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LE RESPONSABILITA’ PENALI PER I REATI IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
BREVE RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA DELLA CORTE SUPREMA
NORMATIVA: Artt. 589 e 590, c.p. - D.Lgs. n. 81/2008 - D.Lgs. n. 231/2001
A) Individuazione del datore di lavoro nelle società di capitali - Responsabilità del Consiglio di Amministrazione
Premessa: l’art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 individua il datore di lavoro nel settore privato nel:
<<soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa>> (per >>unità produttiva>> non si intende ogni sede aziendale ma solo quella che possegga <<autonomia finanziaria e tecnico-funzionale>>, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. t, D.Lgs. n. 81/2008).
A.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 38991 del 4 novembre 2010
Massima: anche in presenza di una delega di funzioni ad uno o più amministratori (con specifiche attribuzioni in materia di igiene del lavoro), la responsabilità penale è dell’intero Consiglio di Amministrazione se la causa dell’evento mortale è dipesa da carenti scelte generali e strategiche.
Stralcio: <<Questa Corte, in plurime sentenze, ha già avuto modo di statuire che nelle imprese gestite da società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni e igiene sul lavoro, posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione (Cass. 4^, 6280/2007, Mantelli). Infatti, anche di fronte alla presenza di una eventuale delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, tale situazione può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega. ... (omissis) ... Nel caso di specie, come si evince dalla contestazione e dalle emergenze della istruttoria dibattimentale esposte nelle sentenze di merito, la violazione della disposizioni sull'igiene del lavoro erano talmente gravi, reiterate e "strutturali", da richiedere decisioni di alto livello aziendale non delegabili e proprie di tutto il consiglio di amministrazione ed, in ogni caso, che non sottraevano i suoi componenti da obblighi di sorveglianza e denuncia. Se ciò vale per i singoli componenti del consiglio, a maggior ragione la posizione di garanzia rimane radicata il capo all'amministratore delegato od al componente del comitato esecutivo.>>
A.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 45068 del 22 ottobre 2004
Massima: un soggetto può assumere la veste di “datore di lavoro” purché <<l’organismo da lui diretto, pur restando un’emanazione della stessa impresa, abbia una sua fisionomia distinta, presenti un proprio bilancio e possa deliberare, in condizioni di relativa indipendenza, il riparto delle risorse disponibili, operando così le scelte organizzative ritenute più confacenti alle proprie caratteristiche funzionali e produttive>>.
A.3 Corte di Cassazione, sentenza n. 4981 del 6 febbraio 2004 (citata nella sentenza della Corte d’Assise del Tribunale di Torino del 14 novembre 2011, nel caso ThyssenKrupp)
Massima: <<come insegna la Corte di Cassazione (v. sentenza n. 4981 del 6/2/2004) la definizione del datore di lavoro: “...non è intesa nel senso esclusivamente civilistico e giuslavoristico, e quindi limitata a chi è titolare del rapporto di lavoro, ma si estende a chi ha la responsabilità dell’impresa o dell’unità produttiva ed è titolare dei poteri decisionali e di spesa ... principio di effettività. Con questa modifica non si fa più riferimento ad un dato formale ... ma altresì a dati di natura sostanziale quali la responsabilità dell’impresa o dell’unità produttiva purché accompagnati - questo è il punto - dai poteri decisionali e di spesa. Insomma, ciò che rileva, al fine di decidere la qualità di datore di lavoro, e quindi la posizione di garanzia, sono il potere di decidere e quello di spendere. Chi li possiede è datore di lavoro, e quindi titolare della posizione di garanzia ... Ma il principio di effettività non ha mai significato che il soggetto gravato dalla posizione di garanzia - e che disponeva dei poteri di decidere e di spendere - potesse esonerarsene su base volontaria o contrattuale e lo stesso istituto della delega di funzioni è stato assoggettato ad una rigorosissima serie di vincoli che comunque non hanno mai condotto alla totale esclusione della responsabilità del delegante qualora questi non avesse esercitato appieno i residui poteri di controllo sull’opera del delegato. Insomma il principio di effettività è un metodo, anche conoscitivo, per riportare la responsabilità laddove si trovano i poteri di decidere e di spendere e non un modo per esonerare da responsabilità chi, per scelta propria, di questi poteri disponga ma non li eserciti>>.
