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I Modelli di prevenzione della corruzione e le attività del Responsabile della prevenzione
Modelli anti-corruzione e Modelli 231 |
- "Fraud Risk Assessment - A fraud risk assessment is a dynamic and iterative process for identifying and assessing fraud risks relevant to the organization. Fraud risk assessment addresses the risk of fraudulent financial reporting, fraudulent non-financial reporting, asset misappropriation, and illegal acts (including corruption). Organizations can tailor this approach to meet their individual needs, complexities, and goals. Fraud risk assessment is not only an integral component of risk assessment and internal control, it also is specifically linked to 2013 COSO Framework principle 8." (COSO - Fraud management Guide - Executive summary - Principles, settembre 2016)
L’art. 1 della Legge 6 novembre 2012, n. 190 (in G.U. n. 265 del 13 novembre 2012) reca “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.
Tra le misure introdotte dalla norma sono inclusi i seguenti adempimenti a carico delle Amministrazioni pubbliche (centrali, regionali e locali):
- definizione di un piano di prevenzione della corruzione che fornisca una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e indichi gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio;
- adozione di procedure e iniziative in tema di formazione dei dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione;
- nomina di un “responsabile della prevenzione della corruzione”.
Con delibera n. 72/2013 dell’11 settembre 2013, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (individuata quale Autorità Nazionale AntiCorruzione – A.N.AC.) ha approvato il Piano Nazionale Anticorruzione (P.N.A.) predisposto dal Dipartimento della Funzione pubblica (l riguardo si veda anche la determinazione A.N.A.C. n. 12 del 28.10.2015 - <<Aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione>>, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale serie generale n. 267 del 16 novembre 2015).
Questo documento si rivolge anche agli “enti di diritto privato in controllo pubblico”, alle società partecipate e a quelle da esse controllate ai sensi dell’art. 2359, c.c.. (per l'ambito di applicazione della normativa, in generale, clicca qui).
Per “enti di diritto privato in controllo pubblico” si intendono “le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle pubbliche amministrazioni, sottoposti a controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi”.
Gli adempimenti in materia di prevenzione della corruzione che devono essere – con “decorrenza immediata” – adottati da tali enti sono analoghi a quelli posti a carico delle Amministrazioni pubbliche; al riguardo, specifici obblighi di controllo sono stabiliti in capo alle Amministrazioni vigilanti.
Il P.N.A. sottolinea che il concetto di corruzione deve essere inteso in un’accezione ampia, includendo ogni forma di abuso - verificatosi nel corso di un’attività amministrativa -del potere affidato a un soggetto, al fine di ottenere vantaggi privati.
Al riguardo, il documento precisa quanto segue:
“Le situazioni rilevanti sono più ampie della fattispecie penalistica, che è disciplinata negli artt. 318, 319 e 319 ter, c.p., e sono tali da comprendere non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione disciplinati nel Titolo II, Capo I, del codice penale, ma anche le situazioni in cui - a prescindere dalla rilevanza penale - venga in evidenza un malfunzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite ovvero l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo, sia che tale azione abbia successo sia nel caso in cui rimanga a livello di tentativo.”
L’ambito di applicazione dei “Modelli di prevenzione della corruzione” è, quindi, più ampio di quello riferito ai “Modelli di organizzazione, gestione e controllo” ex art. 6, D.Lgs. n. 231/2001, considerato che l’elenco dei reati-presupposto previsti da quest’ultimo Decreto è tassativo e non include tutti i reati contro la Pubblica amministrazione (v., in particolare, artt. 24 e 25, Decreto).
Ne deriva che, per assicurare la conformità all’art. 1 della Legge n. 190/2012 e alle prescrizioni di cui al P.N.A., le società a partecipazione pubblica già dotate di un “Modello di organizzazione, gestione e controllo” dovranno necessariamente integrare i propri piani formativi e lo stesso “Modello” dopo aver condotto un adeguato processo di risk assessment.
