinare l'identità del segnalante non può essere rivelata, ove la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione, anche se conseguenti alla stessa. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione e la conoscenza dell'identità del segnalante sia indispensabile per la difesa dell'incolpato, la segnalazione sarà utilizzabile ai fini del procedimento disciplinare solo in presenza di consenso del segnalante alla rivelazione della sua identità.>>
Le disposizioni in materia di whistleblowing applicabili al settore privato inserite nel D.Lgs. n. 231/2001 sono recate dall'art. 6, comma di tale Decreto, il quale, al comma 2-bis, prevede che l'ente adotti <<almeno un canale alternativo di segnalazione idoneo a garantire, con modalità informatiche, la riservatezza dell'identità del segnalante>>, precisando che occorre inserire <<nel sistema disciplinare adottato ai sensi del comma 2, lettera e), sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonche' di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.>>
14.12.2017
Sulla Gazzetta ufficiale n. 291 del 14.12.2017 è stata pubblicata la L. 30.11.2017, n. 179 - Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarita' di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato, che ha introdotto nel D.Lgs. n. 231/2001 norme in materia di whistleblowing.
In particolare, l'art. 2 di tale provvedimento ha inserito nell'art. 6 del citato Decreto i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, recanti la disciplina delle segnalazioni circostanziate di condotte illecite.
Sulla Gazzetta ufficiale n. 291 del 14.12.2017 è stata pubblicata la L. 30.11.2017, n. 179 - Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarita' di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato, che ha introdotto nel D.Lgs. n. 231/2001 norme in materia di whistleblowing.
In particolare, l'art. 2 di tale provvedimento ha inserito nell'art. 6 del citato Decreto i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, recanti la disciplina delle segnalazioni circostanziate di condotte illecite.
27.11.2017
Sulla Gazzetta ufficiale n. 277 del 27.11.2017 è stata pubblicata la Legge 20.11.2017, n. 167 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2017). Tale provvedimento ha introdotto nel D.Lgs. n. 231/2001 l'art. 25-terdecies (Razzismo e xenofobia), che inserisce nell'elenco dei reati presupposto i delitti di cui all'art. 3, comma 3-bis della L. 13.10.1975, n. 654 (così come modificato dalla stessa Legge europea 2017).
Di seguito si riporta il testo di quest'ultima norma:
<<...(omissis)...
3-bis. Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232.>>
All'ente si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a ottocento quote; nei casi di condanna per i suddetti delitti, all'ente si applicano anche le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001 per una durata non inferiore a un anno. Se l'ente o una sua unità organizzativa è stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei medesimi delitti, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attivita' ai sensi dell'articolo 16, comma 3, D.Lgs. n. 231/2001.
Sulla Gazzetta ufficiale n. 277 del 27.11.2017 è stata pubblicata la Legge 20.11.2017, n. 167 (Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea - Legge europea 2017). Tale provvedimento ha introdotto nel D.Lgs. n. 231/2001 l'art. 25-terdecies (Razzismo e xenofobia), che inserisce nell'elenco dei reati presupposto i delitti di cui all'art. 3, comma 3-bis della L. 13.10.1975, n. 654 (così come modificato dalla stessa Legge europea 2017).
Di seguito si riporta il testo di quest'ultima norma:
<<...(omissis)...
3-bis. Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale, ratificato ai sensi della legge 12 luglio 1999, n. 232.>>
All'ente si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a ottocento quote; nei casi di condanna per i suddetti delitti, all'ente si applicano anche le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001 per una durata non inferiore a un anno. Se l'ente o una sua unità organizzativa è stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei medesimi delitti, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attivita' ai sensi dell'articolo 16, comma 3, D.Lgs. n. 231/2001.
23.11.2017
Il 15 novembre 2017 l'Assemblea della Camera dei deputati ha approvato definitivamente la proposta di legge A.C. 3365-B, volta a introdurre misure di protezione dei lavoratori dipendenti, tanto del settore pubblico quanto del settore privato, che segnalano reati o irregolarità dei quali vengono a conoscenza nell'ambito del rapporto di lavoro (vai alle indicazioni pubblicate sul sito della Camera dei deputati).
Tale approvazione ha fatto seguito all'approvazione da parte del Senato - il 18 ottobre 2017 - del disegno di legge recante <<Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato>> (DDL S.2208).
Il 15 novembre 2017 l'Assemblea della Camera dei deputati ha approvato definitivamente la proposta di legge A.C. 3365-B, volta a introdurre misure di protezione dei lavoratori dipendenti, tanto del settore pubblico quanto del settore privato, che segnalano reati o irregolarità dei quali vengono a conoscenza nell'ambito del rapporto di lavoro (vai alle indicazioni pubblicate sul sito della Camera dei deputati).
Tale approvazione ha fatto seguito all'approvazione da parte del Senato - il 18 ottobre 2017 - del disegno di legge recante <<Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato>> (DDL S.2208).
04.11.2017
Sulla Gazzetta ufficiale n. 258 del 04.11.2017 è stata pubblicata la Legge 17.10.2017, n. 161. Tale provvedimento ha, tra l'altro, modificato l'art. 25-duodecies del D.Lgs. n. 231/2001. In particolare, l'art. 30, comma 4, della citata Legge ha introdotto in quest'ultima disposizione i commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, inserendo così nel catalogo dei reati-presupposto i seguenti illeciti:
L’art. 11 (Controllo giudiziario delle aziende) di tale provvedimento introduce nel D.Lgs. n. 159/2011 un nuovo articolo, 34-bis, il quale dispone che con il provvedimento che nomina l’amministratore giudiziale, il Tribunale può stabilire “ i compiti dell’amministratore giudiziario finalizzati alle attività di controllo e può imporre l’obbligo: … di adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni".
Sulla Gazzetta ufficiale n. 258 del 04.11.2017 è stata pubblicata la Legge 17.10.2017, n. 161. Tale provvedimento ha, tra l'altro, modificato l'art. 25-duodecies del D.Lgs. n. 231/2001. In particolare, l'art. 30, comma 4, della citata Legge ha introdotto in quest'ultima disposizione i commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, inserendo così nel catalogo dei reati-presupposto i seguenti illeciti:
- delitti di cui all'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, ossia il reato di procurato ingresso illecito (puniti con sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote e con le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno);
- delitti di cui all'articolo 12, comma 5, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, ossia il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina (puniti con sanzione pecuniaria da cento a duecento quote e con le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno).
L’art. 11 (Controllo giudiziario delle aziende) di tale provvedimento introduce nel D.Lgs. n. 159/2011 un nuovo articolo, 34-bis, il quale dispone che con il provvedimento che nomina l’amministratore giudiziale, il Tribunale può stabilire “ i compiti dell’amministratore giudiziario finalizzati alle attività di controllo e può imporre l’obbligo: … di adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni".
20.10.2017
Il 18 ottobre 2017 il Senato ha approvato, con modificazioni, il disegno di legge recante <<Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato>> (DDL S.2208), approvato dalla Camera il 21 gennaio 2016.
Rispetto al testo approvato dalla Camera dei Deputati, il DDL approvato dal Senato il 18 ottobre 2017 reca le seguenti modificazioni: (i) sono previste sanzioni per chi commette ritorsioni nei confronti del whistleblower; (ii) in ogni caso, sarà il datore di lavoro a dover dimostrare che la ritorsione non ha alcun legame con la segnalazione del dipendente; (iii) è previsto l’obbligo di introdurre canali di segnalazione confidenziali negli enti.
Per un approfondimento sul tema, si rinvia all'apposito "Focus" pubblicato sul Portale (clicca qui).
Il 18 ottobre 2017 il Senato ha approvato, con modificazioni, il disegno di legge recante <<Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato>> (DDL S.2208), approvato dalla Camera il 21 gennaio 2016.
Rispetto al testo approvato dalla Camera dei Deputati, il DDL approvato dal Senato il 18 ottobre 2017 reca le seguenti modificazioni: (i) sono previste sanzioni per chi commette ritorsioni nei confronti del whistleblower; (ii) in ogni caso, sarà il datore di lavoro a dover dimostrare che la ritorsione non ha alcun legame con la segnalazione del dipendente; (iii) è previsto l’obbligo di introdurre canali di segnalazione confidenziali negli enti.
Per un approfondimento sul tema, si rinvia all'apposito "Focus" pubblicato sul Portale (clicca qui).
29.09.2017
Con la sentenza n. 22375, depositata il 26.09.2017, la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso di licenziamento del dipendente che aveva presentato denuncia-querela nei confronti del legale rappresentante della società datrice di lavoro. Nel caso esaminato, in appello questo comportamento era stato ritenuto corretto. La Corte Suprema ha invece ritenuto che la denuncia di fatti di potenziale rilievo penale avvenuti nell’azienda non integra le fattispecie della "giusta causa" o del "giustificato motivo" che possono motivare il licenziamento, salvo che non emerga il carattere calunnioso della denuncia (vale a dire la consapevolezza, da parte del lavoratore, della non veridicità di quanto denunciato e, dunque, la volontà di accusare il datore di lavoro di fatti mai accaduti o dallo stesso non commessi).
Con la sentenza n. 22375, depositata il 26.09.2017, la Corte di Cassazione è intervenuta su un caso di licenziamento del dipendente che aveva presentato denuncia-querela nei confronti del legale rappresentante della società datrice di lavoro. Nel caso esaminato, in appello questo comportamento era stato ritenuto corretto. La Corte Suprema ha invece ritenuto che la denuncia di fatti di potenziale rilievo penale avvenuti nell’azienda non integra le fattispecie della "giusta causa" o del "giustificato motivo" che possono motivare il licenziamento, salvo che non emerga il carattere calunnioso della denuncia (vale a dire la consapevolezza, da parte del lavoratore, della non veridicità di quanto denunciato e, dunque, la volontà di accusare il datore di lavoro di fatti mai accaduti o dallo stesso non commessi).
24.09.2017
Sono in corso i lavori mirati all'emanazione di un nuovo standard ISO relativo al sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (ISO 45001), attualmente in versione draft. L’iter di emissione, che dovrebbe concludersi tra la fine del 2017 e il marzo 2018, è iniziato nel 2013; esso prevede la valutazione di tutti i commenti provenienti dai membri aventi diritto di voto e delle parti interessate (più di 3000 in tutto il mondo). Il nuovo standard è associabile alle norme ISO 9001 (Qualità) e 14001 (Ambiente). Il punto di partenza è costituito dallo standard BS OHSAS 18001:2007, emessa nel 1999 e rivista nel 2007, in Gran Bretagna, dal relativo ente normatore nazionale (BSI). Quest'ultimo standard è richiamato nell'art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008 (unitamente alla norma UNI INAIL); pertanto, in conseguenza dell'introduzione della nuova ISO 45001, potrebbero attendersi modifiche a tale disposizione.
Sono in corso i lavori mirati all'emanazione di un nuovo standard ISO relativo al sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (ISO 45001), attualmente in versione draft. L’iter di emissione, che dovrebbe concludersi tra la fine del 2017 e il marzo 2018, è iniziato nel 2013; esso prevede la valutazione di tutti i commenti provenienti dai membri aventi diritto di voto e delle parti interessate (più di 3000 in tutto il mondo). Il nuovo standard è associabile alle norme ISO 9001 (Qualità) e 14001 (Ambiente). Il punto di partenza è costituito dallo standard BS OHSAS 18001:2007, emessa nel 1999 e rivista nel 2007, in Gran Bretagna, dal relativo ente normatore nazionale (BSI). Quest'ultimo standard è richiamato nell'art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008 (unitamente alla norma UNI INAIL); pertanto, in conseguenza dell'introduzione della nuova ISO 45001, potrebbero attendersi modifiche a tale disposizione.
11.09.2017
Intervenendo sul tema dei controlli della posta elettronica dei propri dipendenti da parte del datore di lavoro, con una sentenza depositata il 5 settembre 2017 (C. 61496/08) , la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo ha ribaltato il giudizio della Camera di Strasburgo e ha condannato la Romania per il mancato rispetto di un giusto equilibrio fra l’interesse del lavoratore al rispetto della propria privacy e quello del lavoro di lavoro a controllare l’uso dei dispositivi aziendali.
E' stato così affermato il principio per cui il datore di lavoro può controllare l’uso dei dispositivi aziendali da parte dei dipendenti solo informando preventivamente il lavoratore sulla possibilità e sulle modalità di accesso. Il lavoratore deve essere edotto della possibilità che l’azienda controlli la sua corrispondenza.
Sul piano nazionale, al riguardo, con la Newsletter del 15.09.2016, pubblicata sul sito istituzionale, il Garante privacy aveva stabilito che<<Verifiche indiscriminate sulla posta elettronica e sulla navigazione web del personale sono in contrasto con il Codice della privacy e con lo Statuto dei lavoratori.>> (v. News del 16.09.2016).
Intervenendo sul tema dei controlli della posta elettronica dei propri dipendenti da parte del datore di lavoro, con una sentenza depositata il 5 settembre 2017 (C. 61496/08) , la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo ha ribaltato il giudizio della Camera di Strasburgo e ha condannato la Romania per il mancato rispetto di un giusto equilibrio fra l’interesse del lavoratore al rispetto della propria privacy e quello del lavoro di lavoro a controllare l’uso dei dispositivi aziendali.
E' stato così affermato il principio per cui il datore di lavoro può controllare l’uso dei dispositivi aziendali da parte dei dipendenti solo informando preventivamente il lavoratore sulla possibilità e sulle modalità di accesso. Il lavoratore deve essere edotto della possibilità che l’azienda controlli la sua corrispondenza.
Sul piano nazionale, al riguardo, con la Newsletter del 15.09.2016, pubblicata sul sito istituzionale, il Garante privacy aveva stabilito che<<Verifiche indiscriminate sulla posta elettronica e sulla navigazione web del personale sono in contrasto con il Codice della privacy e con lo Statuto dei lavoratori.>> (v. News del 16.09.2016).
30.06.2017
Sulla Gazzetta ufficiale n. 149 del 28 giugno 2017, è stato pubblicato un avviso di rettifica relativo al recente D.Lgs. n. 90/2017, attuativo della IV direttiva antiriciclaggio (v. oltre); l'avviso corregge, tra l'altro, alcuni errori materiali interessanti il reato di autoriciclaggio e l'art. 25-octies, D.Lgs. n. 231/2001 .
L'art. 5, comma 3, reintroduce il riferimento al delitto di autoriciclaggio nell'art. 25-octies, D.Lgs. n. 231/2001.
L'art. 5, comma 4, consente di continuare ad applicare la confisca obbligatoria anche per nei casi di commissione del medesimo delitto (autoriciclaggio).
Si riporta qui di seguito il testo dell'avviso:
<<Nel decreto legislativo citato in epigrafe, pubblicato nel sopraindicato Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale, sono apportate le seguenti correzioni:
alla pag. 34, seconda colonna, all'art. 5, comma 2, nella parte riferita all'articolo 65, comma 1, lett. b), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, al terzo rigo, dove è scritto: «... imputabile ai revisori legali e delle società di revisione legale ...» leggasi: «... imputabile ai revisori legali e alle società di revisione legale ...»;
alla pag. 37, seconda colonna, all'art. 5, comma 3, nella parte riferita all'articolo 72 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, nella rubrica dell'art. 25-octies: dove è scritto «Art. 25-octies (Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita)» leggasi: «Art. 25-octies (Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio)»; ed ancora, nella parte riferita all'articolo 72 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, al comma 1 dell'art. 25-octies, dove è scritto: «1. In relazione ai reati di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter ...» leggasi «1. In relazione ai reati di cui agli articoli 648, 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 ...»;
alla pag. 37, seconda colonna, all'art. 5, comma 4, nella parte riferita all'articolo 648-quater del codice penale, nell'alinea: dove è scritto «4. Dopo l'articolo 648-ter ...» leggasi «4. Dopo l'articolo 648-ter.1»; ed ancora, nella parte riferita all'articolo 648-quater del codice penale, primo comma, al quarto rigo, dove è scritto: «... per uno dei delitti previsti dagli articoli 648-bis e 648-ter ...» leggasi «... per uno dei delitti previsti dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 ...»; ed infine, sempre nella parte riferita all'articolo 648-quater del codice penale, terzo comma, dove è scritto: «In relazione ai reati di cui agli articoli 648-bis e 648-ter» leggasi: «In relazione ai reati di cui agli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1»;
alla pag. 46, prima colonna, all'art. 7, comma 1, lett. a), ultimo rigo, dove è scritto: «... dalle seguenti: "definite dall'articolo 1, comma 1, lettera c)";» leggasi: «... dalle seguenti: "definite dall'articolo 1, comma 1, lettera d)"».
Sulla Gazzetta ufficiale n. 149 del 28 giugno 2017, è stato pubblicato un avviso di rettifica relativo al recente D.Lgs. n. 90/2017, attuativo della IV direttiva antiriciclaggio (v. oltre); l'avviso corregge, tra l'altro, alcuni errori materiali interessanti il reato di autoriciclaggio e l'art. 25-octies, D.Lgs. n. 231/2001 .
L'art. 5, comma 3, reintroduce il riferimento al delitto di autoriciclaggio nell'art. 25-octies, D.Lgs. n. 231/2001.
L'art. 5, comma 4, consente di continuare ad applicare la confisca obbligatoria anche per nei casi di commissione del medesimo delitto (autoriciclaggio).
Si riporta qui di seguito il testo dell'avviso:
<<Nel decreto legislativo citato in epigrafe, pubblicato nel sopraindicato Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale, sono apportate le seguenti correzioni:
alla pag. 34, seconda colonna, all'art. 5, comma 2, nella parte riferita all'articolo 65, comma 1, lett. b), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, al terzo rigo, dove è scritto: «... imputabile ai revisori legali e delle società di revisione legale ...» leggasi: «... imputabile ai revisori legali e alle società di revisione legale ...»;
alla pag. 37, seconda colonna, all'art. 5, comma 3, nella parte riferita all'articolo 72 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, nella rubrica dell'art. 25-octies: dove è scritto «Art. 25-octies (Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita)» leggasi: «Art. 25-octies (Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio)»; ed ancora, nella parte riferita all'articolo 72 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, al comma 1 dell'art. 25-octies, dove è scritto: «1. In relazione ai reati di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter ...» leggasi «1. In relazione ai reati di cui agli articoli 648, 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 ...»;
alla pag. 37, seconda colonna, all'art. 5, comma 4, nella parte riferita all'articolo 648-quater del codice penale, nell'alinea: dove è scritto «4. Dopo l'articolo 648-ter ...» leggasi «4. Dopo l'articolo 648-ter.1»; ed ancora, nella parte riferita all'articolo 648-quater del codice penale, primo comma, al quarto rigo, dove è scritto: «... per uno dei delitti previsti dagli articoli 648-bis e 648-ter ...» leggasi «... per uno dei delitti previsti dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1 ...»; ed infine, sempre nella parte riferita all'articolo 648-quater del codice penale, terzo comma, dove è scritto: «In relazione ai reati di cui agli articoli 648-bis e 648-ter» leggasi: «In relazione ai reati di cui agli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1»;
alla pag. 46, prima colonna, all'art. 7, comma 1, lett. a), ultimo rigo, dove è scritto: «... dalle seguenti: "definite dall'articolo 1, comma 1, lettera c)";» leggasi: «... dalle seguenti: "definite dall'articolo 1, comma 1, lettera d)"».
10.05.2017
Con la sentenza 5 aprile 2017, n. 17163 (ud. 24 gennaio 2017) la quarta Sezione della Corte di Cassazione ha riconosciuto la compatibilità della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis, c.p., introdotto dal D.Lgs. 16.03.2015, n. 28) con il reato di lesioni gravi colpose da violazione della normativa sull'igiene e sicurezza sul lavoro (art. 590, c.p.).
In particolare, la Corte Suprema ha precisato che non <<possono di per sé ritenersi fattori impeditivi al riconoscimento della causa di non punibilità l'ambito lavoristico in cui si è realizzato l'infortunio, con inosservanza di specifiche regole cautelari o il fatto che il legislatore abbia inteso definire "gravi" il tipo di lesioni derivate all'infortunato C.R. (per un periodo superiore a 40 giorni) in conseguenza dell'infortunio>>.
Riguardo alle conseguenze dell'applicabilità dell'istituto disciplinato dal citato art. 131-bis, c.p. in tema di responsabilità da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, si osserva che la specifica circolare esplicativa/applicativa della Procura della Repubblica di Palermo ha chiarito che, dal momento che per la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è stata inserita una disposizione analoga a quella contenuta nell'art. 8 del Decreto 231 - in virtù del quale la responsabilità dell'ente sussiste anche quando il reato si estingue per causa diversa dall'amnistia - l'archiviazione per la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis si estende anche alla persona giuridica.
Con la sentenza 5 aprile 2017, n. 17163 (ud. 24 gennaio 2017) la quarta Sezione della Corte di Cassazione ha riconosciuto la compatibilità della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis, c.p., introdotto dal D.Lgs. 16.03.2015, n. 28) con il reato di lesioni gravi colpose da violazione della normativa sull'igiene e sicurezza sul lavoro (art. 590, c.p.).
In particolare, la Corte Suprema ha precisato che non <<possono di per sé ritenersi fattori impeditivi al riconoscimento della causa di non punibilità l'ambito lavoristico in cui si è realizzato l'infortunio, con inosservanza di specifiche regole cautelari o il fatto che il legislatore abbia inteso definire "gravi" il tipo di lesioni derivate all'infortunato C.R. (per un periodo superiore a 40 giorni) in conseguenza dell'infortunio>>.
Riguardo alle conseguenze dell'applicabilità dell'istituto disciplinato dal citato art. 131-bis, c.p. in tema di responsabilità da reato degli enti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001, si osserva che la specifica circolare esplicativa/applicativa della Procura della Repubblica di Palermo ha chiarito che, dal momento che per la declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è stata inserita una disposizione analoga a quella contenuta nell'art. 8 del Decreto 231 - in virtù del quale la responsabilità dell'ente sussiste anche quando il reato si estingue per causa diversa dall'amnistia - l'archiviazione per la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis si estende anche alla persona giuridica.
03.04.2017
Il 14 aprile 2017 entrerà in vigore il D.Lgs. 15.03.2017, n. 38 (pubblicato sulla G.U. n. 75 del 30.03.2017), recante disposizioni relative alla lotta contro la corruzione nel settore privato che: (i) hanno integrato l'elenco dei reati presupposto di cui al D.Lgs. n. 231/2001 e (ii) modificato la disciplina penale in materia (per scaricare il Decreto clicca qui).
In primo luogo, il provvedimento - di attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003 - ha modificato il testo dell'art. 2635 del codice civile (già inserito nell'art. 25-ter del D.Lgs. n. 231/2001, con riferimento al terzo comma dello stesso art. 2635), che ora recita quanto segue (le modifiche sono evidenziate con caratteri sottolineati):
<<1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per se' o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto e' commesso da chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo.
2. Si applica la pensa della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.
3. Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, e' punito con le pene ivi previste.
4. Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
5. Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi.
6. Fermo quanto previsto dall’articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte. >>
Pertanto, con specifico riferimento alle modifiche rilevanti ai fini del D.Lgs. n. 231/2001, la novità di maggiore rilievo è rappresentata dal riferimento all’interposta persona, tramite la quale si <<offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma>> del ripetuto art. 2635, c.c..
Altra novità rilevante ai fini del Decreto 231, è la modifica della lettera s-bis) dell'art. 25-ter del provvedimento legislativo: all'art. 2635, c.c. si è aggiunto il nuovo art. 2635-bis, c.c. - <<Istigazione alla corruzione tra privati>>; tale disposizione incriminatrice, inserita dall'art. 4 del D.Lgs. n. 38/2017, recita quanto segue:
<<1. Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti allaredazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un'attivita' lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 2635, ridotta di un terzo.
2. La pena di cui al primo comma si applica agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per se' o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata.
3. Si procede a querela della persona offesa.>>
Per questo reato, a carico dell'ente responsabile in via amministrativa ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 è prevista la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote e l'applicazione delle sanzioni interdittive di cui all'art. 9, comma 2, dello stesso Decreto.
Infine, il provvedimento in esame ha inserito l'art. 2635-ter - <<Pene accessorie>>, che prevede quanto segue:
<<La condanna per il reato di cui all'articolo 2635, primo comma, importa in ogni caso l'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all'articolo 32-bis del codice penale nei confronti di chi sia già stato condannato per il medesimo reato o per quello di cui all'articolo 2635-bis, secondo comma.>>
Il 14 aprile 2017 entrerà in vigore il D.Lgs. 15.03.2017, n. 38 (pubblicato sulla G.U. n. 75 del 30.03.2017), recante disposizioni relative alla lotta contro la corruzione nel settore privato che: (i) hanno integrato l'elenco dei reati presupposto di cui al D.Lgs. n. 231/2001 e (ii) modificato la disciplina penale in materia (per scaricare il Decreto clicca qui).
In primo luogo, il provvedimento - di attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003 - ha modificato il testo dell'art. 2635 del codice civile (già inserito nell'art. 25-ter del D.Lgs. n. 231/2001, con riferimento al terzo comma dello stesso art. 2635), che ora recita quanto segue (le modifiche sono evidenziate con caratteri sottolineati):
<<1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per se' o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto e' commesso da chi nell'ambito organizzativo della società o dell'ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo.
2. Si applica la pensa della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.
3. Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, e' punito con le pene ivi previste.
4. Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
5. Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi.
6. Fermo quanto previsto dall’articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte. >>
Pertanto, con specifico riferimento alle modifiche rilevanti ai fini del D.Lgs. n. 231/2001, la novità di maggiore rilievo è rappresentata dal riferimento all’interposta persona, tramite la quale si <<offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma>> del ripetuto art. 2635, c.c..
Altra novità rilevante ai fini del Decreto 231, è la modifica della lettera s-bis) dell'art. 25-ter del provvedimento legislativo: all'art. 2635, c.c. si è aggiunto il nuovo art. 2635-bis, c.c. - <<Istigazione alla corruzione tra privati>>; tale disposizione incriminatrice, inserita dall'art. 4 del D.Lgs. n. 38/2017, recita quanto segue:
<<1. Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti allaredazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un'attivita' lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 2635, ridotta di un terzo.
2. La pena di cui al primo comma si applica agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per se' o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata.
3. Si procede a querela della persona offesa.>>
Per questo reato, a carico dell'ente responsabile in via amministrativa ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 è prevista la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote e l'applicazione delle sanzioni interdittive di cui all'art. 9, comma 2, dello stesso Decreto.