B) Responsabilità del delegato
B.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 2273 del 19 gennaio 2010
Stralcio: <<il datore di lavoro può essere esonerato da responsabilità in merito all'osservanza delle norme antinfortunistiche solo se dia la prova rigorosa, il che nel caso di specie non è affatto avvenuto, di avere delegato ad altre persone tecnicamente qualificate l'incarico di seguire lo svolgimento delle varie attività, riservando per sé solo funzioni amministrative>>.
B.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 44890 del 20 novembre 2009
Stralcio: <<... Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il G. e, sotto i profili della violazione di legge e della mancanza e manifesta illogicità di motivazione, ha eccepito che: - la delega conferitagli dal sindaco pro tempore, in materia antinfortunistica e di sicurezza sul lavoro, non poteva ritenersi "pienamente valida e produttiva di effetti giuridici", perché non accompagnata dall'effettiva assegnazione, da parte del delegante, dei fondi necessari per l'espletamento delle funzioni delegate; ... 1. Priva di decisività è la prima censura proposta dal ricorrente e riguardante la validità della delega conferitagli in materia di sicurezza sul lavoro. Se anche fossero vere le circostanze dedotte nell'atto di gravame, infatti, non per questo verrebbe meno la responsabilità del delegato, poiché l'invalidità della delega - in base al principio di effettività - impedisce che il delegante possa essere esonerato da responsabilità ma non esclude la responsabilità del delegato che, di fatto, abbia svolto le funzioni delegate (vedi Cass., Sez. 4, 27.11.2008, n. 48295, Libori). In realtà il delegato che ritenga di non essere stato posto in grado di svolgere te funzioni delegate (ovvero non si ritenga in grado di svolgere adeguatamente quelle funzioni) deve chiedere al delegante di porlo in grado di svolgerle e, in caso di rifiuto o mancato adempimento, rifiutare il conferimento della delega. 2. I giudici del merito, nella vicenda in esame, hanno adeguatamente argomentato in ordine alla inidoneità degli occhiali di cui il D. era stato dotato a proteggerne gli occhi da schegge e materiali dannosi prodotti nell'esecuzione all'aperto di lavori di smerigliatura, in condizioni meteorologiche ove l'azione del vento era un fattore ben conosciuto e prevedibile. Detti occhiali, infatti - pure essendone certificata (attraverso il contrassegno "FT") la resistenza alle particelle ad alta velocità ed alle temperature elevate - non possedevano l'indefettibile requisito di completa aderenza al volto, dal quale restavano distanziati per oltre un centimetro, consentendo il passaggio di materiale che poteva raggiungere (e, nella specie, aveva appunto raggiunto) gli occhi di chi li indossava. In un tale contesto di evidenza probatoria e non essendovi alcuna dimostrazione di imprevedibile caso fortuito, va poi evidenziato che - secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema (vedi Cass.: Sez. 3, 2.2.2006, Biondillo ed altri; Sez. 4, 6.2.2004, n. 4981; Sez. 4, 28.2.2003, n. 9279; Sez. 5, 21.10.1999, n. 12027; Sez. 3, 14.2.1998, n. 13086) - imperizia non può farsi rientrare nel concetto di "prova decisiva", essendo un mezzo di accertamento neutro, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice. ...>>.
C) Responsabilità di dirigenti e preposti
C.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 31679 dell’11 agosto 2010
Il nesso di causalità tra la condotta colposa del datore di lavoro e l’evento non è interrotto da eventuali disposizioni erroneamente impartite dal preposto al lavoratore infortunatosi ed agli altri operai addetti, rappresentando l’ordine del preposto lo sviluppo consequenziale dell’originaria condotta colposa del datore di lavoro. Ciò in applicazione del principio giurisprudenziale, applicato alla materia della salute e sicurezza sul lavoro, per cui il nesso di causalità, in presenza di concorso di cause (art. 41 c.p.), non resta escluso dal fatto volontario altrui; in altri termini, quando l'evento è dovuto anche all'imprudenza di un terzo o dello stesso offeso, poiché il fatto umano, involontario o volontario, realizza anch'esso un fattore causale, al pari degli altri fattori accidentali o naturali (v. Cass. pen., sez. IV, 26 maggio 1986, n. 4287, O., in Ced Cass. 172820; Cass. pen., sez. IV, 9 marzo 1989, n. 3603, S.). Conseguentemente, anche nel caso in cui il preposto ponga in essere una condotta colposa che si pone, rispetto all’infortunio, in rapporto concausale, tale condotta non può escludere la responsabilità penale del datore di lavoro ove sia addebitabile a quest’ultimo una condotta colposa originaria, in quanto la condotta del preposto ne rappresenta uno sviluppo consequenziale.