La Tavola n. 2 allegata al P.N.A. – riguardante gli Enti pubblici economici e gli Enti di diritto privato in controllo pubblico – specifica quali sono le misure anti-corruzione che devono essere adottate e descritte nei “Modelli di prevenzione della corruzione”.
In particolare, i Piani di prevenzione della corruzione devono contenere:
· l’individuazione delle attività a rischio;
· la programmazione della formazione mirata per le aree a maggior rischio;
· la previsione delle procedure gestionali finalizzate alla prevenzione dei reati;
· l’individuazione di idonee modalità di gestione delle risorse umane e finanziarie;
· l’introduzione di un Codice di comportamento per i dipendenti che includa la regolazione dei casi di conflitto di interesse;
· la regolazione di procedure per l’aggiornamento del modello;
· la previsione di obblighi di informazione nei con-fronti dell’organismo vigilante;
· la regolazione del sistema informativo per attuare il flusso delle informazioni ai fini del monitoraggio da parte dell’amministrazione vigilante;
· l’ntroduzione di un sistema disciplinare che includa le sanzioni per i casi di illecito.
Lo stesso P.N.A. precisa che:
“Per evitare inutili ridondanze qualora questi enti adottino già modelli di organizzazione e gestione del rischio sulla base del d.lgs. n. 231 del 2001 nella propria azione di prevenzione della corruzione possono fare perno su essi, ma estendendone l’ambito di appli-cazione non solo ai reati contro la pubblica ammini-strazione previsti dalla l. n. 231 del 2001 ma anche a tutti quelli considerati nella l. n. 190 del 2012 , dal lato attivo e passivo, anche in relazione al tipo di attività svolto dall’ente (società strumentali/società di interesse generale).
Tali parti dei modelli di organizzazione e gestione, inte-grate ai sensi della l. n. 190 del 2012 e denominate Piani di prevenzione della corruzione, debbono essere tra-smessi alle amministrazioni pubbliche vigilanti ed essere pubblicati sul sito istituzionale.
Gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale o regio-nale/locale devono, inoltre, nominare un responsabile per l’attuazione dei propri Piani di prevenzione della corruzione, che può essere individuato anche nell’or-ganismo di vigilanza previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 231 del 2001, nonché definire nei propri modelli di organizzazione e gestione dei meccanismi di accountability che consentano ai cittadini di avere notizie in merito alle misure di prevenzione della corruzione adottate e alla loro attuazione.”
Sempre il P.N.A., quale riferimento per l’efficace gestione del rischio di commissione di atti corruttivi ha individuato lo standard UNI ISO 31000:2010.
Tale standard (così come la nota metodologia E.R.M. – Enterprise Risk Management – e le Linee guida di Confindustria in materia di adozione dei Modelli ex D.Lgs. n. 231/2001) pone alla base della definizione dei “Piani di prevenzione” lo svolgimento di un attento processo di risk management, distinto nelle seguenti tre fasi:
· identificazione e analisi dei rischi;
· valutazione di rischi (sulla base dell’impatto e della probabilità di accadimento);
· individuazione delle contromisure e monitoraggio continuo dei rischi.
Alla fine di dicembre 2014, l’A.N.AC. e il MEF hanno approvato un documento, pubblicato sui rispettivi siti istituzionali, in cui sono stati tracciati i principali indirizzi a cui si attiene la direttiva che il MEF intende adottare nei confronti delle proprie società controllate e partecipate.
Tali indirizzi sono stati trasfusi nello schema Delibera A.N.A.C. (in consultazione sino al 15 aprile 2014) avente ad oggetto: <<Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici>>.
Qui di seguito si riporta la <<Premessa>> dello schema di delibera:
<<Premessa
Le presenti Linee guida sono volte ad orientare gli enti di diritto privato controllati e partecipati, direttamente e
indirettamente, da pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici economici nell’applicazione della normativa in
materia di prevenzione della corruzione e trasparenza di cui alla legge n. 190/2012 e definiscono altresì le
implicazioni che ne derivano, anche in termini organizzativi, per detti soggetti e per le amministrazioni di
riferimento.