Infine, il provvedimento in esame ha inserito l'art. 2635-ter - <<Pene accessorie>>, che prevede quanto segue:
<<La condanna per il reato di cui all'articolo 2635, primo comma, importa in ogni caso l'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all'articolo 32-bis del codice penale nei confronti di chi sia già stato condannato per il medesimo reato o per quello di cui all'articolo 2635-bis, secondo comma.>>
10.03.2017
Con la sentenza 27.01.2017 (ud. 12.01.2017), n. 3935 la Corte di Cassazione, Sez. II pen., ha riconosciuto il concorso tra il reato di autoriciclaggio (art. 648-ter1, c.p.) e il reato di trasferimento fraudolento di valori (art. 12 quinquies d.l. 306/1992, conv. dalla l. 7 agosto 1992 n. 356).
Ciò in quanto la condotta di autoriciclaggio non presuppone e non implica che il suo autore ponga in essere anche un trasferimento fittizio a un terzo dei cespiti rivenienti dal reato presupposto; questo trasferimento è, infatti, un elemento ulteriore, che l’ordinamento punisce ai sensi dell’art. 12 quinquies della Legge n. 356 del 1992. Tale elemento coinvolge un terzo soggetto, che deve aver funto da prestanome del dante causa autore del reato presupposto; esso non può ricomprendersi tra quelle “altre operazioni” idonee a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni, indicate nell’art. 648 ter1, c.p., in quanto esse sono riferibili al solo soggetto agente. Inoltre, sempre secondo la Corte Suprema, è evidente che le due violazioni della legge penale in discussione intervengono in momenti cronologicamente distinti, a ulteriore dimostrazione della loro diversità: l’autore del reato presupposto, dapprima, compie l’operazione di interposizione fittizia per poi, successivamente, determinarsi in favore dell’autoriciclaggio, senza il quale la condotta sarebbe punibile solo per il reato di cui all’art. 12 quinquies, L. n. 356/1992.
Con la sentenza 27.01.2017 (ud. 12.01.2017), n. 3935 la Corte di Cassazione, Sez. II pen., ha riconosciuto il concorso tra il reato di autoriciclaggio (art. 648-ter1, c.p.) e il reato di trasferimento fraudolento di valori (art. 12 quinquies d.l. 306/1992, conv. dalla l. 7 agosto 1992 n. 356).
Ciò in quanto la condotta di autoriciclaggio non presuppone e non implica che il suo autore ponga in essere anche un trasferimento fittizio a un terzo dei cespiti rivenienti dal reato presupposto; questo trasferimento è, infatti, un elemento ulteriore, che l’ordinamento punisce ai sensi dell’art. 12 quinquies della Legge n. 356 del 1992. Tale elemento coinvolge un terzo soggetto, che deve aver funto da prestanome del dante causa autore del reato presupposto; esso non può ricomprendersi tra quelle “altre operazioni” idonee a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni, indicate nell’art. 648 ter1, c.p., in quanto esse sono riferibili al solo soggetto agente. Inoltre, sempre secondo la Corte Suprema, è evidente che le due violazioni della legge penale in discussione intervengono in momenti cronologicamente distinti, a ulteriore dimostrazione della loro diversità: l’autore del reato presupposto, dapprima, compie l’operazione di interposizione fittizia per poi, successivamente, determinarsi in favore dell’autoriciclaggio, senza il quale la condotta sarebbe punibile solo per il reato di cui all’art. 12 quinquies, L. n. 356/1992.
o5.01.2017
Ai sensi della delibera della Giunta della Regione Lombaria n. IX/2412 del 26.10.2011 - PROCEDURE E REQUISITI PER L'ACCREDITAMENTO DEGLI OPERATORI PUBBLICI E PRIVATI PER EROGAZIONE DEI SERVIZI DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE NONCHE' DEI SERVIZI PER IL LAVORO, allegato 1, punto 2, nel mese di gennaio (dal 2 al 31) è fatto obbligo, agli enti accreditati iscritti negli appositi Albi (formazione e lavoro) di confermare il mantenimento del possesso dei requisiti di accreditamento.
Gli adempimenti (tra cui la trasmissione di una dichiarazione firmata dal legale rappresentante) sono assolti telematicamente, attraverso accesso al "Cruscotto lavoro" istituito dalla Regione Lombardia (clicca qui).
Ai sensi della delibera della Giunta della Regione Lombaria n. IX/2412 del 26.10.2011 - PROCEDURE E REQUISITI PER L'ACCREDITAMENTO DEGLI OPERATORI PUBBLICI E PRIVATI PER EROGAZIONE DEI SERVIZI DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE PROFESSIONALE NONCHE' DEI SERVIZI PER IL LAVORO, allegato 1, punto 2, nel mese di gennaio (dal 2 al 31) è fatto obbligo, agli enti accreditati iscritti negli appositi Albi (formazione e lavoro) di confermare il mantenimento del possesso dei requisiti di accreditamento.
Gli adempimenti (tra cui la trasmissione di una dichiarazione firmata dal legale rappresentante) sono assolti telematicamente, attraverso accesso al "Cruscotto lavoro" istituito dalla Regione Lombardia (clicca qui).
15.12.2016
Nella riunione del 14 dicembre 2016, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, lo schema di disegno di legge con il quale si dà attuazione alla delega legislativa, contenuta nell’art. 19, L. 12 agosto 2016, n. 170 (c.d. Legge di delegazione europea 2015).
Il testo è stato trasmesso alle Camere, affinché le commissioni competenti (Giustizia e Politiche dell’Unione europee) rilascino i pareri richiesti ex art. 31 l.234/2012, entro il termine del 25 gennaio 2017.
Con tale provvedimento si interviene ancora una volta sulla disciplina della “Corruzione tra privati”, con l’obiettivo di dare una più compiuta attuazione nell’ordinamento interno alla Decisione quadro 2003/568/GAI relativa alla lotta alla corruzione nel settore privato.
Nella riunione del 14 dicembre 2016, il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, lo schema di disegno di legge con il quale si dà attuazione alla delega legislativa, contenuta nell’art. 19, L. 12 agosto 2016, n. 170 (c.d. Legge di delegazione europea 2015).
Il testo è stato trasmesso alle Camere, affinché le commissioni competenti (Giustizia e Politiche dell’Unione europee) rilascino i pareri richiesti ex art. 31 l.234/2012, entro il termine del 25 gennaio 2017.
Con tale provvedimento si interviene ancora una volta sulla disciplina della “Corruzione tra privati”, con l’obiettivo di dare una più compiuta attuazione nell’ordinamento interno alla Decisione quadro 2003/568/GAI relativa alla lotta alla corruzione nel settore privato.
23.11.2016
Il gruppo di lavoro Imprese Multinazionali, istituito nell’ambito della Giunta di Assonime, ha reso pubblico lo studio n. 17/2016 - <<Imprese multinazionali: aspetti societari e fiscali>>. Tra i diversi temi affrontati nel documento, si segnalano i seguenti: (i) cooperative compliance, (ii) corruzione internazionale, (iii) autoriciclaggio e false comunicazioni sociali, (iv) i reati fiscali "presupposto" del nuovo reato di autoriciclaggio.
Con riferimento alla corruzione internazionale, Assonime ha evidenziato i rischi emersi e ha formulato le soluzioni organizzative ritenute più adeguate per prevenire i rischi: (i) la creazione di diversi comitati a livello di capogruppo, (ii) la creazione della funzione di Internal Audit di gruppo, (iii) il rafforzamento della funzione Compliance, (iv) l’istituzione dell’unità organizzativa di Risk Management con lo scopo di migliorare la governance di gruppo nell’area della gestione dei rischi operativi e finanziari, (v) l’emanazione di direttive a livello di gruppo in materia di anti-corruzione (con particolare attenzione alle procedure di selezione delle controparti commerciali attraverso specifiche attività di due diligence), nonché di direttive sull’adozione, e implementazione del modello organizzativo ex d.lgs 231/2001 e sulla composizione degli Organismi di Vigilanza, (vi) l'adozione del Codice anti-corruzione di gruppo.
Riguardo ai reati di autoriciclaggio e di false comunicazioni sociali, <<in mancanza di un intervento chiarificatore della giurisprudenza, che non si è ancora mai pronunciata su un caso di autoriciclaggio che coinvolga società multinazionali>>, è stata formulata <<un’ ipotesi di scuola per segnalare alcune possibili criticità che possono derivare dalla nuova norma>>. Infine, relativamente ai reati fiscali "presupposto" del nuovo reato di autoriciclaggio, Assonime ha condotto un’analisi dei seguenti due distinti profili:
<<a) da un lato, vi è il fondato timore che il reato di autoriciclaggio venga a configurarsi come conseguenza pressoché automatica di qualsiasi reato tributario, tenuto conto che l’onere impositivo non correttamente assolto implica ex se una maggiore disponibilità di “cassa” nel compendio aziendale utilizzabile nell’ambito dell’attività di gestione ordinaria dell’impresa;
b) dall’altro, poiché il reato di autoriciclaggio è compreso nell’ambito applicativo del D.Lgs. n. 231 del 2001, i reati fiscali di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 possono, come accennato, essere indirettamente attratti nel coacervo dei reati fonte della responsabilità amministrativa dell’ente previsti dal D.Lgs. n. 231, sebbene tuttora ne siano formalmente esclusi.>>
In merito al primo, nello studio si osserva che <<dal tenore testuale del dettato normativo, emerge chiaramente come l’autoriciclaggio si configuri soltanto laddove il profitto del reato – che nel caso di reato fiscale è dato sic et simpliciter dal risparmio di imposta – venga “reimpiegato” in attività economiche attraverso forme di sostituzione/occultamento idonee ad “ostacolare concretamente” l’identificazione della provenienza delittuosa del provento.>>
Rispetto al secondo profilo esaminato, Assonime sottolinea quanto segue:
Il gruppo di lavoro Imprese Multinazionali, istituito nell’ambito della Giunta di Assonime, ha reso pubblico lo studio n. 17/2016 - <<Imprese multinazionali: aspetti societari e fiscali>>. Tra i diversi temi affrontati nel documento, si segnalano i seguenti: (i) cooperative compliance, (ii) corruzione internazionale, (iii) autoriciclaggio e false comunicazioni sociali, (iv) i reati fiscali "presupposto" del nuovo reato di autoriciclaggio.
Con riferimento alla corruzione internazionale, Assonime ha evidenziato i rischi emersi e ha formulato le soluzioni organizzative ritenute più adeguate per prevenire i rischi: (i) la creazione di diversi comitati a livello di capogruppo, (ii) la creazione della funzione di Internal Audit di gruppo, (iii) il rafforzamento della funzione Compliance, (iv) l’istituzione dell’unità organizzativa di Risk Management con lo scopo di migliorare la governance di gruppo nell’area della gestione dei rischi operativi e finanziari, (v) l’emanazione di direttive a livello di gruppo in materia di anti-corruzione (con particolare attenzione alle procedure di selezione delle controparti commerciali attraverso specifiche attività di due diligence), nonché di direttive sull’adozione, e implementazione del modello organizzativo ex d.lgs 231/2001 e sulla composizione degli Organismi di Vigilanza, (vi) l'adozione del Codice anti-corruzione di gruppo.
Riguardo ai reati di autoriciclaggio e di false comunicazioni sociali, <<in mancanza di un intervento chiarificatore della giurisprudenza, che non si è ancora mai pronunciata su un caso di autoriciclaggio che coinvolga società multinazionali>>, è stata formulata <<un’ ipotesi di scuola per segnalare alcune possibili criticità che possono derivare dalla nuova norma>>. Infine, relativamente ai reati fiscali "presupposto" del nuovo reato di autoriciclaggio, Assonime ha condotto un’analisi dei seguenti due distinti profili:
<<a) da un lato, vi è il fondato timore che il reato di autoriciclaggio venga a configurarsi come conseguenza pressoché automatica di qualsiasi reato tributario, tenuto conto che l’onere impositivo non correttamente assolto implica ex se una maggiore disponibilità di “cassa” nel compendio aziendale utilizzabile nell’ambito dell’attività di gestione ordinaria dell’impresa;
b) dall’altro, poiché il reato di autoriciclaggio è compreso nell’ambito applicativo del D.Lgs. n. 231 del 2001, i reati fiscali di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 possono, come accennato, essere indirettamente attratti nel coacervo dei reati fonte della responsabilità amministrativa dell’ente previsti dal D.Lgs. n. 231, sebbene tuttora ne siano formalmente esclusi.>>
In merito al primo, nello studio si osserva che <<dal tenore testuale del dettato normativo, emerge chiaramente come l’autoriciclaggio si configuri soltanto laddove il profitto del reato – che nel caso di reato fiscale è dato sic et simpliciter dal risparmio di imposta – venga “reimpiegato” in attività economiche attraverso forme di sostituzione/occultamento idonee ad “ostacolare concretamente” l’identificazione della provenienza delittuosa del provento.>>
Rispetto al secondo profilo esaminato, Assonime sottolinea quanto segue:
- <<l’introduzione del reato di autoriciclaggio travolge – in parte qua – il tradizionale sdoppiamento, tipico dei reati tributari, tra la persona fisica autore del reato e la persona giuridica che ne beneficia. Infatti, mentre il reato tributario (presupposto dell’autoriciclaggio) resterebbe imputabile alla persona fisica, il conseguente delitto di autoriciclaggio (di stretta derivazione tributaria) potrebbe essere ricondotto in capo all’ente, con effetti tanto più dirompenti quanto più ampia fosse la sua configurabilità anche in ipotesi di mero godimento del profitto nella ordinaria attività d’impresa: effetti, questi, che potrebbero giungere fino a far ritenere che i beni della società possano essere sequestrati/confiscati come profitto del reato di autoriciclaggio dell’ente. Si è, quindi, aperto un ampio dibattito in merito alla possibilità che anche i reati fiscali, sia pure indirettamente – e, cioè, come reati presupposto dell’autoriciclaggio – siano idonei a dar luogo alla responsabilità amministrativa degli enti.
Questa incertezza riverbera conseguenze negative per le società non solo sotto il profilo della tipologia di modelli organizzativi da approntare in futuro per adempiere ai dettami imposti dal D.Lgs. n. 231, ma anche per le plurime possibilità di confisca del profitto illecito.>>
09.11.2016
Sulla G.U. n. 262 del 09.11.2016 è stato pubblicato il D.Lgs. 29 ottobre 2016, n. 202 (Attuazione della direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea), che dispone l’obbligatorietà della confisca, anche per equivalente, dei profitti, dei prezzi e dei prodotti connessi con alcuni gravi reati, tra cui quelli di criminalità informatica, di falso monetario e di corruzione tra privati.
Il Decreto reca alcune modifiche al contenuto del Codice penale e del Codice civile, nonché alle leggi di modifica del Codice di procedura penale e alla disciplina relativa all’antiriciclaggio.
In estrema sintesi, il provvedimento:
Sulla G.U. n. 262 del 09.11.2016 è stato pubblicato il D.Lgs. 29 ottobre 2016, n. 202 (Attuazione della direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea), che dispone l’obbligatorietà della confisca, anche per equivalente, dei profitti, dei prezzi e dei prodotti connessi con alcuni gravi reati, tra cui quelli di criminalità informatica, di falso monetario e di corruzione tra privati.
Il Decreto reca alcune modifiche al contenuto del Codice penale e del Codice civile, nonché alle leggi di modifica del Codice di procedura penale e alla disciplina relativa all’antiriciclaggio.
In estrema sintesi, il provvedimento:
- estende l’ambito della confisca obbligatoria anche ai beni che costituiscono il profitto o il prodotto del reato, ovvero alle somme di denaro, beni o altre utilità di cui il colpevole ha la disponibilità per un valore corrispondente al profitto o al prodotto, qualora non sia possibile la confisca del prodotto o del profitto diretti;
- amplia l'applicabilità della c.d. "confisca estesa", cioè della confisca che si applica in caso di condanna per taluni gravi reati, a prescindere dalla prova del collegamento diretto tra ricchezza sproporzionata e commissione del singolo reato;
- in relazione ai reati relativi a falsità-alterazione di monete, carte di pubblico credito, corruzione tra privati, produzione, traffico, detenzione illeciti di sostanze stupefacenti e riciclaggio, prevede l’obbligo di confisca delle cose che sono servite per la commissione del reato, ovvero che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, a meno che siano di appartenenza di una persona estranea al reato in questione.
03.11.2016
L’art. 6, comma 1, della Legge 29 ottobre 2016, n. 199 (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 257 del 3 novembre 2016) ha disposto la modifica dell’art. 25-quinquies (“Delitti contro la personalità individuale”), comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 231/2001, inserendo nel catalogo dei reati-presupposto la fattispecie criminosa prevista dall’art. 603-bis del codice penale, come modificato dalla stessa Legge.
Qui di seguito si riporta il testo del nuovo art. 603-bis, c.p.:
«Art. 603-bis. (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:
1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà:
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
3) l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.»
Il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro era stato introdotto con il D.L. 13.08.2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla Legge 14.09.2011, n. 148, al fine di colpire il fenomeno del "caporalato", presente soprattutto in alcune aree dell’Italia meridionale e nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia.
La disposizione originaria era la seguente:
«Art. 603-bis. (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del primo comma, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti circostanze:
1) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.
Costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà:
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
3) l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.»
In estrema sintesi, le novità introdotte rispetto all'originaria formulazione della norma criminosa sono le seguenti:
L’art. 6, comma 1, della Legge 29 ottobre 2016, n. 199 (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 257 del 3 novembre 2016) ha disposto la modifica dell’art. 25-quinquies (“Delitti contro la personalità individuale”), comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 231/2001, inserendo nel catalogo dei reati-presupposto la fattispecie criminosa prevista dall’art. 603-bis del codice penale, come modificato dalla stessa Legge.
Qui di seguito si riporta il testo del nuovo art. 603-bis, c.p.:
«Art. 603-bis. (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:
1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà:
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
3) l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.»
Il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro era stato introdotto con il D.L. 13.08.2011, n. 138, convertito con modificazioni dalla Legge 14.09.2011, n. 148, al fine di colpire il fenomeno del "caporalato", presente soprattutto in alcune aree dell’Italia meridionale e nei settori dell’agricoltura e dell’edilizia.
La disposizione originaria era la seguente:
«Art. 603-bis. (Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del primo comma, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti circostanze:
1) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti.
Costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà:
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
3) l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.»
In estrema sintesi, le novità introdotte rispetto all'originaria formulazione della norma criminosa sono le seguenti:
- è stata riscritta la condotta illecita del "caporale", vale a dire di chi recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno (nel nuovo testo è stato soppresso il riferimento allo stato di "necessità" del lavoratore);
- la fattispecie-base del reato (comma 1) prescinde da comportamenti violenti, minacciosi o intimidatori;
- è stato eliminato il richiamo allo svolgimento di un'attività organizzata di intermediazione e il riferimento all'organizzazione dell'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento;
- è stata introdotta la condotta illecita del il datore di lavoro che utilizza, assume o impiega manodopera reclutata anche mediante l'attività di intermediazione sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno.
- con riferimento alle condizioni ritenute indice di sfruttamento dei lavoratori (comma 3), e in particolare alla condizione della violazione delle norme sulla sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, è stato soppresso il riferimento alla necessità che la violazione esponga il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale.
16.09.2016
E’ stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 204 del 1° settembre 2016, ed è in vigore dal 16 settembre 2016, la Legge 12 agosto 2016, n. 170 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2015). L’art. 19 delega il Governo ad apportare – entro tre mesi dall’entrata in vigore – modifiche al reato di corruzione tra privati previsto dall’art 2635 c.c. e alle sanzioni previste a carico dell’ente dall’art. 25-ter, D. Lgs. 231/2001.
Si riporta qui di seguito il testo della disposizione:
<<Art. 19 - Delega al Governo per l'attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato
1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze, un decreto legislativo recante le norme occorrenti per dare attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, nel rispetto delle procedure e dei principi e criteri direttivi generali rispettivamente stabiliti dall'articolo 31, commi 2, 3, 5 e 9, e dall'articolo 32, comma 1, lettere a), e), f) e g), della legge 24 dicembre 2012, n. 234, nonché delle disposizioni previste dalla decisione quadro medesima, nelle parti in cui non richiedono uno specifico adattamento dell'ordinamento italiano, e sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
a) prevedere, tenendo conto delle disposizioni incriminatrici già vigenti, che sia punito chiunque promette, offre o da', per se' o per altri, anche per interposta persona, denaro o altra utilità non dovuti a un soggetto che svolge funzioni dirigenziali o di controllo o che comunque presta attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive presso società o enti privati, affinché esso compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio;
b) prevedere che sia altresì punito chiunque, nell'esercizio di funzioni dirigenziali o di controllo, ovvero nello svolgimento di un'attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, presso società o enti privati, sollecita o riceve, per se' o per altri, anche per interposta persona, denaro o altra utilità non dovuti, ovvero ne accetta la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio;
c) prevedere la punibilità dell'istigazione alle condotte di cui alle lettere a) e b);
d) prevedere che per il reato di corruzione tra privati siano applicate la pena della reclusione non inferiore nel minimo a sei mesi e non superiore nel massimo a tre anni nonché la pena accessoria dell'interdizione temporanea dall'esercizio dell'attività nei confronti di colui che esercita funzioni direttive o di controllo presso società o enti privati, ove già condannato per le condotte di cui alle lettere b) e c);
e) prevedere la responsabilità delle persone giuridiche in relazione al reato di corruzione tra privati, punita con una sanzione pecuniaria non inferiore a duecento quote e non superiore a seicento quote nonché con l'applicazione delle sanzioni amministrative interdittive di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
2. Sullo schema del decreto legislativo di recepimento della decisione quadro di cui al comma 1 e' acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica secondo le modalità e i termini di cui all'articolo 31, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono alla sua attuazione con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.>>
E’ stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 204 del 1° settembre 2016, ed è in vigore dal 16 settembre 2016, la Legge 12 agosto 2016, n. 170 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l’attuazione di altri atti dell’Unione europea – Legge di delegazione europea 2015). L’art. 19 delega il Governo ad apportare – entro tre mesi dall’entrata in vigore – modifiche al reato di corruzione tra privati previsto dall’art 2635 c.c. e alle sanzioni previste a carico dell’ente dall’art. 25-ter, D. Lgs. 231/2001.
Si riporta qui di seguito il testo della disposizione:
<<Art. 19 - Delega al Governo per l'attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato
1. Il Governo e' delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale e dell'economia e delle finanze, un decreto legislativo recante le norme occorrenti per dare attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, nel rispetto delle procedure e dei principi e criteri direttivi generali rispettivamente stabiliti dall'articolo 31, commi 2, 3, 5 e 9, e dall'articolo 32, comma 1, lettere a), e), f) e g), della legge 24 dicembre 2012, n. 234, nonché delle disposizioni previste dalla decisione quadro medesima, nelle parti in cui non richiedono uno specifico adattamento dell'ordinamento italiano, e sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi, realizzando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti:
a) prevedere, tenendo conto delle disposizioni incriminatrici già vigenti, che sia punito chiunque promette, offre o da', per se' o per altri, anche per interposta persona, denaro o altra utilità non dovuti a un soggetto che svolge funzioni dirigenziali o di controllo o che comunque presta attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive presso società o enti privati, affinché esso compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio;
b) prevedere che sia altresì punito chiunque, nell'esercizio di funzioni dirigenziali o di controllo, ovvero nello svolgimento di un'attività lavorativa con l'esercizio di funzioni direttive, presso società o enti privati, sollecita o riceve, per se' o per altri, anche per interposta persona, denaro o altra utilità non dovuti, ovvero ne accetta la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio;
c) prevedere la punibilità dell'istigazione alle condotte di cui alle lettere a) e b);
d) prevedere che per il reato di corruzione tra privati siano applicate la pena della reclusione non inferiore nel minimo a sei mesi e non superiore nel massimo a tre anni nonché la pena accessoria dell'interdizione temporanea dall'esercizio dell'attività nei confronti di colui che esercita funzioni direttive o di controllo presso società o enti privati, ove già condannato per le condotte di cui alle lettere b) e c);
e) prevedere la responsabilità delle persone giuridiche in relazione al reato di corruzione tra privati, punita con una sanzione pecuniaria non inferiore a duecento quote e non superiore a seicento quote nonché con l'applicazione delle sanzioni amministrative interdittive di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
2. Sullo schema del decreto legislativo di recepimento della decisione quadro di cui al comma 1 e' acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica secondo le modalità e i termini di cui all'articolo 31, comma 3, della legge 24 dicembre 2012, n. 234.
3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono alla sua attuazione con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.>>
16.09.2016
La Fondazione Nazionale dei Commercialisti analizza i criteri, rilevanti per le persone fisiche, per stabilire se uno Stato è black list o white list in un documento del 15 settembre 2016. Con tale contributo la FNC riepiloga l’evoluzione normativa del quadro internazionale, descrive i criteri utilizzati per stabilire in quali circostanze uno Stato appartenga alla categoria dei Paesi black list ed evidenzia taluni aspetti critici, che possono addirittura far considerare uno Stato, in alcuni casi, sia come "black list" che come "white list".
In particolare, il documento analizza i criteri di individuazione che sovrintendono alla black list di cui al D.M. del 4 maggio 1999 (emanato ai fini della presunzione di residenza delle stesse allo scopo di contrastare il fittizio trasferimento all’estero, per finalità tributarie, di residenti in Italia) e il criterio di individuazione dei Paesi inclusi nella white list di cui al D.M. 4 settembre 1996 (contenente l'elenco degli Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni), considerata la contiguità tra le due liste ministeriali e la necessità di un loro coordinamento.
La Fondazione Nazionale dei Commercialisti analizza i criteri, rilevanti per le persone fisiche, per stabilire se uno Stato è black list o white list in un documento del 15 settembre 2016. Con tale contributo la FNC riepiloga l’evoluzione normativa del quadro internazionale, descrive i criteri utilizzati per stabilire in quali circostanze uno Stato appartenga alla categoria dei Paesi black list ed evidenzia taluni aspetti critici, che possono addirittura far considerare uno Stato, in alcuni casi, sia come "black list" che come "white list".