Estratto: << [...] Se è vero, infine, che destinatari delle norme di prevenzione, contro gli infortuni sul lavoro, sono non solo i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, ma anche gli stessi operai, giova ricordare, tuttavia, che l'inosservanza di dette norme da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al comportamento dell'operaio, la cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che da parte dei soggetti obbligati siano adempiute le prescrizioni di loro competenza (cfr. Sez. 4, n. 10121 del 23/01/2007 Ud. - dep. 09/03/2007 - Rv. 236109 imp.: Masi e altro).>>
C.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 42136 del 1° ottobre 2008
Stralcio: “la contestazione mossa all’imputato si fonda testualmente sulla sua veste di direttore di stabilimento e quindi di dirigente. Mai gli è stata attribuita la veste di preposto che, con tutta evidenza, non gli si confaceva. L’uso del termine preposto che compare in un brano della sentenza di merito è del tutto atecnico e non implica un mutamento della qualificazione soggettiva. ... D’altra parte, la veste di dirigente non comporta necessariamente poteri di spesa; e fonda autonomamente la veste di garante per la sicurezza nell’ambito della sfera di responsabilità gestionale attribuita allo stesso dirigente. Tale ruolo è indipendente dalla delega, istituto che trova applicazione quando il datore di lavoro trasferisce su altro soggetto, in tutto o in parte, doveri e poteri (anche di spesa) che gli sono propri.”
D) Responsabilità del RSPP (e del datore di lavoro)
D.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 2814 del 27 gennaio 2011
Stralcio: <<...Secondo le regole generali, il RSPP può essere tenuto a rispondere - proprio perché la sua inosservanza si pone come concausa dell'evento - dell'infortunio in ipotesi verificatosi proprio in ragione dell'inosservanza colposa dei compiti di prevenzione attribuitigli dalla legge.>>
D.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 1834 del 15 gennaio 2010
Stralcio: <<Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è, in altri termini, una sorta di consulente del datore di lavoro ed i risultati dei suoi studi e delle sue elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell'amministrazione dell'azienda, vengono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha scelto, con la conseguenza che quest'ultimo delle eventuali negligenze del consulente è chiamato comunque a rispondere>>, e che <<il soggetto designato responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur rimanendo ferma la posizione di garanzia del datore di lavoro, possa, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare,>>
A) Individuazione del datore di lavoro nelle società di capitali - Responsabilità del Consiglio di Amministrazione
Premessa: l’art. 2, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008 individua il datore di lavoro nel settore privato nel:
<<soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa>> (per >>unità produttiva>> non si intende ogni sede aziendale ma solo quella che possegga <<autonomia finanziaria e tecnico-funzionale>>, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. t, D.Lgs. n. 81/2008).
A.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 38991 del 4 novembre 2010
Massima: anche in presenza di una delega di funzioni ad uno o più amministratori (con specifiche attribuzioni in materia di igiene del lavoro), la responsabilità penale è dell’intero Consiglio di Amministrazione se la causa dell’evento mortale è dipesa da carenti scelte generali e strategiche.
Stralcio: <<Questa Corte, in plurime sentenze, ha già avuto modo di statuire che nelle imprese gestite da società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni e igiene sul lavoro, posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione (Cass. 4^, 6280/2007, Mantelli). Infatti, anche di fronte alla presenza di una eventuale delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, tale situazione può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega. ... (omissis) ... Nel caso di specie, come si evince dalla contestazione e dalle emergenze della istruttoria dibattimentale esposte nelle sentenze di merito, la violazione della disposizioni sull'igiene del lavoro erano talmente gravi, reiterate e "strutturali", da richiedere decisioni di alto livello aziendale non delegabili e proprie di tutto il consiglio di amministrazione ed, in ogni caso, che non sottraevano i suoi componenti da obblighi di sorveglianza e denuncia. Se ciò vale per i singoli componenti del consiglio, a maggior ragione la posizione di garanzia rimane radicata il capo all'amministratore delegato od al componente del comitato esecutivo.>>
A.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 45068 del 22 ottobre 2004
Massima: un soggetto può assumere la veste di “datore di lavoro” purché <<l’organismo da lui diretto, pur restando un’emanazione della stessa impresa, abbia una sua fisionomia distinta, presenti un proprio bilancio e possa deliberare, in condizioni di relativa indipendenza, il riparto delle risorse disponibili, operando così le scelte organizzative ritenute più confacenti alle proprie caratteristiche funzionali e produttive>>.
A.3 Corte di Cassazione, sentenza n. 4981 del 6 febbraio 2004 (citata nella sentenza della Corte d’Assise del Tribunale di Torino del 14 novembre 2011, nel caso ThyssenKrupp)
Massima: <<come insegna la Corte di Cassazione (v. sentenza n. 4981 del 6/2/2004) la definizione del datore di lavoro: “...non è intesa nel senso esclusivamente civilistico e giuslavoristico, e quindi limitata a chi è titolare del rapporto di lavoro, ma si estende a chi ha la responsabilità dell’impresa o dell’unità produttiva ed è titolare dei poteri decisionali e di spesa ... principio di effettività. Con questa modifica non si fa più riferimento ad un dato formale ... ma altresì a dati di natura sostanziale quali la responsabilità dell’impresa o dell’unità produttiva purché accompagnati - questo è il punto - dai poteri decisionali e di spesa. Insomma, ciò che rileva, al fine di decidere la qualità di datore di lavoro, e quindi la posizione di garanzia, sono il potere di decidere e quello di spendere. Chi li possiede è datore di lavoro, e quindi titolare della posizione di garanzia ... Ma il principio di effettività non ha mai significato che il soggetto gravato dalla posizione di garanzia - e che disponeva dei poteri di decidere e di spendere - potesse esonerarsene su base volontaria o contrattuale e lo stesso istituto della delega di funzioni è stato assoggettato ad una rigorosissima serie di vincoli che comunque non hanno mai condotto alla totale esclusione della responsabilità del delegante qualora questi non avesse esercitato appieno i residui poteri di controllo sull’opera del delegato. Insomma il principio di effettività è un metodo, anche conoscitivo, per riportare la responsabilità laddove si trovano i poteri di decidere e di spendere e non un modo per esonerare da responsabilità chi, per scelta propria, di questi poteri disponga ma non li eserciti>>.
B) Responsabilità del delegato
B.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 2273 del 19 gennaio 2010
Stralcio: <<il datore di lavoro può essere esonerato da responsabilità in merito all'osservanza delle norme antinfortunistiche solo se dia la prova rigorosa, il che nel caso di specie non è affatto avvenuto, di avere delegato ad altre persone tecnicamente qualificate l'incarico di seguire lo svolgimento delle varie attività, riservando per sé solo funzioni amministrative>>.
B.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 44890 del 20 novembre 2009
Stralcio: <<... Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il G. e, sotto i profili della violazione di legge e della mancanza e manifesta illogicità di motivazione, ha eccepito che: - la delega conferitagli dal sindaco pro tempore, in materia antinfortunistica e di sicurezza sul lavoro, non poteva ritenersi "pienamente valida e produttiva di effetti giuridici", perché non accompagnata dall'effettiva assegnazione, da parte del delegante, dei fondi necessari per l'espletamento delle funzioni delegate; ... 1. Priva di decisività è la prima censura proposta dal ricorrente e riguardante la validità della delega conferitagli in materia di sicurezza sul lavoro. Se anche fossero vere le circostanze dedotte nell'atto di gravame, infatti, non per questo verrebbe meno la responsabilità del delegato, poiché l'invalidità della delega - in base al principio di effettività - impedisce che il delegante possa essere esonerato da responsabilità ma non esclude la responsabilità del delegato che, di fatto, abbia svolto le funzioni delegate (vedi Cass., Sez. 4, 27.11.2008, n. 48295, Libori). In realtà il delegato che ritenga di non essere stato posto in grado di svolgere te funzioni delegate (ovvero non si ritenga in grado di svolgere adeguatamente quelle funzioni) deve chiedere al delegante di porlo in grado di svolgerle e, in caso di rifiuto o mancato adempimento, rifiutare il conferimento della delega. 2. I giudici del merito, nella vicenda in esame, hanno adeguatamente argomentato in ordine alla inidoneità degli occhiali di cui il D. era stato dotato a proteggerne gli occhi da schegge e materiali dannosi prodotti nell'esecuzione all'aperto di lavori di smerigliatura, in condizioni meteorologiche ove l'azione del vento era un fattore ben conosciuto e prevedibile. Detti occhiali, infatti - pure essendone certificata (attraverso il contrassegno "FT") la resistenza alle particelle ad alta velocità ed alle temperature elevate - non possedevano l'indefettibile requisito di completa aderenza al volto, dal quale restavano distanziati per oltre un centimetro, consentendo il passaggio di materiale che poteva raggiungere (e, nella specie, aveva appunto raggiunto) gli occhi di chi li indossava. In un tale contesto di evidenza probatoria e non essendovi alcuna dimostrazione di imprevedibile caso fortuito, va poi evidenziato che - secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema (vedi Cass.: Sez. 3, 2.2.2006, Biondillo ed altri; Sez. 4, 6.2.2004, n. 4981; Sez. 4, 28.2.2003, n. 9279; Sez. 5, 21.10.1999, n. 12027; Sez. 3, 14.2.1998, n. 13086) - imperizia non può farsi rientrare nel concetto di "prova decisiva", essendo un mezzo di accertamento neutro, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice. ...>>.
C) Responsabilità di dirigenti e preposti
C.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 31679 dell’11 agosto 2010
Il nesso di causalità tra la condotta colposa del datore di lavoro e l’evento non è interrotto da eventuali disposizioni erroneamente impartite dal preposto al lavoratore infortunatosi ed agli altri operai addetti, rappresentando l’ordine del preposto lo sviluppo consequenziale dell’originaria condotta colposa del datore di lavoro. Ciò in applicazione del principio giurisprudenziale, applicato alla materia della salute e sicurezza sul lavoro, per cui il nesso di causalità, in presenza di concorso di cause (art. 41 c.p.), non resta escluso dal fatto volontario altrui; in altri termini, quando l'evento è dovuto anche all'imprudenza di un terzo o dello stesso offeso, poiché il fatto umano, involontario o volontario, realizza anch'esso un fattore causale, al pari degli altri fattori accidentali o naturali (v. Cass. pen., sez. IV, 26 maggio 1986, n. 4287, O., in Ced Cass. 172820; Cass. pen., sez. IV, 9 marzo 1989, n. 3603, S.). Conseguentemente, anche nel caso in cui il preposto ponga in essere una condotta colposa che si pone, rispetto all’infortunio, in rapporto concausale, tale condotta non può escludere la responsabilità penale del datore di lavoro ove sia addebitabile a quest’ultimo una condotta colposa originaria, in quanto la condotta del preposto ne rappresenta uno sviluppo consequenziale.
Estratto: << [...] Se è vero, infine, che destinatari delle norme di prevenzione, contro gli infortuni sul lavoro, sono non solo i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, ma anche gli stessi operai, giova ricordare, tuttavia, che l'inosservanza di dette norme da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al comportamento dell'operaio, la cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che da parte dei soggetti obbligati siano adempiute le prescrizioni di loro competenza (cfr. Sez. 4, n. 10121 del 23/01/2007 Ud. - dep. 09/03/2007 - Rv. 236109 imp.: Masi e altro).>>
C.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 42136 del 1° ottobre 2008
Stralcio: “la contestazione mossa all’imputato si fonda testualmente sulla sua veste di direttore di stabilimento e quindi di dirigente. Mai gli è stata attribuita la veste di preposto che, con tutta evidenza, non gli si confaceva. L’uso del termine preposto che compare in un brano della sentenza di merito è del tutto atecnico e non implica un mutamento della qualificazione soggettiva. ... D’altra parte, la veste di dirigente non comporta necessariamente poteri di spesa; e fonda autonomamente la veste di garante per la sicurezza nell’ambito della sfera di responsabilità gestionale attribuita allo stesso dirigente. Tale ruolo è indipendente dalla delega, istituto che trova applicazione quando il datore di lavoro trasferisce su altro soggetto, in tutto o in parte, doveri e poteri (anche di spesa) che gli sono propri.”
D) Responsabilità del RSPP (e del datore di lavoro)
D.1 Corte di Cassazione, sentenza n. 2814 del 27 gennaio 2011
Stralcio: <<...Secondo le regole generali, il RSPP può essere tenuto a rispondere - proprio perché la sua inosservanza si pone come concausa dell'evento - dell'infortunio in ipotesi verificatosi proprio in ragione dell'inosservanza colposa dei compiti di prevenzione attribuitigli dalla legge.>>
D.2 Corte di Cassazione, sentenza n. 1834 del 15 gennaio 2010
Stralcio: <<Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è, in altri termini, una sorta di consulente del datore di lavoro ed i risultati dei suoi studi e delle sue elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell'amministrazione dell'azienda, vengono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha scelto, con la conseguenza che quest'ultimo delle eventuali negligenze del consulente è chiamato comunque a rispondere>>, e che <<il soggetto designato responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur rimanendo ferma la posizione di garanzia del datore di lavoro, possa, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare,>>