Già il Piano nazionale anticorruzione (PNA), approvato dall’Autorità (A.N.AC.) con delibera n. 72 del 2013,
aveva previsto l’applicazione di misure di prevenzione della corruzione negli enti di diritto privato in controllo
pubblico e partecipati da pubbliche amministrazioni, anche con veste societaria, e negli enti pubblici economici.
A seguito dell’approvazione del PNA, tuttavia, la normativa anticorruzione prevista dalla legge n. 190 del 2012 e
dai decreti delegati ha subito significative modifiche da parte del decreto legge n. 90 del 2014 convertito con
modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114. In particolare, è stato ridisegnato l’assetto istituzionale
incentrando nell’A.N.AC. e nel suo Presidente il sistema della regolazione e della vigilanza in materia di
prevenzione della corruzione ed è stato attribuito alla sola A.N.AC. il compito di predisporre il PNA.
Tra le altre principali modifiche che interessano ai fini delle presenti Linee guida, l’art. 24 bis del d.l. del 24
giugno 2014 n. 90 ha esteso l’ambito di applicazione della disciplina della trasparenza agli «enti di diritto privato
in controllo pubblico, ossia alle società e agli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative,
attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici,
sottoposti a controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile da parte di pubbliche amministrazioni, oppure
agli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione
azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi». Nel contempo, il medesimo articolo ha
previsto che alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni «in caso di partecipazione non maggioritaria,
si applicano, limitatamente all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione
europea, le disposizioni dell’articolo 1, commi da 15 a 33, della legge 6 novembre 2012, n. 190».
Le disposizioni in questione intervengono in un quadro normativo già di per sé particolarmente complesso il cui
ambito soggettivo di applicazione ha dato luogo a numerose incertezze interpretative, oggi solo in parte risolte a
seguito della modifica dell’art. 11 del d.lgs. n. 33 del 2013.
In particolare, per quanto riguarda l’applicabilità delle misure di prevenzione della corruzione e della trasparenza
alle società controllate, a quelle partecipate e agli altri enti di diritto privato in controllo pubblico nonché agli enti
pubblici economici, le modifiche normative sopra citate, unitamente alla disorganicità delle disposizioni della
legge n. 190 del 2012 e dei decreti delegati che si riferiscono a detti enti e società, hanno indotto l’A.N.AC. e il
Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) ad avviare una riflessione comune, con l’istituzione di un tavolo
tecnico, finalizzata all’elaborazione di indicazioni condivise sull’applicazione della normativa anticorruzione e
della nuova disciplina in materia di trasparenza.
Alla fine di dicembre 2014, l’A.N.AC. e il MEF hanno approvato un documento, pubblicato sui rispettivi siti
istituzionali, in cui sono stati tracciati i principali indirizzi a cui si attengono le presenti Linee guida e la direttiva
che il MEF intende adottare nei confronti delle proprie società controllate e partecipate. Detti indirizzi sono stati
anche oggetto di un seminario pubblico che si è svolto il 4 marzo 2015 presso il MEF e a cui sono stati invitati i
rappresentanti degli uffici legali e i Responsabili della prevenzione della corruzione delle società partecipate e
controllate dal MEF.
Consapevole della rilevanza del fenomeno degli enti di diritto privato controllati o partecipati a livello regionale e
locale, l’A.N.AC. ritiene di sicura importanza poter acquisire osservazioni e proposte anche da parte del mondo
delle autonomie oltre che da parte di tutti gli altri soggetti interessati. Per questo le presenti Linee guida saranno
messe in consultazione pubblica sul sito dell’A.N.AC.. All’esito della consultazione, l’Autorità approverà le linee
guida finali, tenendo conto delle osservazioni e dei contributi pervenuti.