In particolare, il documento analizza i criteri di individuazione che sovrintendono alla black list di cui al D.M. del 4 maggio 1999 (emanato ai fini della presunzione di residenza delle stesse allo scopo di contrastare il fittizio trasferimento all’estero, per finalità tributarie, di residenti in Italia) e il criterio di individuazione dei Paesi inclusi nella white list di cui al D.M. 4 settembre 1996 (contenente l'elenco degli Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni), considerata la contiguità tra le due liste ministeriali e la necessità di un loro coordinamento.
16.09.2016
La Fondazione Nazionale dei Commercialisti analizza i rapporti di collaborazione tra gli organi di controllo aziendale in un documento del 15 settembre 2016.
Gli organi di controllo che operano in un’azienda o ente e che in alcuni casi essi svolgono delle attività di ispezione e verifica, considerati dal documento, sono i seguenti: (i) Revisore Legale; (ii) Collegio Sindacale; (iii) Organismo di Vigilanza; (iv) Audit interno aziendale.
Tali attività spesso si sovrappongono; il contributo della FNC <<tende ad evidenziare il possibile sistema integrato di controlli che tali organi possono definire>>.
La Fondazione Nazionale dei Commercialisti analizza i rapporti di collaborazione tra gli organi di controllo aziendale in un documento del 15 settembre 2016.
Gli organi di controllo che operano in un’azienda o ente e che in alcuni casi essi svolgono delle attività di ispezione e verifica, considerati dal documento, sono i seguenti: (i) Revisore Legale; (ii) Collegio Sindacale; (iii) Organismo di Vigilanza; (iv) Audit interno aziendale.
Tali attività spesso si sovrappongono; il contributo della FNC <<tende ad evidenziare il possibile sistema integrato di controlli che tali organi possono definire>>.
16.09.2016
Il Garante privacy ha affermato che il controllo indiscriminato di e-mail e traffico Internet dei dipendenti da parte del datore di lavoro viola il principio di liceità alla base del trattamento dei dati personali e la normativa sui controlli a distanza dei lavoratori prevista dallo Statuto dei lavoratori (art. 4, Legge n. 300/1970, anche dopo le modifiche apportate dal Jobs Act).
La decisione [doc. web n. 5408460] ha vietato a un'università il monitoraggio massivo delle attività in Internet dei propri dipendenti. Il caso era sorto proprio per la denuncia del personale tecnico-amministrativo e docente, che lamentava la violazione della propria privacy e il controllo a distanza posto in essere dall'Ateneo.
Qui di seguito si riporta il testo della Newsletter 15.09.2016 pubblicata sul sito del Garante:
<<Verifiche indiscriminate sulla posta elettronica e sulla navigazione web del personale sono in contrasto con il Codice della privacy e con lo Statuto dei lavoratori. (...omissis...)
Nel corso dell'istruttoria, l'amministrazione ha respinto le accuse, sostenendo che l'attività di monitoraggio delle comunicazioni elettroniche era attivata saltuariamente, e solo in caso di rilevamento di software maligno e di violazioni del diritto d'autore o di indagini della magistratura. L'Università aveva inoltre aggiunto che non venivano trattati dati personali dei dipendenti che si connettevano alla rete. L'istruttoria del Garante ha invece evidenziato che i dati raccolti erano chiaramente riconducibili ai singoli utenti, anche grazie al tracciamento puntuale degli indirizzi Ip (indirizzo Internet) e dei Mac Address (identificativo hardware) dei pc assegnati ai dipendenti.
L'infrastruttura adottata dall'Ateneo, diversamente da quanto affermato, consentiva poi la verifica costante e indiscriminata degli accessi degli utenti alla rete e all'e-mail, utilizzando sistemi e software che non possono essere considerati, in base alla normativa, "strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa". Tali software, infatti, non erano necessari per lo svolgimento della predetta attività ed operavano, peraltro, in background, con modalità non percepibili dall'utente. E' stato così violato lo Statuto dei lavoratori - anche nella nuova versione modificata dal cosiddetto "Jobs Act" – che in caso di controllo a distanza prevede l'adozione di specifiche garanzie per il lavoratore.Nel provvedimento il Garante ha rimarcato che l'Università avrebbe dovuto privilegiare misure graduali che rendessero assolutamente residuali i controlli più invasivi, legittimati solo in caso di individuazione di
specifiche anomalie, come la rilevata presenza di virus. In ogni caso, si sarebbero dovute prima adottare misure meno limitative per i diritti dei lavoratori.L'Autorità ha infine riscontrato che l'Università non aveva fornito agli utilizzatori della rete un'idonea informativa privacy, tale non potendosi ritenere la mera comunicazione al personale del Regolamento relativo al corretto utilizzo degli strumenti elettronici, violando così il principio di liceità alla base del trattamento dei dati personali. L'Autorità ha quindi dichiarato illecito il trattamento dei dati personali così raccolti e ne ha vietato l'ulteriore uso, imponendo comunque la loro conservazione per consentirne l'eventuale acquisizione da parte della magistratura.>>
Il Garante privacy ha affermato che il controllo indiscriminato di e-mail e traffico Internet dei dipendenti da parte del datore di lavoro viola il principio di liceità alla base del trattamento dei dati personali e la normativa sui controlli a distanza dei lavoratori prevista dallo Statuto dei lavoratori (art. 4, Legge n. 300/1970, anche dopo le modifiche apportate dal Jobs Act).
La decisione [doc. web n. 5408460] ha vietato a un'università il monitoraggio massivo delle attività in Internet dei propri dipendenti. Il caso era sorto proprio per la denuncia del personale tecnico-amministrativo e docente, che lamentava la violazione della propria privacy e il controllo a distanza posto in essere dall'Ateneo.
Qui di seguito si riporta il testo della Newsletter 15.09.2016 pubblicata sul sito del Garante:
<<Verifiche indiscriminate sulla posta elettronica e sulla navigazione web del personale sono in contrasto con il Codice della privacy e con lo Statuto dei lavoratori. (...omissis...)
Nel corso dell'istruttoria, l'amministrazione ha respinto le accuse, sostenendo che l'attività di monitoraggio delle comunicazioni elettroniche era attivata saltuariamente, e solo in caso di rilevamento di software maligno e di violazioni del diritto d'autore o di indagini della magistratura. L'Università aveva inoltre aggiunto che non venivano trattati dati personali dei dipendenti che si connettevano alla rete. L'istruttoria del Garante ha invece evidenziato che i dati raccolti erano chiaramente riconducibili ai singoli utenti, anche grazie al tracciamento puntuale degli indirizzi Ip (indirizzo Internet) e dei Mac Address (identificativo hardware) dei pc assegnati ai dipendenti.
L'infrastruttura adottata dall'Ateneo, diversamente da quanto affermato, consentiva poi la verifica costante e indiscriminata degli accessi degli utenti alla rete e all'e-mail, utilizzando sistemi e software che non possono essere considerati, in base alla normativa, "strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa". Tali software, infatti, non erano necessari per lo svolgimento della predetta attività ed operavano, peraltro, in background, con modalità non percepibili dall'utente. E' stato così violato lo Statuto dei lavoratori - anche nella nuova versione modificata dal cosiddetto "Jobs Act" – che in caso di controllo a distanza prevede l'adozione di specifiche garanzie per il lavoratore.Nel provvedimento il Garante ha rimarcato che l'Università avrebbe dovuto privilegiare misure graduali che rendessero assolutamente residuali i controlli più invasivi, legittimati solo in caso di individuazione di
specifiche anomalie, come la rilevata presenza di virus. In ogni caso, si sarebbero dovute prima adottare misure meno limitative per i diritti dei lavoratori.L'Autorità ha infine riscontrato che l'Università non aveva fornito agli utilizzatori della rete un'idonea informativa privacy, tale non potendosi ritenere la mera comunicazione al personale del Regolamento relativo al corretto utilizzo degli strumenti elettronici, violando così il principio di liceità alla base del trattamento dei dati personali. L'Autorità ha quindi dichiarato illecito il trattamento dei dati personali così raccolti e ne ha vietato l'ulteriore uso, imponendo comunque la loro conservazione per consentirne l'eventuale acquisizione da parte della magistratura.>>
31.05.2016
Il 26.05.2016 l'UNI - Ente italiano di normazione - ha annunciato la pubblicazione in lingua italiana dello standard UNI ISO 19600:2016 - “Sistemi di gestione della conformità (compliance) - Linee guida”.
È una guida per i sistemi di gestione della conformità, con lo scopo di supportare lo sviluppo, l'attuazione, la valutazione, il mantenimento ed il miglioramento di un sistema di gestione della conformità (compliance) di un'organizzazione. Si basa sui principi di buona governance, proporzionalità, trasparenza e sostenibilità. È applicabile a tutti i tipi di organizzazioni, indipendentemente da dimensione, struttura, natura e complessità dell'organizzazione stessa.
Lo standard si compone dei seguenti dieci capitoli:
Il 26.05.2016 l'UNI - Ente italiano di normazione - ha annunciato la pubblicazione in lingua italiana dello standard UNI ISO 19600:2016 - “Sistemi di gestione della conformità (compliance) - Linee guida”.
È una guida per i sistemi di gestione della conformità, con lo scopo di supportare lo sviluppo, l'attuazione, la valutazione, il mantenimento ed il miglioramento di un sistema di gestione della conformità (compliance) di un'organizzazione. Si basa sui principi di buona governance, proporzionalità, trasparenza e sostenibilità. È applicabile a tutti i tipi di organizzazioni, indipendentemente da dimensione, struttura, natura e complessità dell'organizzazione stessa.
Lo standard si compone dei seguenti dieci capitoli:
- 1 Scopo
- 2 Norme di riferimento
- 3 Termini e definizioni
- 4 Contesto dell'organizzazione
- 5 Leadership
- 6 Pianificazione
- 7 Supporto
- 8 Attività operative
- 9 Valutazione delle prestazioni
- 10 Miglioramento
01.04.2016
La sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I, 29.03.2016, n. 6037, ha confermato il giudizio di responsabilità degli opponenti (sindaci di una società quotata, nei cui confronti la Consob aveva contestato sanzioni amministrative per violazione dei doveri di vigilanza nei confronti degli organi amministrativi e gestionali della predetta società) e la riduzione delle sanzioni concessa dalla Corte d'appello di Milano, con sentenza 23 aprile 2013, a seguito dell'esclusione dell'addebito relativo all'omesso controllo sull'attività dell'Organismo di vigilanza, in quanto organo dotato di autonomi poteri ispettivi rispetto al quale non si giustificava l'ulteriore vigilanza da parte del collegio sindacale.
La sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I, 29.03.2016, n. 6037, ha confermato il giudizio di responsabilità degli opponenti (sindaci di una società quotata, nei cui confronti la Consob aveva contestato sanzioni amministrative per violazione dei doveri di vigilanza nei confronti degli organi amministrativi e gestionali della predetta società) e la riduzione delle sanzioni concessa dalla Corte d'appello di Milano, con sentenza 23 aprile 2013, a seguito dell'esclusione dell'addebito relativo all'omesso controllo sull'attività dell'Organismo di vigilanza, in quanto organo dotato di autonomi poteri ispettivi rispetto al quale non si giustificava l'ulteriore vigilanza da parte del collegio sindacale.
01.04.2016
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione - investite con ordinanza della Corte di Cassazione n. 9186, depositata in data 4 marzo 2016 - si sono pronunciate sulla delicata questione della rilevanza penale del falso valutativo nel (nuovo) delitto di falso in bilancio, come riformulato con Legge n. 69/2015 (Cass., SS.UU., sent.n. 22474 del 27.05.2016 (ud. 31.03.2016).
Recentemente, infatti, era sorto un contrasto giurisprudenziale nell'ambito della quinta Sezione della Corte Suprema (v. sentenze
n. 890/2016, depositata il 12 gennaio 2016, e n. 33774/2015, depositata il 30 luglio 2015 - cfr. News del 19.01.2016).
In particolare, le SS.UU. hanno fornito risposta negativa al quesito <<se, in tema di false comunicazioni sociali, la modifica con cui l’art. 9 della legge 27 maggio 2015, n. 69 ha eliminato nell’art. 2621 c.c. l’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”, abbia determinato o meno un effetto parzialmente abrogativo della fattispecie>>.
Pertanto, il reato di falso in bilancio continua ad essere applicabile anche con riferimento alle poste di natura valutativa.
Si resta in attesa delle motivazioni della decisione.
Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione - investite con ordinanza della Corte di Cassazione n. 9186, depositata in data 4 marzo 2016 - si sono pronunciate sulla delicata questione della rilevanza penale del falso valutativo nel (nuovo) delitto di falso in bilancio, come riformulato con Legge n. 69/2015 (Cass., SS.UU., sent.n. 22474 del 27.05.2016 (ud. 31.03.2016).
Recentemente, infatti, era sorto un contrasto giurisprudenziale nell'ambito della quinta Sezione della Corte Suprema (v. sentenze
n. 890/2016, depositata il 12 gennaio 2016, e n. 33774/2015, depositata il 30 luglio 2015 - cfr. News del 19.01.2016).
In particolare, le SS.UU. hanno fornito risposta negativa al quesito <<se, in tema di false comunicazioni sociali, la modifica con cui l’art. 9 della legge 27 maggio 2015, n. 69 ha eliminato nell’art. 2621 c.c. l’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”, abbia determinato o meno un effetto parzialmente abrogativo della fattispecie>>.
Pertanto, il reato di falso in bilancio continua ad essere applicabile anche con riferimento alle poste di natura valutativa.
Si resta in attesa delle motivazioni della decisione.
28.01.2016
Con la sentenza n. 3691/2016, depositata il 27 gennaio 2016, la seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, ha fornito indicazioni in merito alla rilevanza del reato di autoriciclaggio in relazione a delitti-presupposto commessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 648-ter1 del codice penale (nella specie: frode fiscale ex D.Lgs. n. 74/2000).
Al riguardo si riporta uno stralcio della sentenza:
<<4.3 Manifestamente infondato è infine anche l’ultimo motivo del ricorso, concernente l’ipotesi di reato di cui all’art. 648 ter 1 cod. pen. Introdotto dalla legge 14 dicembre 2014, n. 186, attesa l’irrilevanza della realizzazione, in epoca antecedente l’entrata in vigore di tale normativa, delle condotte di cui all’art. 4 D. Lgs. 74/2000 assunte ad ipotesi di reato presupposto: va premesso che impropriamente viene invocato il principio di irretroattività della legge penale di cui all’art. 2 cod. pen. In relazione ad un reato, quale quello di autoriciclaggio, nel quale soltanto il reato presupposto si assume commesso in epoca antecedente l’entrata in vigore della l. 15/12/2014 n. 186, ma quando comunque lo stesso reato era già previsto come tale dalla legge, mentre l’elemento materiale del reato di cui all’art. 648 ter risulta posto in essere in data 7 luglio 2015, ben successivamente all’introduzione della predetta normativa, e soprattutto non può ritenersi significativo che il Tribunale del riesame non abbia esplicitamente argomentato sul punto, dovendosi ritenere assorbente il rilievo che il Tribunale abbia comunque ritenuto configurabile “un’ipotesi accusatoria relativamente ad una condotta di riciclaggio” – di per sé sufficiente a giustificare il sequestro – pur riconoscendo che in questa fase delle indagini “l’incolpazione è necessariamente fluida”, tanto da ritenere non preclusa nemmeno l’ipotesi dell’autoriciclaggio, quantomeno nella fattispecie tentata.>>
Con la sentenza n. 3691/2016, depositata il 27 gennaio 2016, la seconda Sezione penale della Corte di Cassazione, ha fornito indicazioni in merito alla rilevanza del reato di autoriciclaggio in relazione a delitti-presupposto commessi prima dell’entrata in vigore dell’art. 648-ter1 del codice penale (nella specie: frode fiscale ex D.Lgs. n. 74/2000).
Al riguardo si riporta uno stralcio della sentenza:
<<4.3 Manifestamente infondato è infine anche l’ultimo motivo del ricorso, concernente l’ipotesi di reato di cui all’art. 648 ter 1 cod. pen. Introdotto dalla legge 14 dicembre 2014, n. 186, attesa l’irrilevanza della realizzazione, in epoca antecedente l’entrata in vigore di tale normativa, delle condotte di cui all’art. 4 D. Lgs. 74/2000 assunte ad ipotesi di reato presupposto: va premesso che impropriamente viene invocato il principio di irretroattività della legge penale di cui all’art. 2 cod. pen. In relazione ad un reato, quale quello di autoriciclaggio, nel quale soltanto il reato presupposto si assume commesso in epoca antecedente l’entrata in vigore della l. 15/12/2014 n. 186, ma quando comunque lo stesso reato era già previsto come tale dalla legge, mentre l’elemento materiale del reato di cui all’art. 648 ter risulta posto in essere in data 7 luglio 2015, ben successivamente all’introduzione della predetta normativa, e soprattutto non può ritenersi significativo che il Tribunale del riesame non abbia esplicitamente argomentato sul punto, dovendosi ritenere assorbente il rilievo che il Tribunale abbia comunque ritenuto configurabile “un’ipotesi accusatoria relativamente ad una condotta di riciclaggio” – di per sé sufficiente a giustificare il sequestro – pur riconoscendo che in questa fase delle indagini “l’incolpazione è necessariamente fluida”, tanto da ritenere non preclusa nemmeno l’ipotesi dell’autoriciclaggio, quantomeno nella fattispecie tentata.>>
19.01.2016
Intervenendo in materia di rilevanza delle valutazioni ai fini del (nuovo) reato di falso in bilancio, con la sentenza n. 890/2016, depositata il 12 gennaio 2016, la quinta Sezione penale della Corte di Cassazione, ha affermato che <<nell’art. 2621 c.c. il riferimento ai ‘fatti materiali’ quali possibili oggetti di una falsa rappresentazione della realtà non vale a escludere la rilevanza penale degli enunciati valutativi, che sono anch’essi predicabili di falsità quando violino criteri di valutazione predeterminati o esibiti in una comunicazione sociale. Infatti, quando intervengono in contesti che implicano l’accettazione di parametri di valutazione normativamente determinati o, comunque, tecnicamente indiscussi, gli enunciati valutativi sono idonei ad assolvere una funzione informativa e possono dirsi veri o falsi>>.
In precedenza, con la "sentenza Crespi" (sentenza n. 33774/2015, depositata il 30 luglio 2015), la stessa Sezione della Corte di Cassazione aveva sostenuto l'opinione contraria, ritenendo che l’espunzione dal testo dell’art. 2621, c.c. delle parole “ancorché oggetto di valutazioni” costituisse, di fatto, un'abrogazione del falso valutativo in bilancio, il quale doveva pertanto considerarsi penalmente irrilevante.
Tale difformi pronunciamenti aprono la strada a un intervento delle Sezioni Unite.
Al riguardo si rinvia anche alla Relazione della Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario e del Ruolo, Servizio penale, prot. Rel. V/003/15, avente a oggetto "58006 Persona giuridica - Reati societari - False comunicazioni sociali - Nozione - Interpretazione", che si pronuncia sulle modifiche in tema di falso in bilancio apportate dalla Legge 27 maggio 2015, n. 69.
Per scaricare i testi delle menzionate sentenze nn. 890/2016 e 33774/2015 e della citata Relazione, vai all'Area riservata del portale www.italianlaw231.com.
Intervenendo in materia di rilevanza delle valutazioni ai fini del (nuovo) reato di falso in bilancio, con la sentenza n. 890/2016, depositata il 12 gennaio 2016, la quinta Sezione penale della Corte di Cassazione, ha affermato che <<nell’art. 2621 c.c. il riferimento ai ‘fatti materiali’ quali possibili oggetti di una falsa rappresentazione della realtà non vale a escludere la rilevanza penale degli enunciati valutativi, che sono anch’essi predicabili di falsità quando violino criteri di valutazione predeterminati o esibiti in una comunicazione sociale. Infatti, quando intervengono in contesti che implicano l’accettazione di parametri di valutazione normativamente determinati o, comunque, tecnicamente indiscussi, gli enunciati valutativi sono idonei ad assolvere una funzione informativa e possono dirsi veri o falsi>>.
In precedenza, con la "sentenza Crespi" (sentenza n. 33774/2015, depositata il 30 luglio 2015), la stessa Sezione della Corte di Cassazione aveva sostenuto l'opinione contraria, ritenendo che l’espunzione dal testo dell’art. 2621, c.c. delle parole “ancorché oggetto di valutazioni” costituisse, di fatto, un'abrogazione del falso valutativo in bilancio, il quale doveva pertanto considerarsi penalmente irrilevante.
Tale difformi pronunciamenti aprono la strada a un intervento delle Sezioni Unite.
Al riguardo si rinvia anche alla Relazione della Corte Suprema di Cassazione, Ufficio del Massimario e del Ruolo, Servizio penale, prot. Rel. V/003/15, avente a oggetto "58006 Persona giuridica - Reati societari - False comunicazioni sociali - Nozione - Interpretazione", che si pronuncia sulle modifiche in tema di falso in bilancio apportate dalla Legge 27 maggio 2015, n. 69.
Per scaricare i testi delle menzionate sentenze nn. 890/2016 e 33774/2015 e della citata Relazione, vai all'Area riservata del portale www.italianlaw231.com.
14.12.2015
Con la circolare n. 6 del 1° dicembre 2015, l'A.B.I. ha fornito le proprie indicazioni in merito alla rilevanza del reato di autoriciclaggio ai fini della responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001.
Il sommario della circolare è il seguente:
<<SOMMARIO – Premessa. - 1. L'introduzione del delitto di autoriciclaggio e la previsione delle responsabilità dell'ente ex D.Lgs. 231 del 2001. - 2. Il delitto di autoriciclaggio: l'area di incriminazione e i rapporti con i delitti di riciclaggio e reimpiego. - 3. La struttura oggettiva della fattispecie. - 4. L'elemento soggettivo. - 5. La clausola di non punibilità di cui al quarto comma dell'art. 648 ter 1 c.p. - 6. La responsabilità degli enti: l'inserimento del delitto di autoriciclaggio nell'art. 25 octies del D.Lgs. 231 del 2001. - 7. Indicazioni circa l’aggiornamento del Modello Organizzativo>>
Il paragrafo 6 di tale provvedimento precisa quanto segue:
<<È dubbio peraltro che l’art. 25 octies possa essere interpretato nel senso di escludere la rilevanza, ai fini della configurabilità dell’illecito amministrativo dell’ente, di condotte che abbiano a oggetto proventi di reati non previsti nell’elenco dei reati presupposto. È comunque essenziale la funzione selettiva, sia ai fini della responsabilità penale del soggetto agente, che della responsabilità amministrativa dell’ente, svolta dal requisito del concreto ostacolo alla provenienza delittuosa: esso dovrà essere puntualmente riscontrato, per evitare il rischio di punire per autoriciclaggio anche operazioni di reimpiego delle utilità illecite prive di quell’ulteriore disvalore penale che fonda la punibilità del reato di cui all’art. 648 ter1 c.p. In altri termini, sarà necessario accertare la sussistenza di condotte dissimulatorie ovvero anomale rispetto all’ordinaria attività mentre semplici operazioni “tracciabili”, non avendo tali caratteristiche, non dovrebbero assumere rilevanza penale; diversamente si priverebbe di significato la precisa scelta del legislatore di esigere una idoneità ‘qualificata’ dell’operazione a impedire la ricostruzione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni e della utilità che sono oggetto.>>
Di particolare rilievo, poi, è il paragrafo 7 della menzionata circolare, recante indicazioni circa l'aggiornamento del Modello Organizzativo; qui di seguito si riporta il testo del paragrafo:
<<Alla luce di quanto sopra osservato, ai fini della decisione circa l’aggiornamento dei Modelli organizzativi, sembra utile tenere presente l’”origine” del provento: se esterna alla banca o se, invece, si sia in presenza di un utilizzo di proventi (eventualmente) illeciti formatisi all’interno della banca stessa. Nel primo caso, non può che evidenziarsi la possibilità di attingere utilmente, da parte delle banche, all’esperienza maturata in tema di obblighi antiriciclaggio ex D.Lgs. 231 del 2001 ove, seppur solo ai fini di detto decreto, all’art. 2 si dà una definizione di riciclaggio tale da coprire anche l'ipotesi di autoriciclaggio, nonché ai principi, alle regole ed alle procedure, già in essere in ambito aziendale, per prevenire il rischio di incorrere nella «responsabilità amministrativa» per la commissione dei reati ex artt. 648, 648 bis e 648 ter c.p..
Ove i proventi eventualmente illeciti si siano formati all’interno della stessa banca, le procedure e i princìpi di comportamento, già adottati per prevenire il rischio di commissione degli altri reati inseriti nell’elenco di quelli presupposto della responsabilità degli enti, possono risultare efficaci anche per la prevenzione “a monte” dell’autoriciclaggio dei relativi proventi illeciti. Ciascuna banca potrà pertanto far riferimento, nella parte del modello organizzativo dedicata al reato di autoriciclaggio, ai principi di comportamento e ai presidi già implementati per la prevenzione delle suddette fattispecie criminose. Se, invece, la provenienza del denaro è riconducibile a reati non rientranti nel catalogo di cui agli artt. 24 ss. D.Lgs. n. 231 del 2001 – in primo luogo vengono in considerazione i reati fiscali, la realizzazione di alcune tipologie dei quali determina non tanto la creazione di nuove disponibilità illecite, ma la permanenza nel patrimonio della banca, quale profitto dell’illecito, della somma corrispondente all’importo delle imposte evase - i presìdi devono strutturarsi focalizzando il contenuto del Modello organizzativo non tanto sul controllo circa la provenienza del denaro, quanto sulle modalità di utilizzo dello stesso, in modo da far emergere eventuali anomalie o elementi non ordinari e impedendo il ricorso a tecniche idonee ad ostacolare in concreto l’individuazione della provenienza illecita dei beni. In tale ambito, andrà valutata, in particolare, la segmentazione dei flussi decisionali interni alla banca (con più step di approvazione e verifica, in ragione della particolarità dell’operazione). E’ comunque utile ricordare che vigono principi, regole e procedure, anche non direttamente collegati ai presìdi ex D.Lgs. 231/2001, volti a garantire il rispetto delle pervasive disposizioni di legge e regolamentari applicabili all’attività bancaria e finanziaria, nonché la correttezza della gestione. Ne discende che l’implementazione di sistemi di controllo interno, normative e procedure aziendali conformi alla normativa di settore non può non essere considerata, già di per sé, un’efficace contromisura a fronte dei rischi di commissione nell’ambito aziendale di reati, fonte di proventi illeciti e del loro reimpiego.>>
In merito ai riflessi dell'introduzione del reato di autoriciclaggio nell'elenco dei reati-presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001 deve altresì essere richiamato l'intervento di Confindustria con la propria circolare n. 19867 del 12 giugno 2015 (v. News del 12.06.2015).
Con la circolare n. 6 del 1° dicembre 2015, l'A.B.I. ha fornito le proprie indicazioni in merito alla rilevanza del reato di autoriciclaggio ai fini della responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001.
Il sommario della circolare è il seguente:
<<SOMMARIO – Premessa. - 1. L'introduzione del delitto di autoriciclaggio e la previsione delle responsabilità dell'ente ex D.Lgs. 231 del 2001. - 2. Il delitto di autoriciclaggio: l'area di incriminazione e i rapporti con i delitti di riciclaggio e reimpiego. - 3. La struttura oggettiva della fattispecie. - 4. L'elemento soggettivo. - 5. La clausola di non punibilità di cui al quarto comma dell'art. 648 ter 1 c.p. - 6. La responsabilità degli enti: l'inserimento del delitto di autoriciclaggio nell'art. 25 octies del D.Lgs. 231 del 2001. - 7. Indicazioni circa l’aggiornamento del Modello Organizzativo>>
Il paragrafo 6 di tale provvedimento precisa quanto segue:
<<È dubbio peraltro che l’art. 25 octies possa essere interpretato nel senso di escludere la rilevanza, ai fini della configurabilità dell’illecito amministrativo dell’ente, di condotte che abbiano a oggetto proventi di reati non previsti nell’elenco dei reati presupposto. È comunque essenziale la funzione selettiva, sia ai fini della responsabilità penale del soggetto agente, che della responsabilità amministrativa dell’ente, svolta dal requisito del concreto ostacolo alla provenienza delittuosa: esso dovrà essere puntualmente riscontrato, per evitare il rischio di punire per autoriciclaggio anche operazioni di reimpiego delle utilità illecite prive di quell’ulteriore disvalore penale che fonda la punibilità del reato di cui all’art. 648 ter1 c.p. In altri termini, sarà necessario accertare la sussistenza di condotte dissimulatorie ovvero anomale rispetto all’ordinaria attività mentre semplici operazioni “tracciabili”, non avendo tali caratteristiche, non dovrebbero assumere rilevanza penale; diversamente si priverebbe di significato la precisa scelta del legislatore di esigere una idoneità ‘qualificata’ dell’operazione a impedire la ricostruzione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni e della utilità che sono oggetto.>>
Di particolare rilievo, poi, è il paragrafo 7 della menzionata circolare, recante indicazioni circa l'aggiornamento del Modello Organizzativo; qui di seguito si riporta il testo del paragrafo:
<<Alla luce di quanto sopra osservato, ai fini della decisione circa l’aggiornamento dei Modelli organizzativi, sembra utile tenere presente l’”origine” del provento: se esterna alla banca o se, invece, si sia in presenza di un utilizzo di proventi (eventualmente) illeciti formatisi all’interno della banca stessa. Nel primo caso, non può che evidenziarsi la possibilità di attingere utilmente, da parte delle banche, all’esperienza maturata in tema di obblighi antiriciclaggio ex D.Lgs. 231 del 2001 ove, seppur solo ai fini di detto decreto, all’art. 2 si dà una definizione di riciclaggio tale da coprire anche l'ipotesi di autoriciclaggio, nonché ai principi, alle regole ed alle procedure, già in essere in ambito aziendale, per prevenire il rischio di incorrere nella «responsabilità amministrativa» per la commissione dei reati ex artt. 648, 648 bis e 648 ter c.p..
Ove i proventi eventualmente illeciti si siano formati all’interno della stessa banca, le procedure e i princìpi di comportamento, già adottati per prevenire il rischio di commissione degli altri reati inseriti nell’elenco di quelli presupposto della responsabilità degli enti, possono risultare efficaci anche per la prevenzione “a monte” dell’autoriciclaggio dei relativi proventi illeciti. Ciascuna banca potrà pertanto far riferimento, nella parte del modello organizzativo dedicata al reato di autoriciclaggio, ai principi di comportamento e ai presidi già implementati per la prevenzione delle suddette fattispecie criminose. Se, invece, la provenienza del denaro è riconducibile a reati non rientranti nel catalogo di cui agli artt. 24 ss. D.Lgs. n. 231 del 2001 – in primo luogo vengono in considerazione i reati fiscali, la realizzazione di alcune tipologie dei quali determina non tanto la creazione di nuove disponibilità illecite, ma la permanenza nel patrimonio della banca, quale profitto dell’illecito, della somma corrispondente all’importo delle imposte evase - i presìdi devono strutturarsi focalizzando il contenuto del Modello organizzativo non tanto sul controllo circa la provenienza del denaro, quanto sulle modalità di utilizzo dello stesso, in modo da far emergere eventuali anomalie o elementi non ordinari e impedendo il ricorso a tecniche idonee ad ostacolare in concreto l’individuazione della provenienza illecita dei beni. In tale ambito, andrà valutata, in particolare, la segmentazione dei flussi decisionali interni alla banca (con più step di approvazione e verifica, in ragione della particolarità dell’operazione). E’ comunque utile ricordare che vigono principi, regole e procedure, anche non direttamente collegati ai presìdi ex D.Lgs. 231/2001, volti a garantire il rispetto delle pervasive disposizioni di legge e regolamentari applicabili all’attività bancaria e finanziaria, nonché la correttezza della gestione. Ne discende che l’implementazione di sistemi di controllo interno, normative e procedure aziendali conformi alla normativa di settore non può non essere considerata, già di per sé, un’efficace contromisura a fronte dei rischi di commissione nell’ambito aziendale di reati, fonte di proventi illeciti e del loro reimpiego.>>
In merito ai riflessi dell'introduzione del reato di autoriciclaggio nell'elenco dei reati-presupposto ex D.Lgs. n. 231/2001 deve altresì essere richiamato l'intervento di Confindustria con la propria circolare n. 19867 del 12 giugno 2015 (v. News del 12.06.2015).
03.11.2015
Intervenendo sul tema dell'utilizzo improprio dell'e-mail e del personal computer aziendali (ossia non in conformità alle prescrizioni interne), con la sentenza n. 22353 del 02.11.2015 la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha precisato che è legittima la sanzione conservativa, mentre non è applicabile la sanzione espulsiva.
Sulla base di questo orientamento della Suprema Corte, ove il codice disciplinare o la contrattazione collettiva prevedano la sanzione conservativa per l’uso improprio della e-mail e delle dotazioni informatiche aziendali, l’elusione, da parte del lavoratore, delle specifiche informative e dei molteplici avvisi effettuati dal datore al fine di prevenire abusi, non è sufficiente a configurare il livello di gravità richiesto dall’art. 2119 del codice civile.
Nella fattispecie, era stata rilevata la presenza di file di natura multimediale non legati all'attività lavorativa e l'istallazione di alcuni programmi coperti da copyright, di cui non era stata, però, accertata l'utilizzazione oltre il periodo concesso come dimostrativo; la perizia tecnica aveva poi stabilito che il lavoratore aveva utilizzato a fini personali la posta elettronica e aveva navigato in Internet sempre per motivi personali, ma non era possibile farne una esatta quantificazione temporale.
La stessa Corte ha precisato che il concetto di giusta causa di licenziamento, così come il giustificato motivo, costituiscono una nozione che la legge configura con disposizioni di limitato contenuto, che vanno specificati in sede interpretativa mediante la valorizzazione sia di fattori esterni, relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama.
Intervenendo sul tema dell'utilizzo improprio dell'e-mail e del personal computer aziendali (ossia non in conformità alle prescrizioni interne), con la sentenza n. 22353 del 02.11.2015 la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha precisato che è legittima la sanzione conservativa, mentre non è applicabile la sanzione espulsiva.
Sulla base di questo orientamento della Suprema Corte, ove il codice disciplinare o la contrattazione collettiva prevedano la sanzione conservativa per l’uso improprio della e-mail e delle dotazioni informatiche aziendali, l’elusione, da parte del lavoratore, delle specifiche informative e dei molteplici avvisi effettuati dal datore al fine di prevenire abusi, non è sufficiente a configurare il livello di gravità richiesto dall’art. 2119 del codice civile.
Nella fattispecie, era stata rilevata la presenza di file di natura multimediale non legati all'attività lavorativa e l'istallazione di alcuni programmi coperti da copyright, di cui non era stata, però, accertata l'utilizzazione oltre il periodo concesso come dimostrativo; la perizia tecnica aveva poi stabilito che il lavoratore aveva utilizzato a fini personali la posta elettronica e aveva navigato in Internet sempre per motivi personali, ma non era possibile farne una esatta quantificazione temporale.
La stessa Corte ha precisato che il concetto di giusta causa di licenziamento, così come il giustificato motivo, costituiscono una nozione che la legge configura con disposizioni di limitato contenuto, che vanno specificati in sede interpretativa mediante la valorizzazione sia di fattori esterni, relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama.
12.06.2015
Con la Circolare n. 18967 del 12 giugno 2015, Confindustria ha affrontato il tema dell'inserimento del reato di autoriciclaggio, ex art. 648-ter.1, c.p., nell'elenco dei reati presupposto ai sensi dell'art. 25-octies del D.Lgs. n. 231/2001.
La modifica di quest'ultima disposizione è stata operata - con effetto dal 1° gennaio 2015 - dalla Legge 15.12.2014, n. 186 (v. sotto News del 17.12.2014).
Con riferimento all'aggiornamento del Modello organizzativo ex art. 6, D.Lgs. n. 231/2001, e quindi alla individuazione delle modalità attuative del reato in discorso (in altri termini: all'individuazione delle c.d. "attività sensibili"), nella Circolare si precisa, tra l'altro, quanto segue:
Al riguardo si osserva quanto segue:
Più recentemente, le nuove "Linee guida 231" di Confindustria (aggiornamento a marzo 2014) hanno precisato quanto segue:
<<la configurazione dei reati associativi come reati-mezzo ha l’effetto di estendere la responsabilità dell’ente ex decreto 231 a una serie indefinita di fattispecie criminose commesse in attuazione del pactum sceleris e non necessariamente incluse nell’elenco dei reati presupposto. Si pensi, ad esempio, alla turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), all’illecita concorrenza con violenza o minaccia (art. 513-bis, c.p.), all’inadempimento di contratti di pubbliche forniture (art. 355 c.p.) e alla frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.).>>
Il tema qui affrontato è stato oggetto, lo scorso aprile, di un convegno organizzato dalla AODV231 - Associazione dei Componenti degli Organismi di Vigilanza ex D.Lgs. n. 231/2001.
In questa occasione (clicca qui per andare alla pagina informativa pubblicata sul sito dell'Associazione), il Sostituto Procuratore della Repubblica di Milano dott. Eugenio Fusco ha osservato quanto segue:
<<«L´articolo 648-ter 1 del Codice penale è forse la via attraverso cui i reati tributari fanno il loro ingresso in ambito "231” anche senza un ampliamento del relativo catalogo. È come se alcuni reati esclusi dal perimetro "231”, pensiamo alla falsa fatturazione, rientrassero in un certo senso dall´ingresso secondario. Se consideriamo i ricavi in nero, questi possono automaticamente dare origine all´autoriciclaggio perché per definizione si sottraggono a qualsiasi forma di tracciabilità (chi evade cerca poi di occultare il reimpiego del denaro oggetto dell'evasione). L´attenzione della società deve concentrarsi sulle operazioni straordinarie, come gli aumenti di capitale, che si prestano a favorire il reimpiego (anche) di questi ricavi. ...
... Il modello deve consentire la tracciabilità di tutti i profili legati alla materia fiscale. Così – se tutto è tracciabile – i capitali che eventualmente provengono da reato fiscale non potranno essere facilmente riutilizzati in modo da occultarne la provenienza. Altrimenti può accadere che ad esempio l´amministratore commetta autoriciclaggio, creando un fondo nero interno alla società, e così agendo faccia sorgere anche una responsabilità della società ex "231”: a quel punto è difficile dimostrare che il modello fosse idoneo>>.
Con la Circolare n. 18967 del 12 giugno 2015, Confindustria ha affrontato il tema dell'inserimento del reato di autoriciclaggio, ex art. 648-ter.1, c.p., nell'elenco dei reati presupposto ai sensi dell'art. 25-octies del D.Lgs. n. 231/2001.
La modifica di quest'ultima disposizione è stata operata - con effetto dal 1° gennaio 2015 - dalla Legge 15.12.2014, n. 186 (v. sotto News del 17.12.2014).
Con riferimento all'aggiornamento del Modello organizzativo ex art. 6, D.Lgs. n. 231/2001, e quindi alla individuazione delle modalità attuative del reato in discorso (in altri termini: all'individuazione delle c.d. "attività sensibili"), nella Circolare si precisa, tra l'altro, quanto segue:
- <<Pertanto non è chiaro se l’eventuale responsabilità dell’ente è limitata ai casi in cui il reato base rientra tra i reati presupposto di cui al decreto 231, ovvero se essa possa configurarsi anche in presenza di fattispecie diverse.>>;
- <<in relazione all'esempio del reato tributario come base dell'autoriciclaggio, si cumulerebbero le seguenti sanzioni: i) amministrativa; ii) penale per il reato-base; iii) penale per l´autoriciclaggio; iv) amministrativa ai sensi del Decreto 231, a carico dell´impresa».
Al riguardo si osserva quanto segue:
- la Circolare della Guardia di finanza n. 83607/2012, Volume III, Capitolo 4, para. 2.b., ha affermato che:
- la Corte di Cassazione, con la sentenza 6 giugno 2013, n. 24841, è intervenuta sul tema dell’associazione per delinquere finalizzata all’evasione fiscale, affermando quanto segue:
- con la sentenza n. 3635/13 emessa il 20 dicembre 2013, la Sesta sezione penale della Corte di cassazione, ha annullato senza rinvio l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame di Taranto aveva confermato il sequestro preventivo di beni funzionale alla confisca ex art. 19 d.lgs. 231 del 2001, per un valore di oltre otto miliardi di euro, equivalente al profitto derivante dal delitto di associazione per delinquere e dai reati-scopo ambientali contestati a due società, affermando che il profitto non può corrispondere al risparmio di spesa conseguente al mancato adeguamento degli impianti dello stabilimento siderurgico, dovendosi ritenere necessario l’accertamento della diretta correlazione causale con i reati presupposto e del conseguimento di un risultato economico positivo. Con questa pronuncia la Corte Suprema interviene sul controverso tema della rilevanza - ai fini dell'art. 24-ter del D.Lgs. n. 231/2001 - del reato di associazione per delinquere, ex art. 416, c.p., nel caso di reati-fine non inclusi nella lista dei reati-presupposto soggetti alla disciplina in tema di responsabilità amministrativa degli enti di cui a quest'ultimo Decreto. Al riguardo si afferma che il provvedimento impugnato si basa su un "vizio di fondo"; in caso contrario, l'art. 416, c.p. (reato-presupposto ai fini del D.Lgs.) <<si trasformerebbe ... in una disposizione "aperta", dal contenuto elastico, ... con il pericolo di una ingiustificata dilatazione dell'area di potenziale responsabilità dell'ente collettivo ...>>. La pronuncia in esame appare in contrasto con quanto affermato dalla terza Sezione penale della stessa Corte di Cassazione con riferimento al reato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale (v. citata sentenza n. 24841 del 27.03.201, dep. 06.06.2013).
Più recentemente, le nuove "Linee guida 231" di Confindustria (aggiornamento a marzo 2014) hanno precisato quanto segue:
<<la configurazione dei reati associativi come reati-mezzo ha l’effetto di estendere la responsabilità dell’ente ex decreto 231 a una serie indefinita di fattispecie criminose commesse in attuazione del pactum sceleris e non necessariamente incluse nell’elenco dei reati presupposto. Si pensi, ad esempio, alla turbata libertà degli incanti (art. 353 c.p.), all’illecita concorrenza con violenza o minaccia (art. 513-bis, c.p.), all’inadempimento di contratti di pubbliche forniture (art. 355 c.p.) e alla frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.).>>
Il tema qui affrontato è stato oggetto, lo scorso aprile, di un convegno organizzato dalla AODV231 - Associazione dei Componenti degli Organismi di Vigilanza ex D.Lgs. n. 231/2001.
In questa occasione (clicca qui per andare alla pagina informativa pubblicata sul sito dell'Associazione), il Sostituto Procuratore della Repubblica di Milano dott. Eugenio Fusco ha osservato quanto segue:
<<«L´articolo 648-ter 1 del Codice penale è forse la via attraverso cui i reati tributari fanno il loro ingresso in ambito "231” anche senza un ampliamento del relativo catalogo. È come se alcuni reati esclusi dal perimetro "231”, pensiamo alla falsa fatturazione, rientrassero in un certo senso dall´ingresso secondario. Se consideriamo i ricavi in nero, questi possono automaticamente dare origine all´autoriciclaggio perché per definizione si sottraggono a qualsiasi forma di tracciabilità (chi evade cerca poi di occultare il reimpiego del denaro oggetto dell'evasione). L´attenzione della società deve concentrarsi sulle operazioni straordinarie, come gli aumenti di capitale, che si prestano a favorire il reimpiego (anche) di questi ricavi. ...
... Il modello deve consentire la tracciabilità di tutti i profili legati alla materia fiscale. Così – se tutto è tracciabile – i capitali che eventualmente provengono da reato fiscale non potranno essere facilmente riutilizzati in modo da occultarne la provenienza. Altrimenti può accadere che ad esempio l´amministratore commetta autoriciclaggio, creando un fondo nero interno alla società, e così agendo faccia sorgere anche una responsabilità della società ex "231”: a quel punto è difficile dimostrare che il modello fosse idoneo>>.
30.05.2015
Il 30 maggio 2015 è stata pubblicata sulla G.U. n. 124 la Legge 27.05.2015, n. 69, recante "Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio". Il provvedimento entra in vigore il 14.06.2015 (per leggere il provvedimento clicca qui).
Il relativo disegno di legge era stato approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati il 21.05.2015 (v. sotto).
In estrema sintesi, il provvedimento normativo in via di pubblicazione, prevede (fonte: www.ilquotidianodellapa.it):
Degna di nota la norma che, a completamento del sistema di prevenzione amministrativa del fenomeno della corruzione, prevede il dovere del P.M. di informare l’ANAC qualora proceda per reati contro la Pubblica Amministrazione.
La nuova disciplina, quasi a voler rimarcare il rapporto tra i fenomeni della criminalità organizzata e della corruzione, inasprisce le pene per la partecipazione ad un’associazione mafiosa - punita con la reclusione da 10 a 15 anni – e per l’attività di organizzazione e direzione della stessa – punita con la reclusione tra i 12 ed i 18 anni.
L'art. 12 della Legge n. 69/2015 ha apportato modifiche all'art. 25-ter, D.Lgs. n. 231/2001; qui di seguito il testo della disposizione:
<<Art. 12. Modifiche alle disposizioni sulla responsabilità amministrativa degli enti in relazione ai reati societari
1. All'articolo 25-ter, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'alinea è sostituito dal seguente: «In relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:»;
b) la lettera a) è sostituita dalla seguente: «a) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall'articolo 2621 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote»;
c) dopo la lettera a) è inserita la seguente: «a-bis) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall'articolo 2621-bis del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote»;
d) la lettera b) è sostituita dalla seguente: «b) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall'articolo 2622 del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote»;
e) la lettera c) è abrogata.>>
Il 30 maggio 2015 è stata pubblicata sulla G.U. n. 124 la Legge 27.05.2015, n. 69, recante "Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio". Il provvedimento entra in vigore il 14.06.2015 (per leggere il provvedimento clicca qui).
Il relativo disegno di legge era stato approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati il 21.05.2015 (v. sotto).
In estrema sintesi, il provvedimento normativo in via di pubblicazione, prevede (fonte: www.ilquotidianodellapa.it):
- la reintroduzione del reato di falso in bilancio come reato di pericolo, procedibile d’ufficio, salvo nell’ipotesi di società non soggetta al fallimento;
- l’inasprimento delle pene per le fattispecie di peculato (da 4 anni a 10 anni e 6 mesi), di corruzione propria (da 6 a 10 anni), di corruzione impropria (da 1 a 6 anni), di induzione indebita (da 6 anni a 10 anni e 6 mesi) e di corruzione in atti giudiziari (da 6 a 12 anni, con la possibilità di arrivare fino a 20 nei casi più gravi);
- l’attenuante del «ravvedimento operoso» per chi si adoperi efficacemente per evitare conseguenze ulteriori del delitto, assicurare le prove ed individuare i colpevoli, o per il sequestro delle somme trasferite;
- il condizionamento della possibilità di accedere ai riti alternativi alla circostanza della previa effettiva ed integrale del prezzo o del profitto del commesso reato contro la pubblica amministrazione;
- la licenziabilità del dipendente pubblico corrotto condannato ad una pena di almeno 2 anni di reclusione.
Degna di nota la norma che, a completamento del sistema di prevenzione amministrativa del fenomeno della corruzione, prevede il dovere del P.M. di informare l’ANAC qualora proceda per reati contro la Pubblica Amministrazione.
La nuova disciplina, quasi a voler rimarcare il rapporto tra i fenomeni della criminalità organizzata e della corruzione, inasprisce le pene per la partecipazione ad un’associazione mafiosa - punita con la reclusione da 10 a 15 anni – e per l’attività di organizzazione e direzione della stessa – punita con la reclusione tra i 12 ed i 18 anni.
L'art. 12 della Legge n. 69/2015 ha apportato modifiche all'art. 25-ter, D.Lgs. n. 231/2001; qui di seguito il testo della disposizione:
<<Art. 12. Modifiche alle disposizioni sulla responsabilità amministrativa degli enti in relazione ai reati societari
1. All'articolo 25-ter, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'alinea è sostituito dal seguente: «In relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile, si applicano all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:»;
b) la lettera a) è sostituita dalla seguente: «a) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall'articolo 2621 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote»;
c) dopo la lettera a) è inserita la seguente: «a-bis) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall'articolo 2621-bis del codice civile, la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote»;
d) la lettera b) è sostituita dalla seguente: «b) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall'articolo 2622 del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote»;
e) la lettera c) è abrogata.>>
28.05.2015
Il 28 maggio 2015 è stata pubblicata sulla G.U. n. 122 la Legge 22.05.2015, n. 68, recante "Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente". Il provvedimento entra in vigore il 29 maggio 2015 (per leggere il provvedimento clicca qui).
Il relativo disegno di legge - 1345-B - era stato approvato in via definitiva dal Senato il 19.05.2015 (v. sotto).
Al riguardo, si riporta qui di seguito un articolo pubblicato sul portale www.ilquotidianodellapa.it.
<<La Gazzetta Ufficiale n. 112/2015 ha pubblicato la legge 22 maggio 2015, n. 68, che contiene “Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente”, i c.d. “Ecoreati”. La nuova norma introduce nel codice penale, dopo il Titolo VI, il Titolo VI-bis, intitolato "Dei delitti contro l'ambiente". La legge è composta da tre articoli ed è in vigore dal 29 maggio 2015.
Il primo articolo introduce nel codice penale l’art. 452-bis (Inquinamento ambientale), che punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000, chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversita', anche agraria, della flora o della fauna.
Da segnalare che, se l'inquinamento e' prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena e' aumentata.
L’articolo 452-ter del codice penale si occupa del caso di “Morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale”, prevedendo una serie di pene progressivamente aumentate, quando - se da uno dei fatti di cui all'articolo 452-bis - deriva, quale conseguenza non voluta dal reo, una lesione personale, una lesione grave, una lesione gravissima, fino ad arrivare, nel caso ne derivi la morte, alla pena della reclusione da cinque a dieci anni.
Si può arrivare anche ad un massimo di 20 anni di reclusione, nel caso di morte di piu' persone, di lesioni di piu' persone, ovvero di morte di una o piu' persone e lesioni di una o piu' persone.
E' stato introdotto anche l’art. 452-quater (Disastro ambientale), punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Nel caso specifico, costituiscono disastro ambientale alternativamente:
1) l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema;
2) l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
3) l'offesa alla pubblica incolumita' in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Quando il disastro e' prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena e' aumentata.
La nuova norma sugli “Ecoreati” prevede anche le ipotesi colpose di delitti contro l’Ambiente (art. 452-quinquies c.p.), con diminuzione della pena da un terzo a due terzi; diminuzione ulteriore di 1/3 se ne deriva solo il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale.
L’art. 452-sexies c.p. prevede il reato di “Traffico e abbandono di materiale ad alta Radioattivita”, punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000, pena aumentata se dal fatto deriva il pericolo di compromissione o deterioramento. Se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l'incolumita' delle persone, la pena e' aumentata fino alla meta'.
Segue l’elencazione delle circostanze aggravanti (art. 452-octies) per i reati previsti dagli artt. 416 e 416-bis c.p. (associazione a delinquere e associazione di tipo mafioso).
Inoltre, le pene sono aumentate da un terzo alla meta' se dell'associazione fanno parte pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale.
Vengono quindi introdotte l’aggravante ambientale, il ravvedimento operoso e la confisca (nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti), il ripristino dello stato dei luoghi ed il reato di “omessa bonifica” (art. 452-terdecies), punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000.
Sono anche previste le informazioni all'Agenzia delle Entrate ai fini dei necessari accertamenti; inoltre, Il Procuratore della Repubblica, quando procede a indagini per i delitti di cui agli articoli 452-bis, 452-quater, 452-sexies e 452-octies del codice penale e all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, da' notizia al Procuratore nazionale antimafia.
Da ultimo si prevede una “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale”, le cui disposizioni si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, con delle specifiche prescrizioni asseverate tecnicamente dall'ente specializzato competente nella materia trattata, fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario.>>
Il 28 maggio 2015 è stata pubblicata sulla G.U. n. 122 la Legge 22.05.2015, n. 68, recante "Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente". Il provvedimento entra in vigore il 29 maggio 2015 (per leggere il provvedimento clicca qui).
Il relativo disegno di legge - 1345-B - era stato approvato in via definitiva dal Senato il 19.05.2015 (v. sotto).
Al riguardo, si riporta qui di seguito un articolo pubblicato sul portale www.ilquotidianodellapa.it.
<<La Gazzetta Ufficiale n. 112/2015 ha pubblicato la legge 22 maggio 2015, n. 68, che contiene “Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente”, i c.d. “Ecoreati”. La nuova norma introduce nel codice penale, dopo il Titolo VI, il Titolo VI-bis, intitolato "Dei delitti contro l'ambiente". La legge è composta da tre articoli ed è in vigore dal 29 maggio 2015.
Il primo articolo introduce nel codice penale l’art. 452-bis (Inquinamento ambientale), che punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000, chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversita', anche agraria, della flora o della fauna.
Da segnalare che, se l'inquinamento e' prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena e' aumentata.
L’articolo 452-ter del codice penale si occupa del caso di “Morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale”, prevedendo una serie di pene progressivamente aumentate, quando - se da uno dei fatti di cui all'articolo 452-bis - deriva, quale conseguenza non voluta dal reo, una lesione personale, una lesione grave, una lesione gravissima, fino ad arrivare, nel caso ne derivi la morte, alla pena della reclusione da cinque a dieci anni.
Si può arrivare anche ad un massimo di 20 anni di reclusione, nel caso di morte di piu' persone, di lesioni di piu' persone, ovvero di morte di una o piu' persone e lesioni di una o piu' persone.
E' stato introdotto anche l’art. 452-quater (Disastro ambientale), punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Nel caso specifico, costituiscono disastro ambientale alternativamente:
1) l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema;
2) l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
3) l'offesa alla pubblica incolumita' in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Quando il disastro e' prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena e' aumentata.
La nuova norma sugli “Ecoreati” prevede anche le ipotesi colpose di delitti contro l’Ambiente (art. 452-quinquies c.p.), con diminuzione della pena da un terzo a due terzi; diminuzione ulteriore di 1/3 se ne deriva solo il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale.
L’art. 452-sexies c.p. prevede il reato di “Traffico e abbandono di materiale ad alta Radioattivita”, punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000, pena aumentata se dal fatto deriva il pericolo di compromissione o deterioramento. Se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l'incolumita' delle persone, la pena e' aumentata fino alla meta'.
Segue l’elencazione delle circostanze aggravanti (art. 452-octies) per i reati previsti dagli artt. 416 e 416-bis c.p. (associazione a delinquere e associazione di tipo mafioso).
Inoltre, le pene sono aumentate da un terzo alla meta' se dell'associazione fanno parte pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale.
Vengono quindi introdotte l’aggravante ambientale, il ravvedimento operoso e la confisca (nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti), il ripristino dello stato dei luoghi ed il reato di “omessa bonifica” (art. 452-terdecies), punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000.
Sono anche previste le informazioni all'Agenzia delle Entrate ai fini dei necessari accertamenti; inoltre, Il Procuratore della Repubblica, quando procede a indagini per i delitti di cui agli articoli 452-bis, 452-quater, 452-sexies e 452-octies del codice penale e all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, da' notizia al Procuratore nazionale antimafia.
Da ultimo si prevede una “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale”, le cui disposizioni si applicano alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale che non hanno cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette, con delle specifiche prescrizioni asseverate tecnicamente dall'ente specializzato competente nella materia trattata, fissando per la regolarizzazione un termine non superiore al periodo di tempo tecnicamente necessario.>>
21.05.2015
Il 21 maggio 2015 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la proposta di legge recante "Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio", approvata, in un testo unificato, dal Senato (clicca qui per scaricare il provvedimento).
Il 21 maggio 2015 la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la proposta di legge recante "Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio", approvata, in un testo unificato, dal Senato (clicca qui per scaricare il provvedimento).
19.05.2015
Il 19 maggio 2015 il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge 1345-B, contenente disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente (clicca qui per scaricare il provvedimento).
Innanzitutto, tale provvedimento introduce nel codice penale il Titolo VI-bis - "Dei delitti contro l'ambiente", che comprende i seguenti reati (alcuni dei quali sono ora inseriti nell'art. 25-undecies del D.Lgs. n. 231/2001 - v. oltre):
Il 19 maggio 2015 il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge 1345-B, contenente disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente (clicca qui per scaricare il provvedimento).
Innanzitutto, tale provvedimento introduce nel codice penale il Titolo VI-bis - "Dei delitti contro l'ambiente", che comprende i seguenti reati (alcuni dei quali sono ora inseriti nell'art. 25-undecies del D.Lgs. n. 231/2001 - v. oltre):
- Art. 452-bis. – (Inquinamento ambientale);
- Art. 452-ter. – (Morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale);
- Art. 452-quater. – (Disastro ambientale);
- Art. 452-quinquies. – (Delitti colposi contro l’ambiente);
- Art. 452-sexies. - (Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività);
- Art. 452-septies. - (Impedimento del controllo);
- Art. 452-octies. – (Circostanze aggravanti);
- Art. 452-novies. – (Aggravante ambientale);
- Art. 452-decies. – (Ravvedimento operoso);
- Art. 452-undecies. - (Confisca);
- Art. 452-duodecies. – (Ripristino dello stato dei luoghi);
- Art. 452-terdecies. – (Omessa bonifica).
- agli artt. 257 e 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ;
- all’articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni;
- agli art. 32-quater e157, sesto comma, del codice penale;
- all’articolo 118-bis, comma 1, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
- art. 452-bis. – (Inquinamento ambientale): sanzione pecuniaria da duecentocin- quanta a seicento quote e sanzioni interdittive ex art. 9, Decreto 231, per un periodo non superiore a un anno;
- art. 452-quater. – (Disastro ambientale): sanzione pecuniaria da quattro-cento a ottocento quote e sanzioni interdittive ex art. 9, Decreto 231;
- art. 452-quinquies. – (Delitti colposi contro l’ambiente): sanzione pecuniaria da duecento a cinquecento quote;
- delitti associativi aggravati ai sensi dell'art. 452-octies. – (Circostanze aggravanti): sanzione pecuniaria da trecento a mille quote;
- art. 452-sexies. - (Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività): sanzione pecuniaria da duecentocinquanta a seicento quote.
- dopo la parte VI del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, è aggiunta la Parte VI-bis - "Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale";
- sono apportate modificazioni agli articoli 1, 2, 5, comma 6, 6, 8-bis e 8-ter della legge 7 febbraio 1992, n. 150.
17.12.2014
Sulla G.U. n. 292 del 17.12.2014 è stata pubblicata la Legge 15.12.2014, n. 186, che reca disposizioni in materia di voluntary disclosure e inserisce nel codice penale il reato di autoriciclaggio, rilevante ai fini del D.Lgs. n. 231/2001 (clicca qui per scaricare il provvedimento). Tale provvedimento entrerà in vigore il 1° gennaio 2015. L'art. 1 della Legge reca <<Misure per l'emersione e il rientro di capitali detenuti all'estero nonché per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale>>, disciplinando la procedura di <<collaborazione volontaria>> per l'emersione delle attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio dello Stato, per la definizione delle sanzioni per le eventuali violazioni di tali obblighi e per la definizione dell'accertamento mediante adesione (cd. voluntary disclosure).
L'art. 3, poi, reca <<modifiche al codice penale in materia di autoriciclaggio>>, disponendo:
Sulla G.U. n. 292 del 17.12.2014 è stata pubblicata la Legge 15.12.2014, n. 186, che reca disposizioni in materia di voluntary disclosure e inserisce nel codice penale il reato di autoriciclaggio, rilevante ai fini del D.Lgs. n. 231/2001 (clicca qui per scaricare il provvedimento). Tale provvedimento entrerà in vigore il 1° gennaio 2015. L'art. 1 della Legge reca <<Misure per l'emersione e il rientro di capitali detenuti all'estero nonché per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale>>, disciplinando la procedura di <<collaborazione volontaria>> per l'emersione delle attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori del territorio dello Stato, per la definizione delle sanzioni per le eventuali violazioni di tali obblighi e per la definizione dell'accertamento mediante adesione (cd. voluntary disclosure).
L'art. 3, poi, reca <<modifiche al codice penale in materia di autoriciclaggio>>, disponendo:
- l'aumento della pena della multa prevista per il reato di riciclaggio di cui all'art. 648-bis, c.p. ( portandola da «1.032 a euro 15.493» a un importo da «5.000 a euro25.000»);
- l'aumento della pena della multa prevista per il reato di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita di cui all'art. 648-ter, c.p. ( portandola da «1.032 a euro 15.493» a un importo da «5.000 a euro25.000»);
- l'inserimento nel codice penale dell'art. 648-ter.1 (autoriciclaggio);
- modifiche all'art. 648-quater, c.p., in materia di confisca;
- l'inserimento nell'art. 25-octies del D.Lgs. n. 231/2001 del menzionato reato di autoriciclaggio.
04.12.2014
Il Comitato di Sicurezza Finanziaria del Ministero dell'Economia e delle Finanze ha pubblicato il documento "Analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo", datato 02.12.2014.
Il Comitato è presieduto dal direttore generale del Tesoro; di esso fanno parte, tra gli altri, rappresentanti del Ministero della Giustizia, del Ministero dell’Interno, del Ministero degli Esteri, della Banca d’Italia, della Consob, della Guardia di Finanza e dell’Arma dei carabinieri.
Tale analisi (National Risk Assessment) è stata effettuata in applicazione delle nuove Raccomandazioni del Financial Action Task Force - Gruppo d’azione finanziaria (FATF-GAFI), con l’obiettivo di identificare, analizzare e valutare le minacce di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo, individuando quelle più rilevanti, i metodi di svolgimento di tali attività criminali, le vulnerabilità del sistema nazionale di prevenzione, di investigazione e di repressione di tali fenomeni, e quindi i settori maggiormente esposti a tali rischi.
Qui di seguito si riporta uno stralcio del paragrafo 2.2.1 del documento di sintesi, dal titolo "Analisi delle condotte che producono proventi da riciclare" (per scaricare l'intero documento clicca qui):
<<Partendo dall’analisi dei reati presupposto condotta sulla base di alcuni indicatori rilevanti, considerati proxy dell’impatto economico, della diffusione territoriale e del disvalore sociale attribuito, è stato espresso un giudizio sulla rilevanza delle minacce derivanti dalle diverse condotte criminali. Tale giudizio riflette la percezione della gravità basata sia sull’esperienza operativa delle autorità di prevenzione e contrasto del riciclaggio, sia su quella del settore privato.
La corruzione è un fenomeno criminale di assoluta rilevanza, nonostante il dato relativo alla stima finanziaria riportato da più fonti istituzionali pari a 50/60 miliardi di euro annui sia ritenuto non sufficientemente attendibile. La percezione del fenomeno è comunque molto elevata e tale assunto è confermato anche dal significativo numero delle persone denunciate per corruzione in Italia, pur tenendo conto che si tratta di un reato soggetto a fenomeni di under reporting. Come emerge da una recente analisi della Banca Mondiale (13), in termini di costi, ogni punto di discesa nella classifica di percezione della corruzione di Transparency International provoca la perdita del 16% degli investimenti dall’estero.
Un recente studio di Unimpresa (14) indica come il fenomeno della corruzione in Italia fa aumentare del 20% il costo complessivo degli appalti. Tra il 2001 e il 2011 la corruzione ha consumato 10 miliardi di euro l'anno di prodotto interno lordo per complessivi 100 miliardi in dieci anni. Le aziende che operano in un contesto corrotto crescono in media del 25% in meno rispetto alle concorrenti che operano in un'area di legalità. In particolare, le piccole e medie imprese hanno un tasso di crescita delle vendite di oltre il 40% inferiore rispetto a quelle grandi. Sono inefficaci anche i sistemi di controllo sociale.
L’attuale fase di crisi economica ha inoltre acuito forme criminali quali i reati fallimentari e societari e l’usura. Il fenomeno usurario connesso a prestiti effettuati da soggetti privi di autorizzazione è sommerso (l’emersione segue alla denuncia del soggetto usurato) ed è caratterizzato da una spiccata territorialità. Esso è più diffuso nell’Italia meridionale e centrale, anche se difficilmente circoscrivibile. Con la recessione economica (15) si è assistito all’evoluzione della figura dell’usuraio che si inserisce tra i “colletti bianchi” ovvero tra i professionisti (talvolta organizzati).
Tale fenomeno può generare contiguità con forme criminali di esercizio abusivo del credito. Infine i reati fallimentari e societari risultano in condotte strumentali alla commissione di altri reati tra i quali, appunto, il riciclaggio.
Molto significativi sono valutati l’evasione e i reati tributari, considerata anche la stretta connessione tra evasione e riciclaggio nelle modalità operative utilizzate per occultare, trasferire o reimpiegare nell’economia legale le disponibilità illecite (16).
Quanto alle modalità di attuazione dei comportamenti criminali, la criminalità organizzata italiana ma anche straniera operante nel territorio, resta la modalità prevalente e più preoccupante. Con esclusione dell’evasione fiscale la quasi totalità delle condotte criminali è per larghissima parte e, in talune ipotesi esclusivamente, riconducibile al crimine organizzato (es. narcotraffico, estorsione, gioco d’azzardo, traffico illecito dei rifiuti, contrabbando e contraffazione). Anche con riferimento alla corruzione, l’infiltrazione criminale nella politica - si pensi ai 110 consigli comunali sciolti per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso nel periodo 2001-2009 (17) - ovvero nei contratti di appalto, ha un ruolo fondamentale.
Alcune riflessioni possono essere fatte rispetto a certe condotte specificamente imputabili alla criminalità organizzata.
Il narcotraffico rimane la fonte principale di finanziamento a disposizione della criminalità organizzata. Le associazioni criminali di stampo mafioso locali (la ‘ndrangheta in primis, seguita dalla mafia e dalla camorra) continuano a rivestire un ruolo cruciale nella gestione del traffico di stupefacenti. Attraverso le attività dei mediatori hanno sviluppato una progressiva internazionalizzazione delle proprie strutture criminali in perfetta sinergia con i componenti dei principali cartelli colombiani e sudamericani, che consente l’approvvigionamento della merce finalizzato al successivo smistamento al dettaglio delle sostanze stupefacenti.
Il comparto del gioco, sia illegale sia legale, risulta di altissimo interesse per la criminalità organizzata, per la quale ha storicamente costituito una importante forma di sovvenzione. Attualmente la criminalità mafiosa investe nel settore dei giochi acquisendo e intestando a prestanome sale da gioco, sia per percepire rapidamente guadagni consistenti (soprattutto se le regole vengono alterate per azzerare le possibilità di vincita dei giocatori o per abbattere l’ammontare dei prelievi erariali), sia per riciclare capitali illecitamente acquisiti.
Di particolare interesse della criminalità organizzata è anche la gestione del traffico illecito di rifiuti.
Si ritiene che il reato di sfruttamento sessuale generi proventi criminali prevalentemente reinvestiti al di fuori dell’economia italiana. Tale reato è infatti essenzialmente praticato da parte di organizzazioni criminali straniere, per lo più rumene o comunque dell’est europeo, che generalmente reinvestono i proventi illeciti nel proprio paese. Salvo casi specifici (caso in cui la camorra gestiva l’affitto del marciapiede), le organizzazioni criminali locali non hanno mostrato grande interesse per tale fenomeno illecito. Il traffico di esseri umani risulta gestito quasi esclusivamente da organizzazioni criminali straniere: si tratta più esattamente di singole organizzazioni ognuna delle quali ha strutture organizzate, collegate e dipendenti da un vertice che rimane all’estero. Tali sodalizi criminali, noti con il termine “nuove mafie”, gestiscono il nuovo mercato con un modus operandi tipico delle organizzazioni mafiose straniere. Ne consegue che in Italia e in Europa si riescono a colpire solo gli ultimi anelli della catena.
------------
(13) Cfr. Garofoli 2013.
(14) Cfr. UNIMPRESA, “Expo. Unimpresa, con corruzione in 10 anni - 100 miliardi di Pil in Italia”, 12 maggio 2014, in http://www.unimpresa.it/expo-unimpresa-con-corruzione-in-10-anni-100-miliardi-di-pil-in-italia/9241.
(15) Nel 2013 sono quasi raddoppiate, rispetto al 2012, le segnalazioni riconducibili al fenomeno dell’usura (oltre 2.000), connesse soprattutto alla grave crisi economica e finanziaria di questi anni che ha reso più permeabile il tessuto sociale a fenomeni criminali.
(16) Le modalità ricorrenti di riciclaggio riscontrate sono:
• false fatturazioni;
• utilizzo di società di comodo;
• interposizione di prestanome o schemi societari; • trasferimento all’estero di disponibilità;
• triangolazioni bancarie o commerciali;
• investimenti immobiliari;
• uso del contante;
• utilizzo del canale bancario.
(17) Cfr. Ministero dell’interno, “Elaborazione statistica sui Consigli degli Enti locali sciolti in Italia dal 1 gennaio 2001 al 31 dicembre 2009”, nov.2010, in http://ssai.interno.it/download/allegati1/scioglimenti.pdf.>>
Il Comitato di Sicurezza Finanziaria del Ministero dell'Economia e delle Finanze ha pubblicato il documento "Analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo", datato 02.12.2014.
Il Comitato è presieduto dal direttore generale del Tesoro; di esso fanno parte, tra gli altri, rappresentanti del Ministero della Giustizia, del Ministero dell’Interno, del Ministero degli Esteri, della Banca d’Italia, della Consob, della Guardia di Finanza e dell’Arma dei carabinieri.
Tale analisi (National Risk Assessment) è stata effettuata in applicazione delle nuove Raccomandazioni del Financial Action Task Force - Gruppo d’azione finanziaria (FATF-GAFI), con l’obiettivo di identificare, analizzare e valutare le minacce di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo, individuando quelle più rilevanti, i metodi di svolgimento di tali attività criminali, le vulnerabilità del sistema nazionale di prevenzione, di investigazione e di repressione di tali fenomeni, e quindi i settori maggiormente esposti a tali rischi.
Qui di seguito si riporta uno stralcio del paragrafo 2.2.1 del documento di sintesi, dal titolo "Analisi delle condotte che producono proventi da riciclare" (per scaricare l'intero documento clicca qui):
<<Partendo dall’analisi dei reati presupposto condotta sulla base di alcuni indicatori rilevanti, considerati proxy dell’impatto economico, della diffusione territoriale e del disvalore sociale attribuito, è stato espresso un giudizio sulla rilevanza delle minacce derivanti dalle diverse condotte criminali. Tale giudizio riflette la percezione della gravità basata sia sull’esperienza operativa delle autorità di prevenzione e contrasto del riciclaggio, sia su quella del settore privato.
La corruzione è un fenomeno criminale di assoluta rilevanza, nonostante il dato relativo alla stima finanziaria riportato da più fonti istituzionali pari a 50/60 miliardi di euro annui sia ritenuto non sufficientemente attendibile. La percezione del fenomeno è comunque molto elevata e tale assunto è confermato anche dal significativo numero delle persone denunciate per corruzione in Italia, pur tenendo conto che si tratta di un reato soggetto a fenomeni di under reporting. Come emerge da una recente analisi della Banca Mondiale (13), in termini di costi, ogni punto di discesa nella classifica di percezione della corruzione di Transparency International provoca la perdita del 16% degli investimenti dall’estero.
Un recente studio di Unimpresa (14) indica come il fenomeno della corruzione in Italia fa aumentare del 20% il costo complessivo degli appalti. Tra il 2001 e il 2011 la corruzione ha consumato 10 miliardi di euro l'anno di prodotto interno lordo per complessivi 100 miliardi in dieci anni. Le aziende che operano in un contesto corrotto crescono in media del 25% in meno rispetto alle concorrenti che operano in un'area di legalità. In particolare, le piccole e medie imprese hanno un tasso di crescita delle vendite di oltre il 40% inferiore rispetto a quelle grandi. Sono inefficaci anche i sistemi di controllo sociale.
L’attuale fase di crisi economica ha inoltre acuito forme criminali quali i reati fallimentari e societari e l’usura. Il fenomeno usurario connesso a prestiti effettuati da soggetti privi di autorizzazione è sommerso (l’emersione segue alla denuncia del soggetto usurato) ed è caratterizzato da una spiccata territorialità. Esso è più diffuso nell’Italia meridionale e centrale, anche se difficilmente circoscrivibile. Con la recessione economica (15) si è assistito all’evoluzione della figura dell’usuraio che si inserisce tra i “colletti bianchi” ovvero tra i professionisti (talvolta organizzati).
Tale fenomeno può generare contiguità con forme criminali di esercizio abusivo del credito. Infine i reati fallimentari e societari risultano in condotte strumentali alla commissione di altri reati tra i quali, appunto, il riciclaggio.
Molto significativi sono valutati l’evasione e i reati tributari, considerata anche la stretta connessione tra evasione e riciclaggio nelle modalità operative utilizzate per occultare, trasferire o reimpiegare nell’economia legale le disponibilità illecite (16).
Quanto alle modalità di attuazione dei comportamenti criminali, la criminalità organizzata italiana ma anche straniera operante nel territorio, resta la modalità prevalente e più preoccupante. Con esclusione dell’evasione fiscale la quasi totalità delle condotte criminali è per larghissima parte e, in talune ipotesi esclusivamente, riconducibile al crimine organizzato (es. narcotraffico, estorsione, gioco d’azzardo, traffico illecito dei rifiuti, contrabbando e contraffazione). Anche con riferimento alla corruzione, l’infiltrazione criminale nella politica - si pensi ai 110 consigli comunali sciolti per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso nel periodo 2001-2009 (17) - ovvero nei contratti di appalto, ha un ruolo fondamentale.
Alcune riflessioni possono essere fatte rispetto a certe condotte specificamente imputabili alla criminalità organizzata.
Il narcotraffico rimane la fonte principale di finanziamento a disposizione della criminalità organizzata. Le associazioni criminali di stampo mafioso locali (la ‘ndrangheta in primis, seguita dalla mafia e dalla camorra) continuano a rivestire un ruolo cruciale nella gestione del traffico di stupefacenti. Attraverso le attività dei mediatori hanno sviluppato una progressiva internazionalizzazione delle proprie strutture criminali in perfetta sinergia con i componenti dei principali cartelli colombiani e sudamericani, che consente l’approvvigionamento della merce finalizzato al successivo smistamento al dettaglio delle sostanze stupefacenti.
Il comparto del gioco, sia illegale sia legale, risulta di altissimo interesse per la criminalità organizzata, per la quale ha storicamente costituito una importante forma di sovvenzione. Attualmente la criminalità mafiosa investe nel settore dei giochi acquisendo e intestando a prestanome sale da gioco, sia per percepire rapidamente guadagni consistenti (soprattutto se le regole vengono alterate per azzerare le possibilità di vincita dei giocatori o per abbattere l’ammontare dei prelievi erariali), sia per riciclare capitali illecitamente acquisiti.
Di particolare interesse della criminalità organizzata è anche la gestione del traffico illecito di rifiuti.
Si ritiene che il reato di sfruttamento sessuale generi proventi criminali prevalentemente reinvestiti al di fuori dell’economia italiana. Tale reato è infatti essenzialmente praticato da parte di organizzazioni criminali straniere, per lo più rumene o comunque dell’est europeo, che generalmente reinvestono i proventi illeciti nel proprio paese. Salvo casi specifici (caso in cui la camorra gestiva l’affitto del marciapiede), le organizzazioni criminali locali non hanno mostrato grande interesse per tale fenomeno illecito. Il traffico di esseri umani risulta gestito quasi esclusivamente da organizzazioni criminali straniere: si tratta più esattamente di singole organizzazioni ognuna delle quali ha strutture organizzate, collegate e dipendenti da un vertice che rimane all’estero. Tali sodalizi criminali, noti con il termine “nuove mafie”, gestiscono il nuovo mercato con un modus operandi tipico delle organizzazioni mafiose straniere. Ne consegue che in Italia e in Europa si riescono a colpire solo gli ultimi anelli della catena.
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(13) Cfr. Garofoli 2013.
(14) Cfr. UNIMPRESA, “Expo. Unimpresa, con corruzione in 10 anni - 100 miliardi di Pil in Italia”, 12 maggio 2014, in http://www.unimpresa.it/expo-unimpresa-con-corruzione-in-10-anni-100-miliardi-di-pil-in-italia/9241.
(15) Nel 2013 sono quasi raddoppiate, rispetto al 2012, le segnalazioni riconducibili al fenomeno dell’usura (oltre 2.000), connesse soprattutto alla grave crisi economica e finanziaria di questi anni che ha reso più permeabile il tessuto sociale a fenomeni criminali.
(16) Le modalità ricorrenti di riciclaggio riscontrate sono:
• false fatturazioni;
• utilizzo di società di comodo;
• interposizione di prestanome o schemi societari; • trasferimento all’estero di disponibilità;
• triangolazioni bancarie o commerciali;
• investimenti immobiliari;
• uso del contante;
• utilizzo del canale bancario.
(17) Cfr. Ministero dell’interno, “Elaborazione statistica sui Consigli degli Enti locali sciolti in Italia dal 1 gennaio 2001 al 31 dicembre 2009”, nov.2010, in http://ssai.interno.it/download/allegati1/scioglimenti.pdf.>>
17.10.2014
Primo via libera, alla Camera dei Deputati, alla proposta di legge (A.C. 2247-A e 2248) riguardante la volutary disclosure, la quale inserisce nel codice penale il reato di autoriciclaggio (rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001). La proposta è ora all'esame del Senato (disegno di legge AS 1642).
In particolare, <<L'articolo 3, inserito nel corso dell'esame in sede referente, introduce, attraverso l’aggiunta del nuovo articolo 648-ter.1 al codice penale, il reato di autoriciclaggio,attribuendo rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa>> (fonte: Camera dei Deputati).
Tale disposizione è stata introdotta per incentivare l'emersione dei capitali con la c.d. voluntary disclosure.
Il reato di autoricicalaggio, infatti, non colpirà coloro che si sono autodenunciati al Fisco per far emergere il frutto dell'evasione (sia esso presente all'estero che in Italia). La norma incriminatrice prevede due soglie di punibilità: (i) reclusione da 2 a 8 anni e multa da 5.000 a 25.000 euro per chi, <<avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, sostituisce, trasferisce o impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente>> la provenienza illecita; (ii) reclusione da 1 a 4 anni e multa da 2.500 a 12.500 euro se il reato presupposto ha pena inferiore nel massimo a cinque anni.
Sono previsti aumenti di pena se il reato è collegato ad attività bancaria, finanziaria o professionale e riduzioni di pena se l'autore del reato si adopera per evitare <<che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni>>.
Non è poi punibile chi destina il sommerso a <<utilizzazione e godimento personale>>, qualora non ci sia stato anche occultamento.
Primo via libera, alla Camera dei Deputati, alla proposta di legge (A.C. 2247-A e 2248) riguardante la volutary disclosure, la quale inserisce nel codice penale il reato di autoriciclaggio (rilevante ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001). La proposta è ora all'esame del Senato (disegno di legge AS 1642).
In particolare, <<L'articolo 3, inserito nel corso dell'esame in sede referente, introduce, attraverso l’aggiunta del nuovo articolo 648-ter.1 al codice penale, il reato di autoriciclaggio,attribuendo rilevanza penale alla condotta di chi, avendo commesso un delitto non colposo, sostituisca o trasferisca o comunque impieghi denaro, beni o altre utilità in attività economiche o finanziarie, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa>> (fonte: Camera dei Deputati).
Tale disposizione è stata introdotta per incentivare l'emersione dei capitali con la c.d. voluntary disclosure.
Il reato di autoricicalaggio, infatti, non colpirà coloro che si sono autodenunciati al Fisco per far emergere il frutto dell'evasione (sia esso presente all'estero che in Italia). La norma incriminatrice prevede due soglie di punibilità: (i) reclusione da 2 a 8 anni e multa da 5.000 a 25.000 euro per chi, <<avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, sostituisce, trasferisce o impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente>> la provenienza illecita; (ii) reclusione da 1 a 4 anni e multa da 2.500 a 12.500 euro se il reato presupposto ha pena inferiore nel massimo a cinque anni.
Sono previsti aumenti di pena se il reato è collegato ad attività bancaria, finanziaria o professionale e riduzioni di pena se l'autore del reato si adopera per evitare <<che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni>>.
Non è poi punibile chi destina il sommerso a <<utilizzazione e godimento personale>>, qualora non ci sia stato anche occultamento.
30.09.2014
Nella sentenza della Corte di Cassazione, SS.UU 24.04.2014, n. 38343 (dep. 18.09.2014) sul caso Thyssenkrupp vi sono indicazioni sulla composizione degli Organismi di vigilanza ex D.Lgs. n. 231/2001.
A parere delle Sezioni Unite della Suprema Corte, pronunciatasi con riferimento alla fattispecie dei reati ambientali, la composizione dell'OdV è stata ritenuta “essenziale perché il modello possa ritenersi efficacemente attuato”. Nel caso di specie, la Corte Suprema ha ritenuto che all’Organismo di vigilanza facesse difetto il requisito dell’autonomia, essendo uno dei suoi componenti il responsabile dell’area ecologica, ambiente e sicurezza dell’ente (EAS) che, in tale qualità, si occupava di manutenzione degli impianti e di organizzazione del servizio di emergenza, settori sui quali l’organismo era chiamato a svolgere le proprie funzioni di vigilanza. Come argomentato nella sentenza, le verifiche avrebbero riguardato l’operato di un dirigente “chiamato ad essere il giudice di se stesso e dotato di poteri disciplinari” e che l’accettazione di un così evidente conflitto di interessi denota la propensione dell’ente a configurare il modello non già in chiave di effettiva prevenzione dei reati, bensì in meri termini “burocratici e di facciata”.
Nella sentenza della Corte di Cassazione, SS.UU 24.04.2014, n. 38343 (dep. 18.09.2014) sul caso Thyssenkrupp vi sono indicazioni sulla composizione degli Organismi di vigilanza ex D.Lgs. n. 231/2001.
A parere delle Sezioni Unite della Suprema Corte, pronunciatasi con riferimento alla fattispecie dei reati ambientali, la composizione dell'OdV è stata ritenuta “essenziale perché il modello possa ritenersi efficacemente attuato”. Nel caso di specie, la Corte Suprema ha ritenuto che all’Organismo di vigilanza facesse difetto il requisito dell’autonomia, essendo uno dei suoi componenti il responsabile dell’area ecologica, ambiente e sicurezza dell’ente (EAS) che, in tale qualità, si occupava di manutenzione degli impianti e di organizzazione del servizio di emergenza, settori sui quali l’organismo era chiamato a svolgere le proprie funzioni di vigilanza. Come argomentato nella sentenza, le verifiche avrebbero riguardato l’operato di un dirigente “chiamato ad essere il giudice di se stesso e dotato di poteri disciplinari” e che l’accettazione di un così evidente conflitto di interessi denota la propensione dell’ente a configurare il modello non già in chiave di effettiva prevenzione dei reati, bensì in meri termini “burocratici e di facciata”.
29.08.2014
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il cd. "Pacchetto giustizia"; il disegno di legge interviene in materia di reato di falso in bilancio e introduce il cd. reato di autoriciclaggio. Lo stesso DDL interviene poi, tra l'altro, sul fenomeno della corruzione: (i) allargando agli "incaricati di pubblico servizio e non soltanto ai "pubblici ufficiali" il reato di concussione; (ii) prevedendo l'introduzione di una mappatura nazionale per i "corruttori seriali"; (iii) prevedendo l'obbligo di comunicazione all'Autorità Nazionale Anticorruzione, da parte dei Pubblici ministeri, dell'inizio di indagini in materia di corruzione.
Al riguardo, illustrando le norme di contrasto alla criminalità economica, il Ministro Orlando ha dichiarato: ''In una fase di crisi economica aumentano i rischi di infiltrazioni di capitali illeciti e di opacità dei bilanci, per questo abbiamo ritenuto di intervenire introducendo il reato di autoriciclaggio e il falso in bilancio, che era stato depotenziato''.
Al riguardo si rinvia alla News (su questa pagina) del 17 ottobre 2014.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il cd. "Pacchetto giustizia"; il disegno di legge interviene in materia di reato di falso in bilancio e introduce il cd. reato di autoriciclaggio. Lo stesso DDL interviene poi, tra l'altro, sul fenomeno della corruzione: (i) allargando agli "incaricati di pubblico servizio e non soltanto ai "pubblici ufficiali" il reato di concussione; (ii) prevedendo l'introduzione di una mappatura nazionale per i "corruttori seriali"; (iii) prevedendo l'obbligo di comunicazione all'Autorità Nazionale Anticorruzione, da parte dei Pubblici ministeri, dell'inizio di indagini in materia di corruzione.
Al riguardo, illustrando le norme di contrasto alla criminalità economica, il Ministro Orlando ha dichiarato: ''In una fase di crisi economica aumentano i rischi di infiltrazioni di capitali illeciti e di opacità dei bilanci, per questo abbiamo ritenuto di intervenire introducendo il reato di autoriciclaggio e il falso in bilancio, che era stato depotenziato''.
Al riguardo si rinvia alla News (su questa pagina) del 17 ottobre 2014.
19.08.2014
Entra in vigore la Legge 11 agosto 2014, n. 114, di conversione del D.L. 24.06.2014, n. 90 (cd. "Decreto Pubblica Amministrazione" o "Decreto Madia"), a seguito della pubblicazione sulla G.U. n. 190 del 18.08.2014.
Tra i vari temi trattati si indicano i seguenti:
- Autorità Nazionale Anti-Corruzione (A.N.A.C)
Più poteri al presidente dell’Autorità Anticorruzione (Raffaele Cantone). La sua vigilanza sui contratti d’appalto a rischio coinvolgerà pure le concessionarie e potrà proporre commissariamenti anche nei casi in cui il procedimento penale non sia stato ancora aperto.
Viene soppressa dell’Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (A.V.C.P.) con il trasferimento dei compiti e delle funzioni all’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.A.C.).
- Consulenze e incarichi dirigenziali a personale in quiescenza
Le pubbliche amministrazioni, nonché gli enti inseriti nel conto economico consolidato della Pa così come individuati dall'Istat, le autorità indipendenti e la Consob non potranno attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Agli stessi soggetti non potranno essere conferiti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni in parola e degli enti e società da esse controllati. Salvi i componenti delle giunte degli enti territoriali e i componenti o titolari degli organi elettivi di ordini e collegi professionali, nonché di enti aventi natura associativa. Gli incarichi e le collaborazioni sono tuttavia consentiti a titolo gratuito e per la durata massima di un anno. Non sono previste né proroghe, né rinnovi e i rimborsi spese eventualmente corrisposti dovranno essere rendicontati. Tali disposizioni troveranno comunque applicazione agli incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore del decreto (25 giugno 2014). Tale divieto si applica anche agli enti e alle società a partecipazione pubblica (clicca qui).
- Commissariamento di società coinvolte in fatti di corruzione.
A questo proposito si riporta qui di seguito il testo dell’art. 32 del D.L. n. 90/2014 (<<Misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione>>), come modificato in sede di conversione in legge:
<<1. Nell'ipotesi in cui l'autorità giudiziaria proceda per i delitti di cui agli articoli 317 c.p., 318 c.p., 319 c.p., 319-bis c.p., 319-ter c.p., 319-quater c.p., 320 c.p., 322, c.p., 322-bis, c.p. 346-bis, c.p., 353 c.p. e 353-bis c.p., ovvero, in presenza di rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un'impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture ovvero ad un concessionario di lavori pubblici o ad un contraente generale, il Presidente dell'ANAC ne informa il procuratore della Repubblica e, in presenza di fatti gravi e accertati anche ai sensi dell'articolo 19, comma 5, lett. a) del presente decreto, propone al Prefetto competente in relazione al luogo in cui ha sede la stazione appaltante, alternativamente: a) di ordinare la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto e, ove l'impresa non si adegui nei termini stabiliti, di provvedere alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto d'appalto o della concessione; b) di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto o della concessione.
2. Il Prefetto, previo accertamento dei presupposti indicati al comma 1 e valutata la particolare gravità dei fatti oggetto dell'indagine, intima all'impresa di provvedere al rinnovo degli organi sociali sostituendo il soggetto coinvolto e ove l'impresa non si adegui nel termine di trenta giorni ovvero nei casi più gravi, provvede nei dieci giorni successivi con decreto alla nomina di uno o più amministratori, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui al regolamento adottato ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270. Il predetto decreto stabilisce la durata della misura in ragione delle esigenze funzionali alla realizzazione dell'opera pubblica, al servizio o alla fornitura oggetto del contratto e comunque non oltre il collaudo.
3. Per la durata della straordinaria e temporanea gestione dell'impresa, sono attribuiti agli amministratori tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell'impresa ed è sospeso l'esercizio dei poteri di disposizione e gestione dei titolari dell'impresa. Nel caso di impresa costituita in forma societaria, i poteri dell'assemblea sono sospesi per l'intera durata della misura. 4. L'attività di temporanea e straordinaria gestione dell'impresa è considerata di pubblica utilità ad ogni effetto e gli amministratori rispondono delle eventuali diseconomie dei risultati solo nei casi di dolo o colpa grave.
5. Le misure di cui al comma 2 sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di provvedimento che dispone la confisca, il sequestro o l'amministrazione giudiziaria dell'impresa nell'ambito di procedimenti penali o per l'applicazione di misure di prevenzione ovvero dispone l'archiviazione del procedimento. L'autorità giudiziaria conferma, ove possibile, gli amministratori nominati dal Prefetto.
6. Agli amministratori di cui al comma 2 spetta un compenso quantificato con il decreto di nomina sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell'impresa.
7. Nel periodo di applicazione della misura di straordinaria e temporanea gestione di cui al comma 2, i pagamenti all'impresa sono corrisposti al netto del compenso riconosciuto agli amministratori di cui al comma 2 e l'utile d'impresa derivante dalla conclusione dei contratti d'appalto di cui al comma 1, determinato anche in via presuntiva dagli amministratori, è accantonato in apposito fondo e non può essere distribuito ne' essere soggetto a pignoramento, sino all'esito dei giudizi in sede penale ovvero, nei casi di cui al comma 10, dei giudizi di impugnazione o cautelari riguardanti l'informazione antimafia interdittiva.
8. Nel caso in cui le indagini di cui al comma 1 riguardino componenti di organi societari diversi da quelli di cui al medesimo comma è disposta la misura di sostegno e monitoraggio dell'impresa. Il Prefetto provvede, con decreto, adottato secondo le modalità di cui al comma 2, alla nomina di uno o più esperti, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui di cui al regolamento adottato ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, con il compito di svolgere funzioni di sostegno e monitoraggio dell'impresa. A tal fine, gli esperti forniscono all'impresa prescrizioni operative, elaborate secondo riconosciuti indicatori e modelli di trasparenza, riferite agli ambiti organizzativi, al sistema di controllo interno e agli organi amministrativi e di controllo.
9. Agli esperti di cui al comma 8 spetta un compenso, quantificato con il decreto di nomina, non superiore al cinquanta per cento di quello liquidabile sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell'impresa.
10. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nei casi in cui sia stata emessa dal Prefetto un'informazione antimafia interdittiva e sussista l'urgente necessità di assicurare il completamento dell'esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell'integrità dei bilanci pubblici, ancorché ricorrano i presupposti di cui all'articolo 94, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. In tal caso, le misure sono disposte di propria iniziativa dal Prefetto che ne informa il Presidente dell'ANAC. Le stesse misure sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di passaggio in giudicato di sentenza di annullamento dell'informazione antimafia interdittiva, di ordinanza che dispone, in via definitiva, l'accoglimento dell'istanza cautelare eventualmente proposta ovvero di aggiornamento dell'esito della predetta informazione ai sensi dell'articolo 91, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni, anche a seguito dell'adeguamento dell'impresa alle indicazioni degli esperti.>>
Entra in vigore la Legge 11 agosto 2014, n. 114, di conversione del D.L. 24.06.2014, n. 90 (cd. "Decreto Pubblica Amministrazione" o "Decreto Madia"), a seguito della pubblicazione sulla G.U. n. 190 del 18.08.2014.
Tra i vari temi trattati si indicano i seguenti:
- Autorità Nazionale Anti-Corruzione (A.N.A.C)
Più poteri al presidente dell’Autorità Anticorruzione (Raffaele Cantone). La sua vigilanza sui contratti d’appalto a rischio coinvolgerà pure le concessionarie e potrà proporre commissariamenti anche nei casi in cui il procedimento penale non sia stato ancora aperto.
Viene soppressa dell’Autorità per la vigilanza dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (A.V.C.P.) con il trasferimento dei compiti e delle funzioni all’Autorità nazionale anticorruzione (A.N.A.C.).
- Consulenze e incarichi dirigenziali a personale in quiescenza
Le pubbliche amministrazioni, nonché gli enti inseriti nel conto economico consolidato della Pa così come individuati dall'Istat, le autorità indipendenti e la Consob non potranno attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Agli stessi soggetti non potranno essere conferiti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni in parola e degli enti e società da esse controllati. Salvi i componenti delle giunte degli enti territoriali e i componenti o titolari degli organi elettivi di ordini e collegi professionali, nonché di enti aventi natura associativa. Gli incarichi e le collaborazioni sono tuttavia consentiti a titolo gratuito e per la durata massima di un anno. Non sono previste né proroghe, né rinnovi e i rimborsi spese eventualmente corrisposti dovranno essere rendicontati. Tali disposizioni troveranno comunque applicazione agli incarichi conferiti dopo la data di entrata in vigore del decreto (25 giugno 2014). Tale divieto si applica anche agli enti e alle società a partecipazione pubblica (clicca qui).
- Commissariamento di società coinvolte in fatti di corruzione.
A questo proposito si riporta qui di seguito il testo dell’art. 32 del D.L. n. 90/2014 (<<Misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione>>), come modificato in sede di conversione in legge:
<<1. Nell'ipotesi in cui l'autorità giudiziaria proceda per i delitti di cui agli articoli 317 c.p., 318 c.p., 319 c.p., 319-bis c.p., 319-ter c.p., 319-quater c.p., 320 c.p., 322, c.p., 322-bis, c.p. 346-bis, c.p., 353 c.p. e 353-bis c.p., ovvero, in presenza di rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un'impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture ovvero ad un concessionario di lavori pubblici o ad un contraente generale, il Presidente dell'ANAC ne informa il procuratore della Repubblica e, in presenza di fatti gravi e accertati anche ai sensi dell'articolo 19, comma 5, lett. a) del presente decreto, propone al Prefetto competente in relazione al luogo in cui ha sede la stazione appaltante, alternativamente: a) di ordinare la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto e, ove l'impresa non si adegui nei termini stabiliti, di provvedere alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto d'appalto o della concessione; b) di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto o della concessione.
2. Il Prefetto, previo accertamento dei presupposti indicati al comma 1 e valutata la particolare gravità dei fatti oggetto dell'indagine, intima all'impresa di provvedere al rinnovo degli organi sociali sostituendo il soggetto coinvolto e ove l'impresa non si adegui nel termine di trenta giorni ovvero nei casi più gravi, provvede nei dieci giorni successivi con decreto alla nomina di uno o più amministratori, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui al regolamento adottato ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270. Il predetto decreto stabilisce la durata della misura in ragione delle esigenze funzionali alla realizzazione dell'opera pubblica, al servizio o alla fornitura oggetto del contratto e comunque non oltre il collaudo.
3. Per la durata della straordinaria e temporanea gestione dell'impresa, sono attribuiti agli amministratori tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell'impresa ed è sospeso l'esercizio dei poteri di disposizione e gestione dei titolari dell'impresa. Nel caso di impresa costituita in forma societaria, i poteri dell'assemblea sono sospesi per l'intera durata della misura. 4. L'attività di temporanea e straordinaria gestione dell'impresa è considerata di pubblica utilità ad ogni effetto e gli amministratori rispondono delle eventuali diseconomie dei risultati solo nei casi di dolo o colpa grave.
5. Le misure di cui al comma 2 sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di provvedimento che dispone la confisca, il sequestro o l'amministrazione giudiziaria dell'impresa nell'ambito di procedimenti penali o per l'applicazione di misure di prevenzione ovvero dispone l'archiviazione del procedimento. L'autorità giudiziaria conferma, ove possibile, gli amministratori nominati dal Prefetto.
6. Agli amministratori di cui al comma 2 spetta un compenso quantificato con il decreto di nomina sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell'impresa.
7. Nel periodo di applicazione della misura di straordinaria e temporanea gestione di cui al comma 2, i pagamenti all'impresa sono corrisposti al netto del compenso riconosciuto agli amministratori di cui al comma 2 e l'utile d'impresa derivante dalla conclusione dei contratti d'appalto di cui al comma 1, determinato anche in via presuntiva dagli amministratori, è accantonato in apposito fondo e non può essere distribuito ne' essere soggetto a pignoramento, sino all'esito dei giudizi in sede penale ovvero, nei casi di cui al comma 10, dei giudizi di impugnazione o cautelari riguardanti l'informazione antimafia interdittiva.
8. Nel caso in cui le indagini di cui al comma 1 riguardino componenti di organi societari diversi da quelli di cui al medesimo comma è disposta la misura di sostegno e monitoraggio dell'impresa. Il Prefetto provvede, con decreto, adottato secondo le modalità di cui al comma 2, alla nomina di uno o più esperti, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui di cui al regolamento adottato ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, con il compito di svolgere funzioni di sostegno e monitoraggio dell'impresa. A tal fine, gli esperti forniscono all'impresa prescrizioni operative, elaborate secondo riconosciuti indicatori e modelli di trasparenza, riferite agli ambiti organizzativi, al sistema di controllo interno e agli organi amministrativi e di controllo.
9. Agli esperti di cui al comma 8 spetta un compenso, quantificato con il decreto di nomina, non superiore al cinquanta per cento di quello liquidabile sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell'impresa.
10. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nei casi in cui sia stata emessa dal Prefetto un'informazione antimafia interdittiva e sussista l'urgente necessità di assicurare il completamento dell'esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell'integrità dei bilanci pubblici, ancorché ricorrano i presupposti di cui all'articolo 94, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. In tal caso, le misure sono disposte di propria iniziativa dal Prefetto che ne informa il Presidente dell'ANAC. Le stesse misure sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di passaggio in giudicato di sentenza di annullamento dell'informazione antimafia interdittiva, di ordinanza che dispone, in via definitiva, l'accoglimento dell'istanza cautelare eventualmente proposta ovvero di aggiornamento dell'esito della predetta informazione ai sensi dell'articolo 91, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni, anche a seguito dell'adeguamento dell'impresa alle indicazioni degli esperti.>>
24.07.2014 (con aggiornamento al 15.09.2014)
Il 24 luglio 2014 il Ministero della Giustizia ha emanato la circolare che introduce ulteriori modifiche al casellario giudiziale, in ottemperanza al D.Lgs. 4 marzo 2014 n. 39 (attuazione della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI).
In particolare, il provvedimento disciplina il rilascio del certificato del Casellario giudiziale a richiesta del datore di lavoro, secondo l'art. 25-bis, D.P.R. n. 313/2002, introdotto dal D.Lgs. n. 39/2014 (clicca qui per scaricare la circolare).
Con il rilascio in esercizio del nuovo certificato viene meno il consenso dell'interessato. Riguardo a tale adempimento, con risposta all'interpello proposto da Federalberghi n. 25 del 15/09/14, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha ritenuto indispensabile la richiesta del certificato penale del casellario giudiziale solo per quei lavoratori che abbiano contatto diretto esclusivamente con i minori. L'interpello riguardava il caso degli addetti al cd. miniclub o al babysitting svolto nell'ambito delle attività alberghiere; in questa ipotesi non occorre richiedere il certificato in quanto la platea dei destinatari non è costituita soltanto da minori né tantomeno risulta determinabile.
Il 24 luglio 2014 il Ministero della Giustizia ha emanato la circolare che introduce ulteriori modifiche al casellario giudiziale, in ottemperanza al D.Lgs. 4 marzo 2014 n. 39 (attuazione della direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI).
In particolare, il provvedimento disciplina il rilascio del certificato del Casellario giudiziale a richiesta del datore di lavoro, secondo l'art. 25-bis, D.P.R. n. 313/2002, introdotto dal D.Lgs. n. 39/2014 (clicca qui per scaricare la circolare).
Con il rilascio in esercizio del nuovo certificato viene meno il consenso dell'interessato. Riguardo a tale adempimento, con risposta all'interpello proposto da Federalberghi n. 25 del 15/09/14, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha ritenuto indispensabile la richiesta del certificato penale del casellario giudiziale solo per quei lavoratori che abbiano contatto diretto esclusivamente con i minori. L'interpello riguardava il caso degli addetti al cd. miniclub o al babysitting svolto nell'ambito delle attività alberghiere; in questa ipotesi non occorre richiedere il certificato in quanto la platea dei destinatari non è costituita soltanto da minori né tantomeno risulta determinabile.
21.07.2014
Il 21 luglio 2014 il Ministero della Giustizia ha approvato definitivamente le nuove Linee Guida di Confindustria per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 (aggiornamento al marzo 2014).
Qui di seguito si riporta il comunicato di Confindustria (www.confindustria.it):
<<All'esito di un ampio e approfondito lavoro di riesame, Confindustria ha completato i lavori di aggiornamento delle Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001.
La nuova versione adegua il precedente testo del 2008 alle novità legislative, giurisprudenziali e della prassi applicativa nel frattempo intervenute, mantenendo la distinzione tra le due Parti, generale e speciale.
In particolare, le principali modifiche e integrazioni della Parte generale riguardano: il nuovo capitolo sui lineamenti della responsabilità da reato e la tabella di sintesi dei reati presupposto; il sistema disciplinare e i meccanismi sanzionatori; l’organismo di vigilanza, con particolare riferimento alla sua composizione; il fenomeno dei gruppi di imprese.
La Parte speciale, dedicata all'approfondimento dei reati presupposto attraverso appositi case study, è stata oggetto di una consistente rivisitazione, volta non soltanto a trattare le nuove fattispecie di reato presupposto, ma anche a introdurre un metodo di analisi schematico e di più facile fruibilità per gli operatori interessati.
Come previsto dallo stesso D. Lgs. n. 231/2001 (art. 6, co. 3), il documento è stato sottoposto al vaglio del Ministero della Giustizia che lo scorso 21 luglio ne ha comunicato l’approvazione definitiva.>>
Per scaricare la Parte generale e la Parte speciale delle Linee guida 231 di Confindustria (versione marzo 2014) clicca qui.
Il 21 luglio 2014 il Ministero della Giustizia ha approvato definitivamente le nuove Linee Guida di Confindustria per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001 (aggiornamento al marzo 2014).
Qui di seguito si riporta il comunicato di Confindustria (www.confindustria.it):
<<All'esito di un ampio e approfondito lavoro di riesame, Confindustria ha completato i lavori di aggiornamento delle Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001.
La nuova versione adegua il precedente testo del 2008 alle novità legislative, giurisprudenziali e della prassi applicativa nel frattempo intervenute, mantenendo la distinzione tra le due Parti, generale e speciale.
In particolare, le principali modifiche e integrazioni della Parte generale riguardano: il nuovo capitolo sui lineamenti della responsabilità da reato e la tabella di sintesi dei reati presupposto; il sistema disciplinare e i meccanismi sanzionatori; l’organismo di vigilanza, con particolare riferimento alla sua composizione; il fenomeno dei gruppi di imprese.
La Parte speciale, dedicata all'approfondimento dei reati presupposto attraverso appositi case study, è stata oggetto di una consistente rivisitazione, volta non soltanto a trattare le nuove fattispecie di reato presupposto, ma anche a introdurre un metodo di analisi schematico e di più facile fruibilità per gli operatori interessati.
Come previsto dallo stesso D. Lgs. n. 231/2001 (art. 6, co. 3), il documento è stato sottoposto al vaglio del Ministero della Giustizia che lo scorso 21 luglio ne ha comunicato l’approvazione definitiva.>>
Per scaricare la Parte generale e la Parte speciale delle Linee guida 231 di Confindustria (versione marzo 2014) clicca qui.
26.06.2014
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2014 il provvedimento "per la semplificazione e la trasparenza amministrativa", che include misure anti-corruzione, ossia il D.L. 24 giugno 2014, n. 90.
In particolare, all'A.N.A.C. - Autorità Nazionale Anticorruzione - vengono attribuiti i poteri dell'Autorità di vigilanza sui servizi pubblici. Pertanto, se ci sono notizie di reato o arresti, l'A.N.A.C. "propone al Prefetto competente" o di "ordinare la rinnovazione degli organi sociali e ove l'impresa non si adegui di provvedere alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione dell'appalto oggetto del procedimento penale" oppure "di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto oggetto del procedimento penale". L'impresa avrà 30 giorni, ridotti a dieci nei casi più gravi, per adeguarsi al rinnovo degli organi sociali.
Qui di seguito si riporta il testo dell'art. 32 del D.L. n. 90/2014 (Misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione), in vigore dal 25 giugno 2014:
<<1. Nell'ipotesi in cui l'autorità giudiziaria proceda per i delitti di cui agli articoli 317 c.p., 318 c.p., 319 c.p., 319-bis c.p., 319-ter c.p., 319-quater c.p., 320 c.p., 322, c.p., 322-bis, c.p. 346-bis, c.p., 353 c.p. e 353-bis c.p., ovvero, in presenza di rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un'impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture, il Presidente dell'ANAC, in presenza di fatti gravi e accertati anche ai sensi dell'articolo 19, comma 3, lett. a) del presente decreto, propone al Prefetto competente, alternativamente:
a) di ordinare la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto e, ove l'impresa non si adegui nei termini stabiliti, di provvedere alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto d'appalto oggetto del procedimento penale;
b) di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto oggetto del procedimento penale.
2. Il Prefetto, previo accertamento dei presupposti indicati al comma 1 e valutata la particolare gravita' dei fatti oggetto dell'indagine, intima all'impresa di provvedere al rinnovo degli organi sociali sostituendo il soggetto coinvolto e ove l'impresa non si adegui nel termine di trenta giorni ovvero nei casi più gravi, provvede nei dieci giorni successivi con decreto alla nomina di uno o più amministratori, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui al regolamento adottato ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270. Il predetto decreto stabilisce la durata della misura in ragione delle esigenze funzionali alla realizzazione dell'opera pubblica oggetto del contratto.
3. Per la durata della straordinaria e temporanea gestione dell'impresa, sono attribuiti agli amministratori tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell'impresa ed è sospeso l'esercizio dei poteri di disposizione e gestione dei titolari dell'impresa. Nel caso di impresa costituita in forma societaria, i poteri dell'assemblea sono sospesi. per l'intera durata della misura.
4. L'attività di temporanea e straordinaria gestione dell'impresa e' considerata di pubblica utilità ad ogni effetto egli amministratori rispondono delle eventuali diseconomie dei risultati solo nei casi di dolo o colpa grave.
5. Le misure di cui al comma 2 sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di provvedimento che dispone la confisca, il sequestro o l'amministrazione giudiziaria dell'impresa nell'ambito di procedimenti penali o per l'applicazione di misure di prevenzione.
6. Agli amministratori di cui al comma 2 spetta un compenso quantificato con il decreto di nomina sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell'impresa.
7. Nel periodo di applicazione della misura di straordinaria e temporanea gestione di cui al comma 2, i pagamenti all'impresa sono corrisposti al netto del compenso riconosciuto agli amministratori di cui al comma 2 e l'utile d'impresa derivante dalla conclusione dei contratti d'appalto di cui al comma 1, determinato anche in via presuntiva dagli amministratori, e' accantonato in apposito fondo e non può essere distribuito ne' essere soggetto a pignoramento, sino all'esito dei giudizi in sede penale.
8. Nel caso in cui le indagini di cui al comma 1 riguardino componenti di organi societari diversi da quelli di cui al medesimo comma e' disposta la misura di sostegno e monitoraggio dell'impresa. Il Prefetto provvede, con decreto, adottato secondo le modalità di cui al comma 2, alla nomina di uno o più esperti, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui di cui al regolamento adottato ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, con il compito di svolgere funzioni di' sostegno e monitoraggio dell'impresa. A tal fine, gli esperti forniscono all'impresa prescrizioni operative, elaborate secondo riconosciuti indicatori e modelli di trasparenza, riferite agli ambiti organizzativi, al sistema di controllo interno e agli organi amministrativi e di controllo.
9. Agli esperti di cui al comma 8 spetta un compenso, quantificato con il decreto di nomina, non superiore al cinquanta per cento di quello liquidabile sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell'impresa.
10. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nei casi in cui sia stata emessa dal Prefetto un'informazione antimafia interdittiva e sussista l'urgente necessità di assicurare il completamento dell'esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell'integrità dei bilanci pubblici, ancorché ricorrano i presupposti di cui all'articolo 94, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. In tal caso, le misure sono disposte di propria iniziativa dal Prefetto che ne informa il Presidente dell'ANAC. Le
stesse misure sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di passaggio in giudicato di sentenza di annullamento dell'informazione antimafia interdittiva, di ordinanza che dispone, in via definitiva, l'accoglimento dell'istanza cautelare eventualmente proposta ovvero di aggiornamento dell'esito della predetta informazione ai sensi dell'articolo 91, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni, anche a seguito dell'adeguamento dell'impresa alle indicazioni degli esperti.>>
12.05.2014
Il DDL n. C.2165 (Modifiche al codice civile e al codice penale e altre disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e nei rapporti tra privati), in discussione alla Camera, contiene ulteriori misure anti-corruzione e l'inserimento dei reati tributari tra le fattispecie rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
La proposta di legge è stata assegnata alla 2^ Commissione permanente (Giustizia), in sede referente, il 28 aprile 2014.
Tra le principali misure incluse nel provvedimento:
«Art. 25 - terdecies. – (Reati tributari) –
1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10, 10-bis e 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, e successive modificazioni, si applica la sanzione pecuniaria fino a trecento quote.
2. Nei casi di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno».
Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2014 il provvedimento "per la semplificazione e la trasparenza amministrativa", che include misure anti-corruzione, ossia il D.L. 24 giugno 2014, n. 90.
In particolare, all'A.N.A.C. - Autorità Nazionale Anticorruzione - vengono attribuiti i poteri dell'Autorità di vigilanza sui servizi pubblici. Pertanto, se ci sono notizie di reato o arresti, l'A.N.A.C. "propone al Prefetto competente" o di "ordinare la rinnovazione degli organi sociali e ove l'impresa non si adegui di provvedere alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione dell'appalto oggetto del procedimento penale" oppure "di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto oggetto del procedimento penale". L'impresa avrà 30 giorni, ridotti a dieci nei casi più gravi, per adeguarsi al rinnovo degli organi sociali.
Qui di seguito si riporta il testo dell'art. 32 del D.L. n. 90/2014 (Misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell'ambito della prevenzione della corruzione), in vigore dal 25 giugno 2014:
<<1. Nell'ipotesi in cui l'autorità giudiziaria proceda per i delitti di cui agli articoli 317 c.p., 318 c.p., 319 c.p., 319-bis c.p., 319-ter c.p., 319-quater c.p., 320 c.p., 322, c.p., 322-bis, c.p. 346-bis, c.p., 353 c.p. e 353-bis c.p., ovvero, in presenza di rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite o eventi criminali attribuibili ad un'impresa aggiudicataria di un appalto per la realizzazione di opere pubbliche, servizi o forniture, il Presidente dell'ANAC, in presenza di fatti gravi e accertati anche ai sensi dell'articolo 19, comma 3, lett. a) del presente decreto, propone al Prefetto competente, alternativamente:
a) di ordinare la rinnovazione degli organi sociali mediante la sostituzione del soggetto coinvolto e, ove l'impresa non si adegui nei termini stabiliti, di provvedere alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto d'appalto oggetto del procedimento penale;
b) di provvedere direttamente alla straordinaria e temporanea gestione dell'impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto oggetto del procedimento penale.
2. Il Prefetto, previo accertamento dei presupposti indicati al comma 1 e valutata la particolare gravita' dei fatti oggetto dell'indagine, intima all'impresa di provvedere al rinnovo degli organi sociali sostituendo il soggetto coinvolto e ove l'impresa non si adegui nel termine di trenta giorni ovvero nei casi più gravi, provvede nei dieci giorni successivi con decreto alla nomina di uno o più amministratori, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui al regolamento adottato ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270. Il predetto decreto stabilisce la durata della misura in ragione delle esigenze funzionali alla realizzazione dell'opera pubblica oggetto del contratto.
3. Per la durata della straordinaria e temporanea gestione dell'impresa, sono attribuiti agli amministratori tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell'impresa ed è sospeso l'esercizio dei poteri di disposizione e gestione dei titolari dell'impresa. Nel caso di impresa costituita in forma societaria, i poteri dell'assemblea sono sospesi. per l'intera durata della misura.
4. L'attività di temporanea e straordinaria gestione dell'impresa e' considerata di pubblica utilità ad ogni effetto egli amministratori rispondono delle eventuali diseconomie dei risultati solo nei casi di dolo o colpa grave.
5. Le misure di cui al comma 2 sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di provvedimento che dispone la confisca, il sequestro o l'amministrazione giudiziaria dell'impresa nell'ambito di procedimenti penali o per l'applicazione di misure di prevenzione.
6. Agli amministratori di cui al comma 2 spetta un compenso quantificato con il decreto di nomina sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell'impresa.
7. Nel periodo di applicazione della misura di straordinaria e temporanea gestione di cui al comma 2, i pagamenti all'impresa sono corrisposti al netto del compenso riconosciuto agli amministratori di cui al comma 2 e l'utile d'impresa derivante dalla conclusione dei contratti d'appalto di cui al comma 1, determinato anche in via presuntiva dagli amministratori, e' accantonato in apposito fondo e non può essere distribuito ne' essere soggetto a pignoramento, sino all'esito dei giudizi in sede penale.
8. Nel caso in cui le indagini di cui al comma 1 riguardino componenti di organi societari diversi da quelli di cui al medesimo comma e' disposta la misura di sostegno e monitoraggio dell'impresa. Il Prefetto provvede, con decreto, adottato secondo le modalità di cui al comma 2, alla nomina di uno o più esperti, in numero comunque non superiore a tre, in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità di cui di cui al regolamento adottato ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, con il compito di svolgere funzioni di' sostegno e monitoraggio dell'impresa. A tal fine, gli esperti forniscono all'impresa prescrizioni operative, elaborate secondo riconosciuti indicatori e modelli di trasparenza, riferite agli ambiti organizzativi, al sistema di controllo interno e agli organi amministrativi e di controllo.
9. Agli esperti di cui al comma 8 spetta un compenso, quantificato con il decreto di nomina, non superiore al cinquanta per cento di quello liquidabile sulla base delle tabelle allegate al decreto di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell'impresa.
10. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche nei casi in cui sia stata emessa dal Prefetto un'informazione antimafia interdittiva e sussista l'urgente necessità di assicurare il completamento dell'esecuzione del contratto, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell'integrità dei bilanci pubblici, ancorché ricorrano i presupposti di cui all'articolo 94, comma 3, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. In tal caso, le misure sono disposte di propria iniziativa dal Prefetto che ne informa il Presidente dell'ANAC. Le
stesse misure sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di passaggio in giudicato di sentenza di annullamento dell'informazione antimafia interdittiva, di ordinanza che dispone, in via definitiva, l'accoglimento dell'istanza cautelare eventualmente proposta ovvero di aggiornamento dell'esito della predetta informazione ai sensi dell'articolo 91, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e successive modificazioni, anche a seguito dell'adeguamento dell'impresa alle indicazioni degli esperti.>>
12.05.2014
Il DDL n. C.2165 (Modifiche al codice civile e al codice penale e altre disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e nei rapporti tra privati), in discussione alla Camera, contiene ulteriori misure anti-corruzione e l'inserimento dei reati tributari tra le fattispecie rilevanti ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001.
La proposta di legge è stata assegnata alla 2^ Commissione permanente (Giustizia), in sede referente, il 28 aprile 2014.
Tra le principali misure incluse nel provvedimento:
- una serie di misure a rafforzamento dei presidi anti-corruzione previsti dalla Legge n. 190/2012;
- una maggiore efficacia delle pene accessorie;
- l'inasprimento del massimo della pena per la corruzione propria (319 c.p.), per la induzione indebita a dare o promettere utilità (319-quater c.p.), per il traffico di influenze illecite (346- bis c.p.) e l’abuso di ufficio (323 c.p.);
- la previsione di una diminuente della pena per chi si adopera fattivamente collaborando con l’Autorità giudiziaria (323-bis, c.p.);
- la reintroduzione della figura dell’incaricato di un pubblico servizio tra i soggetti attivi del delitto di concussione (317, c.p.);
- l'inserimento dell'art. 25-terdecies - Reati tributari - nel D.Lgs. n. 231/2001:
«Art. 25 - terdecies. – (Reati tributari) –
1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10, 10-bis e 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, e successive modificazioni, si applica la sanzione pecuniaria fino a trecento quote.
2. Nei casi di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno».
18.04.2014
Il 18 aprile 2014 è entrata in vigore la Legge 17 aprile 2014, n. 62, pubblicata sulla G.U. n. 90 del 17 aprile 2014. Tale disposizione ha sostituito il testo dell'art. 416-ter, c.p. ("Scambio elettorale politico-mafioso"), richiamato dall'art. 24-ter del D.Lgs. n. 231/2001.
Le principali modifiche sono costituite: dall'abbassamento delle pene; dall'allargamento della condotta punita a tutte le ipotesi di erogazioni di "utilità" (il testo precedente si riferiva al solo "denaro".
Qui di seguito il testo della vigente norma incriminatrice:
<<[I]. Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
[II]. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma.>>
Il 18 aprile 2014 è entrata in vigore la Legge 17 aprile 2014, n. 62, pubblicata sulla G.U. n. 90 del 17 aprile 2014. Tale disposizione ha sostituito il testo dell'art. 416-ter, c.p. ("Scambio elettorale politico-mafioso"), richiamato dall'art. 24-ter del D.Lgs. n. 231/2001.
Le principali modifiche sono costituite: dall'abbassamento delle pene; dall'allargamento della condotta punita a tutte le ipotesi di erogazioni di "utilità" (il testo precedente si riferiva al solo "denaro".
Qui di seguito il testo della vigente norma incriminatrice:
<<[I]. Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
[II]. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma.>>
06.04.2014
Il 6 aprile 2014 è entrato in vigore il D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 39, che ha modificato l'art. 25-quinquies del D.Lgs. n. 231/2001, aggiungendo alla lista dei reati-presupposto il delitto di adescamento di minorenni (art. 609-undecies, c.p.).
In particolare, l'art. 3 del Decreto (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 68 del 22 marzo 2014) ha modificato il comma 1, lettera c), dell'art. 25-quinquies del Decreto 231 (relativo ai cd. "reati contro la personalità individuale") inserendo dopo le parole "600-quater.1" le seguenti: "nonché per il delitto di cui all'art. 609-undecies".
Quest'ultima disposizione, che qui di seguito si riporta (introdotta dall'art. 4 della Legge n. 172/2012) si riferisce al reato di "adescamento di minorenni":
<<[I]. Chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, adesca un minore di anni sedici, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione.>>
Si segnala, inoltre, che ai sensi del D.Lgs. n. 39/2014, a far data dal 6 aprile 2014 i datori di lavoro che intendano impiegare una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, dovranno acquisire, previo consenso del lavoratore interessato, il certificato penale del casellario giudiziale, al fine di verificare l'esistenza di condanne ovvero l'irrogazione di sanzioni interdittive all'esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori, per taluno dei reati:
- prostituzione minorile (600-bis del codice penale)
- pornografia minorile (600-ter del codice penale)
- detenzione di materiale pornografico (600-quater del codice penale)
- pornografia virtuale ed adescamento minorenni sul web (600-quinquies e 600-undieces del codice penale).
I costi per il rilascio del certificato sono: 16 euro di bollo e 3,54 euro per diritti di segreteria (7,08 euro in caso di urgenza).
Al riguardo, sul sito del Ministero della Giustizia è visibile la Circolare 3 aprile 2014, la quale fornisce chiarimenti in merito alla richiesta, da parte del datore di lavoro, del certificato penale del casellario giudiziale e alla quale è allegato il modulo di richiesta.
Qui di seguito uno stralcio delle parti ritenute più interessanti:
<<... L’obbligo di tale adempimento sorge soltanto ove il soggetto che intenda avvalersi dell’opera di terzi – soggetto che può anche essere individuato in un ente o in un’associazione che svolga attività di volontariato, seppure in forma organizzata e non occasionale e sporadica – si appresti alla stipula di un contratto di lavoro; l’obbligo non sorge, invece, ove si avvalga di forme di collaborazione che non si strutturino all’interno di un definito rapporto di lavoro.
Di ciò si ha sicura conferma dalla lettura del comma 2 dell’articolo 25-bis di nuovo conio, nella parte in cui riserva la sanzione amministrativa pecuniaria, per il caso di mancato adempimento dell’obbligo di richiedere il certificato del casellario giudiziale, al “datore di lavoro”, espressione questa che non lascia margini di dubbio nell’individuazione dell’ambito di operatività delle nuove disposizioni.
Esse – si ribadisce – valgono soltanto per l’ipotesi in cui si abbia l’instaurazione di un rapporto di lavoro, perché al di fuori di questo ambito non può dirsi che il soggetto, che si avvale dell’opera di terzi, assuma la qualità di “datore di lavoro”.
Non è allora rispondente al contenuto precettivo di tali nuove disposizioni l’affermazione per la quale l’obbligo di richiedere il certificato del casellario giudiziale gravi su enti e associazioni di volontariato pur quando intendano avvalersi dell’opera di volontari; costoro, infatti esplicano un’attività che, all’evidenza, resta estranea ai confini del rapporto di lavoro.
Da ultimo non sembra superfluo dare atto che, da informazioni assunte presso la direzione del Casellario giudiziale, si è appreso che i certificati sono rilasciati entro qualche giorno dalla richiesta.>>
Il 6 aprile 2014 è entrato in vigore il D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 39, che ha modificato l'art. 25-quinquies del D.Lgs. n. 231/2001, aggiungendo alla lista dei reati-presupposto il delitto di adescamento di minorenni (art. 609-undecies, c.p.).
In particolare, l'art. 3 del Decreto (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 68 del 22 marzo 2014) ha modificato il comma 1, lettera c), dell'art. 25-quinquies del Decreto 231 (relativo ai cd. "reati contro la personalità individuale") inserendo dopo le parole "600-quater.1" le seguenti: "nonché per il delitto di cui all'art. 609-undecies".
Quest'ultima disposizione, che qui di seguito si riporta (introdotta dall'art. 4 della Legge n. 172/2012) si riferisce al reato di "adescamento di minorenni":
<<[I]. Chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, adesca un minore di anni sedici, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione.>>
Si segnala, inoltre, che ai sensi del D.Lgs. n. 39/2014, a far data dal 6 aprile 2014 i datori di lavoro che intendano impiegare una persona per lo svolgimento di attività professionali o attività volontarie organizzate che comportino contatti diretti e regolari con minori, dovranno acquisire, previo consenso del lavoratore interessato, il certificato penale del casellario giudiziale, al fine di verificare l'esistenza di condanne ovvero l'irrogazione di sanzioni interdittive all'esercizio di attività che comportino contatti diretti e regolari con minori, per taluno dei reati:
- prostituzione minorile (600-bis del codice penale)
- pornografia minorile (600-ter del codice penale)
- detenzione di materiale pornografico (600-quater del codice penale)
- pornografia virtuale ed adescamento minorenni sul web (600-quinquies e 600-undieces del codice penale).
I costi per il rilascio del certificato sono: 16 euro di bollo e 3,54 euro per diritti di segreteria (7,08 euro in caso di urgenza).
Al riguardo, sul sito del Ministero della Giustizia è visibile la Circolare 3 aprile 2014, la quale fornisce chiarimenti in merito alla richiesta, da parte del datore di lavoro, del certificato penale del casellario giudiziale e alla quale è allegato il modulo di richiesta.
Qui di seguito uno stralcio delle parti ritenute più interessanti:
<<... L’obbligo di tale adempimento sorge soltanto ove il soggetto che intenda avvalersi dell’opera di terzi – soggetto che può anche essere individuato in un ente o in un’associazione che svolga attività di volontariato, seppure in forma organizzata e non occasionale e sporadica – si appresti alla stipula di un contratto di lavoro; l’obbligo non sorge, invece, ove si avvalga di forme di collaborazione che non si strutturino all’interno di un definito rapporto di lavoro.
Di ciò si ha sicura conferma dalla lettura del comma 2 dell’articolo 25-bis di nuovo conio, nella parte in cui riserva la sanzione amministrativa pecuniaria, per il caso di mancato adempimento dell’obbligo di richiedere il certificato del casellario giudiziale, al “datore di lavoro”, espressione questa che non lascia margini di dubbio nell’individuazione dell’ambito di operatività delle nuove disposizioni.
Esse – si ribadisce – valgono soltanto per l’ipotesi in cui si abbia l’instaurazione di un rapporto di lavoro, perché al di fuori di questo ambito non può dirsi che il soggetto, che si avvale dell’opera di terzi, assuma la qualità di “datore di lavoro”.
Non è allora rispondente al contenuto precettivo di tali nuove disposizioni l’affermazione per la quale l’obbligo di richiedere il certificato del casellario giudiziale gravi su enti e associazioni di volontariato pur quando intendano avvalersi dell’opera di volontari; costoro, infatti esplicano un’attività che, all’evidenza, resta estranea ai confini del rapporto di lavoro.
Da ultimo non sembra superfluo dare atto che, da informazioni assunte presso la direzione del Casellario giudiziale, si è appreso che i certificati sono rilasciati entro qualche giorno dalla richiesta.>>
28.02.2014
Nel codice penale sarà inserito un apposito Titolo (VI-bis) - "Delitti contro l'ambiente", relativo a nuove fattispecie delittuose, incentrate sulla produzione di un danno all'ambiente.
L'introduzione di specifiche fattispecie delittuose per la tutela dell'ambiente - ad es. il reato di inquinamento ambientale o quello di disastro ambientale - è l'oggetto del testo unificato delle proposte di legge A.C. 957 (Micillo), A.C. 342 (Realacci) e A.C. 1814 (Pellegrino), elaborato dalla Commissione Giustizia e all'esame dell'Assemblea,approvato in prima lettura il 26 febbraio dall'Assembea della Camera dei deputati. Il provvedimento è passato al Senato (informazioni aggiornate a mercoledì, 26 febbraio 2014).
Il testo approvato dalla Camera dei Deputati conferma le contravvenzioni previste dal Codice dell'ambiente, che non vengono novellate, ma aggiunge a tutela dell'ambiente nuove fattispecie delittuose, incentrate sulla produzione di un danno all'ambiente. I nuovi delitti vengono inseriti in un apposito nuovo titolo del codice penale.
Le modifiche riguardano anche le imprese. Infatti, viene allungata la lista dei reati-presupposto previsti dal D.Lgs. n. 231/2001, con la previsione di sanzioni pecuniarie per l'inquinamento ambientale (da 250 a 600 quote), per il disastro ambientale (da 400 a 800 quote) e per l'associazione a delinquere (comune e mafiosa) aggravata (da 300 a 1.000 quote). In caso di delitto di inquinamento ambientale e di disastro ambientale, si prevede anche l'applicazione di sanzioni interdittive (interdizione dall'esercizio dell'attività; sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni; divieto di contrattare con la pubblica anmministrazione; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi).
09.02.2014
Autonomo profilo di responsabilità ex D.Lgs. n. 231/2001 n relazione al reato di combustione di rifiuti (art. 256-bis, D.Lgs. n. 152/2006)
Il 9 febbraio 2014 è entrata in vigore la Legge 6 febbraio 2014, n. 6, di conversione del D.L. 10 dicembre 2013, n. 136 in materia di emergenze ambientali e industriali. All'interno della Gazzetta ufficiale n. 32 dell'8 febbraio 2014 anche il testo del decreto legge, come modificato a seguito della conversione.
In particolare, la Legge di conversione ha modificato il comma 3 dell'art. 256-bis del D.Lgs. n. 152/2006,- concernente il reato di "combustione di rifiuti", prevedendo un autonomo profilo di responsabilità - con applicazione delle sanzioni interdittive di cui all'art. 9, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2001 a carico del titolare dell'impresa o del responsabile dell'attività comunque organizzata - nel caso di omessa vigilanza sull'operato degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all'impresa o all'attività stessa.
Qui di seguito il testo dell'art. 256-bis, cit., come modificato dalla Legge n. 6/2014:
<<1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica.
2. Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all'articolo 255, comma 1, e le condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259 in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti.
3. La pena è aumentata di un terzo se il delitto di cui al comma 1 è commesso nell'ambito dell'attività di un'impresa o comunque di un'attività organizzata. Il titolare dell'impresa o il responsabile dell'attività comunque organizzata è responsabile anche sotto l'autonomo profilo dell'omessa vigilanza sull'operato degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all'impresa o all'attività stessa; ai predetti titolari d'impresa o responsabili dell'attivita' si applicano altresì le sanzioni previste dall' articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
4. La pena è aumentata di un terzo se il fatto di cui al comma 1 è commesso in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
5. I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di cui al comma 1 del presente articolo, inceneriti in aree o in impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell'articolo 259, comma 2, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del presente articolo e che non si configuri concorso di persona nella commissione del reato. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell' articolo 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell'autore o del concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.
6. Si applicano le sanzioni di cui all'articolo 255 se le condotte di cui al comma 1 hanno a oggetto i rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e).>>
Nel codice penale sarà inserito un apposito Titolo (VI-bis) - "Delitti contro l'ambiente", relativo a nuove fattispecie delittuose, incentrate sulla produzione di un danno all'ambiente.
L'introduzione di specifiche fattispecie delittuose per la tutela dell'ambiente - ad es. il reato di inquinamento ambientale o quello di disastro ambientale - è l'oggetto del testo unificato delle proposte di legge A.C. 957 (Micillo), A.C. 342 (Realacci) e A.C. 1814 (Pellegrino), elaborato dalla Commissione Giustizia e all'esame dell'Assemblea,approvato in prima lettura il 26 febbraio dall'Assembea della Camera dei deputati. Il provvedimento è passato al Senato (informazioni aggiornate a mercoledì, 26 febbraio 2014).
Il testo approvato dalla Camera dei Deputati conferma le contravvenzioni previste dal Codice dell'ambiente, che non vengono novellate, ma aggiunge a tutela dell'ambiente nuove fattispecie delittuose, incentrate sulla produzione di un danno all'ambiente. I nuovi delitti vengono inseriti in un apposito nuovo titolo del codice penale.
Le modifiche riguardano anche le imprese. Infatti, viene allungata la lista dei reati-presupposto previsti dal D.Lgs. n. 231/2001, con la previsione di sanzioni pecuniarie per l'inquinamento ambientale (da 250 a 600 quote), per il disastro ambientale (da 400 a 800 quote) e per l'associazione a delinquere (comune e mafiosa) aggravata (da 300 a 1.000 quote). In caso di delitto di inquinamento ambientale e di disastro ambientale, si prevede anche l'applicazione di sanzioni interdittive (interdizione dall'esercizio dell'attività; sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze o concessioni; divieto di contrattare con la pubblica anmministrazione; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi).
09.02.2014
Autonomo profilo di responsabilità ex D.Lgs. n. 231/2001 n relazione al reato di combustione di rifiuti (art. 256-bis, D.Lgs. n. 152/2006)
Il 9 febbraio 2014 è entrata in vigore la Legge 6 febbraio 2014, n. 6, di conversione del D.L. 10 dicembre 2013, n. 136 in materia di emergenze ambientali e industriali. All'interno della Gazzetta ufficiale n. 32 dell'8 febbraio 2014 anche il testo del decreto legge, come modificato a seguito della conversione.
In particolare, la Legge di conversione ha modificato il comma 3 dell'art. 256-bis del D.Lgs. n. 152/2006,- concernente il reato di "combustione di rifiuti", prevedendo un autonomo profilo di responsabilità - con applicazione delle sanzioni interdittive di cui all'art. 9, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2001 a carico del titolare dell'impresa o del responsabile dell'attività comunque organizzata - nel caso di omessa vigilanza sull'operato degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all'impresa o all'attività stessa.
Qui di seguito il testo dell'art. 256-bis, cit., come modificato dalla Legge n. 6/2014:
<<1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni. Nel caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi, si applica la pena della reclusione da tre a sei anni. Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica.
2. Le stesse pene si applicano a colui che tiene le condotte di cui all'articolo 255, comma 1, e le condotte di reato di cui agli articoli 256 e 259 in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti.
3. La pena è aumentata di un terzo se il delitto di cui al comma 1 è commesso nell'ambito dell'attività di un'impresa o comunque di un'attività organizzata. Il titolare dell'impresa o il responsabile dell'attività comunque organizzata è responsabile anche sotto l'autonomo profilo dell'omessa vigilanza sull'operato degli autori materiali del delitto comunque riconducibili all'impresa o all'attività stessa; ai predetti titolari d'impresa o responsabili dell'attivita' si applicano altresì le sanzioni previste dall' articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
4. La pena è aumentata di un terzo se il fatto di cui al comma 1 è commesso in territori che, al momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
5. I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di cui al comma 1 del presente articolo, inceneriti in aree o in impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell'articolo 259, comma 2, salvo che il mezzo appartenga a persona estranea alle condotte di cui al citato comma 1 del presente articolo e che non si configuri concorso di persona nella commissione del reato. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell' articolo 444 del codice di procedura penale consegue la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell'autore o del concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.
6. Si applicano le sanzioni di cui all'articolo 255 se le condotte di cui al comma 1 hanno a oggetto i rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e).>>
30.01.2014
La Cassazione interviene sul concetto di "condotta fraudolenta" e su altri temi riguardanti la responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001
Qui di seguito un estratto della sentenza n. 4677/14 della Corte di Cassazione, 5^ Sez. pen., del 18.12.2013 (dep. 30.01.2014), che ha affrontato il tema del concetto di "condotta fraudolenta" ai fini della valutazione dell'adeguatezza del Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001:
<<…(omissis)… Il D.Lsvo 231/2001 parte dal presupposto che un efficace modello organizzativo e gestionale può essere violato (e dunque il reato che si vuole scongiurare può essere commesso) solo se le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione e di direzione dell'ente (art. 5 comma primo lett. a) abbiano operato eludendo fraudolentemente il modello stesso. Dunque la natura fraudolenta della condotta del soggetto apicale (persona fisica) costituisce, per così dire, un indice rivelatore della validità del modello, nel senso che solo una condotta fraudolenta appare atta a forzarne le "misure di sicurezza".
6.1 Occorre dunque chiarire che cosa sia una condotta fraudolenta … (omissis) …>>
Più in generale, i numerosi temi affrontati da questa sentenza sono qui di seguito riassunti:
a) l'inganno sotteso all’elusione fraudolenta del modello organizzativo e gestionale è diretto verso la struttura aziendale nel cui interesse il modello è stato predisposto;
b) la responsabilità dell'ente non trova fondamento nel non aver impedito la commissione del reato;
c) il fatto solo che il reato sia stato commesso non significa che il modello organizzativo fosse inadeguato;
d) la responsabilità dell’ente non deriva da un atteggiamento psicologico improntato a colpa in ordinando o componendo, sottospecie della colpa in vigilando, ma da una valutazione di adeguatezza del modello organizzativo;
e) la responsabilità dell’ente non ha natura oggettiva atteso che l'oggetto del giudizio (l'articolato normativo che esplicita un protocollo comportamentale) è comunque conseguenza di un'attività volontaria e consapevole di chi lo ha elaborato, approvato e reso esecutivo e dunque si tratta di un giudizio strettamente normativo;
f) i modelli organizzativi e gestionali possono (non devono) essere adottati sulla scorta dei codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative ma non opera alcuna delega disciplinare a tali associazioni e alcun rinvio per relationem a tali codici che possono certamente essere assunti come paradigma del modello in concreto da adottare il quale tuttavia deve poi essere 'calato' nella realtà aziendale nella quale è destinato a trovare attuazione; anche il fatto che i codici di comportamento siano comunicati al Ministero di Giustizia, che può formulare osservazioni, non vale a conferire a tali modelli il crisma della incensurabilità, quasi che il giudice fosse vincolato a una sorta di ipse dixit aziendale e/o ministeriale, in una prospettiva di privatizzazione della normativa da predisporre per impedire la commissione di reati;
g) nel valutare i modelli il giudice non potrà avere come parametri suoi personali convincimenti o sue soggettive opinioni, ma dovrà far riferimento alle linee direttrici generali dell'ordinamento (e in primis a quelle costituzionali: art 41 comma terzo), ai principi della logica e ai portati della consolidata esperienza;
h) inidoneità di un modello finalizzato a prevenire il reato di aggiotaggio il quale preveda che la comunicazione sia elaborata da un organo interno ma diffusa da organi apicali (presidente e amministratore delegato) sottoposti ai controllo di un organo alle dirette dipendenze proprio del presidente;
i) necessità che la funzione di vigilanza sul funzionamento e sull'osservanza del modello sia attribuita a un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo e dunque non subordinato all’organo controllante;
j) se all'organo di controllo non è nemmeno concesso di esprimere una dissenting opinion sulla comunicazione (rendendo così almeno manifesta la propria contrarietà modo da mettere in allarme i destinatari), il modello organizzativo non può ritenersi atto a impedire la consumazione di un tipico reato di comunicazione quale è l'aggiotaggio;
k) l'elusione fraudolenta ad opera del soggetto apicale costituisce un indice rivelatore della validità del modello nel senso che solo una condotta fraudolenta appare atta a forzarne le misure di sicurezza - la condotta di elusione fraudolenta non può consistere nella mera violazione delle prescrizioni contenute nel modello ma, pur non dovendo necessariamente coincidere con gli artifizi e i raggiri del reato di truffa, non può non consistere in una condotta ingannevole, falsificatrice, obliqua, subdola;
l) l’elusione fraudolenta deve consistere in una condotta di aggiramento di una norma imperativa non di semplice e frontale violazione della stessa, altrimenti ci si trova in presenza di un abuso (cioè dell'uso distorto di un potere) ma non di un inganno e quindi di una condotta fraudolenta).
La Cassazione interviene sul concetto di "condotta fraudolenta" e su altri temi riguardanti la responsabilità amministrativa degli enti ex D.Lgs. n. 231/2001
Qui di seguito un estratto della sentenza n. 4677/14 della Corte di Cassazione, 5^ Sez. pen., del 18.12.2013 (dep. 30.01.2014), che ha affrontato il tema del concetto di "condotta fraudolenta" ai fini della valutazione dell'adeguatezza del Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. n. 231/2001:
<<…(omissis)… Il D.Lsvo 231/2001 parte dal presupposto che un efficace modello organizzativo e gestionale può essere violato (e dunque il reato che si vuole scongiurare può essere commesso) solo se le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione e di direzione dell'ente (art. 5 comma primo lett. a) abbiano operato eludendo fraudolentemente il modello stesso. Dunque la natura fraudolenta della condotta del soggetto apicale (persona fisica) costituisce, per così dire, un indice rivelatore della validità del modello, nel senso che solo una condotta fraudolenta appare atta a forzarne le "misure di sicurezza".
6.1 Occorre dunque chiarire che cosa sia una condotta fraudolenta … (omissis) …>>
Più in generale, i numerosi temi affrontati da questa sentenza sono qui di seguito riassunti:
a) l'inganno sotteso all’elusione fraudolenta del modello organizzativo e gestionale è diretto verso la struttura aziendale nel cui interesse il modello è stato predisposto;
b) la responsabilità dell'ente non trova fondamento nel non aver impedito la commissione del reato;
c) il fatto solo che il reato sia stato commesso non significa che il modello organizzativo fosse inadeguato;
d) la responsabilità dell’ente non deriva da un atteggiamento psicologico improntato a colpa in ordinando o componendo, sottospecie della colpa in vigilando, ma da una valutazione di adeguatezza del modello organizzativo;
e) la responsabilità dell’ente non ha natura oggettiva atteso che l'oggetto del giudizio (l'articolato normativo che esplicita un protocollo comportamentale) è comunque conseguenza di un'attività volontaria e consapevole di chi lo ha elaborato, approvato e reso esecutivo e dunque si tratta di un giudizio strettamente normativo;
f) i modelli organizzativi e gestionali possono (non devono) essere adottati sulla scorta dei codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative ma non opera alcuna delega disciplinare a tali associazioni e alcun rinvio per relationem a tali codici che possono certamente essere assunti come paradigma del modello in concreto da adottare il quale tuttavia deve poi essere 'calato' nella realtà aziendale nella quale è destinato a trovare attuazione; anche il fatto che i codici di comportamento siano comunicati al Ministero di Giustizia, che può formulare osservazioni, non vale a conferire a tali modelli il crisma della incensurabilità, quasi che il giudice fosse vincolato a una sorta di ipse dixit aziendale e/o ministeriale, in una prospettiva di privatizzazione della normativa da predisporre per impedire la commissione di reati;
g) nel valutare i modelli il giudice non potrà avere come parametri suoi personali convincimenti o sue soggettive opinioni, ma dovrà far riferimento alle linee direttrici generali dell'ordinamento (e in primis a quelle costituzionali: art 41 comma terzo), ai principi della logica e ai portati della consolidata esperienza;
h) inidoneità di un modello finalizzato a prevenire il reato di aggiotaggio il quale preveda che la comunicazione sia elaborata da un organo interno ma diffusa da organi apicali (presidente e amministratore delegato) sottoposti ai controllo di un organo alle dirette dipendenze proprio del presidente;
i) necessità che la funzione di vigilanza sul funzionamento e sull'osservanza del modello sia attribuita a un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo e dunque non subordinato all’organo controllante;
j) se all'organo di controllo non è nemmeno concesso di esprimere una dissenting opinion sulla comunicazione (rendendo così almeno manifesta la propria contrarietà modo da mettere in allarme i destinatari), il modello organizzativo non può ritenersi atto a impedire la consumazione di un tipico reato di comunicazione quale è l'aggiotaggio;
k) l'elusione fraudolenta ad opera del soggetto apicale costituisce un indice rivelatore della validità del modello nel senso che solo una condotta fraudolenta appare atta a forzarne le misure di sicurezza - la condotta di elusione fraudolenta non può consistere nella mera violazione delle prescrizioni contenute nel modello ma, pur non dovendo necessariamente coincidere con gli artifizi e i raggiri del reato di truffa, non può non consistere in una condotta ingannevole, falsificatrice, obliqua, subdola;
l) l’elusione fraudolenta deve consistere in una condotta di aggiramento di una norma imperativa non di semplice e frontale violazione della stessa, altrimenti ci si trova in presenza di un abuso (cioè dell'uso distorto di un potere) ma non di un inganno e quindi di una condotta fraudolenta).
24.01.2014
La Cassazione interviene sull'applicabilità del reato di associazione per delinquere (art. 416, c.p.) in relazione a delitti-scopo non rientranti tra i "reati-presupposto"
Con la sentenza n. 3635/13 emessa il 20 dicembre 2013, la Sesta sezione penale della Corte di cassazione, ha annullato senza rinvio l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame di Taranto aveva confermato il sequestro preventivo di beni funzionale alla confisca ex art. 19 d.lgs. 231 del 2001, per un valore di oltre otto miliardi di euro, equivalente al profitto derivante dal delitto di associazione per delinquere e dai reati-scopo ambientali contestati a due società, affermando che il profitto non può corrispondere al risparmio di spesa conseguente al mancato adeguamento degli impianti dello stabilimento siderurgico, dovendosi ritenere necessario l’accertamento della diretta correlazione causale con i reati presupposto e del conseguimento di un risultato economico positivo. Con questa pronuncia la Corte Suprema interviene sul controverso tema della rilevanza - ai fini dell'art. 24-ter del D.Lgs. n. 231/2001 - del reato di associazione per delinquere, ex art. 416, c.p., nel caso di reati-fine non inclusi nella lista dei reati-presupposto soggetti alla disciplina in tema di responsabilità amministrativa degli enti di cui a quest'ultimo Decreto. Al riguardo si afferma che il provvedimento impugnato si basa su un "vizio di fondo"; in caso contrario, l'art. 416, c.p. (reato-presupposto ai fini del D.Lgs.) "si trasformerebbe ... in una disposizione "aperta", dal contenuto elastico, ... con il pericolo di una ingiustificata dilatazione dell'area di potenziale responsabilità dell'ente collettivo ...". La pronuncia in esame appare in contrasto con quanto recentemente affermato dalla terza Sezione penale della stessa Corte di Cassazione con riferimento al reato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale (sentenza n. 24841 del 27.03.201, dep. 06.06.2013).
La Cassazione interviene sull'applicabilità del reato di associazione per delinquere (art. 416, c.p.) in relazione a delitti-scopo non rientranti tra i "reati-presupposto"
Con la sentenza n. 3635/13 emessa il 20 dicembre 2013, la Sesta sezione penale della Corte di cassazione, ha annullato senza rinvio l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame di Taranto aveva confermato il sequestro preventivo di beni funzionale alla confisca ex art. 19 d.lgs. 231 del 2001, per un valore di oltre otto miliardi di euro, equivalente al profitto derivante dal delitto di associazione per delinquere e dai reati-scopo ambientali contestati a due società, affermando che il profitto non può corrispondere al risparmio di spesa conseguente al mancato adeguamento degli impianti dello stabilimento siderurgico, dovendosi ritenere necessario l’accertamento della diretta correlazione causale con i reati presupposto e del conseguimento di un risultato economico positivo. Con questa pronuncia la Corte Suprema interviene sul controverso tema della rilevanza - ai fini dell'art. 24-ter del D.Lgs. n. 231/2001 - del reato di associazione per delinquere, ex art. 416, c.p., nel caso di reati-fine non inclusi nella lista dei reati-presupposto soggetti alla disciplina in tema di responsabilità amministrativa degli enti di cui a quest'ultimo Decreto. Al riguardo si afferma che il provvedimento impugnato si basa su un "vizio di fondo"; in caso contrario, l'art. 416, c.p. (reato-presupposto ai fini del D.Lgs.) "si trasformerebbe ... in una disposizione "aperta", dal contenuto elastico, ... con il pericolo di una ingiustificata dilatazione dell'area di potenziale responsabilità dell'ente collettivo ...". La pronuncia in esame appare in contrasto con quanto recentemente affermato dalla terza Sezione penale della stessa Corte di Cassazione con riferimento al reato di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale (sentenza n. 24841 del 27.03.201, dep. 06.06.2013).
15.10.2013
Abrogate le modifiche all'art. 24-bis, D.Lgs. n. 231/2001 (reati informatici e trattamento illecito di dati) previste dal D.L. n. 93/2013
In sede di conversione del Decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, la L. 15 ottobre 2013, n. 119 ha abrogato l’art. 9, comma 2, del Decreto, che aveva integrato l’art. 24-bis, D.Lgs. n. 231/2001 (Delitti informatici e trattamento illecito di dati) aggiungendo alla lista dei reati-presupposto i seguenti cinque reati: 1) frode informatica aggravata dalla sostituzione dell’identità digitale (art. 640-ter, comma 3, c.p.); 2) indebito utilizzo, falsificazione, alterazione e ricettazione di carte di credito o di pagamento di cui all’art. 55 comma 9 del d. lgs. n. 231/2007; 3) trattamento illecito dei dati (art. 167, D.Lgs. n. 196/2003); 4) falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante (art. 168, D.Lgs. n. 196/2003); 5) inosservanza dei provvedimenti del Garante (art. 170, D.Lgs. n. 196/2003).
Abrogate le modifiche all'art. 24-bis, D.Lgs. n. 231/2001 (reati informatici e trattamento illecito di dati) previste dal D.L. n. 93/2013
In sede di conversione del Decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, la L. 15 ottobre 2013, n. 119 ha abrogato l’art. 9, comma 2, del Decreto, che aveva integrato l’art. 24-bis, D.Lgs. n. 231/2001 (Delitti informatici e trattamento illecito di dati) aggiungendo alla lista dei reati-presupposto i seguenti cinque reati: 1) frode informatica aggravata dalla sostituzione dell’identità digitale (art. 640-ter, comma 3, c.p.); 2) indebito utilizzo, falsificazione, alterazione e ricettazione di carte di credito o di pagamento di cui all’art. 55 comma 9 del d. lgs. n. 231/2007; 3) trattamento illecito dei dati (art. 167, D.Lgs. n. 196/2003); 4) falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante (art. 168, D.Lgs. n. 196/2003); 5) inosservanza dei provvedimenti del Garante (art. 170, D.Lgs. n. 196/2003).
15.09.2013
Approvato il Piano Nazionale Anti-corruzione previsto dalla Legge n. 190/2012
Con la delibera n. 72/2013 dell'11 settembre 2013 la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Autorità Nazionale Anti-corruzione - A.N.A.C.) ha approvato il "Piano Nazionale Anticorruzione" (P.N.A.) predisposto dal Dipartimento della Funzione pubblica. Tale Piano si applica anche alle società a partecipazione pubblica, per le quali si ribadisce (seppur indirettamente), l'applicabilità del regime sanzionatorio ex D.Lgs. n. 231/2001.
Approvato il Piano Nazionale Anti-corruzione previsto dalla Legge n. 190/2012
Con la delibera n. 72/2013 dell'11 settembre 2013 la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Autorità Nazionale Anti-corruzione - A.N.A.C.) ha approvato il "Piano Nazionale Anticorruzione" (P.N.A.) predisposto dal Dipartimento della Funzione pubblica. Tale Piano si applica anche alle società a partecipazione pubblica, per le quali si ribadisce (seppur indirettamente), l'applicabilità del regime sanzionatorio ex D.Lgs. n. 231/2001.
14.02.2013
Sulla G.U. n. 26 del 31 gennaio 2013 è stata pubblicata la Legge 14 gennaio 2013, n. 9 – Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini.
L’art. 12 di questo provvedimento ha previsto quanto segue:
<<1. Gli enti che operano nell'ambito della filiera degli oli vergini di oliva sono responsabili, in conformità al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per i reati di cui agli articoli 440, 442, 444, 473, 474, 515, 516, 517 e 517-quater del codice penale, commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da persone: a) che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, ovvero che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a). 2. La responsabilità dell'ente sussiste anche quando l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile.>>
Sulla G.U. n. 26 del 31 gennaio 2013 è stata pubblicata la Legge 14 gennaio 2013, n. 9 – Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini.
L’art. 12 di questo provvedimento ha previsto quanto segue:
<<1. Gli enti che operano nell'ambito della filiera degli oli vergini di oliva sono responsabili, in conformità al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per i reati di cui agli articoli 440, 442, 444, 473, 474, 515, 516, 517 e 517-quater del codice penale, commessi nel loro interesse o a loro vantaggio da persone: a) che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, ovvero che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a). 2. La responsabilità dell'ente sussiste anche quando l'autore del reato non è stato identificato o non è imputabile.>>
28.11.2012
Entrata in vigore la Legge n. 190/2012 (cd. "Legge anti-corruzione")
Il 28 novembre 2012 è entrata in vigore la Legge 6 novembre 2012, n. 190 (relativa al cd. “DDL anti-corruzione”), che ha modificato alcuni articoli del codice penale rilevanti ai sensi dell’art. 25, D.Lgs. n. 231/2001 e ha inserito, tra i “reati societari” di cui all’art. 25-ter, D.Lgs. n. 231/2001, il delitto di “corruzione tra privati” nelle ipotesi di cui all’art. 2635, comma 3, codice civile.
Entrata in vigore la Legge n. 190/2012 (cd. "Legge anti-corruzione")
Il 28 novembre 2012 è entrata in vigore la Legge 6 novembre 2012, n. 190 (relativa al cd. “DDL anti-corruzione”), che ha modificato alcuni articoli del codice penale rilevanti ai sensi dell’art. 25, D.Lgs. n. 231/2001 e ha inserito, tra i “reati societari” di cui all’art. 25-ter, D.Lgs. n. 231/2001, il delitto di “corruzione tra privati” nelle ipotesi di cui all’art. 2635, comma 3, codice civile.
09.08.2012
Introdotto l'art. 25-duodecies nel D.Lgs. n. 231/2001
Il D.Lgs. 16 luglio 2012, n. 109 (in vigore dal 9 agosto 2012) ha introdotto nel D.Lgs. n. 231/2001 l’art. 25-duodecies, inserendo così nell’elenco dei cd. “reati presupposto” la fattispecie criminosa dell’impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (se ricorre l’ipotesi di cui all’art. 22, comma 12-bis, D.Lgs. 22 luglio 1998, n. 286).
Introdotto l'art. 25-duodecies nel D.Lgs. n. 231/2001
Il D.Lgs. 16 luglio 2012, n. 109 (in vigore dal 9 agosto 2012) ha introdotto nel D.Lgs. n. 231/2001 l’art. 25-duodecies, inserendo così nell’elenco dei cd. “reati presupposto” la fattispecie criminosa dell’impiego di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (se ricorre l’ipotesi di cui all’art. 22, comma 12-bis, D.Lgs. 22 luglio 1998, n. 286).
18.11.2011
L'IRDCEC - Istituto di ricerca dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha emanato la circolare n. 26 del 10.11.2011 - "L'adozione dei Modelli di organizzazione e gestione ex D.Lgs. n. 231/2001 tra obbligo e opportunità" (clicca qui per scaricare il documento).
Il Sole 24 Ore - lunedì 28 novembre 2011 - pagina 6
L'adozione dei modelli organizzativi per prevenire la responsabilità da reato delle persone giuridiche è il tema – già molto dibattuto – affrontato dalla circolare n. 26 del 18 novembre 2011 dell'Istituto di ricerca dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (Irdcec).
In particolare, muovendo dal l'individuazione dei requisiti previsti dal Dlgs 231/2001 per superare il vaglio di idoneità da parte dell'autorità giudiziaria e dalla disamina delle conseguenze connesse alla sua omessa adozione, l'istituto di ricerca mira a chiarire in via interpretativa se l'adozione dei modelli organizzativi soddisfi esclusivamente una necessità di controllo volontario del rischio, ovvero possa configurarsi – se non un vero e proprio obbligo giuridico – quanto meno un dovere.
Il progressivo ampliamento del catalogo dei reati presupposto, l'intervenuta obbligatorietà dei modelli seppur in specifici ambiti, nonché il profilarsi di un preciso orientamento giurisprudenziale inducono a ritenere che, anche se non c'è un vero e proprio obbligo normativo rispetto all'adozione del modello, la sua elaborazione e adeguata implementazione possono costituire in molti casi un dovere proprio degli amministratori in ragione della carica assunta.
In quest'ottica l'adozione dei modelli organizzativi costituisce una precisa scelta di governance: la decisione di identificare il rischio-reato e gestirlo, al fine di ridurre la possibilità che il relativo evento si verifichi, rientra in una politica che deve necessariamente essere definita dai vertici amministrativi dell'ente nel rispetto delle norme che impongono la cura e la vigilanza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile (articoli 2381, quinto comma, e 2403 Codice civile; e, con riferimento alle società quotate, articolo 149 Tuf).
Queste norme incidono evidentemente anche sulla responsabilità dell'ente ex Dlgs n. 231/2001, imponendo agli organi gestori e di controllo quanto meno il dovere di verificare l'esposizione al rischio-reato della società amministrata. Non a caso un crescente orientamento giurisprudenziale tende ad affermare la responsabilità civile degli amministratori per omessa adozione dei cosiddetti modelli 231, ravvisandone i presupposti nella loro inerzia a fronte di uno specifico dovere di attivazione dei medesimi.
Sul punto la circolare Cndcec evidenzia la necessità di distinguere l'obbligo di adozione dei modelli da quello di verifica del l'esposizione al "rischio 231" della società amministrata.
Quest'ultimo, infatti, non sembra riconducibile a una attività meramente discrezionale; al contrario, gli amministratori hanno un vero e proprio obbligo nell'ambito del più ampio dovere di agire con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze (articolo 2392, primo comma, Codice civile). La verifica si traduce in un'attività di risk assessment, a seguito della quale gli amministratori potranno deliberare l'adozione del modello organizzativo, ove i rischi rilevati risultino tali da renderlo necessario, ovvero limitarsi a monitorare periodicamente i rischi, nel caso in cui gli stessi siano risultati accettabili.
16.08.2011
Introdotti gli artt 25-decies e 25-undecies nel D.Lgs. n. 231/2001
Sono entrate in vigore le modifiche al D.Lgs. n. 231/2001 recate dall'art. 2 del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, il quale ha inserito nel Decreto:
Introdotti gli artt 25-decies e 25-undecies nel D.Lgs. n. 231/2001
Sono entrate in vigore le modifiche al D.Lgs. n. 231/2001 recate dall'art. 2 del D.Lgs. 7 luglio 2011, n. 121, il quale ha inserito nel Decreto:
- l'art 25-decies (Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria);
- l'art. 25-undecies (Reati ambientali).