Le presenti Linee guida incidono sulla disciplina già prevista dal PNA e ne comportano una rivisitazione.
Pertanto, vista la coincidenza delle questioni trattate, le Linee guida sostituiscono integralmente i contenuti del
PNA in materia di misure di prevenzione della corruzione che devono essere adottate degli enti pubblici
economici, degli enti di diritto privato in controllo pubblico e delle società a partecipazione pubblica.
Le Linee guida sono innanzitutto indirizzate alle società e agli enti privati controllati e partecipati dalle pubbliche
amministrazioni nonché agli enti pubblici economici tenuti al rispetto della normativa.
L’applicazione delle presenti Linee guida è sospesa per le società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati
regolamentati e per le loro controllate
Ad avviso dell’Autorità e del MEF senza dubbio anche per queste società sussiste un interesse pubblico alla
prevenzione della corruzione e alla promozione della trasparenza. Poiché, tuttavia, dette società sono sottoposte
a un particolare regime giuridico, specie in materia di diffusione di informazioni, a tutela degli investitori e del
funzionamento delle regole del mercato concorrenziale, le indicazioni circa la disciplina ad esse applicabile sarà
oggetto di Linee guida da adottare in esito alle risultanze del tavolo di lavoro che A.N.AC. e MEF hanno avviato
con CONSOB.
Le Linee guida sono rivolte, inoltre, alle amministrazioni pubbliche vigilanti, partecipanti e controllanti da un lato
gli enti di diritto privato e dall’altro gli enti pubblici economici. Ad avviso dell’Autorità, infatti, spetta in primo
luogo a dette amministrazioni promuovere l’applicazione della normativa in materia di prevenzione della
corruzione e di trasparenza da parte di tali enti. Ciò in ragione dei poteri che le amministrazioni esercitano nei
confronti degli stessi ovvero del legame organizzativo, funzionale o finanziario che li correla.
L’ambito soggettivo di applicazione delle norme è particolarmente vasto ed eterogeneo. Nel solo settore degli
enti controllati e partecipati da pubbliche amministrazioni, sulla base dei dati comunicati dalle stesse
amministrazioni al MEF al 31 dicembre 2012, le amministrazioni centrali partecipano, direttamente o in via
indiretta, in 423 enti a cui si aggiungono i 17 partecipati dagli enti previdenziali. Le amministrazioni locali hanno
dichiarato di detenere, direttamente o in via indiretta, 35.311 partecipazioni che insistono su 7.726 enti. Le
strutture organizzative e i modelli giuridici degli enti in questione sono vari e diversificati1
Data l’estensione del fenomeno e l’eterogeneità delle tipologie di enti privati in controllo pubblico e partecipati
esistenti, con il presente atto di regolazione l’Autorità intende dare indicazioni relativamente ai contenuti
essenziali dei modelli organizzativi da adottare ai fini della prevenzione della corruzione e della diffusione della
trasparenza, non potendo, invece, fornire riferimenti puntuali a casistiche relative a singole strutture. Le Linee
guida, pertanto, mirano a orientare le società e gli enti nell’applicazione della normativa di prevenzione della
corruzione e della trasparenza con l’obiettivo primario che essa non dia luogo ad un mero adempimento
burocratico, ma che venga adattata alla realtà organizzativa dei singoli enti per mettere a punto strumenti di
prevenzione mirati e incisivi.
Infine, da un punto di vista metodologico, i contenuti delle Linee guida sono stati sviluppati avendo ben presente
l’esigenza di prevedere necessari adattamenti di una normativa prevista innanzitutto per le pubbliche
amministrazioni ed estesa anche ad enti con natura privatistica o la cui attività presenta caratteri diversi da quella
delle pubbliche amministrazioni ex art. 1, co. 2, del d.lgs. n. 165/2001.>>
La delibera è stata poi formalizzata con il seguente provvedimento: